Revisione storiografica | GENNAIO 2018 | Prima edizione, 2016 | ||
L'Autore
|
Editore
|
|
||
Tutti
sanno che dal 1940 al 1945 l'Italia fu coinvolta nella Seconda guerra
mondiale. In realtà in quel periodo si sono combattute due
guerre. Una è stata la Campagna d'Italia, che si concluse
con la vittoria degli Alleati. L'altra fu combattuta dopo il 25
aprile e
vide coinvolti i partigiani comunisti e quelli non comunisti. Le armi che furono usate dai partigiani durante la Resistenza non furono consegnate alle autorità Ma non fu un'iniziativa spontanea: l'ordine venne dall'alto e precisamente da Aldo Lampredi, braccio destro di Luigi Longo, il numero due del partito. La trattazione riguarda esclusivamente la Lombardia, anzi più specificamente l'area del Lago di Como. In questa zona fu catturato Mussolini il 27 aprile 1945 mentre cercava di espatriare in Svizzera. I partigiani requisirono tutte le sue carte. Uno dei maggiori misteri del dopoguerra riguarda appunto la fine di queste carte. Inolrte i partigiani sequestrarono tutto l'oro che i fascisti portavano con loro: si parla di sviariati chilli (oltre 30 kg) e anche di questo tesoro non è rimasta alcuna documentazione. Ma, oltre alla documentazione sparita, esiste anche la documentazione censurata. Nei primi anni del dopoguerra molti combattenti consegnarono agli Istituti storici della Resistenza le proprie memorie e il proprio carteggio. I documenti in linea con il Partito comunista sono stati ovviamente catalogati e inventariati. Quelli invece appartenuti a personaggi che si rifiutarono di aderire alla linea del partito non sono stati catalogati e quindi è impossibile per gli studiosi avere loro accesso. Lo stesso autore del libro, che non è orientato politicamente, racconta che quando ha fatto personalmente la sua richiesta a uno di questi istituti, la richiesta è stata negata con motivi pretestuosi. La storia "ufficiale" della Resistenza nell'area comasca è stata pubblicata nel 1989. L'opera s'intitola Como dalla dittatura alla libertà ed è stata firmata da Giuseppe Coppeno, lo storiografo del partito (p. 77). Egli ha preso in considerazione solamente le fonti approvate dal PCI ed ha eliminato ogni voce dissenziente. Ma la realtà non è mai bianca o nera: ci sono delle persone che hanno fatto parte inizialmente del PCI, acquisendo anche meriti sul campo, e poi se ne sono allontanate. Come riportare le loro biografie? Semplice: o se ne parla come membri del PCI dall'inizio alla fine della loro attività oppure si cancella la loro esistenza. Questa manipolazione non è l'opera di uno storico, ma di un falsario e dimostra a cosa può arrivare chi è viziato dall'ideologia (p. 71). Un altro caso di falsificazione clamorosa è l'opera La 52a Brigata Garibaldi "Luigi Clerici" attraverso i documenti. In una lettera di cui l'Autore è venuto in possesso, il curatore del volume, Giusto Perretta, afferma di aver consultato 550 documenti. Alcuni di essi, però, erano in cattivo stato di conservazione. Egli ha provveduto a riscriverli a macchina personalmente. Peccato che nel volume le carte originali non siano state pubblicate: il lettore non può così fare il raffronto tra gli originali e le copie dattiloscritte. La scientificità di questo lavoro è nulla (p. 78). L'Autore inoltre ha scoperto una lettera di uno dei partigiani di cui si parla nel volume. Egli scrive al curatore protestando che non si riconosce affatto nella narrazione della Resistenza che emerge nell'opera, sia per la manipolazione dei documenti originali sia per le macroscopiche omissioni ivi contenute. I documenti falsati ci riportano a Giuseppe Coppeno. Il cerchio si chiude: Coppeno venne incaricato dai suoi superiori del PCI comasco, Dante Gorreri e Pietro Vergani, di fabbricare fonti documentarie false. Tali fonti furono accolte dall'Istituto Gramsci come vere e costituirono la base per l'elaborazione di libri di "storia" che glorificarono la Resistenza comunista (p. 80). Gorreri e Vergani furono implicati nei delitti politici seguiti ai fatti di Dongo (la cattura di Mussolini e la sparizione delle carte e dell'oro). La principale missione di morte di cui furono responsabili riguardò il capitano "Neri" e "Gianna" (al secolo Luigi Canali e Giuseppina Tuissi). Canali ebbe un ruolo centrale in alcune delle più importanti decisioni riguardanti l'epilogo di Mussolini (p. 95); la Tuissi fu la sua compagna. Entrambi vennero eliminati dopo la fine della guerra con un attentato. I soli a finire incriminati, per concorso nell’assassinio di "Neri", furono Vergani e Dionisio Gambaruto. Il Pci fece eleggere Vergani in Parlamento, per procuragli lo scudo dell’immunità. La madre di Canali dedicò il resto della sua vita alla riabilitazione della memoria del figlio. Quanto alle carte sequestrate al Duce, esse furono almeno 350. In base alle testimonianze degli stessi partigiani, si può ritenere che l'epistolario Mussolini-Churchill fu immediatamente sottratto. Ebbe lo stesso esito una cartella riguardante Umberto di Savoia che conteneva notizie sulle sue presunte tendenze omosessuali. Molti elementi convergono nell'indicare in Pier Luigi Bellini delle Stelle e nel braccio destro di questi, Urbano Lazzaro, gli autori principali del trafugamento di entrambi gli incartamenti (pp. 128-29). Il libro contiene altri 13 capitoli, in cui si confuta la versione ufficiale fornita dalla stampa dell'epoca su numerosi delitti avvenuti nella provincia di Como nell'immediato dopoguerra. |