MARZO 2013 | Terza edizione, maggio 2008 | |||
Gli
Autori
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Editore
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Tutto sulla psicologia
delle organizzazioni. Sono passati dieci anni dalla sua uscita, ma non
è ancora apparso sul mercato un libro più completo di
questo. Tanto che l'edizione del 2008 – quella che ho tra le mani
- è destinata a durare ancora parecchio tempo. Cosa hanno fatto
gli Autori? Semplice: hanno letto tutti libri sull'argomento. Ne
risulta un saggio di oltre 400 pagine (464 pagine, per l'esattezza) A me incuriosiscono sempre le tavole e gli schemi. Quelli di questo libro sono originali: A pag. 93 appare lo schema 2. Ha la stessa forma del quadrato semiotico: ci sono le ascisse e le ordinate, ai quattro lati compaiono quattro concetti che, messi in relazione tra loro, danno quattro nuovi concetti come risultato. La novità è che qui si chiama “ragionamento quaternario”: definizione originale! Serve per spiegare il misto di attrattiva/repulsione che provoca l'organizzazione sull'individuo. Ci aiuta a capire che per studiare l'organizzazione è imprescindibile avere una visione dialettica dei problemi. La tensione tra individuo e organizzazione è l'argomento che permea tutto il libro; il cambiamento è il fattore che mette in luce le dinamiche psicologiche che i membri di un'organizzazione vivono al suo interno. Definizioni che ho gradito e che riporto: La definizione di sistema secondo von Bertalanffy (1951): un sistema è definibile come un complesso di elementi interagenti (p. 65). Più precisamente, un sistema è costituito da un insieme di parti e da un insieme di relazioni a due vie che legano fra loro le varie parti. Un sistema ha diversi gradi di complessità. Riguardo al tema individuo/organizzazione, il grado minimo è la coppia, poi segue il gruppo, poi il collettivo e infine la comunità. Per semplificare: coppia, micro, macro e mega. Katz e Kahn (1968) hanno adattato la teoria generale dei sistemi alle organizzazioni. I due autori hanno scoperto che non sempre l'analisi degli obiettivi espliciti porta a concettualizzazioni valide; gli scopi dichiarati di un'organizzazione possono essere fuorvianti. È necessario considerare le organizzazioni come “una speciale categoria di sistemi aperti” (p.272). Gli Autori fanno proprio questo approccio. Oltre a ciò, adottano il concetto di “clima” (cap. 14). Lo intendono come uno degli elementi costitutivi dell'organizzazione, al pari della struttura. Dopo aver affermato che “le organizzazioni sono collettivi finalizzati all'efficienza” (p. 275), gli Autori spiegano che clima è sinonimo di “soggetto collettivo, o dell'altra faccia della struttura” (p. 269). Negli anni ottanta le riflessioni sul clima organizzativo hanno preso un forte impulso. Schneider (1983) concepisce l'organizzazione come un “sistema che si evolve continuamente”. Altre definizioni che ho trovato: - pubblicizzazione: rendere pubblici, cioè collettivi, fatti e processi salienti all'interno di un sistema sociale; - storicizzazione: rendere noti fatti precedenti che sono la storia della collettività e rendere collettiva l'interpretazione e il giudizio sui fatti storici. - metabletica (dal greco metà ballo = “lancio al di là”): è la scienza del cambiamento. Il termine si deve a Van den Berg (1967); - interazionismo simbolico: “la realtà è una costruzione sociale in cui gli esseri umani sono attori che utilizzano dei simboli attraverso i quali comunicano e acquisiscono gradualmente una propria identità, partecipando pienamente a una realtà costruita socialmente” (p. 281) - l'ergonomia è la disciplina che produce sistemi capaci di utilizzare al massimo l'informazione dell'input. Lo scopo è il raggiungimento di condizioni di lavoro che tengano conto al massimo delle limitazioni e delle capacità dei lavoratori per ottenere il maggior benessere lavorativo possibile (pagg. 293-94). Gli ultimi quattro capitoli (dal 16 al 19) mi regalano nuovi stimoli perché la riflessione è incentrata sulla complessità e sull'apprendimento. Partiamo da un concetto che è già stato acquisito: l'organizzazione è prevalentemente un clima. Quando si è capito questo fatto, l'organizzazione divenne il campo del benessere: il lavoro non più visto come costrizione (malessere), ma come fonte di benessere. L'efficienza lasciò il posto all'efficacia. La programmazione fu sostituita dalla motivazione. “Oggi l'organizzazione è un insieme di gruppi [per 'gruppi' si intende il livello micro] finalizzato al benessere, uno stato d'animo e un sentimento” (p. 345). Dopo aver studiato la relazione organizzativa complessa, si analizzano le questioni dell'apprendimento (c. 17) e della creatività (c. 18). L'ultimo capitolo rappresenta il punto d'arrivo di una riflessione storica. Nel passato (fino agli anni settanta) il mondo del lavoro era ancora dominato dall'idea di bisogno: bisogno di sopravvivere, bisogno di mantenersi. Non c'era possibilità di scelta: bisognava spezzarsi la schiena, nei campi o in fabbrica. Per questo il conflitto tra individuo e società era risolto inevitabilmente a favore di quest'ultima. “Oggi il soggetto riprende la sua priorità come costruttore del collettivo”: il rapporto con la società si è riequilibrato. Per cui il clima sociale sta evolvendo da un prevalente malessere a un prevalente benessere. Le organizzazioni tendono a diventare sistemi produttivi di benessere. Una seconda, profonda, conclusione è riportata nel cap. 14: la funzione dell'economia come produttrice di valori non è più sufficiente a garantire lo sviluppo della qualità della vita e del benessere. Per questo è necessario che l'economia diventi produttrice di relazioni e per far ciò usi tecnologie diverse, soggettive e progettabili (p. 316). Unica svista: manca l'indice dei nomi. |