GENNAIO 2013 | Prima edizione, 2008 | |||
L'Autrice
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La punteggiatura! È dalle scuole superiori che desidero sapere qual è stata la sua evoluzione! È un argomento intrigante perché: 1) è modellata sul discorso naturale (la sua ragion d'essere è la lingua naturale, è serva delle inflessioni e delle pause del discorso), ma non è naturale: è stata inventata; 2) è interlinguistica (i segni sono uguali per tutte le lingue). Desideravo da tanto tempo sapere quando erano stati inventati questi segni. Il libro traccia una storia della punteggiatura di tutte le principali lingue europee, non tralasciando neanche quelle non indoeuropee (basco e lingue ugro-finniche). Lo spazio dedicato all'italiano, ovviamente, primeggia (145 pagine); ma le pagine riservate al francese e al tedesco (80 pp. ciascuna), permettono di avere un quadro esauriente. La trattazione dell'inglese (55 pagine), invece, è troppo stringata nella parte dal Seicento ad oggi. In apertura del libro, Anna Laura e Giulio Lepschy
tratteggiano un affresco introduttivo (è una lezione di
linguistica
generale). Ho scoperto anche che in età antica si usava scrivere tutte le parole vicine (scriptio continua). Solo leggendo ad alta voce, come si usava abitualmente, si sarebbe capito il senso. In età carolingia emerse l'esigenza di una migliore comprensione a prima vista dei testi. Cos'era successo? Che il latino non era più parlato. Fino all'età romana, la scriptio continua non presentava problemi poiché il latino era una lingua viva. Accostarsi a un testo non richiedeva troppo sforzo. Quando invece la lingua dei testi non fu più la lingua parlata, emerse una nuova esigenza: arricchire il testo con segni che rendessero più facile l'interpretazione. Fu una delle molle più potenti che fecero scattare in Occidente gli studi sui metodi di interpunzione. Fino ad allora le pergamene scritte in latino contenevano due soli segni: il punto (in tre versioni: basso, medio e alto, con grado crescente d'importanza) e i due punti. I due punti avevano una funzione diversa rispetto ad oggi: indicavano la fine del testo. La logica è: se un punto segna la fine di un periodo: due punti sono la fine di tutto. Nel Medioevo, il segno di fine opera nei testi latini divenne ";". Lo stesso segno esisteva già nei testi greci, ed era usato nel senso di punto interrogativo. Alla fine del Quattrocento, Aldo Manuzio adattò alcuni segni finora usati solo per il greco ai testi latini. Le innovazioni furono quattro:
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