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PROTOSTORIA

Nel territorio adiacente all'alveo del fiume Ronco si trova un paleosuolo in cui si rilevano tracce di frequen­tazione umana durante il paleolitico inferiore.

1.000.000/800.000 anni fa, quando qui vi era la linea di costa, Homo erectus lasciò tracce del suo passag­gio nell'attuale podere Canestri sulla sponda sinistra del Rio Ausa.

Altra frequentazione visibile risale a 200.000 anni fa e ha prodotto manufatti molto più raffinati dei precedenti. Pregevoli reperti dell'età del bronzo sono stati ritrovati nel territorio di Forlimpopoli.

Durante l'età del ferro il territorio fu abbandonato a causa del dissesto idrogeologico dovuto ad un forte aumento delle precipitazioni con piene dilaganti dei corsi d'acqua. Solo quando le condizioni ambientali migliorarono, nel VI secolo A.c., i Galli ripopolarono la zona, muoven­dosi lungo il sentiero pedemontano che attraversava la regione.

 

 

PERIODO ROMANO

Nel 168 A.C. (dopo la vittoria contro la coalizione dei Galli, Etruschi ed Umbri) iniziò la colonizzazione ro­mana che modificò profondamente il territorio: furono bonificate le paludi, disboscata la selva che copriva la zona ed effettuata la centuriazione orienta  secondo gli assi cardinali.

Nel 187 A.C. fu costruita la via Emilia che ricalcava il sentiero preistorico. Dall'abitato di Forlimpopoli usciva una strada che portava diritto verso il fiume. Tale strada attraversava il fiume Ronco mediante un ponte, di cui sono state scoperte due impo­nenti arcate.

Il ponte mostra segni di riparazioni in tempi diversi; nei pressi dell'ultima arcata furono trovate macine intere da mulino e uno scivolo in pietra che convogliava le acque in uscita. La presenza di un mulino ad acqua prova che quell'invenzione di origine orientale era già giunta in Italia e crea la figura del mugnaio e del mulino come centro di aggregazione. Questo è il probabile fulcro dell'inse­diamento di Selbagnone.

Durante il VI-VII secolo D.C. si verificò un raffreddamento del clima che provocò una serie di grandi alluvioni e la distruzione del ponte con lo spostamento di quasi 150 metri del corso del fiume. Infatti sotto il terrazzo fluviale sono stati rinvenuti 10-12 metri di sabbia e ghiaia. Furono queste sovralluvioni che coprirono, con circa tre metri di argilla la grande villa romana sco­perta recentemente nel territorio di Forlimpopoli. Lungo questo fiume sono sempre stati presenti mulini: quello di Selbagnone ha lavorato dal 150 D.C. al 1957. Era alimentato da un canale che proveniva da Meldola e serviva prima il Molinaccio e la Gualchiera. Questo antico canale modificò il suo corso a seguito della variazione dell'alveo del fiume Ron­co. Rimangono tracce delle antiche condotte presso il mulino Neri. Attingendo acqua nel punto più profondo del fiume il mulino poteva macinare anche quando tutti gli altri erano fermi. In questi periodi doveva supplire alla loro inattività e macinare almeno dieci "stare" di farina al giorno. La sua ricchezza era dimo­strata dalla "visenda", cioè dalla ca­pacità di non fare attendere i conta­dini per la macinatura, data la pre­senza di scorte di farina già macinata. Questo antico canale fu sostituito dal canale Doria, che si originava in prossimità del ponte dei Veneziani a Meldola.

Attualmente il suo corso, vero re­perto di archeologia industriale, risulta mancante della parte termi­nale, allorché si danneggiò il ponte sopraelevato che attraversava il fiu­me stesso.

Altri mulini sorgevano nella zona lungo il canaletto, oggi Ausa Nuova, che si snodava lungo i confini tra Forlì e Forlimpopoli. Questi mulini presero impulso sotto gli Zampeschi, signori di Forlimpopoli, che non potevano usare quello di Selbagnone, perché di proprietà Forlivese. Edifi­carono altri due mulini (Il Molinaccio e il Brunoro) dove i forlimpopolesi erano obbligati ad andare e che la signora Battistina Savelli sovrinten­deva affinché i cittadini non fossero frodati. Nella zona di Selbagnone sono da annoverare diversi mulini da Guado, erba tintoria della famiglia delle Crocifere. Nel 1550 il giro di affari di questa pianta a Forlimpopoli era di 20.000 ducati l'anno. Da qui i pani di guado partivano alla volta della Lombardia e di Venezia. Legati ai mulini erano i maceri, oggi quasi completamente distrutti. Nel secolo successivo, l'introduzione dell'indaco dall'oriente, portò ad un declino della coltivazione di questa pianta (Isatis tinctoria) tanto che oggi essa è scomparsa.

 

 

 

LA VILLA PAULUCCI-MERLINI

Nel territorio Forlimpopolese venne costruito verso la metà del '700, dai marchesi Paulucci-Merlini un impo­nente edificio che si sviluppa su tre piani. con la facciata ornata da una  doppia scala esterna che porta al primo piano, in un grandioso atrio con il soffitto decorato nel 1767 da V. del  Buono e G. Marchetti. Adia­cente all'atrio è la sala da pranzo con il  soffitto splendidamente dipin­to. La villa è tutta  decorata a stucchi e conserva le porte ed i vetri origi­nali. All’altezza del secondo piano si apre una balconata di ferro battu­to, elegante ed ariosa.

Prima del 1971 le pareti erano or­nate da circa  300 quadri ed interamente arredata  con mobili, argente­rie e tappezzerie del 1600/1700. Gioiello di contorno alla villa è lo splendido parco in mezzo ai quali fu costruito un "teatrino di verzura" unico esempio in Romagna.

Nel 700 era consuetudine arredare i giardini con piante esotiche prove­nienti da paesi lontani e che solo ivi potevano essere ammirate. La pianta più nota del parco Paulucci Merlini è il grande Cedro del Libano.

Questo colosso verde dalle dimen­sioni imponenti ha un portamento molto elegante "a candelabro". Que­sta pianta è legata alla storia: le travi del tempio di Salomone e le navi dei Fenici erano costruite con que­sto legname.

Altra pianta interessante è il Ginkgo biloba, "fossile vivente", è la specie arborea più antica del nostro pianeta i cui progenitori crescevano trecento milioni di anni fa. Unico rappresen­tante di una famiglia di alberi preistorici, è in Oriente pianta sacra e legata a Buddha. Le foglie del Ginkgo biloba hanno proprietà medicinali come antiossidanti. Nel parco vi sono inoltre Tassi secolari, Magnolie imponenti e una Sequoia di 250 anni.