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 Libro del mese   

Anno 2004


Area linguistica e semiotica LUGLIO 2004 Prima edizione,
ottobre 2003

L'autore

Docente universitario dal 1971, nel 2000 ha lasciato l'insegnamento per dedicarsi più liberamente agli studi. Attualmente si occupa di glottotecnica e tipologia linguistica.
È il responsabile
tecnico-scientifico del disegno di legge n. 993 del 21/12/2001 per l'istituzione del Consiglio Superiore della Lingua Italiana.

 

Lucio D'Arcangelo

Difesa dell'italiano.
Lingua e identità nazionale




Editore

Ideazione, Roma: 2003.
Collana "Transizioni".


 

Perché difendere l'italiano? Non è una lingua viva e vegeta la nostra? Per carità, non è in discussione la sua sopravvivenza (malgrado gli attacchi al congiuntivo e il maltrattamento della sintassi che avvengono quotidianamente, anche al telegiornale), quanto la sua integrità. Fino all'Ottocento l'italiano era soprattutto una lingua letteraria, con un corpus di lemmi e un insieme di regole ben definite. Da quando il rapporto con la letteratura è stato interrotto, la lingua nazionale si è appiattita su gerghi tecnici, burocratici, commerciali fino ad indebolirsi. Si è perso insomma quel rapporto naturale che lega il popolo alla sua lingua, un rapporto di interscambio continuo dove la lingua riflette la società.
Oggi invece viviamo in una situazione in cui a "a un massimo di comunicazione sembra corrispondere un minimo di informazione reale". Le estensioni o restrizioni arbitrarie del significato, le "violenze idiomatiche" nate dalle cattive traduzioni dei giornali o dai cattivi doppiaggi, sono le vie attraverso le quali il linguaggio più facilmente si falsifica e si snatura il rapporto con la "lingua madre". Questo è uno dei maggiori pericoli che corre l'italiano moderno.
Secondo l'Autore, la nostra lingua vive in uno stato di disaffezione, lo conferma il fatto che nessuno ormai alza più difese contro l'alluvione di parole straniere che dilagano senza freni. Pur traducibili nella loro gran parte, le preferiamo ai termini corrispondenti nella nostra lingua. E il brutto è che lo facciamo solo per moda. "Oggi nel commercio si tende a camuffare con un inglese inutile - sportswear - o falso - common rail - qualunque prodotto, come se non esistessero parole italiane o queste non fossero più capaci di veicolare un messaggio pubblicitario." L'Autore conclude con un appello a non dimenticare il nostro passato e a non essere "comparse" ma protagonisti dell'evolvere del nostro idioma. Noi ci evolviamo insieme ad esso; la nostra trascuratezza dell'italiano è indice della decadenza della nostra società.
Rimane valida ancora oggi la lezione di Giacomo Devoto: «[il corpus di regole e di lemmi] può e deve restare "aperto" fino a tanto che ai partecipi della comunità offra prodotti intelleggibili, ma, al di là dell'intelleggibilità, può e deve essere "chiuso". La lingua è bella perché è varia, ma la varietà non giustifica mai l'incomprensibilità.»

BIBLIOGRAFIA
E. Bianchini, Italiano straniero, sui termini esteri penetrati nella lingua italiana.
G. B. Pellegrini, Dal venetico al veneto, sui lasciti dei dialetti nella fonologia dell'italiano.
A. Amato et alii, Prestiti linguistici dal mondo anglofono.
G. Pontiggia, Prima persona.
G. Nencioni, Saggi e memorie.
O. Castellani Pollidori, La lingua di plastica.