tratto da "Il Sole 24 Ore" del10/11/2002
Un po’ di luce sui più fitti misteriIside, Cibele e Mitra
di Alfredo Cattabiani
Con
il secondo volume, dedicato a Samotracia, Andania, Iside, Cibele, Attis e
Mitra, si è conclusa la pubblicazione dei testi dedicati a Le religioni dei
misteri, che ha curato Paolo Scarpi per la Mondadori. Il primo, come si
ricorderà, si era occupato di Eleusi, del dionisismo e dell’ orfismo.
I Misteri, tipici dell’ area mediterrannea, sono uno degli aspetti meno
approfonditi delle tradizioni religiose antiche per la quasi impossibilità di
reperire testimonianze certe. Indicavano originariamente alcune feste del
calendario greco all’ interno delle quali si svolgeva un rituale d’ iniziazione
il quale permetteva di conseguire una illuminazione a chi fosse riuscito a
superare le prove prescritte. La conoscenza che vi si otteneva non poteva
essere divulgata, come indicava lo stesso nome, derivato, secondo un’ ipotesi
degna di attenzione, dal verbo myo, che significa “sto chiuso” e per estensione
“sto silenzioso”; sicché Giovanni Tzetze, un erudito bizantino del secolo XII,
poteva giustamente scrivere: “Sono detti misteri perché si stringono le labbra,
cioè gli iniziati chiudono la bocca e non ne parlano con nessuno degli
iniziati”. Ed Erodoto: “Per quel che concerne il rito iniziatico di Demetra,
che i Greci chiamano Tesmoforie, su di esso mi sia consentito di restare in
religioso silenzio, tranne per ciò che è consentito dire”.
Spesso gli stessi dei, che presiedevano alle iniziazioni o ai quali erano
rivolti i riti, non erano chiaramente individuati da chi riferiva dei Misteri.
Per esempio quelli di Samotracia, che non si potevano nominare uno per uno
impunemente, erano chiamati genericamente i Grandi Dei, oppure genericamente
Cabiri; i quali a loro volta venivano talvolta confusi con i Coribanti e i
Cureti, ministri di Rea o di Ecate, e, diventati protettori della navigazione
alla fine dell’ epoca classica, addirittura con i Dioscuri.
Il lettore che volesse seguire, a proposito di Samotracia o di Andania, le
tante piste classiche, comprese quelle naturalmente riduttive dei polemisti
cristiani, rischierebbe di perdere inutilmente il suo tempo. Né potrebbero
guidarlo le introduzioni ai vari capitoli che, pur utili per una prima sommaria
informazione, sono tuttavia insufficienti perché prive di riferimenti
iconografici e mute spiritualmente, essendo ispirate da una interpretazione
riduttiva, psicologico-sociologica, dei riti.
D’
altronde in questi territori non si riesce a penetrare soltanto con i
grimaldelli accademici, è indispensabile una sintonia che non a tutti è
concessa, e in ogni modo consente soltanto qualche ipotesi o illuminazione.
Consiglio perciò di accompagnarne la lettura con quella di altre opere, come ad
esempio: Victor Magnien, I misteri di Eleusi (Edizioni di Ar); Reinhold
Merkelbach, I misteri di Dioniso e Mitra (Ecig); Nuccio D’ Anna, La religiosità
arcaica dell’ Ellade (Ecig); ma soprattutto di ricreare nell’ immaginazione e
nel cuore quell’ aura senza la quale ogni parola rimane oscura. Potrebbe propiziarla
anche l’ introduzione di Giorgio Colli al primo volume di La sapienza greca
(Adelphi), dove si documenta non soltanto il nesso orfico-dionisiaco-eleusino,
ma si spiega come la Sapienza si rivelasse in una illuminazione estatica, in
una folgorazione che veniva largita non tanto dall’ insegnamento quanto dalla
liturgia mediante il canto, il vortice della danza, i gesti rituali, le urla,
lo scatenamento nell’ orgiasmo; il quale, simile allo sciamanico, portava a una
liberazione dai vincoli dell’ individuo empirico, “dalle condizioni della sua
esistenza quotidiana”, scrive Colli, “ e questo nuovo stato veniva chiamato
mania, follia”.
Che insegnavano quei riti? Ad accedere a un grado di conoscenza superiore che
era l’ inizio di una nuova via spirituale. Ma pare avessero anche una funzione
soteriologica, come testimoniano vari autori. Damascio scriveva a questo
proposito nella Vita di Isidoro : “L’ autore racconta: “A quel tempo dormii a
Ierapoli e in sogno mi vidi nei panni di Attis e la Madre degli Dei che
celebrava in mio onore la festa delle Ilarie; e questo voleva dire che si era
realizzata la nostra salvezza dall’ Ade””. “O tre volte beati i mortali che,
visti questi misteri”, cantava a sua volta Sofocle ben prima del cristianesimo,
che avrebbe potuto influenzare i Misteri secondo un’ ipotesi del curatore
“vanno nell’ Ade perché soltanto per essi laggiù c’ è vita, mentre, per gli
altri, laggiù non vi è altro che male”.
“Le religioni dei misteri”,
volume II: Samotracia, Andiania, Iside, Cibele e Attis, Mitraismo; a cura di
Paolo Scarpi con la collaborazione di Benedetta Rossignoli, Fondazione Lorenzo
Valla/Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2002, pagg. 616, 27,00.
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