tratto da "Il Messaggero" di domenica 8 Maggio 2005
LUPA CAPITOLINA NEL TAGIKISTAN
di EMILIO LAGUARDIA
Questa è la storia del dio Marte, amante focoso, e di una
principessa Latina troppo disinvolta; è la storia di due gemelli, figli
della colpa, abbandonati sul fiume e nutriti da una Lupa; è la storia dei
pastori che abitavano il colle sopra il fiume e che adottarono i due
bambini. E il colle divenne una città e la città un Impero, un Impero
grande dall’Atlantico all’Eufrate. Ma questa è anche la storia di un altro
Impero, l’Impero che vedeva per primo il sorgere del sole, l’Impero che
credeva nei Draghi, l’Impero che, quando Roma era un pugno di capanne,
costruiva strade e città di mattoni, inventava la carta e la polvere da
sparo.
Per anni storici e archeologi si sono interrogati sulla
possibilità che l’antica Roma e la Cina si conoscessero e dialogassero.
Ritrovamenti sporadici - qualche moneta romana e frammenti di terracotta -
vennero alla luce in Asia sia lungo la Via della Seta sia sulle coste di
Sri Lanka, India e Corea, segno che le rotte commerciali, terrestri e
marittime, erano più trafficate di quanto si immagini.
Nel 1955 il
sinologo americano Homer Dubs, decifrando gli archivi segreti della
Dinastia Han, scoprì che nel 30 a.C., in un territorio corrispondente
all’attuale Tagikistan, le truppe imperiali cinesi si scontrarono con un
curioso esercito che avanzava in formazione chiusa tenendo gli scudi
sovrapposti gli uni con gli altri. E’ una tecnica di combattimento romana,
la cosidetta testudo , sconosciuta fino ad allora in
Oriente. I Cinesi notarono anche che i loro nemici costruivano
accampamenti quadrati circondati da aguzzi pali di legno, anche questa una
tipica tecnica militare romana. Dubs ipotizzò allora che si trattava dei
soldati romani fatti prigionieri dai Persiani nella battaglia di Carre (53
a.C.) e costretti a combattere lungo i confini orientali del’Impero
Partico. I Cinesi trasferirono poi i ”Romani” in una città che chiamarono
Li-jan, lo stesso nome utilizzato nei testi del ”Celeste Impero” per
indicare i territori dell’Impero Romano. L’ipotesi di Dubs alimentò
fantasie e suggestioni, riproposte ancor oggi nell’ultimo romanzo di
Valerio M. Manfredi ”L’Impero dei Draghi”, ma gli scavi archeologici
condotti nell’antica città di Li-jan dettero risultati contraddittori e
mai nessuna certezza della presenza di Romani in Cina.
Ma alla fine
degli anni ’60 l’archeologo russo Numon Negmatov scavando a Bundzikat, in
Tagikistan, nel sito di una fortezza del VIII-IX secolo d.C. trovò un
affresco sorprendente: una lupa che allatta due gemelli identica alla
”Lupa Capitolina”. Continuando a scavare Negmatov portò alla luce una
parete lunga sei metri, dove, comparando con la mitologia romana,
apparvero le figure di un sovrano in trono (Enea), di un uomo e una
fanciulla seminudi (il dio Marte e Rea Silvia, padre e madre dei gemelli),
di un fiume (il Tevere) con la cesta dei due bambini, di un gruppo di
pastori (Faustolo e Acca Larenzia).
Il castello apparteneva agli
Afshins, un gruppo di mercenari turchi che proprio in quei secoli
iniziavano la loro inarrestabile marcia dalle steppe dell’Asia Centrale
fino al Mediterraneo. Ma che relazione poteva esserci tra una tribù nomade
dell’Asia e il mito della Fondazione di Roma? Alla ricerca di paralleli
culturali Negmatov scomodò gli antichi miti indoeuropei dell’Avesta,
scoprendo la leggenda di Kir, mitico fondatore delle popolazioni iraniche,
figlio ripudiato di un re, allevato da una lupa e salvato da un pastore.
Il mito, comune a molti popoli dell’Asia, sarebbe stato portato in
Occidente dagli Etruschi, congetturò allora Negmatov, e, sulle coste del
Lazio, trasformato nella sua variante con i due gemelli.
Ma il mistero
rimane, al di là delle possibili comuni radici culturali, tanto che
l’Università ”La Sapienza” di Roma e l’Istituto ”Giorgio La Pira” del CNR
terranno ad ottobre, proprio in Tagikistan, un seminario
sull’interpretazione del dipinto. ”E’ il ritorno della Lupa in Asia”
afferma il professor Pierangelo Catalano, organizzatore del seminario
”perchè è l’Asia, e non l’Europa, alla base della tradizione mitologica
romana”.
Quello che infatti stupisce nell’affresco di Bundzikat, oltre
alla perfetta corrispondenza iconografica con la Lupa Romana, è che il
mito della nascita della ”Città Eterna” doveva rappresentare, per i nuovi
signori Turchi, un momento di tale venerazione tanto da riproporlo negli
affreschi della propria residenza.
Il ritrovamento della ”Lupa” in
Tagikistan, negli stessi luoghi che videro lo scontro armato con i Cinesi,
attesterebbe, se non la presenza di soldati romani in Oriente, sicuramente
il segno della diffusione, lungo la Via della Seta, della cultura di Roma.
E nel mondo è il suo segno più ad Est.
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