Le leggende del Graal rappresentano una fusione di
elementi Cristiani e pre-Cristiani. Motivi comuni delle varie versioni della
storia date da Chrétien de Troyes (ca. 1150-1190), Wolfram von Eschenbach (c.
1170-1220), ed altri, comprendono un castello magico, abitato dal castrato Re
Pescatore, una vergine che porta il Graal, e un eroe maschile che ricerca il
Graal. Il testo irlandese precristiano ''Adventures of Art, Son of Conn''
(Avventure di Art, figlio di Conn) già contiene la maggior parte dei temi della
ricerca del Graal. Il Graal stesso è variamente identificato come una coppa
luminosa, una boccia, un gioiello e (da Wolfram) una pietra, in grado di donare
un'infinità di cibo e bevande. E' una fonte di giovinezza e salute, sorgente di
saggezza e verità. Durante una visita con il dio Manannan, il re Cormac (figlio
di Art) e la sua famiglia si trovano ad un tavolo coperto da una tovaglia che -
all'improvviso - inizia a produrre cibi e bevande a volontà. Nella sua forma
cristianizzata, il Graal è stato identificato con la coppa usata da Cristo
durante l'Ultima Cena, il contenitore in cui il suo Sangue è stato raccolto da
Giuseppe d'Arimatea, e la coppa eucaristica. Il re Pescatore è generalmente
associato ad una lancia sanguinante (che lo avrebbe ferito), a sua volta
collegata con la lancia del dio celtico Lug e con la lama che ha trafitto il
fianco di Gesù in croce.
Riflettendo su questi motivi, Roger
Sherman Loomis ha concluso che la tradizione del Graal è celtica in origine,
poiché "viola le più elementari regole dell'etica e dei rituali cristiani", e
per questo "non sarebbe sorta in ambienti cristiani". Per sottolineare il
concetto, egli chiede: ''Come è possibile che una sacra reliquia, o anche solo
una comune patena o un ciborio, possa essere affidata ad una amabile fanciulla,
e non ad un prete o un sacrestano?" Rispondendo alla sua retorica domanda,
egli conclude: "Non c'è da meravigliarsi se la Chiesa non ha mai riconosciuto i
romanzi del Graal come autentici, anzi, ha mostrato sempre sospetto per il loro
background non molto ortodosso".
Ovviamente, la storia del
Graal, particolarmente nelle sue origini celtiche e secondo la versione di
Wolfram, si sposa bene con una teologia che insiste sull'assoluta mascolinità di
Dio, l'inferiorità della donna e su una morale che esalta l'ascetismo sessuale.
La moderna tradizione cattolica, tuttavia, esalta il ruolo di Maria come "Madre
di Dio" (con un termine greco theotokos o "Portatrice di Dio"), e le sue
caratteristiche materne, che in passato erano viste nella antica Magna
Mater. Ed oggi, trent'anni dopo il II Concilio Vaticano, le donne possono
servire come ministri eucaristici.
I modi di interpretare e
descrivere il Graal sono molti e controversi; ciò può essere giustificato dal
fatto che il tema del Graal cominciò a diffondersi durante il Medioevo, periodo
di intenso fermento in fatto religioso e agitazione intellettuale. Il Graal è un
potente simbolo che rappresenta insieme la fecondità femminile, la saggezza, la
divinità. Non soltanto la portatrice del Graal è quasi sempre una giovane
fanciulla, ma il Graal stesso contiene la luminosa immagine di un bambino su di
sé o sopra l'ostia che vi è contenuta. Ci vuole un po' di immaginazione per
vedere in questa immagine l'archetica connessione tra il Graal-grambo materno, e
la storia cristiana dell'Incarnazione-Annunciazione, simboleggiata dalla coppa
eucaristica. In questo contesto è interessante notare che Henry e Renée Kahane
sostengono che Graal derivi dalla parola greca krater, concetto chiave
per gli ermetisti.
E' sicuramente più di una semplice
coincidenza il fatto che le leggende del Graal siano nate proprio in un periodo
in cui i dibattiti più accesi dell'epoca concernevano il mistero
dell'Eucarestia, una controversia che culminò nella promulgazione del dogma
della transustanziazione del IV Concilio Laterano del 1215. Nella liturgia,
l'Eucarestia diventa "Comunione", il sacro pane sacramentale, cibo spirituale
nella forma di pane e vino. Questo sottolineò l'importanza dell'Incarnazione, e
della presenza di Dio-nel-mondo, in contrasto con la posizione dei Catari, i
quali sostenevano che il mondo e qualsiasi cosa in esso, compreso il matrimonio
e la procreazione, erano il "male", e il corpo di Cristo soltanto un'illusione.
Per loro. come nelle leggende l'importante era vedere il Graal, così anche solo
assistere all'elevazione dell'Ostia consacrata aveva lo stesso effetto di grazia
della partecipazione alla Comunione. Dopo una durissima persecuzione, i Catari
(anche chiamati Albigesi) furono sterminati. Ironicamente, la loro dottrina
dualista non si estinse completamente, ma influenzò la frangia Neo-Platonica dei
cattolici con la sua visione negativa della vita e del mondo.
Tra le numerose versioni medievali della Ricerca del Graal, Mircea
Eliade considerò il Parzival di Wolfram von Eschenbach come ''la più completa
storia e coerente mitologia del Graal''. Eliade fu colpita in particolare dal
fatto che deliberatamente Wolfram incluse numerosi motivi orientali, e fece ciò
con molto rispetto. Wolfram sostenne che la fonte originaria del suo racconto
era una saga Ebraico-Musulmana; il padre di Parzival visse per un po' di tempo
in Africa, dove si sposò con una musulmana ed ebbe un figlio; questi viaggiò a
lungo in Asia ed Africa; il fratello di Parzival sarebbe presto diventato il
celebre prete Gianni, monarca Indiano. In breve, Eliade nota che
[...] è evidente che il simbolismo del Graal dell'opera di Wolfram e dei
suoi successori e lo scenario da loro dipinto, rappresenta una sintesi
spirituale che va oltre i contributi delle diverse tradizioni. Dietro il suo
interesse nei confronti dell'Oriente, si può intravvedere la profonda
disillusione causata dal fallimento delle Crociate, l'aspirazione ad una
tolleranza religiosa che avrebbe incoraggiato un avvicinamento al mondo
dell'Islam, una profonda nostalgia di una "cavalleria spirituale"
[...]
Nella tradizione celtica originaria, tuttavia, e nel
racconto di Wolfram, l'amore umano e l'aspirazione alla sessualità sono trattati
come valori positivi. In contrasto con il Galahad di Chrétien (che raggiunge il
Graal attraverso una vita di ascesi e di rinuncia ai piaceri della carne,
mantenendosi un cavaliere vergine - e proprio per questo considerato perfetto),
Parzival raggiunge il Graal spirituale pur con la sua amata Condwiramurs.
Wolfram considera l'amore nuziale come un misterioso ed potentissimo sacramento.
Inoltre c'è un preciso passo in cui si evidenzia che proprio
tramite il suo amore coniugale Parzival diventa degno del Graal. Il ricordo di
sua moglie Condwiramurs non solo lo sostiene nel suo vagabondare, ma la sua
elezione a Re del Graal è immediatamente seguita da una notte d'amore con la sua
Condwiramurs in una tenda della foresta. Wolfram scrive: ''Così, io credo, si
prese piacere fino a mezzo il mattino. Da ogni parte l'esercito si fece da
presso a guardare [...] Ora non era più tempo di dormire. Il re e la regina si
alzarono. Un prete cantò la messa" (Wolfram 802). Dal passo pare ovvio che
Wolfram consideri un atto d'amore tra il re e la regina come una valida ragione
per ritardare la celebrazione. Qui, come in altre opere epiche, Wolfram rifiuta
il fatto che la Chiesa sia la sola mediatrice tra Dio e l'umanità. Proprio
questo anticlericalismo può spiegare l'insinuazione che Wolfram fosse in realtà
un Cataro.
Così Wolfgang Spiewok, il traduttore tedesco, scrive
nel suo commento: ''Wolfram trasforma l'amore romantico cortese (Minne)
nel genuino amore coniugale: fondamento del matrimonio, che in questo trova
compimento'' e, per Wolfram ''Dio non si incontra (come sostenuto da alcuni
chierici) attraverso l'ascetismo e il rifiuto del mondo, ma attraverso le
relazioni sociali vissute al servizio di Dio." Secondo Spiewok, è proprio questa
visione non dualistica del mondo materiale l'elemento che assicurò a Wolfram una
immensa popolarità delle sue opere durante i successivi secoli che precedettero
la Riforma. Se Spiewok ha ragione, allora la storia raccontata da Wolfram
rappresenta un antidoto popolare al prevalente dualismo del tardo Medioevo.
Fonte primaria:
Wolfram von Eschenbach. Parzival.
Fonti secondarie:
Eliade, Mircea. A History of Religious Ideas Volume 3: From
Muhammad to the Age of Reforms. Trans. Alf Hiltebeitel and Diane
Apostolos-Cappadona. Chicago: The University of Chicago Press, 1985.
Jungmann, Joseph A. The Mass of the Roman Rite: Its Origins
and Development (Missarum Sollemnia). 2. Vols. Trans. Francis R. Brunner.
Westminster, ML: Christian Classics, 1986.
Kahane, Henry and Renée. The Krater and the Grail: Hermetic
Sources of the Parzival. Urbana: University of Illinois Press, 1965.
Loomis, Roger Sherman. Arthurian Tradition & Chrétien
de Troyes. New York: Columbia University Press, 1961.
Markale, Jean. Women of the Celts. Trans. A. Mygind, C.
Hauch and Peter Henry. London: Gordon Cremonesi, 1975.
Matarasso, Pauline M., trans. The Quest of the Holy
Grail. New York: Penguin Books, 1984.
Matthews, John. The Grail: Quest for the Eternal. New
York: Crossroad, 1981.
Neumann, Erich. Die Große Mutter: eine Phänomenologie der
weiblichen Gestaltungen des Unbewußten. 1974. Olten: Walter-Verlag,
1985.