IL SITO DEL MISTERO



Tratto da "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 7 agosto 2005

Riti segreti e pubbliche virtù nell'antichità

RAFFAELLA CASSANO

Èdi una giovane donna che incede avendo tra le mani un vassoio per le offerte, l'immagine scolpita che introduce, nella mostra romana, ai "misteri", i culti segreti diffusi in Grecia e a Roma, ricordati già alla fine del VII secolo a. C. nell'Inno a Demetra, attribuito ad Omero. La statua è nota come "Fanciulla d'Anzio", perché fu rinvenuta nell'Ottocento nella cittadina laziale, dove decorava, insieme ad altre sculture il portico sul mare della villa imperiale. Non è ancora chiaro se si tratti di un originale greco del III secolo a. C. o di una copia di età romana, anche se sono molti gli studiosi che propendono per la provenienza della statua da un contesto greco di età ellenistica. Non c'è concordia neppure sull'identificazione del personaggio. Potrebbe essere Pizia, la più famosa profetessa del culto oracolare di Apollo, per via del ramo di alloro esibito sul vassoio, mentre è impegnata in una cerimonia sacra, ma potrebbe trattarsi anche di una sacerdotessa di Dioniso o solo di un'addetta al culto, incaricata di portare gli oggetti sacri durante i riti insieme a un gruppo di altre compagne, le ierodule del dio, come è evidente dal confronto con altre rappresentazioni di precisa valenza dionisiaca. La veste di stoffa pesante, dalle pieghe increspate e scomposte, i sandali dalla suola alta, la chioma stretta da un nodo sulla fronte lasciata libera. Un abbigliamento, un incedere, una funzione - a leggere gli oggetti del culto e il rotolo posti sul vassoio - che ricordano le prescrizioni per ogni donna che si appresti a partecipare a una cerimonia rituale, secondo i dettami ricorrenti nei testi letterari e nelle iscrizioni. Come quella, ad esempio, del I secolo a. C. relativa ai misteri di Andania che vietava vesti trasparenti, gioielli, acconciature elaborate e calzari eleganti e suggeriva invece l'assunzione di un aspetto dimesso per le addette al culto. La "Fanciulla" nella mostra è accompagnata da testimonianze iconografiche che illustrano, attraverso un campione monumentale significativo, il percorso del culto misterico di Dioniso, il dio greco del passaggio e della trasformazione, simboleggiati dal mutamento dell'uva in vino, metafora dei cambiamenti nella vita dell'uomo fino al trapasso nell'aldilà. Così il rilievo con iniziazione ai misteri dei musei Capitolini, dove una Musa è seduta all'ombra del platano in atteggiamento meditante mentre regge una maschera a significare la rappresentazione teatrale, momento essenziale della cerimonia, due satirelli sono condotti dal Satiro verso il luogo di culto dove saranno iniziati ai sacri misteri. La liturgia segreta nota solo agli adepti prevedeva, come racconta lo storico Tito Livio (Liv. 13,3) che questi fossero appesi a una "macchina" e trasportati sotto terra, per ricordare il riempimento e il soggiorno nell'Ade degli eroi greci al seguito di Dioniso, simbolo del raggiungimento della redenzione divina. O come gli altari di età augustea con le menadi che danzano ebbre, recando tra le mani il capretto e il coltello con il quale hanno sacrificato l'animale in onore del dio. O come il responso oracolare inciso su una cista in bronzo - una sorta di beauty case per conservare gioielli e oggetti di toilette - proveniente da Palestrina. O il rilievo votivo di Ostia di età tardorepubblicana. Sulla cista compaiono diversi personaggi, alcuni armati di corazza mentre assistono all'estrazione della "sors", il responso dell'oracolo e della predizione, che si avvera ancora una volta, del successo in battaglia. Lo donò per grazia ricevuta un certo Fulvius Salvis, come recita l'iscrizione. Grande spazio l'esposizione dedica ai culti orientali di Cibele e di Attis, a quelli di Iside e delle divinità egiziane, a Mithra, il dio persiano nato giovane dalla roccia, garante dell'ordine cosmico. Divinità venerate in Grecia in alternativa con gli dei dell'Olimpo e che a Roma attraggono l'interesse di liberti e di uomini dell'aristocrazia, che li assimilano presto a quelli del pantheon ufficiale. Ma è ai riti di Eleusi, in onore di Demetra e della figlia Core/Persefone, i primi ad essere definiti "misteri" (dal greco: chiudere gli occhi, allusione forse alla segretezza della cerimonia?) che negli spazi del Colosseo viene riservato un significativo rilievo anche a causa della particolarità e del fascino della documentazione. Il racconto si svolge infatti attraverso i "pinakes", le tavolette votive in terracotta, riemerse in gran numero a Locri Epizefiri nella Calabria ionica, che narrano la storia di Persefone, venerata con grande concorso pubblico nel santuario della colonia della Magna Grecia. Una Persefone diversa dalla Core di Eleusi, raccontata attraverso il rito del matrimonio, con il rapimento da parte di Ade mentre raccoglie fiori sulla terra e quindi regina degli Inferi, dove, sul trono accanto allo sposo, riceve doni dalle divinità infernali. Ma i "pinakes" illustrano anche cerimonie liturgiche, feste e danze cui partecipano le fanciulle di Locri, che intrecciano le loro storie di vita quotidiana con quelle della dea. Cui affidano la loro speranza di vita oltre la morte. Accanto ai quadretti con Persefone che talvolta è anche Afrodite, al Colosseo appare un capolavoro della scultura dell'Italia meridionale, che si pensa sia stato creato, nel V secolo a. C., per un tempio sempre di Locri. La testa colossale in marmo, l'acrolito della collezione Ludovisi, era inserita in una struttura di legno ricoperta di stoffa e di lamine in metallo prezioso. Non sappiamo se seduta o in piedi, forse il volto coperto da un velo, la dea, Persefone o piuttosto Afrodite, severa e ieratica, forse un sorriso appena accennato, si manifesta magicamente ai fedeli. Modelli nel tempo per tante storie legate alla terra e al ripetersi delle stagioni, i riti di Eleusi ispirano ancora oggi, come le danze orgiastiche delle Menadi, comportamenti e pratiche che si pongono tra folklore e forme esorcistiche per allontanare il dolore. Gli antropologi che, in mostra, commentano, con parole e immagini di oggi, quelle del lontano passato trovano affinità con le cerimonie ambientaliste della "deep echology" e del bioregionalismo e con aspetti della "new age". E accennano anche alla Notte della Taranta che continua a richiamare in Puglia un pubblico cosmopolita.

Più di 70 opere al Colosseo in "camere di buio"

A Roma, fino al gennaio 2006, il Colosseo ospita, secondo una tradizione inaugurata con la fortunata mostra "Sangue e Arena", una rassegna archeologica di grande suggestione sui culti misterici del mondo antico. "Il rito segreto. Misteri in Grecia e Roma" è un'esposizione che coniuga la scientificità dell'impianto con la spettacolarità dell'allestimento. Luci, suoni e proiezioni suscitano infatti profonde emozioni e indirizzano il visitatore nel mondo misterioso e affascinante dei riti dionisiaci, dei misteri eleusini, dei culti orientali, dei responsi oracolari. Ideata dalla Soprintendenza archeologica di Roma, curata da Angelo Bottini come il catalogo di Electa (320 pp, riccamente illustrato, 25 euro in mostra, 30 in libreria) la mostra è una produzione Mondadori Electa spa. Nel secondo ordine del Colosseo, le opere (77 tra statue, affreschi, altari, vasi, rilievi, idoli) sono inserite in "camere di buio" sonoro che le proteggono e al contempo creano un'aura di mistero. Lungo l'ambulacro esterno, invece, il visitatore segue la narrazione attraverso apparati didascalici e filmati montati da Stefano Scialotti sulle risonanze della cultura misterica della contemporaneità, seguendo una linea guida dell'antropologo Vincenzo Padiglione. Aperta tutti i giorni. Orario fino al 31 agosto: dalle 8,30 alle 19,15; 8,30-19,00 dal 1° al 30 settembre; 8,30-18,30 dal 1° all'ultimo sabato di ottobre; 8,30-16,30 dall'ultima domenica di ottobre. Per informazioni 06/420.292.07.



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