Area della ricerca sociale ed antropologica | AGOSTO 2002 | Prima edizione, marzo 2001 | |
I capitoli
iniziali (1-2) descrivono quali sono le lingue che stanno scomparendo nel
mondo. Gli autori si concentrano poi ( 3-4) sulla diversità linguistica
(le lingue parlate nel mondo sono migliaia) in rapporto all'ambiente in
cui sono nate. I capp. 5 e 6 delineano un ampio quadro generale della scoperta dell'agricoltura e della rivoluzione industriale nei termini delle conseguenze che esse hanno determinato sulla diffusione delle lingue e sui parlanti. Una volta identificate le principali forze che minacciano attualmente le lingue (gli Autori parlano di una dicotomia "metropolitano vs. periferico"), i due capitoli finali si concentrano sulle strategie di pianificazione volte a favorire la sopravvivenza della diversità biolinguistica nel mondo. |
Daniel Nettle, Voci del silenzio. Sulle tracce delle lingue in via di estinzione
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"Il vocabolario di una lingua è un inventario degli elementi che una cultura ha categorizzato e dei quali parla per dare un senso al mondo e per sopravvivere in un ecosistema locale." - pag. 82 "Nella sua accezione più generale, la scienza nel suo complesso non fa che attribuire nomi e categorizzare le cose che troviamo nel mondo intorno a noi, costruendo teorie al fine di spiegarle. Poiché la lingua fa lo stesso tipo di lavoro, possiamo pensare ad essa come a un modo di appropriarsi del mondo esterno e di sviluppare un simbolismo che lo rappresenti in modo da poterne parlare e da poter pensarci su. Abbiamo visto come le lingue indigene in molte parti del mondo siano una sorta di botaniche verbali. È proprio questo il motivo per il quale la perdita di queste lingue dotate di una ricca ed accurata conoscenza dell'ambiente rappresenta un autentico dramma." - pag. 94 "[Ci si imbatte spesso nella tesi] secondo cui gli europei hanno conquistato il loro maggior potere grazie all'industria e alla scienza. Come vedremo in questo capitolo, gli europei hanno prevalso su molti popoli indigeni a causa della diffusione di certe malattie. Essi non si erano "guadagnati" queste malattie (o la resistenza ad esse) con la loro industria e anzi non avevano idea del perché le avessero o, spesso, del perché i popoli nativi ne morissero. Le malattie degli europei, e il vantaggio degli europei in termini numerici, derivano in ultima analisi dalla creazione del sistema agricolo eurasiatico, altamente produttivo, migliaia di anni fa. Ma anche questo non fu tanto un trionfo dello spirito europeo, quanto un colpo di fortuna biogeografico." - pag. 130 |