APRILE 2016 | Prima edizione, ottobre 2014 |
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L'Autore
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Quando
è comparso il genere Homo?
Due milioni di anni fa. E quando è comparso l'Homo sapiens?
200.000 mila anni fa. Quali cambiamenti sono avvenuti in questo lasso
di tempo? I nostri antenati più lontani non potevano parlare ma comunicavano a gesti; l'uomo anatomicamente moderno possiede un linguaggio convenzionale e capacità di pensiero che non hanno paragoni con le specie più vicine a noi sulla linea dell'evoluzione. L'Autore afferma che nella nostra storia evolutiva sono intervenuti due grandi cambiamenti I - INTENZIONALITÀ CONGIUNTA Una grande importanza hanno avuto le condizioni ecologiche: altri animali erano alla ricerca degli stessi cibi di cui si nutrivano i primi Homo, nel loro stesso territorio. Come fare per sopravvivere? Una risposta deve essere stata quella di cooperare. L'Autore ipotizza che la prima forma di cooperazione avesse come modello due soli soggetti, che si trovavano nello stesso luogo ed avevano la stessa esigenza: ad esempio, catturare un animale e mangiarlo. Questa tappa evolutiva è avvenuta due milioni di anni fa (p. 56). Le collaborazioni tra individui erano su piccola scala ed avevano scopi immediati: la ricerca di cibo. La comunicazione avveniva tramite i gesti naturali dell'indicare e del mimare. Nuove forme di pensiero emersero per risolvere i nuovi problemi di coordinamento (p. 74). I primi Homo impararono ad effettuare rappresentazioni simboliche e a compiere inferenze socialmente ricorsive ("perché io cacci il cervo è necessario che io pensi quello che pensi tu e che tu pensi quello che penso io", p. 58). Infine l'uomo è in grado di automonitorare il suo comportamento. Questa forma di pensiero ci ha dato un vantaggio sulle scimmie antropomorfe, che apprendono solo per trarre un vantaggio personale, relativo alla propria esclusiva sopravvivenza. II - INTENZIONALITÀ COLLETTIVA Con l'uomo anatomicamente moderno (200.000 anni fa) emerge un nuovo modello cognitivo. Ora gli esseri umani vivono in gruppi ampi e conducono un nuovo tipo di vita: sono immersi in una collettività, che li forma e li "plasma" sin dal loro ingresso nel gruppo. Nascono le regole (esse sono astratte, cioè superiori al singolo, e permanenti). Dal lato della comunicazione l'innovazione più grande è il linguaggio. Anche il ragionamento inferenziale allarga le sue possibilità: nasce il pensiero autoriflessivo. Infine, l'uomo monitora il suo comportamento avendo come parametro le regole del gruppo sociale di appartenenza. Con le sue argomentazioni, l'Autore spiega in termini evolutivi un dato di fatto, cioè che il pensiero sia fondamentalmente un'attività immaginativa (p. 92). Con gli esseri umani moderni, all'intenzionalità congiunta si aggiunge anche l'intenzionalità collettiva dell'intero gruppo culturale. A mano a mano che le conoscenze venivano trasmesse da una generazione all'altra in modo cooperativo (il padre che insegna al figlio altruisticamente) l'effetto cumulativo fu che il "noi" prima ristretto a due persone divenne un "noi" riferito ad un intero gruppo (pp. 115-116). I membri del gruppo si identificarono gli uni con gli altri per mezzo di specifiche pratiche culturali. Per l'Autore cultura sono le cose che tutti i membri del gruppo sanno, che tutti conoscono, anche se non le hanno sperimentate insieme come individui (pp. 117-118). Con la comparsa di Homo sapiens sapiens il ragionamento giunge a maturità: noi infatti possediamo sia la capacità di riflettere su qualcosa, sia la capacità di rappresentare il nostro pensiero all'esterno con il linguaggio. L'Autore conferma l'ipotesi secondo la quale il ragionamento umano abbia un'origine sociale-comunicativa (p. 150). Nel capitolo "Il pensiero umano come cooperazione" l'Autore illustra l'ipotesi secondo cui l'origine evolutiva del pensiero è connessa a un adattamento umano all'ambiente. Tomaselli ipotizza una serie di fattori ecologici: il venir meno della possibilità di procurarsi cibo individualmente, l'espansione della popolazione umana e la concorrenza esercitata da altri gruppi (p. 167). Sommate insieme, queste nuove pressioni ecologiche avrebbero destabilizzato una situazione già nota e consolidata. Per sopravvivere, gli esseri umani avrebbero imparato a "pensare al fine di co-operare" (p. 168). Questo processo sarebbe iniziato 400.000 anni fa con Homo heidelbergensis (p. 179). |
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L'Autore propone di ricostruire il processo di sviluppo
del pensiero umano in quattro tappe evolutive (pp. 181-187). A noi interessano la seconda, la terza e la quarta: 2. Sviluppo di nuove forme di pensiero umano senza l'intervento della cultura e del linguaggio; 3. Emergere della cultura e del linguaggio, che danno origine a tutti i complessi meccanismi di pensiero e di ragionamento caratteristici degli esseri umani moderni; 4. L'evoluzione culturale cumulativa ha dato origine a una miriade di abilità cognitive e forme di pensiero culturalmente specifiche. |