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LE MEMORIE DEI COMPUTER
DI PRIMA GENERAZIONE

1833 Consistente in più di 50.000 componenti, il disegno base della Analytical Engine include dispositivi input sotto forma di schede perforate contenenti le istruzioni operative e una capacità di memorizzazione di 1000 numeri di una lunghezza di 50 decimali. Conteneva inoltre un dispositivo con un’unità di controllo che permetteva l'elaborazione delle istruzioni in ciascuna sequenza. Incluse anche dispositivi output per produrre le stampe dei risultati. Dell progetto della macchina faceva parte anche un'addizionatrice decimale che operava su numeri di 50 cifre o parole, con una capacità di memoria di 1000 cifre.
Guardando al progetto (mai realizzato) si suppone che le operazioni incorporate includessero tutte le funzioni necessarie a un moderno computer multiuso, compresa la fondamentale capacità di controllo condizionato nel trasferimento; elemento necessario perché i comandi possano essere eseguiti secondo qualsiasi ordine e non solo secondo l’ordine in cui sono stati programmati.
1889 A differenza di Babbage che usò le schede perforate per dare ordini alla macchina, Hollerith decise di utilizzare le schede per immagazzinare le informazioni da inserire, così la macchina poteva compilare i risultati automaticamente. Ogni perforazione in una sola scheda rappresentava un solo numero e le combinazioni di due perforazioni rappresentavano una lettera. In una singola scheda potevano essere immagazzinate 80 variabili. In aggiunta alla loro velocità, la schede perforate servivano come sistema di immagazzinamento dei dati e contribuivano a ridurre i risultati di calcolo.

1939

Il Complex Number Calculator ha una memoria di 450 relè telefonici.
Model 2
ha una memoria di 493 relè.

1939

Il prototipo di Atanasoff utilizzava valvole.

1941

La memoria della Z3 di Zuse era composta da 2300 relè telefonici;

1942

Per la memoria di ABC Atanasoff decise di immagazzinare le cifre binarie in una batteria di condensatori elettrici montati su tamburi rotanti. I condensatori immagazzinavano la carica elettrica: carica=1; assenza di carica=0.

1943

COLOSSUS, il primo computer semi-elettronico del mondo, era in grado di trattare 5 mila caratteri al secondo. Utilizzava 2.000 valvole e centinaia di relè.

1944

L' Automatic Sequence Controlled Calculator (per l'IBM) Mark I per Harvard, era un computer semielettronico a relè (ne aveva 3.304). Il computer era lungo come la metà di un campo di calcio e conteneva circa 800 km di fasci conduttori. Usava segnali elettromagnetici per muovere le parti meccaniche. La macchina era lenta (impiegava 3-5 secondi per ogni calcolo) e rigida (la sequenza di operazioni non poteva essere modificata), ma poteva effettuare funzioni aritmetiche di base come anche le equazioni più complesse.

1946

ENIAC aveva 17.468 valvole di 16 tipi differenti. Era dotato di un sistema di Input/Output dati a schede perforate, un moltiplicatore, un divisore/generatore di radici quadrate, 20 addizionatrici e usava contatori di decimali che servivano sia come addizionatrici sia come sistema di memoria di lettura-scrittura ad accesso veloce (0,2 millisecondi).
Era dotato di 18.000 tubi vuoti, 70.000 resistenze e 5 milioni di connessioni saldate; consumava 160 Kw/h di energia elettrica (energia sufficiente per spengere le luci in una parte intera di Filadelfia); occupava più di 450 metri quadrati di spazio sul pavimento. Ma era 1000 volte più veloce della prima generazione di computer a relè (Colossus e Mark I).

 

Le istruzioni che costituivano un programma venivano elaborate nelle unità separate di ENIAC (che erano connesse l'una all'altra per formare un unico flusso di informazioni). L'Eniac, così come le macchine descritte finora, non era un vero e proprio elaboratore in quanto non recepiva ancora il modello di von Neumann; neanche il programma da eseguire sui dati era memorizzato nella macchina. Solo chi conosceva il programma (soprattutto chi lo aveva costruito), in pratica, poteva manovrare ENIAC.
Le connessioni dovevano essere rifatte da capo dopo ogni uso così come tutti i parametri dovevano essere resettati.
Per predisporlo alla risoluzione di un diverso problema era quindi necessario fermare il computer e modificare manualmente la posizione dei seimila interruttori e di tutte le connessioni dei fili elettrici. Quindi ENIAC era molto lontano dall'essere considerato programmabie. Ma era efficiente per il lavoro per cui era stata progettato.

1948

SSEC funzionava con 12.500 valvole e 21.400 relè ed aveva una memoria di 400 mila cifre.

1949

EDSAC adotta per la prima volta un dispositivo che memorizza i dati per un breve tempo grazie all'inserimento nell'unità di calcolo di linee di ritardo acustico.
Linee di ritardo acustico = i dati vengono immagazzinati come onde sonore in una colonna di mercurio.

1949

MADM è il primo computer che utilizza come memoria schermi di tubi catodici, in base al sistema di Williams. La memoria con tubi catodici, chiamati appunto "tubi di Williams", avrà un periodo di ampia diffusione, prima di essere sostituita da quella a nuclei magnetici di J. Forrester.

1949

BINAC utilizzava 700 valvole e disponeva di memorie interne a linee di ritardo ed esterne a nastro magnetico.

1950

UNIVAC-1 è il primo computer che utilizza un'affidabile memoria esterna su nastro magnetico, mentre quella interna è ancora a linee di ritardo riempite di mercurio.

1951

WHIRLWIND aveva una memoria a tubi catodici di Williams.

1952

EDVAC memorizzava dati e istruzioni in una memoria composta da 128 linee di ritardo a mercurio (primo computer a farlo), sotto forma di codice binario. Ognuna delle linee era capace di 384 byte.

1953

701 aveva la memoria principale ancora con tubi di Williams, ma c'era anche un tamburo magnetico.

RAM Random-Access Memory (RAM): memoria concepita per avere un accesso quasi costante ad ogni pezzo particolare di informazioni. Le prime macchine dotate di RAM avevano dispositivi di input/output su schede perforate o nastri perforati, la RAM era di 1000 caratteri ed il tempo di accesso era di 0,5 microsecondi (10 -6 secondi).
Alcune di queste potevano eseguire moltiplicazioni in un tempo compreso fra 2 e 4 microsecondi.

 

 

Conservazione dei dati: le memorie interne

La memoria della macchina di Babbage era costituita da mille registri di cinquanta cifre decimali ciascuno (detto altrimenti, la macchina operava su numeri lunghi fino a 50 cifre).

Nelle macchine calcolatrici meccaniche (come la tabulatrice di Hollerith) i dati venivano riportati su schede perforate. Una scheda contiene dieci righe e ottanta colonne. Un bit è la presenza o l'assenza di un foro all'interno della matrice. Nella tabulatrice di H. ogni perforazione rappresenta un solo numero e le combinazioni di due perforazioni rappresentano una lettera.
A differenza di Babbage che usò le schede perforate per dare ordini alla macchina, Hollerith decise di utilizzare le schede per immagazzinare le informazioni da inserire nella macchina, che poi compilava i risultati automaticamente.
L'idea di inserire una memoria dentro la macchina è un salto logico importante. La macchina diventa un automa "indipendente" ed è necessaria una teoria che ne spieghi il funzionamento. Il primo a sviluppare una teoria degli automi fu von Neumann. Solo nelle macchine elettroniche si potrà realizzare questa teoria.

Nei primi elaboratori elettronici la memoria è costituita da valvole, ognuna delle quali può memorizzare un solo bit (0 o 1). L'aumento della memoria si scontra con il problema del'affidabilità, a causa della propensione delle valvole a bruciarsi anche dopo poche ore di funzionamento continuo.
Funzionavano a valvole i primi computer della storia: il prototipo di Atanasoff, l'ENIAC.

Il problema dell'affidabilità delle memorie viene in un primo momento aggirato con l'impiego di linee di ritardo acustico. Un meccanismo ingegnoso che permette alle valvole di ricevere la carica elettrica con un piccolo ritardo, salvando le valvole stesse da possibili bruciature. Ideato da Maurice Wilkes dell'Università di Cambridge, venne utilizzato a partire dal 1949 sull'Edsac, l'Univac-1, l'Edvac, il Binac e il Whirlwind.

Un altro sistema adottato dai primi computer fu quello ideato dall'inglese Frederic Williams, che utilizzava tubi a raggi catodici. Il concetto base è in linea di principio simile a quello dell'iconoscopio di Zworykin (l'inventore della televisione elettrica), ma il funzionamento è inverso. Il tubo è modificato in modo da registrare le informazioni (= i dati da elaborare) presenti sui vari punti del fosforo che ricopre lo schermo. Fu la prima memoria ad accesso casuale (RAM). Con tale tecnica si memorizzavano da mille a duemila cifre binarie.
I computer che utilizzarono la memoria elettrostatica a tubi catodici furono una quindicina, per primo quello costruito a Princeton da von Neumann (che non ha nome), poi l'IBM 701-19, il Ferranti Mark 1 di Manchester e il Whirlwind del MIT. Il computer di von Neumann conteneva 40 tubi, che portavano quindi 40 bit di informazione. I 40 bit rappresentavano un numero o una coppia di istruzioni da 20 bit, dieci dei quali indicavano l'ordine e dieci un indirizzo di memoria. I 40 tubi erano controllati all'unisono. 40 bit in parallelo significano una scheda di 80 colonne, senza fori o forate.

Conservazione dei dati: le memorie esterne

Le memorie interne (quelle viste finora) sono inamovibili dalla macchina e, una volta riempite di dati, per effettuare altre elaborazioni bisogna cancellare una parte di memoria.
Le memorie ausiliare esterne sono invece amovibili, consentendo così di immagazzinare un numero infinito di dati e di programmi.

Un esempio di successo industriale fu la memoria a disco magnetico, progettata da Jay Forrester al MIT nel 1953. La disponibilità dei dischi magnetici, capaci di individuare e aggiornare in frazioni di secondo informazioni sparse tra una gran massa di dati archiviati, darà un grande impulso alle applicazioni degli elaboratori. La quantità di dati memorizzabili su un disco magnetico aumenterà notevolmente col tempo e in circa 25 anni crescerà di seimila volte, passando da 2.000 Byte per square inch (pollice quadrato) a 12 milioni di Byte.

Dallo stesso principio nasceranno (1950) i floppy-disk, inventati da Yoshiro Nakamata, un ricercatore dell'Università di Tokyo che poi cederà i diritti all'IBM. Commercializzati dapprima nel formato a 8 pollici, nel corso degli anni subiranno tre riduzioni: 5,25 pollici nel 1978 (Alan Shugart); 3,5 pollici nel 1982 (Sony) e poi gli attuali 2,5 pollici. Per contro, la capacità aumenta notevolmente: da 180.000 caratteri a un milione e mezzo (1,44 Megabyte).

L'ultima frontiera è il cd-rom, ma questa è ormai cronaca di oggi.