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 Libro del mese   

Anno 2008


Tecnologie dell'informazione
e della comunicazione
AGOSTO 2008 Prima edizione,
maggio 2006



L'autore

Alberto Cevolini (Milano 1974), Docente di Società e processi culturali all'Università di Modena e Reggio Emilia. Ha studiato sociologia e filosofia a Bologna e ha svolto attività di ricerca presso le Università di Witten/Herdecke e di Bielefeld (Germania). Si occupa di teoria generale dei sistemi, memoria della società e sociologia del sapere. oltre ad aver pubblicato De arte excerpendi, ha scritto Potere e modernità. Stato, Diritto, Costituzione (2007) ed ha curato l'edizione italiana del testo di Niklas Luhmann, Conoscenza come costruzione (2007).

 

 

 

Alberto Cevolini

De arte excerpendi.
Imparare a dimenticare nella modernità




Editore

Leo S. Olschki, 2006, Firenze: 2006.
Collana "Biblioteca dell'Archivium Romanicum. Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia.
ISBN 88 222 5535 6


 

Ho trovato in questo libro alcune informazioni che cercavo da anni.
Prima dell'invenzione della stampa i libri erano concepiti in maniera diversa da oggi. Derivando direttamente dai papiri, non richiedevano numeri di pagina né indice. Gli argomenti si cercavano direttamente dentro al volume: le lettere enormi che venivano disegnate e decorate all'inizio di ogni capitolo servivano come "segnalibro".
I libri venivano copiati sotto dettatura, per cui spesso intere frasi erano scritte senza spazi tra le parole. Ogni amanuense compilatore finiva per scrivere a modo suo. Chi voleva, apponeva di sua iniziativa dei commenti sul margine della pagina.
La circolazione dei libri era molto limitata: difficilmente una persona aveva, nella sua vita, la possibilità di vedere due o tre copie dello stesso libro. Anche perché le biblioteche non funzionavano come oggi: i libri erano custoditi come tesori, non era quasi mai possibile consultarli. Ma per gli uomini che vivevano a quei tempi, questa condizione era vissuta come la normalità.
Tutto il libro era organizzato per favorirne il ricordo a memoria. Gli eruditi del tempo erano soliti usare i libri come "supporto mnemonico" (pag. 36): prendevano nota dei passi più interessanti e poi li memorizzavano. La memorizzazione consisteva nel collocare i concetti memorizzati in loci (alla maniera già indicata da Aristotele), al fine di poterli poi richiamare in occasione di pubbliche orazioni o in caso di dispute.
Con la stampa nacque la possibilità di riprodurre lo stesso libro in centinaia di copie: i libri cominciarono a diffondersi. L'esigenza di memorizzazione progressivamente venne meno. L'invenzione della stampa cambiò il modo di concepire il libro e modificò notevolmente le prassi utilizzate dagli eruditi per ricordare i brani più importanti dei libri letti.

Tutto ciò rappresentò, usando un termine della scienza di oggi, un "cambiamento evolutivo" (pag. 73). Per esempio, l'ordine alfabetico, che ai noi moderni sembra un ordine "naturale". Non così per l'uomo medievale, secondo cui l'ordine delle cose partiva da Dio poi, seguendo una scala gerarchica, continuava con gli angeli, gli uomini, gli animali e, infine, le cose inanimate. L'ordine alfabetico per l'uomo medievale era solo una finzione: "La realtà non è alfabetica" avrebbe detto.
Con l'avvento della stampa, il libro, da supporto per la memoria umana, diventa esso stesso una "memoria secondaria" (pag. 79). L'informazione è già presente su carta, è ampiamente disponibile, quindi non c'è più bisogno di attivarsi per trattenerla in maniera permanente nella memoria.
Il libro parla di questo e di molto altro. Dopo il saggio, Cevolini pubblica in Appendice alcuni testi del Seicento che insegnano come estrarre informazioni utili dai libri. Quello più ampio (quasi 160 pagine) risale al 1689, s'intitola De arte excerpendi e fu scritto dall'erudito tedesco Vincent Placcius. Prima del saggio di Placcius c'è la traduzione di una lettera di John Locke, risalente al 1686, in cui il filosofo inglese svela ad un collega il proprio modo di redigere delle raccolte di estratti.