L'Autore
Giulio
Tremonti (Sondrio, 1947) all'epoca in cui il libro fu
pubblicato era professore all'Università di Pavia. Avvocato, era
entrato in politica nel 1987. Era stato eletto deputato per la prima
volta nel 1994.
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Giulio Tremonti
Lo stato criminogeno
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Editore
Laterza,
Roma-Bari, 1997.
Collana "Sagittari".
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L'«Introduzione» è in realtà qualcosa di più: un saggio di storia economica. L'Autore
spiega come durante il Novecento lo Stato abbia subito un'involuzione
da stato minimo a stato assolutista. Oggi viviamo in stati giacobini
“moderni”. Lo stato moderno è caratterizzato da:
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“neo-assolutismo”;
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“integralismo giuridico”;
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gli effetti criminogeni.
I tre fenomeni sono tra loro correlati.
Nella società moderna ogni aspetto della vita reale è ormai
regolamentato. La proliferazione legislativa aumenta i poteri dello
stato sul cittadino. L'esito è definito “neo-assolutismo”: lo stato ha
autorità su tutto. È un primo vulnus al liberalismo.
Se la legge è l'atto tipico dello stato, il contratto è l'atto tipico
dei rapporti tra individui. Con una differenza sostanziale.
L'osservanza alla legge è obbligatoria: la legge si impone sugli
individui. Al contrario, il contratto presuppone un rapporto paritario
tra le parti.
Nel Novecento, con la progressiva espansione dello Stato, la coppia
autoritaria «Stato-legge» ha vinto la sua battaglia sulla coppia
liberale «privato-contratto». Il modello autoritario della legge si è
imposto in tutti gli aspetti della vita civile: è l'integralismo
giuridico.
Il diritto penale elenca le sanzioni per chi non osserva le leggi. Ogni
volta che viene promulgata una nuova legge, si rende necessario
introdurre una pena opportuna per chi la viola. La moltiplicazione
delle leggi causa quindi la moltiplicazione degli illeciti penali.
Si avvera così quanto affermava il padre dell'economia moderna, Adam
Smith: «la legge, contrariamente a tutti i comuni principii di
giustizia, crea prima la tentazione e poi punisce coloro che cedono ad
essa; e inoltre comunemente inasprisce la punizione in proporzione a
quella stessa circostanza che dovrebbe certamente attenuarla, la
tentazione di commettere il reato (A. Smith, La ricchezza delle
nazioni, trad. it. Utet, Torino, 1975).
È lo stato criminogeno. Le condizioni di base dell'assolutismo si sono
infine ricreate. Il libro ci mostra come, 12 anni fa, Tremonti vedesse
favorevolmente i temi federalisti: "L'ideologia che l'ispira [la
riforma fiscale del 1972-73] è stata la stessa che ha poi trionfato
negli anni Settanta: un'ideologia superstatalista". (…) In sintesi, la
concentrazione del potere fiscale in un unico soggetto politico (lo
Stato centrale) e in un unico corpo burocratico (la sua burocrazia) è
stata - ed è - un eccesso" (pagg. 50-51).
Nella Parte II Tremonti discute la tesi secondo cui, nello scenario
attuale, alcuni cardini del pensiero politico non funzionano più. Non
funziona più, innanzitutto, l'idea che la guerra sia un mezzo con cui
uno stato si possa arricchire. Oggi la ricchezza è transnazionale: la
ricchezza si è liberata, per cui la conquista del territorio altrui non
garantisce più la conquista della ricchezza. Oggi sono vincenti gli
stati che, invece di aggredire la ricchezza del vicino, attraggono la
ricchezza altrui. Bisogna quindi eliminare tutte le barriere (militari,
giuridiche, culturali, ecc.) che limitano la libera circolazione della
ricchezza.
Ciò significa che l'idea di stato-nazione come è stata pensata fino ad
oggi non funziona più. Lo stato-nazione deve cambiare. È ancora valido
come forma giuridica, ma le sue dimensioni non sono più ottimali.
Tremonti propone di riorganizzarlo in senso federalista. Citando Ralf
Dahrendorf: il federalismo va inteso tanto in senso territoriale quanto
in senso funzionale (meno diritto pubblico e più diritto privato, meno
uffici burocratici e più corpi intermedi: mutue, fondi, volontariato,
cooperative, etc - pag. 145).
L'Autore condensa la tesi appena discussa affermando che, nel nuovo
scenario, la filosofia politica non è più giacobina, ma sostanzialmente
“aristotelica”.
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