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 Libro del mese   

Anno 2018


Area della ricerca sociale e antropologica
MARZO 2018 Prima edizione, ottobre 2017

L'Autore

Giorgio Manzi è professore ordinario di Antropologia alla Sapienza di Roma.

Giorgio Manzi


Ultime notizie sull'evoluzione umana

Editore

il Mulino, Bologna, 2017. 

Collana "Intersezioni".

ISBN: 978-88-15-27277-5

Giorgio Manzi
Cominciamo dal 1997, l'anno in cui mi sono laureato io. A partire da quell'anno sono state fatte delle scoperte eccezionali. Si è capito che il primo popolamento umano in Europa va arretrato da -500.000 anni a -800.000 anni dal presente (pag. 96).
È stata scoperta la specie umana ancestrale da cui sono derivati sia Homo sapiens sia Homo Neanderthalensis: è Homo Heidelbergensis (p. 86 e p. 99). Inizialmente il suo nome era stato Homo antecessor (p. 92), poi ha cambiato identità. Il sito che ha restituito più fossili di H.H. è chiamato Sima de los Huesos ("pozzo delle ossa") e si trova in Spagna. Tale sito contiene i fossili più antichi del genere Homo trovati in Europa (p. 96), tra cui un fossile di 1,2 milioni di anni fa (p. 97).

Non si può non nominare l'Uomo di Denisova. Le prime pubblicazioni su di esso sono apparse nel 2010. I fossili sono molto recenti: appena 40.000 anni fa. Però l'analisi del DNA non ha confermato la sua appartenenza né ai Sapiens né ai Neanderthal. Si tratta quindi di un terzo tipo umano (p. 101).

Nel 2009 sono state pubblicate le sorprendenti conclusioni delle ricerche effettuate sull'Uomo di Altamura: si tratta di un Neanderthal vissuto tra 172 e 130 mila anni fa. È il Neanderthal più antico mai scoperto al mondo (p. 183).

Nell'ultimo capitolo l'Autore ripercorre l'origine della nostra specie, Homo sapiens. Con la comparsa della nostra specie è intervenuto un drastico mutamento: in una popolazione isolata si è verificata una combinazione genetica che si può definire improbabile (p. 196). Per due milioni di anni l'espansione encefalica aveva seguito una linea uniforme. Risultato: una volta cranica sempre più voluminosa. Nei Sapiens invece il cranio si accorcia e si innalza. Con la nostra specie si assiste a un nuovo modello morfologico, che comporta una più efficiente armonia tra l'encefalo e l'ossificazione del cranio (p. 196).

Una delle ultime scoperte è stata effettuata nel 2013: riguarda Homo naledi, una forma umana vissuta solamente 300.000 anni fa ma che presenta caratteristiche arcaiche (p. 82). È come una varietà superstite del genere Homo.

Una novità che mi piace di meno è che i termini Olduvaiano, Acheuleano sono stati sostituiti da numeri: "Modo 1", "Modo 2" eccetera (p. 109).