DICEMBRE 2014 | Prima edizione, ottobre 2012 | |||
L'Autore
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Editore
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La
storia della radio mi ha sempre lasciato un interrogativo: come mai, se
la scoperta scientifica risale all'Ottocento, l'inizio di regolari
trasmissioni radiofoniche data dagli anni venti (in Italia dal 1924)?
Ho trovato la risposta in questo libro: perché Marconi, e con lui i pionieri del medium, pensavano alla radio come mezzo di trasmissione da punto a punto. Marconi inventò il radio-telegrafo. In effetti, egli stesso definì la radio il “telegrafo senza fili”: tale espressione denotava compiutamente la caratteristica precipua della sua invenzione: la radio di Marconi inviava segnali. Niente voce umana, niente musica. La radio che conosciamo noi è venuta dopo. Ho appreso anche alcuni episodi gustosi ed interessanti:
La terza parte del libro è dedicata al periodo post-bellico. La radio, che fino ad allora aveva fatto bella mostra di sé nel salotto di casa, viene scalzata bruscamente dalla televisione. Ma non muore, anzi si rigenera: trova nuovi spazi nelle altre stanze della casa: cucina, bagno, camere da letto. Caratteristica della nuova radio è il transistor, che permette di ridurne notevolmente le dimensioni, facendo della radio un oggetto portatile. Inoltre, nascono anche in Europa le “radio libere”, che offrono una programmazione nettamente diversa da quella, “paludata”, delle radio nazionali. Tali emittenti sono apprezzate soprattutto dai giovani, che chiedono pressantemente di ascoltare la “loro” musica, il rock. Gli anni settanta sono, in Europa, il periodo della rivoluzione del consumo radiofonico. In Italia le prime radio libere appaiono nel 1975-76; in poco tempo si affermano nuove logiche di palinsesto e nuovi modi di relazionarsi con il pubblico (si pensi all'invenzione delle “dediche e richieste”). Le trasmissioni radiofoniche che hanno segnato questo passaggio epocale sono entrambe della RAI: Alto gradimento (di Arbore e Boncompagni) e Chiamate Roma 3131 (prima trasmissione della storia italiana in cui il microfono fu aperto agli ascoltatori, che poterono chiamare in diretta). Negli anni ottanta, la ripartizione nei tre generi classici viene progressivamente abbandonata; la programmazione radiofonica diventa un flusso continuo (Raymond Williams, 1974) in cui i contenuti si alternano senza cesura e senza distinzione tra “segmenti testuali” (quelli che erano i programmi). Qual è la tendenza attuale? Oggi la radio gode di buona salute: si ascolta dappertutto e la ascoltano tutti. La radio è un vero mezzo di comunicazione mondiale, più della televisione e di internet. Secondo l'Autore si possono individuare cinque fattori che ci porteranno alla radio del futuro: 1) nuovi investimenti editoriali; 2) aumento delle radio che uniscono informazione ed intrattenimento (come “Radio 24”); 3) rinascita della parola (ovvero dei fatti raccontati) come alternativa alle immagini della tv; 4) valorizzazione del pubblico, creazione di una comunità; 5) digitalizzazione, ovvero integrazione della comunicazione radiofonica nel sistema dei nuovi media. Una cosa che non mi piace di questo libro è l'aver intitolato tutti i capitoli in inglese e il fatto di utilizzare molti sostantivi in quella lingua, anche quando esiste il corrispettivo in italiano. Ormai sembra che gli autori di lingua italiana sentano il bisogno di fare l'inchino a chi conta più di loro. Come il comandante Schettino. |