MAGGIO 2015 | Prima edizione, aprile 2014 | |||
L'Autore
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Editore
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Negli anni Settanta la grande maggioranza
degli italiani si schierò contro il terrorismo. Ma ci fu
una massa grigia di persone comuni, di "brava gente" diremmo, che
- senza fiancheggiare apertamente i violenti - approvò le loro
azioni. Non furono pochi, nel 1978, a sentirsi soddisfatti
nell'apprendere la notizia che le Brigate Rosse avevano ucciso Aldo
Moro. Persone che seppero tenersi alla giusta distanza dalla lotta
armata e che, quando la stagione insurrezionale finì,
continuarono a fare la loro vita come se niente fosse successo. Persone
che non sentirono il peso dei morti ammazzati gravare sulla loro
coscienza. Il libro è diviso per settori: il primo capitolo si occupa degli intellettuali (le riviste, gli appelli, i "manifesti", ecc.); il secondo tratta delle università; il terzo parla di noi giornalisti ("cassa di risonanza del terrorismo"); il quarto si occupa degli avvocati difensori dei terroristi; il quinto parla degli "amici nei palazzi di giustizia". Non fecero mancare il loro appoggio gli operai. Nel capitolo sui magistrati ho letto che nel 1969 si verificò il primo arresto di un giornalista per reati d'opinione. Si trattò di Francesco Tolin, direttore responsabile di Potere operaio (pag. 196). Tolin fu il primo arrestato per questo reato dal 1945. |