Tratto da Focus di settembre 2004
Tutti i misteri del Graal
di Massimo Polidoro
"Che cosa sia il Santo Graal si sa: è qualcosa di cui non si sa né cosa sia, né se ci sia". Cosi il matematico Piergiorgio Odifreddi, docente di logica a Torino e a Cornell (Usa), descrive uno dei miti più elusivi. Per alcuni, infatti, il Graal sarebbe un oggetto: il calice usalo da Cristo per l'ultima cena, oppure la coppa in cui uno dei discepoli, Giuseppe d'Arimatea, raccolse il sangue di Gesù morente. Ma anche un calderone magico, l’Arca dell'alleanza, la Sacra Sindone... Altri invece lo vedono come un simbolo o una stirpe "sacra" (vedere il prossimo articolo). Anche l’ubicazione del Graal è stata individuata nelle località più disparate: a Glastonbury in Inghilterra, a Rennes-le-Chàteau in Francia, a Oak Island negli Stati Uniti, a Valencia in Spagna. Ma anche in Itali, da Bari a Genova, a Torino...
"Esistono 3 possibili approcci al Graal" dice lo studioso Mariano Tomatis. "Il primo considera il Graal come un oggetto preciso, per lo più legato alla figura di Cristo. Motivo comune di queste ricerche è il tentativo di identificare il luogo ove dimorerebbe l'oggetto. Una seconda categoria di studi ritiene le ricerche sul campo solo l'aspetto volgare di una ricerca più simbolica. Una terza categoria ne studia le origini letterarie, ricostruendo l'evolversi del mito nei secoli".
Non è possibile identificare una fonte unica del mito del Graal. Si può, invece, individuare con precisione l'anno in cui l'Europa vide comparire per la prima volta, il termine "Graal": è il 1190, quando muore lo scrittore Chrétien de Troyes, lasciando incompiuto il suo ultimo romanzo cortese, il Perceval ou le Conte du Graal.
• Una strana cerimonia
Nel libro si racconta del giovane Perceval che lascia la sua casa per diventare cavaliere. Quando arriva al castello del rè Pescatore assiste a una cerimonia in cui una damigella attraversa la stanza con in mano un "graal" (in lingua d'oil un recipiente) da cui emana una luce sfavillante. "Il fatto che il Perceval sia il primo romanzo a citarlo" dice Tomatis "non ci autorizza a concludere che sia stato Chrétien a creare l'archetipo del calice "graal". Nella cultura celtica erano già presenti vasi, caldaie e coppe miracolosi: una leggenda gallese descrive la caldaia della dea Ceridwen, un grande paiolo in cui aveva preparato un magico elisir della saggezza; bastava immergere un dito nella pozione per acquistare la conoscenza".
Tra il XII e il XIII secolo il "graal" diviene il "Graal": la parola, sconosciuta fuori dal contesto franco-celtico, diventò un nome proprio. In latino esisteva già gradalis, mentre verso la metà del XII secolo compaiono le varianti grazal e grasal: ancora oggi in Val d'Aosta si usa il termine "grolla".
"Da allora, quella coppa è diventata il Santo Graal, oggetto di racconti, studi e sogni" spiega Franco Cardini, docente di storia a Siena. "I temi fiabeschi però non sono mai frutto di pura fantasia: discendono da un insieme di miti. II Graal rientra negli oggetti magici, doni dell'Altro mondo, presenti in molle tradizioni".
Fu Rohert de Boron, intorno al 1200, a identificare per la prima volta il Graal con il Veissel ("vaso") con cui Gesù aveva celebrato l'ultima cena e nel quale, poi, Giuseppe d'Arimatea aveva raccolto il sangue della crocifissione.
• Pietra e libro
Intorno al 1210, nel poema Parzival, il tedesco Wolfram Von Eschenbach assimila il Graal a una pietra parlante. Un'allusione a Gesù Cristo come "pietra angolare". Oltre che con una coppa e con una pietra, il Graal è stato identificato anche con un libro. Alcuni studiosi, infatti, collegano "gradalis" a "graduale", il libro della liturgia cattolica. Da qui la connessione tra Graal e Libro di Sapienza. Dice Cardini: "II Graal è un oggetto che assume varie forme, ma mantiene sempre un valore universale, simbolo di potere e conoscenza".
Ma se davvero il Graal esiste, dov'è? Secondo de Boron il Graal fu portalo da Gerusalemme in Inghilterra da Giuseppe d'Arimatea, e qui sarebbe finito in un pozzo a Glastonbury, dove sarebbe sepolto anche re Artù. Ma la notizia è poco credibile: fu diffusa nel 1191 dai monaci di Glastonbury, dopo che un incendio aveva distrutto la loro chiesa. Probabilmente i monaci miravano agli introiti dei pellegrini per ricostruirla.
Secondo un altro racconto il Graal sarebbe stato trovato dai cavalieri Templari sotto le rovine del tempio di Salomone, a Gerusalemme. Ora il Graal si troverebbe insieme ad altri tesori, mai rinvenuti, in una stanza segreta del Castello di Gisors, in Francia.
• Le ricerche dei nazisti
Anche un archeologo nazista, Otto Rahn, era convinto che i Templari avessero riportato il Graal in Francia, ma per consegnarlo ai càtari, eretici perseguitati dalla Chiesa. Rahn riuscì a convincere Heinrich Himmler,comandante delle SS appassionato di occultismo, a finanziarne le ricerche. Secondo Rahn il Graal era nel castello di Momségur, ultima roccaforte dei càtari: ma dopo molti scavi se ne andò a mani vuote.
Un'altra leggenda narra che i Templari, in fuga dal re di Francia, sarebbero salpati nel 1307 verso la Scozia. Avrebbero stretto amicizia col principe Henry St. Clair avrebbero aiutato a costruire cappella Rossilyn, che contiene centinaia di simboli relativi ai templari e al Santo Graal. Poi, sarebbero partiti verso l'America, per creare una nuova Gerusalemme fuori dalla portata pontificia. In Nova Scotia.,a Oak Island, avrebbero scavato il pozzo sul fondo del quale sarebbe custodito il mitico tesoro che avevano accumulato, compreso il Graal. Ma a Oak Island non è stato mai trovato.
Un'altra tesi vuole che il calice sia stato portato a Roma da San Pietro. Durante le persecuzioni San Lorenzo lo avrebbe inviato a Juesca (Spagna), per proteggerlo: dopo vari spostamenti, nel 1437 arrivò a Valencia. Qui, presso la Capilla del Santo Càliz, ancora oggi si venera una coppa di cornalina e pietre preziose, ritenuta dai fedeli il vero Santo Graal.
• E se fosse in Italia?
Come il "Sacro Catino" di Cesarea, custodito nella cattedrale di San Lorenzo a Genova: un bacile ottagonale portalo dai marinai che nel 1101 conquistarono Cesarea. Anche se, in origine, il Catino era ritenuto il piatto su cui cadde la testa del Battista.
Secondo altri, la setta dei Sufi avrebbe affidato il Graal a Federico II, che lo nascose in una stanza tuttora segreta di Castel del Monte, vicino ad Andria (Puglia). E, sempre in Puglia, sul portale della cattedrale di San Nicola a Bari c'è un'immagine di re Artù, che sembra alludere al nascondiglio.
Ma il Graal potrebbe essere anche a Torino: vi sarebbe stato portato dai crociati nel Medioevo con la Sindone. L'indizio: nel tempio della Gran Madre di Dio la statua della Fede tiene nella mano destra un libro aperto e nella sinistra un calice levato verso il cielo. Forse la statua guarda verso il nascondiglio del Graal, ma è senza pupille...
Lo studioso Noel Currer-Briggs, invece, identifica il Graal con la Sindone: Graal deriverebbe da greti o greille ("griglia" o "grata" ), il graticcio dorato sotto il quale il telo fu custodito a Costantinopoli.
• Una coppa da riempire
Dunque, con tante possibili (e contrastanti) interpretazioni, non è lecito pensare che il Graal non esista affatto? "La presenza di tanti elementi non vuoi dire che non ci sia un'unità originaria" obietta Cardini.
"La vera forza del Graal" aggiunge Tomatis "consiste nell'essere una coppa vuota, che ognuno può riempire come crede, facendola diventare il simbolo di quello che desidera raggiungere".
"A differenza della Sindone" conclude Odifreddi "il Graal affonda le radici del suo mistero proprio nell'evanescente ineffabilità, cioè nell'inesistenza materiale. La ricerca del Graal è dunque divenuta simbolo del percorso di avvicinamento a un oggetto misterioso e trascendente, che alla fine coincide con Dio stesso".
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