DICEMBRE 2016 | Prima edizione, novembre 2011 | |||
L'Autrice
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Editore
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Mi
piace la
definizione di lobbismo che appare a pag. 25: "si può
affermare
che il lobbismo è una forma di rappresentanza socialmente
riconosciuta di interessi particolari in grado [...] di dotarsi di
un'apposita organizzazione e di un assetto associativo, finalizzato
alla persuasione dei decision
makers a favore dell'interesse rappresentato mediante
meccanismi e tecniche di pressione". Il lobbying in Italia è un metodo codificato o no? I professionisti che lo esercitano sono riconosciuti oppure no? C'è una notevole differenza tra l'Unione Europea e l'Italia. Nel primo capitolo l'Autrice introduce al lettore le principali teorie sul lobbying. Si comincia naturalmente negli Stati Uniti (A. Bentley, 1908). Nel saggio di Bentley, ritagliato sulla peculiare realtà americana, si evince come il lobbying si inserisce in una società pluralista, molto organizzata, dove i gruppi hanno la capacità di affermare il proprio interesse nei confronti del decisore politico. In Europa, invece, la politica prevale sulla società civile: chi è al potere, quindi, può selezionare i gruppi organizzati con cui consultarsi prima di assumere decisioni. Gli studiosi individuano due modelli: quello USA è chiamato pluralista, mentre quello europeo è definito neo-corporativista, che ha tra i maggiori teorici Offe, Schmitter e Lehmbruch. Il modello pluralista è incentrato sull'autoregolamentazione, mentre il secondo è basato sull'imposizione dall'alto delle regole. L'Unione Europea è un'organizzazione sovranazionale. I suoi vertici non sono eletti dai cittadini europei. Le due istituzioni più conosciute sono il Parlamento e la Commissione. Mentre il primo ha mantenuto logiche neo-corporative nelle relazioni con le lobby, la seconda ha preferito adottare un modello pluralista adattandolo alla realtà statuale europea. A partire dagli anni novanta si sono fatti strada elementi pluralisti all'interno del modello europeo (influenza della globalizzazione?). Tutti i gruppi organizzati sono stati ammessi al processo decisionale, in un'ottica di trasparenza nella consultazione, mentre prima venivano ammessi solo i più influenti (p. 47). Conoscendo il deficit di democraticità dell'UE, tale modifica appare come un segnale nella direzione di un cambiamento. I documenti che testimoniano questa evoluzione in senso neo-pluralista sono: - Comunicazione della Commissione del 1992 e Libro Bianco, sempre della Commissione, del 2001; - Decisioni del Parlamento del 1996 e 1997. Il documento che inserisce il lobbying tra le attività di partecipazione al sistema decisionale europeo è il Libro verde pubblicato dalla Commissione nel maggio 2006, dal titolo Iniziativa europea per la trasparenza. E in Italia? Il nostro Paese è caratterizzato da un elevato grado di opacità nei rapporti tra sistema politico e articolazione sociale degli interessi (p. 91). Non esistono registri ufficiali né documenti pubblici che possano essere utilizzati dagli studiosi per ricostruire il fenomeno. Nondimeno, il lobbismo è presente in Italia come negli altri paesi. L'Autrice cita un libro di Luigi Einaudi, Il buongoverno, che è una raccolta di scritti. In uno dei saggi che lo compongono l'economista torinese lamentava una pervasiva presenza dei gruppi d'interesse nei corridoi di Montecitorio (sorpresa: Il buongoverno è stato libro del mese qualche anno fa). Tra modello pluralista e modello corporativo, l'Italia è senz'altro più vicina al secondo. Il regime fascista aveva dato una spinta alla corporativizzazione della società italiana, ponendosi come arbitro dei contrapposti interessi delle varie realtà che compongono il Paese. La Costituzione vigente prevede l'organizzazione degli interessi associati all'interno del sistema politico (artt. 18 e 39) pur rigettando l'impostazione corporativa del precedente regime. Negli anni successivi, un punto di svolta fu rappresentato dalla crisi degli anni settanta. La crisi economica provocò un deciso intervento del governo nell'economia. L'esecutivo si trovò quindi a confrontarsi con le organizzazioni sindacali e datoriali. Da allora nacque una prassi neo-corporativa che è stata mantenuta in vita fino ad oggi (p. 97). Per tutti i rappresentanti degli "altri" gruppi, rimasti fuori dalle relazioni privilegiate con il governo, non restò altro che esercitare la propria pressione tramite i partiti politici. La storia italiana, quindi, è il racconto di una sistematica assenza di regolamentazione. A partire dagli anni novanta si sono succeduti numerosi disegni di legge in materia, nessuno dei quali però è giunto all'approvazione finale da parte del parlamento. |