APRILE 2014 | Prima edizione, gennaio 2013 | |||
L'Autore
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Editore
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Il
libro si presenta come un'ampia digressione sul concetto
antropologico di cultura. Il termine "cultura" è
oggi ben conosciuto: compare spesso negli articoli di giornale,
è frequentemente citato nei discorsi dei grandi
oratori, ogni opinionista che voglia definirsi tale deve avere letto
almeno un saggio di Lévi-Strauss o di un altro grande
antropologo del XX secolo. Per chi, come me, conosce già l'argomento, è bello ritrovare in questo saggio la famosa citazione di Tylor: «La cultura, presa nel suo significato etnologico più ampio, è quell'insieme che include conoscenze, credenze, arte, morale, legge, costume e ogni altra capacità e usanza acquisita dall'uomo come appartenente a una società» (pag. 20). La definizione viene discussa alle pagg. 28-29. Aime fa notare due cose: 1) La cultura è "acquisita", non è un elemento innato; 2) La cultura si apprende in "una società", cioè è il frutto delle relazioni tra gli individui. Non è l'opera di una persona sola. Sono contento che l'Autore abbia citato anche Leroi-Gourhan e il suo Il gesto e la parola. Prima dell'antropologo francese si riteneva che l'aumento della massa cerebrale fosse la causa delle modifiche del corpo umano, vedi la stazione eretta e la conseguente liberazione degli arti superiori. Leroi-Gourhan ha provocato il sovvertimento di tale ragionamento: il processo è da leggersi in senso opposto (pag. 35) Il più citato nel libro è Claude Lévi-Strauss, ovviamente. La definizione di cultura che mi è piaciuta di più, tra quelle che ho incontrato nel libro, l'ho letta a pag. 41: «Le culture sono paradigmi attraverso i quali ogni gruppo umano che si definisce tale, legge il mondo, vicino e lontano» (dove per "vicino" si intende "noi" e per "lontano" si intendono "gli altri", "il prossimo"). |