MAGGIO 2014 | Prima edizione, aprile 2010 | |||
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Negli ultimi decenni la questione del libero arbitrio è stata oggetto di numerosi studi da parte di psicologi e di neuroscienziati cognitivi, con diverse metodologie di ricerca e differenti prospettive teoriche. Il libro cerca di offrire un panorama completo dei risultati di tali ricerche. Il libro è un'opera collettanea. Ospita nove contributi, di cui sei forniti da esperti e tre dai curatori (uno ciascuno). I nove capitoli sono divisi in due parti: “Il crollo delle antiche certezze” e “Orizzonti teorici e prospettive sociali”. La prima parte spiega come in questi ultimi decenni si sia cercato di scardinare il concetto di volontà cosciente così com'è percepito dal pensiero occidentale. Scopo di diverse ricerche che si sono succedute fin dagli anni cinquanta ad oggi è stato ridurre l'esperienza della volontà ad un meccanismo causale. L'esperimento più famoso in questione è certamente quello di Benjamin Libet e colleghi (Libet et al., 1983). I risultati hanno mostrato che il corpo dell'individuo si prepara ad eseguire un compito prima che la mente diventi cosciente di quanto stia accadendo. Tali risultati sembrano risolvere il classico dilemma libero arbitrio / determinismo a favore dell'ipotesi determinista (p. 43). Se così fosse, gli essere umani sembrerebbero predicibili secondo le leggi della scienza. D'altra parte le persone sentono di avere una volontà e la psicologia deve capire perché. Con questa considerazione si chiude la Prima parte. La seconda parte riprende la considerazione finale della Prima parte. I ricercatori, in tutti questi anni, si sono concentrati sulla volontà come sensazione, ma la volontà è molto di più: l'esperienza cosciente, infatti, non è una sensazione. Tali esperimenti, quello di Libet compreso, presuppongono un dualismo mente-cervello. Quanto è fondato scientificamente tale approccio? Numerosi studi dimostrano, al contrario, che esiste un'interdipendenza tra mente e cervello, di modo che esse si influenzano reciprocamente. Quindi separare i due ambiti appare un errore. Assegnare un ruolo di primo piano alle sensazioni/percezioni e mettere da parte la valutazione razionale impedisce di conoscere il reale funzionamento del cervello. Antonio Damasio ha studiato le relazioni tra l'emozione e il giudizio morale ed ha appurato che la corteccia prefrontale ventromediale svolge un ruolo di primo piano nella sensibilità emotiva e soprattutto nelle emozioni sociali (pag. 103). I suoi risultati sono in linea con una concezione dell'essere umano in cui mente e cervello si influenzano reciprocamente. Appare quindi chiaro come l'attività cerebrale avvenga in parallelo con il pensiero cosciente; il processo decisionale ne è il risultato (pag. 106). Dunque, allo stato attuale delle conoscenze, non si può scientificamente negare il libero arbitrio dell'uomo. I tre saggi dei curatori:
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