Tratto da "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 20 settembre 2003
Storia della "sezione aurea"
Un numero, un mistero da 3000 anni
Un rapporto matematico-estetico che rende armoniosi oggetti e situazioni. Merito di Leonardo? Un libro dell’astrofisico Mario Livio lo nega e lo attribuisce ad altri. Applicato in filologia a Bari da C:F: Russo.
Di Giacomo Annibaldis
La chiamano"sezione aurea", "divina proporzione", "numero aureo" o "rapporto aureo". Tutto questo scintillare di definizioni per indicare un numero irrazionale: 1,618…con infinite cifre decimali prive di sequenze ripetitive. Nei secoli passati era indicato con la lettera greca "tau", ma nel XX secolo il matematico Mark Barr introdusse come simbolo l’altra lettera greca "phi", nella convinzione che questo rapporto matematico fosse stato applicato nelle sue opere da Fidia,il grande scultore ateniese. In realtà non c’è numero più sensazionale del "rapporto aureo". E tutt’oggi non c’è ricercatore "esoterico" che non ne scomodi lo svelamento in architetture antiche o medievali, in dipinti stravaganti, in composizioni di vario genere. Una ragione c’è, per tanto entusiasmo. O, meglio, la sensazione che questo numero riesca ad amalgamare in sé un mistero matematico con uno estetico, grazie alla sua capacità di rendere piacevolmente armoniosi gli oggetti e le situazioni, in cui viene rintracciata la sua presenza.
Tuttavia quanti "delitti" vengono perpetrati in suo nome da cultori di una facile "mistica numerica"? Ci illumina l’interessante volume di Mario Livio, un astrofisico che vive a Baltimora e dirige il dipartimento scientifico dell’Istituto del telescopio spaziale Hubble: La sezione aurea. Storia di un numero e di un mistero che dura da 3000 anni (trad. S. Galli, Garzanti ed., pp.416, euro 19).
Lo scienziato si è preso la briga di indicare un tracciato accattivante sulla "sezione aurea", individuandone l’eventuale scopritore, presentando gli studiosi che l’hanno inseguita nei secoli, mostrando addirittura le manifestazioni in natura: dalla disposizione delle foglie e dei petali di rosa agli ammassi delle galassie, dalla formazione da cristalli alle spirali logaritmiche delle conchiglie….
Nel contempo, Mario Livio provvede a sfoltire l’euforico inventario delle possibili applicazioni. Escludendo la conoscenza di "phi" da parte dei Babilonesi; escludendo che fosse usato nella piramide di Cheope (come una vasta letteratura mistico-matematica ha sempre sostenuto); escludendo l’applicazione nel Partenone, benché l’ateniese Platone mostri di conoscerlo, grazie ai suoi cinque solidi. Escludendo infine che Leonardo da Vinci l’abbia conosciuto, a dispetto delle affermazioni di una diffusa bibliografia.
A fronte di tante espunzioni, altrettante rivelazioni. A chi va attribuita l’invenzione? Secondo Kurt von Fritz, a Ippaso di Metaponto il pitagorico vissuto nel V sec. a. C., che per aver scoperto il "phi" e svelato il principio della "incommensurabilità" venne scomunicato dalla sua setta e "perì in mare per la sua empietà". Ma in realtà la prima consapevole definizione del "rapporto aureo" è in Euclide, il matematico alessandrino che visse tre secoli prima di Cristo e che la definì "proporzione estrema e media". Certo è che solo da Fibonacci in poi la "divina proporzione" ebbe una visibilità indiscutibile. Mario Livio, mostra quanto abbia a che fare con essa la "sequenza dei conigli" elaborata dal grande matematico pisano del XII-XIII secolo (si dice che ebbe a che fare anche con Federico II). Seguono Piero della Francesca (che era insigne matematico oltre che pittore) e l’allievo Luca Pacioli, che scrisse appositamente nel 1509 De divina proportione. E sopratutto Keplero, che considerava il rapporto aureo "uno dei principali strumenti della creazione divina dell’universo"; lo scienziato ne inseguì l’armonia disegnando (nel suo Harmonices mundi) quattro forme di mattonelle. Dalle stelle alle piastrelle.
Nessuno, a questo punto, si stupisce se Le Corbusier con il suo "Modulor" ne introdusse l’applicazione nell’architettura; e se un musicista come Debussy avvertiva, a riguardo di una battuta mancante nella partitura:"D’altronde, ciò era necessario dal punto di vista numerico, cioè del numero divino". Artisti contemporanei come Mario Merz hanno voluto "giocare" con i "numeri di Fibonacci" e quindi con il rapporto aureo (ma non Piet Mondrian).
Non sono mancati casi di avvistamento nella critica letteraria. Nel 1962 G. E. Duckworth analizzò l’Eneide di Virgilio "sulla base della proporzionalità matematica": ogni libro sosteneva il filologo "rivela, nelle unità minori come delle divisioni principali, il famoso rapporto numerico noto come "sezione aurea"". Mario Livio bolla questa lettura come improbabile. Non è al corrente che un altro filologo applicò la stessa lettura a scrittori greci come Omero ed Eschilo : l’italiano Carlo Ferdinando Russo, che per anni ha insegnato all’università di Bari.
Ciononostante, Livio è propenso a credere che la "sezione aurea" permei la nostra vita. Anzi il futuro: se è vero che dai frattali di Mandelbrot il rapporto aureo è stato trasposto in un coraggioso quanto ingenuo tentativo nell’andamento della Borsa. Conclusione? Scrive Mario Livio:"Se la geometria non fosse stata inventata, mai avremmo immaginato l’esistenza del rapporto aureo.
Ma forse, alla fine, esso ci avrebbe ugualmente fatto visita, magari travestito da breve programma per computer".
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