IL SITO DEL MISTERO

Tratto da Repubblica del 6 agosto 1998

Il reperto trovato vicino al castello di Tintagel. Gli archeologi certi: risale al sesto secolo

Una pietra col nome "Artù" e la leggenda si fa storia

di GIANCARLO MOLA

Spaccato in due e utilizzato per coprire una fogna. Sorte ingrata per il sasso che potrebbe sconvolgere la leggenda di re Artù. O meglio, dimostrare che leggenda non è, che nella Cornovaglia del VI secolo è davvero esistito un capo clan con quel nome, e che gli infiniti racconti su Lancillotto e Mago Merlino, il Sacro Graal, i cavalieri della tavola rotonda e Camelot non sono semplicemente frutto della fantasia di un cantore del XII secolo di nome Geoffrey di Monmouth.

Le rovine del castello di Tintagel, culla della leggenda arturiana, hanno restituito una pietra lunga 35 centimetri e larga 25, sulla quale ancora si riescono a leggere le lettere incise con fatica quattordici secoli fa. "Artognov", c’è scritto, la forma latina del celtico "Arthnou". Arturo, insomma, probabilmente Artù.

Tutto sembra coincidere. Gli studi storici, mai suffragati da prove certe, avevano infatti ipotizzato che Artù, se mai esistito, sarebbe stato un capo clan che apprese dai romani l’arte della guerra e la utilizzò per guidare gli eserciti degli altri re inglesi contro il tentativo di invasione dei sassoni.

La leggenda è andata molto oltre. E ha condito la sua storia di mille particolari, a cominciare con la nascita. Narra infatti di Artù figlio di un re e di una donna di umili origini. Il sovrano si sarebbe innamorato della ragazza, che però era già sposata, e avrebbe preso le sembianze di suo marito grazie a un incantesimo di mago Merlino. C’è però un’altra versione: Merlino che trova il re bambino in una caverna ai piedi di un vecchio castello, portato lì dalle onde del mare.

In entrambi i casi la tradizione parla di Tintagel come luogo di nascita di re Artù. Lo fa Geoffrey di Monmouth, nella sua Historia Regum Britanniae, che risale al 1139, lo fanno quelli che ne hanno tramandato fino ai giorni nostri la leggenda.

Peccato che le scenografiche rovine sulla costa della Cornovaglia, visitate ogni anno da decine di migliaia di turisti e curiosi, appartengano a un castello che risale al tredicesimo secolo, tra il 1233 e il 1236 per la precisione. Ci sono, lì intorno, tracce di vecchie costruzioni che riconducono al terzo o quarto secolo ma niente di più. Il ritrovamento della pietra, la cui datazione al sesto secolo appare certa, getta una nuova luce su re Artù e la sua epopea.

La scoperta si deve all’English Heritage l’agenzia archeologica del governo inglese. Che ci va cauta a legare il sasso di Tintagel alla leggenda di re Artù. Ma parla comunque di una "straordinaria coincidenza". Più esplicito il capo della spedizione che ha scovato il reperto. Geoffrey Wainwright ha definito il ritrovamento semplicemente "la scoperta di una vita".



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