IL SITO DEL MISTERO



IL GRANDE POTERE DEI MANTRA

DI Xander Ares

Sulle rive del Gange

e dell’Indo

Quando la gente dice: onora questo Dio,

onora quell’altro dio (uno dopo l’altro)

parla gia’ della sua creazione.

Egli stesso e’ tutti gli dèi.

La breve citazione che precede proviene dalle Upanishad, una raccolta di testi scritti nell’arco di due secoli, il VII e il VI a.C. Il pensiero religioso indiano, nell’affermazione dell’unita’ al di la’ della pluralita’, esprime qui compiutamente un punto d’arrivo che e’ a tutt’oggi uno dei suoi caratteri peculiari. Ma quale ne e’ stato il percorso?

Le Upanishad costituiscono l’ultima parte dei Veda (Conoscenza). Sono questi ultimi un ricco complesso di inni, esorcismi, parole e formule sacre che documentano l’evolversi delle tendenze, delle credenze e delle pratiche di cui e’ intessuta la storia spirituale dell’India. Vi convivono infatti elementi molto diversi.

INTRODUZIONE

IL RITMO DEL RISVEGLIO SPIRITUALE

Assimilarli alla preghiera, così come noi la intendiamo, puo’ generare degli equivoci. Così come il pensiero metafisico e la prassi rituale, anche il significato di mantra ha subìto, con il passare dei secoli, un’evoluzione. Da strumento di devozione nei Veda piu’ antichi, diventa vera e propria formula magica nell’Atharvaveda, impiegata per accattivarsi il favore delle varie divinita’. Pertanto in questo testo sacro sono indicati i mantra per scongiurare i malefici, per avere dei figli, allontanare le malattie, e così via. Nei Brahamana il mantra e’ un aspetto fondamentale del rito sacro di cui non tutti sono in grado di penetrare il significato occulto. Infine, nelle Upanishad, puo’ definirsi sì una forma di preghiera, ma solo nel senso tipicamente orientale del termine: non cioe’, come richiesta di protezione o atto di lode e devozione nei confronti di una divinita’ trascendente con parole scelte dal fedele, ma come strumento potente, se non lo strumento per eccellenza, mediante il quale la sua mente puo’ sperimentare la realta’ assoluta.

PRIMA PARTE

I MANTRA E LE LORO POTENZIALITA’

CAPITOLO 1

COse’ E’ IL MANTRA?

Un Mantra e’ una combinazione di sillabe sacre che formano un nucleo di energia spirituale; il suo scopo e’ quello di fungere da magnete per attrarre le vibrazioni spirituali o da lente per metterle a fuoco. Secondo le Upanishad, le antiche scritture dell’India, la dimora originale del Mantra era il Parma Akasha, o etere primordiale, l’eterno e immutabile substrato dell’universo da cui l’universo stesso e’ stato creato nell’emettere il primo suono, Vach. I Mantra esistevano all’interno di questo etere ed erano percepiti direttamente dagli antichi rishi, o veggenti, che li traducevano in una struttura udibile di parole, di ritmo e di melodia.

Il Mantra non e’ una preghiera. Una preghiera e’ formata da parole di supplica scelte dal devoto, mentre il Mantra e’ una combinazione precisa di parole e di suoni: l’incarnazione di una particolare forma di consapevolezza, o Sakti. La radice man della parola Mantra significa in sanscrito "pensare"; il suffisso tra deriva invece da trai, che vuol dire "proteggere o liberare dal vincolo del samsara, o del mondo fenomenico". Di conseguenza la traduzione del termine Mantra e’: "Il pensiero che libera e protegge". In un Mantra ci sono pero’ molti livelli di significato che devono essere sperimentati perche’ siano effettivamente compresi, in quanto una spiegazione intellettuale abbraccia soltanto una piccola parte di cio’ che esso vuole dire. Il canto o la recitazione dei Mantra attiva e accelera la forza creativa spirituale, promuovendo armonia in tutte le parti dell’essere umano. Il devoto viene gradualmente convertito in un centro vivente di vibrazione spirituale che e’ sintonizzato con qualche altro centro di vibrazione infinitamente piu’ potente, e tale energia puo’ essere acquisita e diretta a beneficio di chi la usa e di altri.

Ogni Mantra ha sei aspetti: un rishi, o veggente; un raga, o melodia; il Devata, o deita’ che presiede ad esso; un bija, o seme di suono; il Sakti, o potere; e un kilaka, o pilastro.

Attraverso la loro percezione intuitiva, i rishi si sono aperti alla rivelazione dei Mantra e sono stati capaci di riconoscere la loro efficacia come canali attraverso cui la grazia, la conoscenza e il potere fluiscono dal Divino. Questi antichi veggenti hanno compreso che i loro poteri erano destinati a essere impiegati al servizio degli altri e come guida per la razza umana.

I Mantra sono stati trasmessi di generazione in generazione, da Guru a discepoli, e in questo processo il potere dei Mantra e’ aumentato enormemente. Miliardi di ripetizioni da parte di innumerevoli devoti nel corso dei secoli hanno portato alla formazione di una vasta riserva di potere che aumenta la forza spirituale insita nei Mantra.

Il raga e’ paragonabile alla linea melodica occidentale: un suono, o una sequenza di singoli suoni, senza armonia. Quando si recita un Mantra e’ di estrema importanza non cambiare il raga e la sua chiave, perche’ la cadenza di vibrazione su cui il suono e’ basato costituisce una parte integrante del Mantra. Tutta la musica indiana e’ basata sulla comprensione che in ogni suono esistono due aspetti: l’espressione udibile e la sottile essenza-suono che trasporta il significato e che deriva dallo Spirito eterno. Questa essenza e’ chiamata Shabda, oppure Vach. Quando la parola pronunciata viene formulata in maniera perfetta sia interiormente che esternamente, si realizza un contatto con questo potere che si manifesta come une’ immagine. Nella parola esiste un certo potere perfino a livello umano: il nome di ciascuno possiede un significato particolare e il modo in cui viene pronunciato puo’ trasmettere numerosi messaggia’ Diversi toni causano diverse vibrazioni che condizionano la reazione fisica oltre che quella emotiva. Praticare il Mantra Yoga per un lungo periodo di tempo porta ad acquisire la consapevolezza che i suoni creano effettivamente delle immagini e che certe immagini hanno un suono peculiare.

Nel suo libro, Japa Yoga, Swami Sivananda afferma che i suoni sono vibrazioni a cui viene dato di assurgere a forme definite.

Il ripetuto cantilenare il nome del Signore costruisce gradualmente la forma o la speciale manifestazione della divinita’ adorata (il Devata) e agisce come punto focale per concentrare la sua influenza, che poi penetra e diviene il centro della consapevolezza dell’adoratore.

Il Devata e’ la divinita’ che presiede al Mantra, il potere permeante, un aspetto molto personale di Dio. E’ la saggezza che scaturisce da una fonte piu’ elevata ed e’ come un singolo raggio di sole, un raggio che viene isolato e a cui viene attribuito un nome in modo che il discepolo possa sviluppare un rapporto con un aspetto di Dio che e’ capace di capire e di adorare. Il Devata puo’ anche essere paragonato alla sfaccettatura di un diamante che rappresenti l’Intelligenza Cosmica: un diamante con molte facce riflettera’ molti raggi della Luce nello stesso tempo, ma un raggio particolare attirera’ in maniera speciale l’individuo che sta cominciando a percorrere il sentiero spirituale. All’inizio Dio incute timore reverenziale ed e’ troppo solenne e distante perche’ la mente umana possa afferrarlo e soltanto piu’ tardi l’energia divina puo’ essere percepita nella sua forma pura; quindi la mente umana ha bisogno di stabilire un legame con un aspetto personale come Krishna o Siva nella religione induista, Gesu’ nell’ambito della cristianita’. Gli adulti che sono ancora spiritualmente immaturi hanno bisogno di un loro personale concetto di Dio finche’ non sono in grado di vedere l’energia divina nella sua forma pura. I Mantra Om Krishna Guru, Hari Om e Invocazione a Krishna sono associati a Krishna; Om Namah Sivaya e’ legato a Siva e Om Tara alla Madre Divina. Se si pensa a i milioni di persone che in India nel corso dei secoli hanno invocato il nome di Krishna o di Siva, o a tutti i cristiani che nel corso degli anni hannoripetuto il nome di Gesu’, si puo’ intuire come questa costante ripetizione abbia creato una spaventosa riserva di potere. La potenza di Cio’ che essi realizzano e’ racchiusa nell’energia combinata del Mantra: la persona effettivamente devota che recita il nome di un particolare aspetto del Divino finira’ prima o poi per attingere al potere del Devata.

Una goccia d’acqua puo’ realizzare assai poco, ma centinaia di milioni di gocce possono praticare un taglio nella roccia oppure cambiare addirittura la morfologia della terra.

Ciascun Mantra ha un bija, un seme. Esso e’ l’essenza del Mantra e gli conferisce il suo speciale potere: il potere di autogenerazione. Subito all’interno del seme e’ nascosto un albero, cosicche’ l’energia nel Mantra e’ il seme da cui crescera’ uno splendido essere spirituale. Se adesso doveste provare a recitare i Mantra con regolarit., poi abbandonare la pratica e riprenderla fra una ventina di anni durante una crisi spirituale, il Mantra vi salirebbe automaticamente alle labbra e continuereste a ripeterlo come se non aveste mai smesso. Questo e’ un esempio del suo potere di autogenerazione. Se si pensa al Shabda, al suono primordiale, al nucleo di suono dell’Om da cui tutte le cose sono state create, e al bija, il seme, e al potere di autogenerazione del Mantra, si comprendera’ come attraverso una recitazione corretta e costante del Mantra si possa essere aiutati a liberare una grande energia all’interno del proprio corpo fisico, mentale, emotivo e spirituale. Grazie a questo aumento di energia potete anche entrare in contatto con il Divino dentro di voi, con il vostro vero Io, il vostro Io Superiore. Il kilaka, o pilastro, e’ inizialmente la forza propellente, la tenacia e la forza di volonta’ di cui il discepolo ha bisogno per seguire il Mantra, ma quando il potere del Mantra stesso comincia ad autogenerarsi con un "movimento a ruota libera", il kilaka diventa un filo molto sottile che congiunge il discepolo al Mantra, al Guru e alla divinita’ fino a farne un tutto unico. Il potere, la consapevolezza all’interno del Mantra, e’ Sakti, la Madre Divina, la Dea della Parola Pronunciata. L’aspetto maschile di Dio e’ energia in uno stato di equilibrio, l’aspetto femminile e’ energia dinamica che si manifesta come creazione.

C’e’ soltanto une’ energia in tutte le cose create, e nel Mantra l’energia e’ presente nella sua forma pura. La potenza del Mantra viene liberata attraverso la ripetizione fino a quando l’individuo raggiunge il suo Devata e l’esperienza spirituale puo’ avere luogo.

Mediante il costante ricordo o pensiero rivolto al Mantra, la persona viene proiettata lontano dall’impatto del maya, il mondo illusorio; attraverso la ripetizione di queste parole di potere si raggiunge la meta del Mantra Yoga, che (come in tutti gli yoga) consiste nell’unione della coscienza individuale con la Coscienza Cosmica.

Mantra e’ il canto di una stella... e ti trasportera’ fino a quella stella.

CAPITOLO 2

MANTRA E JAPA

Il Mantra Yoga e’ uno dei molteplici yoga, che sono all’incirca quaranta e che sono tutti intrecciati fra loro come i fili di un tessuto. I quattro principali sono: Bhakti Yoga, lo yoga dell’amore e della devozione; Karma Yoga, lo yoga dell’azione; Jnana Yoga, lo yoga del sapere e della saggezza; e Raja Yoga, lo "yoga regale", una combinazione di parecchi yoga basati sugli Yoga Sutras di Pantajali. Un tipo di pratica spirituale e’ sufficiente per ottenere il contatto con Dio-Realizzazione, ma dal momento che esiste une’ interazione di forze corporee, gli yoga non possono essere completamente separati, e inoltre problemi fisici come l’irrequietezza e la cattiva circolazione sanguigna portano a raccomandare di includere diversi yoga per ottenere una pratica bilanciata.

Il canto di un Mantra e’ definito Mantra Yoga, mentre tutte le altre forme di ripetizione del Mantra sono chiamate Japa Yoga. Quando e’ pronunciato ad alta voce il Mantra prende il nome di Vaikhari Japa; se lo si sussurra o canticchia diviene Upamsu Japa; allorch’ la ripetizione e’ invece mentale, viene definito Manasika Japa; il Mantra scritto, infine, e’ noto come Likhita Japa. L’uso del Mantra in una qualsiasi di queste forme e’ efficace nel garantire la concentrazione mentale. La forma piu’ sottile, il Manasika Japa, anche se molto potente, puo’ riuscire difficile per chi sta appena cominciando a praticare il Mantra, e alternarlo a una ripetizione vocale aiuta a impedire alla mente di divagare. Il Likhita puo’ essere effettuato in qualsiasi forma di scrittura, usando qualsiasi lingua, ma deve restare costante per un prestabilito periodo di tempo. Questa scrittura ripetitiva porta pace, controllo e forza interiore, e puo’ essere anche impiegata in alternanza con altre forme di Japa. Cantare il Mantra con devozione e con concentrazione sintonizza l’individuo con la melodia divina e ha une’ influenza armoniosa su tutto il suo corpo e sulla sua mente. E’ molto importante usare sempre il raga (la melodia) esatto, in quanto esistono regole precise che governano l’interrelazione e le sequenze di suoni. Si sostiene infatti che ogni raga, in quanto perfetta combinazione di suoni, rifletta le leggi dell’universo e sia in perfetta armonia con l’universo stesso nel momento in cui viene eseguito. Dal momento che all’emissione del suono concorrono il fiato e l’intelletto di un essere umano, quanti cantano il Mantra verranno condotti anch’essi all’armonia.

Cantare produce una serie di effetti psicologici e spirituali. La concentrazione porta un profondo senso di pace e di gioia, che deriva spesso anche da altre forme di meditazione, in quanto il Mantra ha la stessa funzione del koan nella dottrina dello Zen o del mandala del buddismo tibetano: serve come strumento per focalizzare poteri della mente altrimenti dispersi e per affinarli fino a mutarli in una punta aguzza capace di trapassare le mutevoli barriere dei pensieri e di raggiungere i sottostanti strati profondi della mente.

Attraverso la costante ripetizione del Mantra l’individuo diventa un magnete che attrae il potere spirituale del Mantra a se stesso e diviene consapevole del suo Io. La ripetizione risveglia gradualmente le facolta’ piu’ elevate di una persona e innalza la sua consapevolezza verso il livello della risonanza mantrica. Secondo un insegnamento vedico, "un Mantra ha il potere di liberare la Consapevolezza Cosmica e Ultra-cosmica" e ha quindi il potere di concedere la liberta’, l’illuminazione estrema e l’immortalita’.

Di tutto questo non trae beneficio soltanto il cantore, ma anche quanti lo ascoltano e si sintonizzano con lo spirito del suo canto. Il Mantra cantato non favorisce soltanto la meditazione, ma e’ in pratica una forma di meditazione in se stessa.

Quando il Mantra viene ricevuto per opera di un Guru, il suo potere aumenta dopo l’iniziazione: attraverso il rapporto che se’ instaura fra il Guru e il discepolo, entrambi si trovano assoggettati per tutta la vita all’obbligo di cantare il Mantra che e’ stato trasmesso all’adepto, in quanto esso costituisce un collegamento spirituale permanente fra loro. Allorche’ l’iniziato lo pratica, il Mantra diviene una forza autogenerante che unisce l’individuo al potere del Mantra e attraverso i propri sforzi il discepolo viene attratto verso la catena di Guru che hanno trovato l’Autorealizzazione mediante l’uso del Mantra. A tempo debito, anche il proselito dovra’ diventare un anello di quella catena. Recitando il Mantra una persona trasporta la sua forza e il suo potere, e questo sara’ una benedizione per tutti coloro che essa incontra. In certi momenti il potere mantrico prendera’ il sopravvento in maniera tale che non sara’ neppure necessario parlare e la persona non sara’ coinvolta ne’ come individuo, ne’ come mente in un tipo di comunicazione molto piu’ preziosa di quella che puo’ avere luogo a livello dell’anima.

La pratica di questa forma di Yoga e’ efficace oggi come in tempi piu’ antichi ed e’ ancora insegnata e praticata dai Guru e dai maestri spirituali dell’India. In effetti si dice che il Mantra Shastra e’ il mezzo piu’ facile mediante il quale l’aspirante puo’ raggiungere la Realizzazione del Se’ nell’era attuale. I Mantra vengono impiegati in ogni momento significativo della vita religiosa nell’ambito della tradizione spirituale indiana.

Nel Mantra e’ presente una concentrazione di potere che viene attivato da chi lo pratica, che attira così a se’ il potere stesso e si fonde con esso mediate la resa. Attraverso l’uso del Mantra una persona diventa consapevole di se’ , cominciando con la e’ decisamente minuscola, ma l’espansione della consapevolezza portera’ alla fine a essere consapevoli di Se’ con la e’ maiuscola. Cio’ a sua volta portera’ a conseguire l’unione fra l’Io Inferiore e l’Io Superiore: quindi lo scopo del Mantra e’ quello di condurre lo Spirito, perso nelle piccolezze insignificanti della vita quotidiana, alla pura Essenza.

CAPITOLO 3

YANTRA

Frequentemente i mantra che supportano la meditazione sono definiti con il nome di una divinita’.

Oltre che con un singolo suono, una serie di sillabe che gli ruotano intorno (mantra cuore), e talvolta una frase di una certa estensione, la divinita’ della meditazione puo’ essere rappresentata in un diagramma astratto, disegnato su carta, metallo, o altri materiali: lo yantra. L’essenza suono della divinita’ sta al mantra come la sua essenza forma sta allo yantra, per cui tra i due supporti, o strumenti (yantra significa appunto strumento) della meditazione c’e’ una stretta relazione, e cio’ vale soprattutto per il Tantrismo.

Nella loro grande varieta’, elementi ricorrenti in uno yantra sono un punto centrale, detto bindu, che nella corrispondenza macrocosmo microcosmo rappresenta tanto il punto metafisico dell’impulso originario della creazione quanto il centro del s‚ di ogni individuo. Un altro elemento chiave e’ il triangolo. Quello con il vertice rivolto verso l’alto e’ un simbolo di origine remotissima, antecedente all’invasione aria, e rappresenta l’energia riproduttiva, Shakti, come Grande Dea Madre universale. Quello con il vertice rivolto verso l’alto rappresenta Purusha Shiva, il fuoco. I cerchi sono connessi a Brahaman; il quadrato alla Terra e ai caratteri della scrittura sanscrita.

CAPITOLO 4

PRATICA DEL MANTRA

Per prima cosa bisogna imparare a modulare la voce secondo la tecnica del mantra sadhana.

Un mantra e’ composto da lettere che, combinate in sillabe e parole della lingua sanscrita (emesse con la bocca) e dotate di un suono fisico (ascoltato dall’orecchio), danno forma e consistenza materiale al suono sacro (colto dallo spirito).

In teoria ogni elemento o categoria dell’universo ha il proprio suono archetipo. cio’ vale, per esempio, per i cinque elementi etere, aria, fuoco, acqua e terra, i cui suoni (HAM, YAM, RAM, VAM E LAM) possono gia’ di per se’‚ costituire dei mantra. Ma cio’ che caratterizza normalmente i mantra mistici sono i suoni particolari di cui si serve la tecnica (shadana, appunto) impiegata per mettersi in relazione con le divinita’.

L’operazione consiste nel porre le lettere in una sequenza precisa e definita di suoni. La relazione tra le lettere piu’ nada e bindu costituiscono in un mantra la manifestazione della divinita’ evocata, che in questo modo si rivela alla coscienza di chi pratica il sadhana. Per esempio il mantra dell’Energia primordiale, personificata in Maya o in Shakti, suona HRIM. Le lettere che compongono tale suono (ha, ra, i e ma) rappresentano rispettivamente l’etere, il fuoco, lo Shiva androgino (l’unione di Shiva con Parvati) e l’unione tra nada e bindu.

Ogni mantra e’ recitato (o cantato: non esiste nella nostra lingua un termine in grado di rendere esattamente quest’uso particolare della voce) in modo appropriato alle lettere che lo compongono e al ritmo che possiede. Per questo quando e’ tradotto perde la sua funzione di mantra, ovvero il suo potere perch‚ viene meno la relazione con ‘quelle’ lettere e ‘quel’ suono che sono specifici delle energie sottili a cui e’ collegato. cio’, abbastanza misteriosamente, non avviene quando un determinato mantra ha subìto, rispetto alla forma originaria, consistenti cambiamenti fonetici per ragioni storiche e geografiche (si pensi ai mantra in uso nel Buddhismo tibetano o in quello cinese). cio’ ribadisce il concetto che l’efficacia di un mantra non risieda nelle lettere, nelle parole e nei suoni prodotti, bensì negli stessi archetipi che riproducono. Si puo’ pensare a una sua affinita’ con qualcosa che e’ racchiuso nella coscienza di chi lo usa e con qualcosa di identico nell’energia che si vuole evocare. Quanto piu’ vi dedicherete al Mantra tanto piu’ otterrete, perche’ ogni perla ha il suo prezzo.

Mentre cantate osservate la vostra mente. Resterete sconvolti dalla facilit. con cui la mente puo’ essere indotta a divagare e dalla rapidita’ con cui vi sentirete annoiati.

Dovete ricordare che sarete di grande aiuto per gli altri quando avrete raggiunto un certo potere spirituale.

La scelta del Mantra per iniziare e’ estremamente importante perche’ il maggiore successo risiede nel Mantra a cui meglio siete in grado di arrendervi. Esiste un Mantra specifico per ogni persona, l’Ishta Mantra, ma questo non significa che due persone non possano avere lo stesso Mantra. Secondo i principi del Nada Yoga, lo yoga del suono, tuttavia, esiste un suono particolare, una particolare vibrazione a cui il vostro corpo e’ meglio capace di rispondere. Il Mantra strutturato per voi deve corrispondere alla vostra natura spirituale. Ci sono molti modi per scegliere un Mantra. Potete cantare un Mantra verso cui vi sentite semplicemente attratti per natura oppure, se sarete abbastanza fortunati da trovare un vero Guru, sara’ il vostro Guru a scegliere il Mantra a cui siete piu’ adatti. Potete chiedere al vostro Guru un Mantra specifico, oppure potete aspettare che sia lui a darvene uno in un momento di ispirazione. Oppure potete scoprire il vostro Mantra in sogno.

Dopo aver scelto o ricevuto il Mantra, attenetevi ad esso fino a quando non avrete una certa esperienza di potere. Resistete alla tentazione di passare a un altro, pensando magari di aver effettuato la scelta sbagliata o perche’ vi sentite annoiati o ancora perche’ le note acute sono così difficili che non riuscite a raggiungerle. Cominciate con un Mantra e create valide fondamenta; soltanto a uno stadio molto piu’ avanzato del vostro sviluppo potrete usare due o tre Mantra.

Per chi e’ interessato al uso dei Mantra come esercizio rituale o come anti-stress o come sostitutivo dell’autoanalisi o per scopi religiosi deve coinsultare la seconda parte del libro.

CAPITOLO 5

I MANTRA E LA GUARIGIONE

Se si vuole utilizzare i mantra per guarire da malettie di vario tipo bisogna iniziare a recitare il mantra prescelto per l’uso (puo’ essere il mantra che abbiamo piu’ usato o uno che riteniamo piu’ adatto per l’occasione), mentre si recita il mantra bisogna iniziare a visualizzare mentalmente una luce che inizia a scaturire dal nostro corpo fino a diventare accecate, bisogna pero’ stare attenti a essere coscienti che quella luce attientera’ la malattia indesiderata, una volta che si percepisce di aver ottenuto il risultato desiderato si smette di recitare il mantra.

Se si vuole vuole curare anche altri con i propri poteri allora bisogna visualizzare la luce che lentamente gli avvolge fino a ricoprirli del tutto. E’ possibile aiutare gli altri nello stesso modo anche se sono distanti, per fare cio’ bisogna usare una foto delle persone (o persona) in questione e visualizzare la luce che avvolge la foto prima e poi le persone che si vuole aiutare.

E’ possibile fare questo non solo per le malattie, ma anche per i matra di protezione in modo da aiutare chi ci e’ caro, state attenti pero’, non sempre si puo’ curare o proteggere tutti, se vedete una foto su un giornale di dei bambini che muoino di cancro e recitate il vostro mantra non e’ detto che questi guariscano tutti, perche’ alcune malattie e alcuni problemi sono necessari per lo sviluppo e la crescita di alcune persone, oppure la guarigione e’ ostacolata da dei sensi di colpa che portano a sentirsi puniti giustamente da quella malattia.

Dopo aver detto cio’ mi sembra logico che abbiate capito che non tutti possono essere sempre salvati e chi dice che puo’ guarire tutti o che vi puo’ insegnare a farlo e’ solo un ciarlatano e spero che i lettori di questo libro non vadano ad accrescere il numero di questi truffatori.

Non lasciatevi pero’ prendere dalla sfiducia a queste mie parole, se volete

aiutare qualcuno usando i mantra tentate pure perche’ un atto di vero amore non

e’ mai del tutto inutile, ma non sperate di ricavarne guadagni.

finche’ finche’

 

SECONDA PARTE

I MANTRA E I RITI INIZIATICI

CAPITOLO 6

TECNICHE RITUALI DEL MANTRA

Nella pratica dello Japa Yoga si usa un mala per aiutarsi nel conto delle ripetizioni del nome di un aspetto divino, come Siva o la Madre Divina. Un mala e’ un rosario di 108 perle, di solito fatta di legno di sandalo, di tulsi o di semi di rudraksha. Il numero 108 e’ sacro, in quanto I rappresenta una linea e simboleggia Dio, la Suprema Energia, il potere da cui derivano tutte le altre linee, cerchi e movimenti; 0 e’ la completezza, un cerchio che rappresenta la creazione di Dio come completa e perfetta; 8, in quanto simbolo dell’eternit., contiene l’elemento del tempo, perche’ la creazione si protrae in eterno. Il tempo puo’ essere e steso o compresso, un concetto che si afferra soltanto attraverso la pratica.

La pratica del mala ha un valore terapeutico, soprattutto per la persona occidentale impegnata, perche’ favorisce la concentrazione della mente, il controllo delle emozioni e la consapevolezza del corpo, conquiste che avvicinano al regno dello spirito.

La mente e’ in movimento costante, usa l’energia in maniera improduttiva creando rumori mentali di fondo che riguardano prevalentemente gli eventi passati o futuri. La vita e’ una catena infinita di cause e di effetti, e nello stesso modo le perle del mala sono una catena infinita in cui con ciascuna perla i pensieri infiniti ricevono un significato specifico e importante connesso a quel particolare Mantra. Esiste una perla speciale chiamata Monte Meru, che segna il punto in cui gli estremi del mala sono stati congiunti. Quando le dita raggiungono il Monte Meru, il mala dovrebbe essere girato in modo da proseguire il movimento nel senso opposto. Quella perla simboleggia il Dio-Realizzazione e, ogni volta che la raggiungete, vi sara’ rammentato che non siete obbligati a portare avanti la catena di causa e di effetto. Un altro modo per ricordarlo consiste nel tenere il mala al livello del cuore, a indicare l’aspetto di devozione della pratica, il tentativo di trascendere i livelli inferiori dell’essere.

L’uso del mala fornisce al corpo una certa attivita’ e in questo modo libera l’energia nervosa e l’inquietudine. A mano a mano che si ripete il Mantra a ogni perla, si lascia scorrere il mala fra il terzo dito (l’anulare) e il pollice, mai fra il primo dito (l’indice) e il pollice. Attraverso l’uso le perle assorbono parte dell’energia di chi le utilizza e vengono caricate. Se il mala e’ fatto di legno di tulsi all’inizio risultera’ un po’ rozzo al tatto, ma le perle verranno levigate dal loro impiego. Il mala dovrebbe essere portato al collo con il Monte Meru sul davanti, in quanto indossare il mala serve a ricordare lo scopo che una persona ha nella vita, quello di realizzare Dio e se stessa, e portarlo intorno al collo permette di avvertirne i movimenti nel corso di tutte le attivita’ quotidiane. La notte deve essere deposto sotto il cuscino oppure sul vostro altare.

Per ottenere il massimo beneficio dalla pratica del Mantra, riservate ad essa ogni giorno un preciso lasso di tempo e stilate con voi stessi l’impegno scritto di portare avanti la pratica per un periodo abbastanza lungo da permettervi di percepirne gli effetti: tre mesi e’ un buon periodo iniziale. Cominciate con poco e aumentate gradualmente per sviluppare l’entusiasmo e la perseveranza, inducendovi a desiderare di gestire cose piu’ grandi. Non siate troppo ambiziosi, non permettete al vostro ego di convincervi che siete in grado di sostenere subito un lungo periodo di canto. Gestite la vostra crescita spirituale nello stesso modo in cui curereste un piccolo seme che ha bisogno delle massime cure e della piu’ grande attenzione. Il momento consigliato per la pratica del Mantra sono le quattro del mattino perche’ e’ l’ora in cui ci sono poche vibrazioni che disturbano l’aria, ma osservare quest’orario potrebbe riuscire difficile, a meno di trovarsi in un Ashram o di vivere da soli. Quando scegliete il vostro momento per la pratica del Mantra, ricordate che il canto deve distare almeno une’ ora e mezzo dai pasti e, una volta che vi sarete abituati all’idea di praticare il Mantra, allungate i tempi. Ben presto diventerete molto consapevoli del tempo, del modo in cui lo impiegate e, forse, lo sprecate.

Prendete l’abitudine di scrivere tutto quello che fate nel corso della giornata, determinate in che cosa sprecate tempo e cercate di essere efficienti in modo da poter trovare uno spazio per i vostri esercizi spirituali. Prima di cominciare il canto fate un bagno, o almeno lavatevi le mani, la faccia e i piedi. Mentre vi lavate, pensate che le impurita’ della vostra mente vengono così eliminate e nell’indossare abiti puliti pensate che la vostra anima viene avvolta in nuovi abiti di natura divina. Queste riflessioni vi consentiranno di raggiungere l’elevazione. Imponete alla vostra mente che la vostra completa attenzione si concentri sul protrarre il canto per uno specifico periodo di tempo, poi liberate la mente da ogni altro pensiero, passando in esame preoccupazioni e doveri, promettendo con fermezza a voi stessi che ve ne occuperete dopo aver concluso il periodo di canto e sottolineando che essi non dovranno invadere questo momento che avete riservato per essere santi.

Scegliete un posto quieto dove non sarete disturbati e recatevi in questo luogo tutte le volte che praticate il Mantra, guardando verso nord o verso est. Sistematevi su una sedia comoda o per terra, su un cuscino; nel caso il cuscino venga usato per sostenere la schiena accertatevi di metterlo al di sotto della cintura in modo da raddrizzare la spina dorsale e da non accentuare la curva lombare. Nel pensiero di raddrizzare la schiena e’ insito un sottile suggerimento a formulare pensieri diretti e lineari che conducono alla rettitudine e alla forza.

Stendete una coperta di pura lana o un panno di seta pura sul posto che avete scelto come luogo di pratica. Tradizionalmente per questo scopo si usa una pelle di daino o di tigre che serve a conservare l’energia e a tenere lontane le vibrazioni della terra. Cio’ che vogliamo e’ creare un magnetismo molto diverso che ci liberi dal magnetismo della terra, dai nostri bisogni e istinti, che ci conduca a vette piu’ elevate di coscienza e di consapevolezza. E’ utile anche uno scialle di fibre naturali che copra il corpo, in quanto servira’ alla stessa funzione e consentira’ di trattenere le vibrazioni spirituali da voi generate.

Sedete a gambe incrociate sul pavimento con la gamba sinistra sulla destra, oppure in una delle tradizionali Asana dello yoga, come per esempio il siddhasana (la posizione perfetta), il padmasana (la posizione del loto), il virasana (la posizione inginocchiata), oppure il suksana (la posizione sciolta); in alternativa sedete su una sedia con la schiena eretta. La spina dorsale deve essere diritta in modo che la corrente pranica che viene creata o stimolata attraverso il canto possa scorrere liberamente. Una schiena curva S come un filo elettrico spezzato, che a volte mantiene il contatto e a volte no. Dal punto di vista yogico il circuito pranico del corpo dovrebbe essere chiuso incrociando le caviglie per mantenere gli effetti benefici del Mantra, mentre occorrerebbe inoltre abbandonare le mani in grembo con il palmo rivolto verso l’alto, suggerendo così resa e ricettivita’ all’introspezione divina. Prima di cominciare il canto accertatevi che i muscoli principali del vostro corpo siano rilassati, poi rilassate anche il collo e le spalle, i muscoli della lingua, della mascella, della fronte e degli occhi. Mettete a poco a poco a fuoco lo sguardo sullo spazio fra le vostre sopracciglia. Mentre cantate contraete i muscoli addominali, costringendo cosi l’aria a uscire dai polmoni. Quando inspirate lasciate che il petto si dilati da solo, senza sollevare le spalle, e usate tutto il vostro fiato, tutta la vostra energia. Entrate completamente nel canto e ricordate che e’ importante respirare con il naso. Il giusto tipo di respirazione profonda comincera’ a svilupparsi naturalmente mentre cantate, e in essa non c’e’ nessuno dei pericoli che si possono invece riscontrare in alcuni esercizi di respirazione. Controllate la respirazione ed esalate il fiato con regolarita’.

Imparate a sedere immobili per periodi sempre piu’ lunghi di tempo e alla fine di quei periodi controllate il vostro corpo per essere certi che la testa, la schiena e le spalle siano diritti ma rilassati.

All’inizio e alla fine della pratica rivolgete una preghiera dl ringraziamento a coloro ai quali avete cantato il Mantra, perche’ in questo modo attrarrete quanti hanno trovato il Dio Rivelazione attraverso l’uso del Mantra. Se reciterete: "Aiutatemi, per favore, venite e aiutatemi", essi verranno a darvi sostegno.

Accettando tale possibilita’ consentirete a voi stessi di avere quest’esperienza. Non lasciate che sia il vostro intelletto a decidere Cio’ che puo’ o non puo’ essere, aspettate a giudicare dopo aver visto quello che succede. La melodia del Mantra non deve mai essere cambiata. La combinazione di suoni S basata sulla percezione dei rishi che hanno così tradotto le vibrazioni eteriche allo scopo di creare un effetto magnetico nell’essere umano. Se incontrate difficolta’ a raggiungere le note piu’ acute, non dovete comunque cambiare la chiave, perche’ la vostra voce si adeguera’. La difficolta’ di cantare le note acute dovrebbe essere interpretata in accezione simbolica: non lasciate che il vostro ego se’ interponga e vi scoraggi dal continuare. La voce ha bisogno di essere educata e con tempo, pazienza e pratica riuscira’ ad arrivare alle note piu’ acute.

A poco a poco scoprirete che la vostra voce diventera’ piu’ limpida, piu’ fluida, piu’ acuta e raggiungerete note che non avreste mai creduto di poter cantare. Questo e’ uno dei piccoli miracoli disseminati lungo la strada. Come la voce ha bisogno di esercizio, anche la mente e la coscienza devono essere addestrate con la stessa diligenza per arrivare a vette che non avete mai sognato di conseguire.

Riversate effettivamente voi stessi nel canto. Se permetterete che diventi un atto meccanico o se lascerete cadere il vostro interesse, o se concederete a voi stessi di giudicarlo monotono, esso impieghera’ un tempo piu’ lungo per diventare efficace.

Come con l’apprendimento di una lingua, quanto piu’ vi dedicherete al canto tanto piu’ vi impratichirete. Nello studiare e praticare il Mantra apprenderete la lingua del Divino.

Dopo la pratica del Mantra restate silenziosi e ricettivi, fate sì che la vostra volonta’ si arrenda al Divino, permettete a quella lieve voce quieta di parlare. Emergete dalla pratica con gentilezza, lentamente, non alzatevi di scatto per precipitarvi incontro a qualcosa di nuovo, ma tentate di conservare invece sensibilita’, pace e quiete per il tempo piu’ lungo possibile. Dopo la pratica spirituale, e’ necessario del tempo perche’ se ne possano assorbire gli effetti.

Con il passare del tempo nel rileggerle avrete sorprendenti rivelazioni. A volte nel praticare il Mantra potrete entrare in contatto con emozioni che non sapevate di possedere e potreste trovarvi a versare lacrime trattenute fin dall’infanzia. Quelle lacrime non sono nulla di cui ci si debba vergognare: possono essere lacrime di auto compassione, oppure di rimpianto per aver sprecato tanti anni. A volte si rivelano una forza ringiovanente che puo’ rivitalizzare l’individuo, lavando via un accumulo di tristezza. Swami Sivananda suggeriva alle persone di raccogliere simbolicamente le loro lacrime e di lavare con esse i piedi della Madre Divina, pero’ e’ meglio non indulgere nelle proprie lacrime. Esse rappresentano un progresso piccolo, non uno grande. A volte la gente sviene durante il canto. Questo puo’ accadere dopo lunghi periodi di canto a persone che hanno una cattiva circolazione sanguigna, ma S un fenomeno privo di effetti. Durante un prolungato canto di gruppo, lo svenimento puo’ anche essere provocato dal fatto che la struttura atomica del cervello ha subito un cambiamento per adattarsi alla nuova vibrazione a cui S stata esposta. Svenire e’ una genuina risposta al potere del Mantra e manifesta un notevole mutamento nella personalita’ dell’individuo. In seguito ci sara’ una tendenza a rivedere molti concetti e nasceranno nuove idee, insieme a un crescente desiderio di liberarsi dai limiti e a uno sforzo cosciente di avviarsi sul sentiero spirituale.

Lo studente deve imparare a controllare quest’energia quando essa comincia a sorgere. Il metodo per farlo e’ molto semplice. E’ necessario soltanto sentire che i piedi sono saldamente premuti contro il pavimento e ricordare a noi stessi che siamo li’, in quel momento, nel mondo fisico. Gli esseri umani sono un ponte fra due mondi, quello del corpo fisico e materiale e il mondo invisibile creato dalla mente, che puo’ manifestare qualcosa attraverso la nostra fede in esso.

Une’ altra tecnica che consente di controllare l’improvviso fluire dell’energia appena sperimentata e’ quella di visualizzare uno splendido loto dorato alla base della colonna vertebrale. Poi bisogna indurre con gentile fermezza la Luce nella colonna vertebrale a tornare nel loto a cui appartiene, e chiuderne saldamente i petali intorno ad essa. Ricordate di nuovo a voi stessi di essere lì, in quel momento, per un atto di volonta’. E’ molto importante non indulgere in emozioni, non cercare nuove esperienze a tutti i costi, cantando molto in fretta o facendo esperimenti con la tecnica di respirazione. Se cederete alla tentazione, molto presto sarete rosi dal dubbio e comincerete a chiedervi se Cio’ che avete sperimentato sia davvero una manifestazione del Divino o soltanto un prodotto artificiale della vostra immaginazione; inoltre vi troverete intrappolati nel desiderio di provare nuove esperienze e sensazioni, e non guarderete oltre, alla ricerca della vera Luce. piu’ avanti nella vostra pratica spirituale potrete trovarvi di fronte alla tentazione dei siddhis, i poteri della percezione extrasensoriale. Questi poteri possono essere usati per scopi validi, ma troppo spesso sono soltanto una tentazione dell’ego. Se doveste cedervi potreste allontanarvi dalla vostra meta spirituale ancora piu’ di quanto non ne foste distanti quando avete cominciato la pratica di cantare il Mantra.

Capitolo 7

ADORAZIONE: COLTIVARE L’IMMAGINAZIONE

La mente ha bisogno di une’ immagine concreta che la tenga concentrata durante la pratica del Mantra. Nel Bhakti Yoga, lo yoga dell’amore e della devozione, il praticante si concentra sull’immagine della divinita’ connessa al Mantra. Quest’ultima, Ishta Devata, crea un grande desiderio nel devoto, il quale sperimenta un rapporto di amore, di misericordia e di aiuto con la divinit. che l’immagine rappresenta, grazie alla resa completa del corpo, della mente e dell’ego ai piedi della divinita’ stessa. L’immagine rappresenta l’Altissimo, tutto Cio’ che e’ sacro, perfetto, bello agli occhi del devoto, e nell’individuo si genera una risposta a quelle qualita’.

Potete dipingere quell’immagine, prelevarla da un libro, oppure utilizzarne una del vostro insegnante spirituale, scelta che si puo’ rivelare molto utile in quanto sapete gia’ che aspetto lui, o lei, ha. Date vita a une’ immagine del Divino che caricate con il potere della vostra mente, della vostra preghiera e del vostro amore, e in questo modo coltiverete l’immaginazione nel praticare il Mantra.

Queste figure di adorazione possono essere invocate anche con l’occhio della mente, aumentando così il potere della visualizzazione positiva. Il desiderio nasce dall’immaginazione e nell’adorazione noi poniamo Dio nella nostra mente in modo che il Divino diventi parte del nostro desiderio e da portare gli schemi per la realizzazione di quel desiderio a un livello piu’ elevato. Gli occhi possono essere tenuti chiusi, lo sguardo puo’ essere focalizzato sullo spazio fra le sopracciglia. Ma se nel cantare non riuscite a quietare la mente, aprite gli occhi e levate il vostro canto diritto verso il cielo, invocando il nome di Dio in trepida attesa che Qualcuno possa davvero ascoltare. Usate il potere della vostra immaginazione e nel guardare il cielo figurate di vedervi un enorme orecchio, poi indirizzate il canto a quest’orecchio e osservate cosa succede. Come alternativa potete scegliere une’ immagine di Dio e radicarla saldamente nella vostra mente, poi tentare di riprodurla nel cielo e provare un profondo desiderio di essere vicini a lui. Visualizzate Cristo sulla croce oppure una barca da pesca che calma la tempesta; oppure immaginate Krishna, con i suoi splendidi gioielli indiani, la sua piuma di pavone, il suo flauto, i campanelli alle caviglie e la pelle azzurra che indica come lui sia un dio e non un essere umano e che rappresenta il principio divino. Per pacificare la vostra mente ribelle e vincere la tentazione di lasciarvi distrarre, potete intervallare la recitazione del Mantra a brevi atti di adorazione, come scegliere e disporre fiori, preparare ghirlande oppure accudire un altare, aprendo così la vostra consapevolezza a quell’aspetto del Divino. Per prima cosa destinate un angolo della vostra casa a luogo sacro in cui cantare il Mantra e adorare, poi scegliete un rituale che si adatti a voi, un rito che vi permetta di concentrare la mente.

All’inizio molte persone avvertono un bisogno di protezione e il Siva Mantra puo’ essere una risposta a questo impulso iniziale. Per includere l’adorazione del Signore Siva nella vostra pratica e’ sufficiente pronunciare il suo nome nel lasciar cadere acqua limpida su una pietra che lo rappresenta. Siva e’ l’aspetto del Divino che i rishi hanno riconosciuto come il creatore, il Sakta, il Signore della Kundalini e dell’Hatha Yoga, pratiche molto coinvolgenti che richiedono una disciplina molto dura. Per quanti non posseggono queste capacita’ e’ comunque sufficiente invocare il nome di Siva nel versare un po’ d’acqua su una pietra.

Se la divinita’ da voi scelta e’ il Signore Siva come distruttore di tutti gli ostacoli, potete coltivare fiori bianchi e deporli per lui sull’altare. Secondo la legge dell’associazione di pensiero, i fiori bianchi vi metteranno in contatto con i picchi innevati dell’Himalaya che sono la dimora del Signore Siva. Se cantate l’Hari Om, invocando l’aspetto del Signore Vishnu, il protettore, potrete invece usare fiori azzurri. Le rose o altri fiori multicolori possono essere offerti alla Madre Divina quando si impiegano l’Ave Maria oppure l’Om Tara come Mantra personale.

Ponete un fiore, reale o immaginario, davanti a une’ immagine di Cristo, della Madre Vergine, di Siva, di Buddha o di chi desiderate, poi recitate:

"Dio, ecco un fiore. Non ho fatto io questo fiore, non ho il potere di creare un fiore, non ho davvero nulla, non una sola cosa che possa definire mia, ma prendo questa piccola parte della tua creazione e la restituisco a te, caricata con il mio amore, la mia emozione e la mia devozione. Ti prego di accettare la mia offerta."

Questo gesto vi aiutera’ a rendervi conto che, soltanto dopo aver effettuato il necessario lavoro preliminare con la vostra immaginazione, potrete riconoscere Dio nel fiore o vedere in esso la Luce Divina.

Potete deporre fiori sull’altare, accendere una candela e dire:

"Dio, vorrei che tu accettassi questi fiori come simbolo della mia devozione; possa la candela essere un simbolo dei miei falsi desideri e possano essi bruciare alla Luce della Saggezza come questa candela brucia davanti ai miei occhi."

Ponete sull’altare un piccolo recipiente d’acqua e lasciatelo la’ per tre mesi senza rinnovare l’acqua. Ogni giorno bevetene appena un piccolo sorso e meravigliatevi nel constatare che essa rimane fresca a mano a mano che Voi elevate le Vibrazioni della vostra mente in virtu’ dei canti e delle preghiere. Identificate ogni sorso d’acqua in un simbolo dei Mantra e delle preghiere che lavano via i detriti della mente, e potrete verificare che l’acqua rimane fresca senza bisogno di essere coperta per tutto il periodo della vostra pratica spirituale. Non vi vergognate di compiere simili atti di devozione: avete il diritto di aspettarvi molto, ma dovrete aprire nuove porte perche’ possa succedere qualcosa.

Il rituale dovrebbe aiutare l’individuo a sperimentare la gratitudine per la conoscenza di Cio’ che ogni aspetto del potere impersonale rappresenta davvero. L’adorazione di qualche aspetto del Divino puo’ essere piu’ elaborata, ma non S necessario che il rito sia complicato, in quanto se troppo complesso potrebbe finire per opprimere l’adoratore con i suoi dettagli, escludendo l’affiorare di sentimenti piu’ profondi.

Potete anche ricamare l’immagine del Devata del vostro Mantra e nel realizzare ogni singolo punto ponetevi domande del tipo:

"perche’ la pelle e’ di questo colore? perche’ la mano e’ tenuta in questa posizione? cosa simboleggia questo particolare gioiello?" Dopo aver trascorso qualche tempo ad affinare l’immaginazione attraverso una varieta’ di forme di adorazione, la mente potrebbe raggiungere un livello di concentrazione tale da ricorrere spontaneamente a immagini piu’ complesse del Divino, come un alito di vento o la Luce.

Capitolo 8

I BENEFICI DELL’USO DEL MANTRA

La ripetizione di un Mantra e’ un mezzo per aumentare la capacita’ di concentrazione. Alcuni maestri spirituali indiani sostengono che il significato e il contenuto del Mantra non devono necessariamente essere compresi da un aspirante al fine di determinare l’effetto desiderato, che la pratica del Mantra da sola e’ sufficiente a ottenere il risveglio spirituale che ne costituisce lo scopo.

Ogni Mantra e’ pero’ per natura una forma di devozione che ha il Divino come sua forma ed essenza e la concentrazione sul suo significato consente un raggiungimento della meta ultima piu’ certo e piu’ rapido. I benefici della pratica del Mantra dipendono dal singolo soggetto come individuo, dal punto da cui e’ partito, da dove si trova adesso, da quali sono state le sue vite passate e dall’intensita’ e dal grado del suo desiderio. Quando Si canta un Mantra tutto l’essere della persona in questione muta in meglio, quindi sarebbe opportuno creare l’abitudine di ripetere il Mantra in ogni momento, perche’ il lavoro che Si svolge diventera’ piu’ facile e gioioso in virtu’ del continuo risuonare del Mantra nella mente. Uno dei risultati che giungono in fretta con la pratica del Mantra e’ il controllo della respirazione, che e’ il mezzo con cui si puo’ sviluppare l’abilita’ di controllare le emozioni. Nel canto doniamo tutte le nostre emozioni al Mantra e alla sua divinita’ e chiediamo ad essa di aiutarci a ottenere il controllo. In questo modo troviamo un modo sicuro di liberarci dai sentimenti negativi perche’ , invece di scaricarli su qualcun altro, li offriamo alla loro fonte. Un canto prolungato nel tempo portera’ a una maggiore consapevolezza e alla sostituzione dei sentimenti negativi con affermazioni positive.

La pratica del Mantra spegne le emozioni turbolente e quieta di conseguenza la mente turbolenta. In termini yogi esiste una differenza fra emozioni e sentimenti, dal momento che une’ emozione purificata diventa un vero sentimento. Il Mantra Yoga ci fornisce une’ opportunita’ di conoscere le emozioni, di sapere cosa sono, da dove vengono e quale sia il loro giusto posto nella nostra vita. Tramite il Mantra Yoga possiamo imparare a far fronte alle emozioni in modo adeguato, a controllarle e a raffinarle e a incoraggiare lo sviluppo armonioso di tutti gli aspetti del potenziale umano.

Dal momento che purifica la mente, il Mantra rappresenta anche un grande strumento di protezione contro la paura.

Quando vengono purificate, le emozioni si trasformano in amore: questo costituisce un passo importante nel risveglio di ulteriori livelli di consapevolezza, mentre l’influenza del Mantra diventa estremamente sottile. I sentimenti che sono stati purificati ci conducono alla presenza del Divino e dal Divino ci deriva un senso di protezione; Il Mantra e’ come uno scudo contro tutto Cio’ che e’ negativo e in grado di turbarci.

Se pure nella vostra vita avete sperimentato soltanto timore, paura, solitudine e in misura limitata amore e gioia, non disperate perche’ , per quanto i vostri sentimenti vengano facilmente feriti, nella vostra eccessiva sensibilita’ risiede uno strumento meraviglioso sebbene non ancora sviluppato. A mano a mano che tutte le emozioni negative si evolvono in sentimenti piu’ raffinati, scoprirete un cambiamento anche nei vostri concetti di amore e di gioia e vi accorgerete che tale sensibilita’ e’ esattamente Cio’ che e’ necessario per entrare nella nuova dimensione di comprensione, lungo il sentiero dell’Autorealizzazione.

La voce puo’ diventare uno strumento con cui esprimere e controllare le emozioni e, se all’inizio non riuscirete a raggiungere le note piu’ alte, perseverando nella pratica scoprirete che la vostra gamma di tonalita’ si va espandendo, noterete che il respiro scorre piu’ facilmente e che la voce diventa uniforme. Inoltre comincerete a sentire l’espressione delle emozioni - ira, delusione, gioia - nella vostra voce.

A volte il vostro canto potra’ essere carezzevole, gentile, intenso, malinconico o rivelare come un senso di abbandono; se canterete in tono sommesso potrete osservare che tutte le vostre emozioni diventano piu’ gentili, scoprirete che attraverso il canto esse si purificano e si mutano in veri sentimenti che scaturiscono dal cuore. In altri momenti la vostra voce potra’ essere forte e potente, in quanto state riversando in essa tutta la vostra ira e la vostra delusione, le vostre richieste ed esigenze. Esprimete onestamente a Dio Cio’ che sentite, perfino la vostra collera e impazienza nei confronti del Divino per non avervi portati piu’ in fretta vicino alla Luce, ma al tempo stesso imparate quando smettere di manifestare le vostre emozioni, perche’ la vostra pratica non diventi un pretesto per esprimere indulgenza nei propri confronti. Qualora doveste scoprire che le vostre emozioni sono particolarmente difficili da controllare, potrete restituirle al Divino, rivolgendovi a lui su un livello molto personale.

"perche’ mi hai dato tutte queste emozioni?" potete chiedere, per esempio.

"perche’ non mi hai dato la forza e la capacita’ di introspezione per gestirle? Voglio che tu venga qui e faccia qualcosa al riguardo, che tu apra una porta o tiri indietro una tenda in modo da permettermi di vedere perche’ mi sto sentendo in questo modo."

Questa puo’ non sembrare una forma di preghiera ma lo e’: e’ il riconoscimento del bisogno di aiuto e della disponibilita’ a chiedere a Dio quell’aiuto, con un atteggiamento di umilta’.

Nel cantare le vostre emozioni, dalla piu’ negativa alla piu’ elevata, e nel restituirle all’Uno che ve le ha inizialmente donate, voi imparate ad accettare entrambe le parti del vostro essere, la buona e la cattiva, e a trascendere le coppie di opposti da cui state tentando di liberarvi. Incanalando le emozioni verso Dio sul sentiero spirituale scopriamo che il Divino accetta la nostra lotta, ci aiuta e ci sostiene nella nostra ricerca dell’Altissimo. Di per se’ le emozioni non sono una cosa cattiva, ma se si esprimono senza controllo possono risultare estremamente dannose: perfino l’amore, quando non viene condiviso, quando non viene dato liberamente e generosamente, diventa amore di se’ e si ritorce in maniera distruttiva contro l’individuo; mentre quando sono opportunamente indirizzate, le emozioni diventano una chiara fonte di forza per ottenere grandi risultati. Attraverso il potere delle emozioni gli uomini e le donne hanno superato i loro limiti e raggiunto un piu’ grande scopo nella vita, perche’ le emozioni incanalate attraverso un Mantra diretto al Divino vi possono portare vicino a Dio.

Quando si canta un Mantra le emozioni si esprimono nel respiro e nella voce. Ogni volta che il respiro e’ irregolare significa che le emozioni coinvolte non sono in equilibrio; tale squilibrio permane finche’ le emozioni in questione restano intense, ma poi esse si placano gradualmente e cominciamo a sperimentare quell’armonia che costituisce la nostra meta. Allora, quando cala la quiete, possiamo sintonizzarci con il piu’ vasto ritmo del Cosmo e divenire una cosa sola con esso. Cantare ci aiuta a raggiungere la quiete, in quanto poniamo il respiro e le emozioni sotto controllo: in questi momenti di pace assoluta della mente si sperimenta una beatitudine indescrivibile. E’ triste verificare come la maggior parte delle persone possa concentrarsi soltanto quando si trova in difficolta’, mentre nei momenti di gioia la concentrazione si protrae per un attimo soltanto, in quanto chi e’ felice, impegnandosi per mantenere lo stato di beatitudine, in realta’ lo annulla. E’ pero’ possibile usare la capacita’ di concentrarsi in momenti di angoscia per liberare le proprie emozioni.

"Mi dispiace," potete dire, "ma devo ammettere che sono come un bimbo che non sa neppure camminare: dovete venire a sollevarmi. Se non volete che resti sempre un bambino dal punto di vista spirituale, allora dovete venire ad aiutarmi."

Arriva il momento in cui chi percorre un cammino di ricerca evolve sino a superare lo stadio infantile, ma per il breve tempo precedente non deve essere troppo orgoglioso di essere come un bambino piccolo e bisognoso agli occhi di Dio.

Cantando il Mantra gli sbalzi d’umore finiranno con il tempo per essere controllati e la consapevolezza del momento attuale crescera’, l’attenzione e quindi l’energia verranno allontanate dagli antichi schemi di pensiero che, come le voci incise in une’ audiocassetta, continuano a ripetersi all’infinito, tenendoci legati al passato e al futuro, a immagini spaventose e a fantasie insensate che ci causano quella sofferenza di cui noi stessi siamo origine. Uno dei pericoli insiti nel seguire l’Inana Yoga, lo yoga della mente, consiste nel fatto che chi lo pratica tende a guardare dall’alto in basso i praticanti del Bhakti Yoga, lo yoga dell’amore e della devozione, fenomeno che indica soltanto come la mente sia stata usata per generare una vera discriminazione. Molti swami e yog indiani mi hanno confessato di sperare nella vita successiva di reincarnarsi come donne, perche’ le donne posseggono la vera devozione, la vera umilta’, in cui risiede il sentiero verso la liberazione. Molti discepoli si prostrano ai piedi del loro Guru per sviluppare l’umilta’, ma in effetti il proselito si prostra davanti allo Spirito Divino che risiede nel Guru e in tutti noi.

Imparare ad arrendersi al Mantra e all’energia del Mantra mette di per se’ in moto il processo di purificazione, consentendo di affrontare ed eliminare egoismo, glorificazione di se’ , autogiustificazione e autogratificazione. Non permettete che la mente intellettuale vi distragga dal tentare la pratica del Mantra e dello Japa, in quanto dovete praticarli per poterne comprendere gli effetti.

Se di notte andate a letto e vi addormentate ripetendo il Mantra, esso rimarra’ probabilmente con voi e vi sveglierete con esso. Non sognerete a causa del potere generativo del Mantra che dissolve i problemi e rimuove la tensione derivata dall’eccessiva auto stima e dalla volonta’ dell’ego. Se vi addormentate con il Mantra stabilirete contatti che elimineranno le vostre acrobazie mentali e verbali relative al concetto di mente, di ego e di Intelligenza Cosmica. Attraverso l’uso del Mantra si ottiene una piu’ grande sensibilita’ e un affinamento dei sensi che possono con il tempo consentire di vedere con l’occhio interiore e di sentire con l’orecchio interiore. Quando si sviluppa l’orecchio interiore, si puo’ in me udire la musica delle sfere, una musica di una tale squisita bellezza che nessuno strumento e nessuna voce umana sono in grado di riprodurla: si puo’ udire il Cosmico AUM. L’impatto e gli effetti di una simile esperienza porteranno un intenso desiderio di cambiamento e di sviluppo.

Il Mantra non e’ una pillola magica, ma piuttosto un costante flusso d’acqua che erode gradualmente anche la roccia piu’ dura. Gli immediati risultati del canto sono un aumento dell’abilita’ di concentrarsi, seguito gradualmente dal controllo del respiro e delle emozioni. piu’ tardi le emozioni saranno raffinate fino a diventare veri sentimenti.

Capitolo 9

MANTRA E INIZIAZIONE

Tutti i testi sacri e tutti i maestri spirituali enfatizzano il bisogno di un insegnante che faccia da guida sul sentiero dello spirito. Quando pensate di aver trovato il vostro Guru, concedetevi il tempo di esaminare voi stessi e le vostre motivazioni, non desiderate l’iniziazione prima di aver deciso di voler accettare gli Insegnamenti e di essere disposti ad ascoltare e a obbedire. Accantonate ogni timore di poter finire per dipendere dal vostro insegnante perche’ un vero Guru vi portera’ alla scoperta del Guru interiore. Per riconoscere il vostro Guru chiedete all’Altissimo che porti un segno ben stabilito perche’ lo riconosciate, e quando avrete dubbi se avete finito il vostro periodo con quel Guru chiedete un altro segno specifico. Una vera iniziazione al Mantra e’ come un matrimonio spirituale fra il Guru e il proselito, in quanto non puo’ essere dissolta infrangendo il rapporto umano fra i due, rottura che comporterebbe soltanto un ritardo e la necessita’ di riprendere e continuare il rapporto in une’ altra vita, fino a quando il discepolo avra’ raggiunto l’Autorealizzazione. Il Guru prende l’impegno di rimanere con l’adepto, nonostante la cocciutaggine, la resistenza e la fuga dal dovere dimostrate dal discepolo, fino a quando questi non avra’ raggiunto l’Autorealizzazione. Il Guru e il suo seguace sono sempre uniti attraverso il potere del Mantra ed esiste un obbligo da entrambe le parti: colui che inizia l’altro accetta la responsabilita’ nei confronti del discepolo, mentre l’iniziato deve essere pronto ad accettare la guida e l’autorita’ del Guru e sentire che e’ una cosa giusta sottoporsi all’iniziazione. Secondo Swami Sivananda, se da un lato e’ estremamente difficile trovare un maestro che sia disposto a cercare sinceramente l’interesse esclusivo dell’allievo, e’ anche estremamente difficile trovare un discepolo che agisca sinceramente secondo le istruzioni della sua guida. Il suo consiglio agli aspiranti e’ di equipaggiarsi di sincerit., di devozione e di umilta’ prima di avvicinare un Guru e di non contare troppo sulla razionalita’ nell’effettuare la scelta. Per entrambe le parti si tratta di una relazione intensa che deve essere cara a tutti e due in virtu’ della sua durata e importanza. Prima dell’iniziazione lo studente e l’insegnante devono esaminare il loro rapporto per verificare se qualcosa potrebbe creare attrito fra loro. Infatti il discepolo non dovrebbe mai accettare l’iniziazione fino a quando non ha sopraffatto le sue peggiori debolezze.

Durante l’iniziazione, o diksha, il Guru trasmette all’adepto parte del potere del Mantra. Gurudev Sivananda spiega che "l’iniziazione dona potere spirituale e distrugge il peccato. Come una lampada viene accesa dalla fiamma di une’ altra, così il divino Sakti all’interno del Mantra viene comunicato dal Guru al discepolo."

Il fenomeno puo’ essere assimilabile a un lieve shock elettrico, ma puo’ essere sperimentato anche come una gioia estatica, quasi si camminasse sulle nuvole, che dura parecchie ore o anche qualche giorno. L’iniziazione produce svariati effetti, inquanto il potere del Mantra diventa maggiore e tende a farsi sempre piu’ percettibile per il discepolo, aumentando la sua sensibilit.. A quel punto il Mantra diventa una forza autogenerante che spinge il proselito all’unione con il potere del Mantra stesso. L’effetto sul ricevente dipende dalla qualit. dell’amore e dalla profondita’ della sincerita’ con cui il potere del Mantra viene trasmesso.

Esiste una terribile responsabilita’ nell’accettare l’iniziazione, perche’ il potere del Mantra e’ neutro e Cio’ che si fa con esso puo’ essere una benedizione per l’iniziato stesso e per gli altri, così come causa di un grande male. L’iniziazione e’ paragonabile ai primi tempi di un matrimonio, quando forti sono l’infatuazione e l’attrazione, ma la vita umana ha i suoi cicli e questo periodo dura soltanto un paio d’anni, poi la fase romantica finisce. Non si deve pero’ mai infrangere l’impegno preso con il proprio Mantra. A volte capitera’ di effettuare la pratica quotidiana per un senso di dovere, a volte per amore, mentre in altri momenti si puo’ avvertire une’ aridita’ spirituale. Quest’ultimo stato deve essere recepito come l’indicazione della necessita’ di un periodo di riposo, durante il quale non si devono prendere avventate decisioni in merito al proprio futuro spirituale.

Una volta ricevuta l’iniziazione, si assume l’impegno di essere schietti e aperti con il Guru in merito alle azioni e ai progetti della propria vita, in quanto nell’accettare l’iniziazione si attribuisce al Guru il diritto di intervenire nei propri affari personali. Il Guru si puo’ opporre a un progetto matrimoniale o a un cambiamento nella carriera, oppure puo’ chiedere che si intraprenda un lavoro con cui non si ha familiarit., o che ci si trasferisca in une’ altra citt.. In questo rapporto l’iniziato ha qualcuno che si prende cura di lui e che e’ disposto a fornire consigli obiettivi, evitando in tal modo errori e sofferenze. Se pero’ l’intenzione di un libero scambio muore nelle fasi iniziali del rapporto, questo e’ un segno evidente per entrambe le parti che tale rapporto dovrebbe essere rivalutato, in quanto possono essere esistite da parte dell’iniziato false speranze di ottenere straordinari poteri o di vivere esperienze eccitanti. In questo caso bisogna mettere in discussione la sincerita’ della sua decisione e applicare appieno il significato dell’iniziazione o sciogliere il rapporto.

Il karma non avra’ effetto quando esiste un accordo fra due individui che si stanno separando, accordo inteso a garantire che non ci siano delusione o dolore da parte di nessuno dei due. Questa regola si applica al comune matrimonio e ci si puo’ quindi aspettare ragionevolmente che si applichi in certa misura anche al matrimonio mistico inaugurato dall’iniziazione al Mantra. Un rapporto unilaterale non e’ un rapporto effettivo. Ci sono molte idee errate in merito al concetto di iniziazione, e l’iniziazione al Mantra puo’ assumere molteplici forme. In India puo’ essere data ai bambini dal padre o dalla madre, come e’ avvenuto per esempio nella vita di Papa Ramdas, il famoso santo dell’India meridionale. In queste situazioni il genitore ha un calibro spirituale elevato e guida i passi del figlio con l’intento di aiutarlo a raggiungere il suo stesso stato di Realizzazione. Questo significa che la vita che si conduce nella casa e’ altamente spirituale, dedicata allo studio delle scritture, alla recitazione di sacri testi e al canto del Mantra. L’effetto di un addestramento in eta’ così giovane e’ profondo e duraturo, e il genitore che inizia un figli o non ha in mente come meta il sanyas (Papa Ramdas non era un samnyasin). In questo caso si tratta di una benedizione per il bambino e si usa un diverso tipo di Mantra.

L’iniziazione al Mantra puo’ anche essere data da un Guru compassionevole al fine di aiutare un individuo, non sempre sulla base del riconoscimento del potenziale di un grande potere spirituale, ma piuttosto di uno stato di bisogno. Possono esistere condizioni karmiche che risultano difficili da affrontare e che metterebbero in discussione una nascita favorevole nella vita successiva. Uno dei giovani seguaci nell’Ashram di Sivananda aveva dei precedenti come ladro. Quando mi sono resa conto che era stato iniziato da Swami Sivananda, ho ritenuto che non fosse stata una decisione saggia e sono rimasta perplessa di fronte al fatto che un Guru potesse aver esercitato così poca cautela. Quando gli ho chiesto per quale motivo avesse iniziato una persona del genere la sua risposta e’ stata che nell’accettare quell’individuo e nel dargli l’iniziazione lo stava aiutando a ottenere in une’ altra vita condizioni migliori e gli stava anche fornendo nell’attuale esistenza un sostegno nel vincere le proprie debolezze.

Affinche’ uno sforzo del genere da parte di un Guru abbia buon fine, il discepolo deve pero’ possedere vera umilta’ e un profondo senso di gratitudine. Sfortunatamente la riconoscenza puo’ essere espressa in maniera soltanto temporanea e scomparire presto come inghiottita dalle sabbie mobili. E’ evidente che il Divino porgera’ sempre il proprio aiuto, indipendentemente da quelli che possono essere i problemi contingenti, e che e’ molto sciocco permettere all’orgoglio di impedirci di accettare e di apprezzare un dono tanto prezioso.

A volte un Guru elargisce l’iniziazione a cento o piu’ persone in una speciale cerimonia. Swami Sivananda mi ha spiegato che un simile rituale lancia un richiamo per i pochi che possono recepire il messaggio, per metterli in grado di ricevere la piena iniziazione.

Se un Mantra e’ stato ricevuto in sogno, di solito in quello stato si S sperimentata una parte del suo potere sufficiente a permettere all’aspirante di riconoscere il Guru, ma rimane comunque a completa discrezione del Guru se concedere o meno l’iniziazione, perche’ in questi casi il Guru non ha l’obbligo di darla, così come non esiste nessun obbligo soltanto per il fatto che il Guru sia stato in contatto con un devoto per un certo numero di anni, neppure nel caso che questi viva nell’Ashram del Guru. L’iniziazione al Mantra non S infatti una sorta di promozione automatica.

A volte il Guru e il discepolo se’ incontrano a causa della promessa con tenuta nel Mantra e il discepolo tornera’ anche quando il Guru si incarnera’ di nuovo per aiutarlo nell’opera divina, per ripagare il tempo e la fatica che questi gli ha dedicato nelle vite precedenti.

Le donne devono stare attente a cercare l’iniziazione soltanto per opera di un Guru capace di accettare una donna come una sua pari, in quanto un maestro di sesso maschile che non e’ capace di farlo non si e’ pienamente realizzato. L’impegno richiesto da une’ iniziazione al Mantra non e’ adatto o possibile per tutti, ma gli ideali che esso implica possono essere ricercati con pari seriet. anche dai non iniziati.

L’iniziazione al Mantra e’ un primo passo essenziale, se lo scopo e’ quello di diventare un samnyasin. In un Ashram e’ regola generale che una persona venga iniziata dal Guru prima al Mantra, alcuni anni piu’ tardi al Brahmacharya e infine al sanya. I periodi di tempo che intercorrono fra queste fasi sono destinati allo studio intensivo e servono a mettere in pratica quello che si S imparato. L’iniziazione a swami elargisce il diritto di insegnare i Vedanta. Ci sono diversi ordini di sanyas.

Gli aspiranti chiedono spesso cosa succederebbe al mondo se tutti diventassero iniziati e arrivassero al brahmacharyPa o al sanyas. Non c’e’ pericolo che il mondo si estingua perche’ in esso troppe persone desiderano continuare a vivere secondo i vecchi schemi.

APPENDICE A

PRATICA COI MANTRA

I MANTRA DELLE RUOTE D’ENERGIA (o chakras)

MULADHARA: MANTRA LAM

Mula significa radice, adhara supporto: questo chakra dunque localizzato alla base della colonna vertebrale, e’ la terra (tale e’ infatti l’elemento cui e’ collegato) in cui si radica l’albero della vita di ciascuno ovvero, come sede di Kundalini, e’ il centro in cui l’energia suprema e’ nell’uomo addormentata, presente soltanto a livello potenziale.

SVADHISTHANA: MANTRA VAM

Questa ruota d’energia e’ situata nella regione addominale, sotto l’ombelico, piu’ o meno alla radice degli organi genitali. L’elemento correlato e’ l’acqua. Se l’energia di Muladhara si manifesta nella sessualita’ animalesca, nel puro istinto che spinge alla riproduzione, quella di Svadhisthana si manifesta nella sessualita’ gia’ individualizzata, come ricerca di un ponte, attraverso il sesso, tra l’io e il mondo esterno.

MANIPURNA. MANTRA RAM

Questo chakra e’ localizzato all’altezza dell’ombelico. La parola allude etimologicamente a un’abbondanza di gemme preziose, e il tipo di energia che qui si raccoglie e distribuisce e’ quella del calore.

A Manipurna e’ infatti collegato l’elemento fuoco: l’essere, fattosi stabile nella terra di Muladhara e incanalato dal desiderio, gia’ individualizzato ma fluttuante, nell’acqua di Svadhisthana, si determina verso l’esterno esercitando sul mondo un’azione potente, paragonabile a quella del sole.

ANAHATA. MANTRA YAM

Anahata e’ la ruota d’energia situata dietro lo sterno, in corrispondenza del cuore.

L’unione dell’uomo e della donna nel sentimento dell’amore? La copiosa simbologia legata al cuore nella nostra cultura incoraggia una simile interpretazione, ma quella di Anahata e’ ancora un’energia ambivalente, perch‚ se presuppone un’elevazione spirituale e quindi puo’ alimentare quell’amore che e’ al la base tanto della carita’ cristiana quanto della compassione buddhista, puo’ anche irretire nell’egoismo per cui l’altro e’ vissuto come un possesso o nel compiacimento per il proprio altruismo e la propria generosita’. Qui l’elemento di riferimento e’ l’aria.

VISHUDDHA. MANTRA HAM

Vishudda e’ il chakra che, per il tipo di energia che vi ha sede, puo’ per certi aspetti rendere conto della stessa potenza del mantra. Infatti e’ localizzato nel plesso laringeo, e quindi e’ correlato alla formazione del suono.

La qualita’ sensibile di riferimento e’ l’etere, che dei cinque elementi esprime le vibrazioni piu’ sottili. Infine, il termine significa ‘centro di purezza’, o di ‘purificazione’, e l’energia che esprime e’ quindi quella che consente il passaggio tra la limitazione delle energie inferiori e la liberta’ di quelle superiori. D’altra parte, leggendo il collegamento dall’alto verso in basso, e’ per l’energia di Vishuddha che il mentale assume un rivestimento vocale e puo’ così manifestarsi e diventare mezzo di comunicazione.

AJINA: MANTRA OM

L’Ajna, posto nel cervello piu’ o meno a meta’ della distanza tra le sopracciglia, come sede del mentale non ha elemento o facolta’ sensibile di riferimento. La parola significa ‘comando’, perch‚ e’ al mentale che arrivano i messaggi dei sensi ed e’ il mentale che impartisce gli ordini per conseguenti azioni. E’ anche detto il chakra del Guru perch‚ e’ questa l’energia che permette di mettersi in relazione con il carisma spirituale del Maestro. Ajna viene infine definito terzo occhio ovvero l’occhio della conoscenza trascendente che consente di vedere l’illusorieta’ del desiderio. Del suo mantra, OM, si e’ gia’ parlato abbastanza ampiamente, ma e’ interessante notare che l’energia al vertice del corpo fisico dell’uomo corrisponde alla vibrazione che ha dato origine alla creazione.

SAHASRARA

Generalmente collocato al di sopra della testa, non fa piu’ parte del corpo fisico, perch‚ lo stato energetico cui si riferisce (la perfetta unita’ della coscienza con l’energia cosmica) e’ al di la’ della manifestazione. Chi riesce a risvegliare questo chakra si e’ del tutto liberato dal tempo e dallo spazio, e cio’ significa che ha raggiunto la liberazione dal ciclo delle rinascite e che puo’ vivere nella beatitudine conseguente al superamento dell’individualita’.

I MANTRA SEME

Da un punto di vista formale il bija mantra, vale a dire il mantra seme, e’ un monosillabo e tali sono dunque i mantra presi in considerazione finora, a partire da OM. In realta’ all’interno del tantrismo ‘seme’ allude a ben altro che a questo aspetto esteriore. Oltre al fatto che le lettere sanscrite impiegate, come si e’ detto, hanno carattere sacro come dono divino, occorre rifarsi ancora una volta alla fede nell’esistenza, al di la’ del mondo fenomenico, di un mondo sovrasensibile o sottile, dove determinati suoni sono la vibrazione dei vari dèi e delle loro Shakti. Con il bija mantra le lettere e le sillabe dell’alfabeto umano entrano in relazione con le loro corrispondenze del piano sottile.

Il bija di una sola lettera (per esempio KA) e’ KAM, perch‚ tutti i bija mantra si completano con la lettera M e la vocale non puo’ essere pronunciata senza l’abbinamento con questa consonante.

M e’ una risonanza nasale che non raggiunge le labbra, scelta perch‚ considerata un suono equilibrante i cinque elementi della materia sensibile che corrispondono, nell’ordine, a LA, VA, RA, YA e HA.

A titolo di esempio verranno ora presi in considerazione alcuni altri bija mantra.

AIM

Si pronuncia em ed e’ il bija di Sarasvatim la Shakti di Brahama, dea delle acque, inventrice delle arti, delle scienze, della scrittura e dea dell’eloquenza, che scorre come un fiume. Anticamente il mantra di Sarasvati era recitato dal Guru per aiutare il discepolo nello studio difficile delle Scritture. La lettere di Sarasvati e’ ai, mentre con m si evoca Bindu, dissipatore della pena.

DUM

Dum e’ composto dalla consonante da, corrispondente a Durga, dalla vocale u, che ha il significato di salvare, e da m, in questo caso rappresentante nada, l’aspetto del Grande Potere, in cui nasce il germe per creare il mondo, e bindu, il punto di origine dell’impulso creativo. Durga e’ la prima manifestazione della shakti come moglie guerriera di Shiva, nata dalle fiamme emesse dalle bocche degli dèi in guerra con i demoni, che Durga sconfisse. Questa forma della divinita’ femminile rappresenta non solo l’energia di chi e’ determinato a combattere il male, ma anche l’energia dell’intelletto, perch‚ cercare di capirla significa incamminarsi sul terreno dell’indagine intellettuale piu’ ardua.

GAM

Questo bija e’ composto dalla consonante ga, riferita a Ganesha, il dio con la testa d’elefante figlio di Shiva e Parvati e patrono della buona sorte, e da m, anche qui come Bindu dissipatore della pena.

GLAUM

Ga e’ sempre la consonante di Ganesha, la sta per colui che si pente, au e’ tejas (l’elemento fuoco) e m e’ ancora Bindu dissipatore della pena.

HAUM

E’ un bija di Shiva, che compare tanto sotto forma di ha quanto sotto forma di au, che si riferisce alla stessa divinita’ come Sadashiva. Contemporaneamente si esprime in m la venerazione per Shunia, l’elemento che fa cessare le pene.

HRIM

Compare ancora ha per Shiva (la pronuncia della h comporta comunque solo una lieve aspirazione), qui unito a r che e’ collegato a Prakriti (la Sostanza primordiale, matrice dell’universo, esistente ovunque ma non manifesta in nessun luogo, che assume tuttavia una quantita’ incommensurabile di forme individuali ed e’ anche nominata come Bhuvaneshvari, dea delle sfere), nonch‚ alla vocale i che indica Mahamaya (un modo di nominare Maya). La m indica nada e bindu, nel significato gia’ chiarito per DUM.

Si tratta quindi di un bija mantra strettamente connesso al suono primordiale e questo spiega anche perch‚, insieme con altri, e’ un mantra utilizzato per il risveglio di Kundalini.

HUM

Ha per Shiva, u e’ uno dei piani di esistenza, m e’ nada e bindu. Anche questo e’ uno dei mantra cui si ricorre per il risveglio di Kundalini: associato alla tecnica di controllo del respiro (pranayama) lo si recita mentalmente nella fase di ritenzione. Anche a livello popolare vi si ricorre per proteggersi dalla collera e dai demoni che, come la collera, sono forze negative interiori.

KLIM

Le divinita’ associate in questo bijia mantra sono Kama, dio dell’amore e Krishna (in ka), nonch‚ Indra, dio delle battaglie (in la). Nella i e’ espressa l’idea di accontentarsi.

KRIM

E’ il bija mantra usato di preferenza dai testi induisti per evocare la dea Kali, Shakti di Shiva. Si tratta di una delle divinita’ complesse del pantheon induista, che di Shiva potenzia l’aspetto di distruttore. Collegata alla morte e al tempo, che tutto distrugge, e’ quindi un’energia tra le piu’ potenti, ma cio’ non autorizza a fermarsi all’immagine tramandata dai libri di avventura. Sul piano spirituale, incarna le nostre paure piu’ profonde come il terrore dell’annullamento.

Placandola, si compie un passo verso il distacco dal mondo e dalle forme, nella loro illusorieta’. Ka dunque rappresenta qui Kali, ra e’ Brahama, i sta per Maya, l’illusione e m, come si e’ gia’ visto in altri casi, e’ l’annullamento della sofferenza.

KASHRAUM

Ksa si riferisce all’avatara (incarnazione divina) di Vishnu come uomo leone (il mito di riferimento e’ quello di un combattimento con un demone potente), seguito da ra, per Brahama, da au che reca l’immagine dei denti puntati verso l’alto, e infine da m come Bindu dissipatore delle pene.

SHRIM

E’ il mantra seme di Lakshmi (sha). Ra indica qui la salute, i la soddisfazione, m e’ Bindu dissipatore delle pene. Di origine antichissima come divinita’ della terra e della sua umidita’ fecondatrice, Lakshmi e’ divenuta nel pantheon induista la Shakti di Vishnu, il conservatore della vita. Gli indu’ colgono la sua forza potente in ogni forma di ricchezza terrena (compresa quella costituita dalle vacche, non casualmente chiamate con il nome comune lakshmi), ma anche nella ricchezza dell’animo e nella gioia interiore che ne proviene. Per questo, con il nome di Padma, e’ la dea loto, simbolo in tutta l’Asia dell’illuminazione spirituale.

STRIM

Questo bija e’ composto da sa, che indica la liberazione dalle difficolta’, da ta, ‘salvatore’, da ra, come forma di saluto, da i, che evoca la grande dea Maya, infine da na’ nada e bindu.

IMPIEGO DEI BIJA MANTRA

Il bija viene recitato da solo, in composizione con altri o all’interno di una sequenza di sillabe sacre che formano delle parole e possono arrivare a una lunghezza notevole. A seconda del numero delle sillabe, un mantra assume un nome diverso: per esempio un mala mantra e’ formato da piu’ di venti sillabe. Al di fuori dei rituali o di un’impostazione ascetica della propria vita, un bija mantra puo’ costituire per chiunque una pratica quotidiana, nell’ambito della quale si perseguono obiettivi non necessariamente elevati fino alla liberazione spirituale, come il potenziamento delle proprie facolta’ intellettuali o il raggiungimento del benessere materiale. Ancora una volta non si tratta, come nella nostra preghiera, di chiedere a Dio un beneficio dall’esterno, ma di mettersi in sintonia dall’interno con il suono di quell’energia che determina la condizione desiderata. Nei due esempi fatti, il mantra per il potenziamento delle facolta’ intellettuali sar… quello in relazione con Sarasvati, mentre il mantra per il raggiungimento del benessere intellettuale sar… quello in relazione con Lakshmi. Poich‚ in questi casi e’ prevista la ripetizione mentale del mantra per un numero elevatissimo di volte, si rivela prezioso il supporto del rosario indiano, chiamato a sua volta mala, formato da centootto grani, che viene tenuto appoggiato sull’anulare e fatto scorrere in avanti dal pollice e dal medio; l’indice di norma non tocca il rosario.

Per facilitare la concentrazione e il raccoglimento si usa anche accendere bastoncini di incenso e delle piccole lampade in cui brucia dell’olio o del ghee (burro chiarificato).

IL MANTRA DEL SOLE

A proposito dell’astro del sole si dice nel Rigveda:

Sorgi giocondo Sole che vede ogni cosa,

e che tutti gli uomini vedono,

occhio degli dèi Mitra e Varuna,

colui che rotola sulle tenebre e le squarcia.

Il verso impiegato nel Rigveda e’ detto gayatri e questo e’ anche il nome che definisce uno dei mantra piu’ sacri degli indu’ rivolto a Surya, il dio solare, nella forma di Savituh. Vediamo dunque il gayatri mantra, seguito dalla traduzione.

OM

BHUR BHUVAH SVAH

TAT SAVITUH VARENYAM

BHARGAH DEVASYA DHINANHI

DHIYO YO NAH PRACODAYAT

OM

 

OM

Divino stimolatore della sfera terrestre, atmosferica e celeste: noi meditiamo su questo adorabile Savituh, splendore raggiante, che divide, colora e muove la creazione. Noi lo contempliamo. Che egli ci possa dirigere.

OM.

UN’ALTRA FORMA DI SALUTO AL SOLE

Quello proposto e commentato non e’ l’unico mantra connesso al culto del sole n‚, d’altra parte la recitazione dei mantra solari e’ solo l’espressione di una forma di culto. Nello Yoga sono impiegati per meditare e arrivare al controllo di quell’energia che presiede alla vita e che ha tanto una dimensione fisica (la recita del mantra e’ per questo associata alla tecnica respiratoria) quanto una dimensione psichica (quella che nel linguaggio comune definiamo vitalita’). Uno dei mantra piu’ semplici e nel contempo molto efficaci di saluto al sole, suggerito da Swami Gitananda, che e’ annoverabile fra i maggiori cultori contemporanei dello Yoga e’:

OM SURYAYA NAMAH

dove namah indica nel mantra la parola che si riferisce al culto di una divinita’.

PREGHIERE AD ALTRE DIVINITA’ POTENTI

La natura del tutto particolare della preghiera mantrica obbligherebbe a riportarne la forma originaria, perch‚ la traduzione ne inficia, come si e’ detto, la sostanza. Ma cio’, per i mantra molto lunghi, renderebbe ancora piu’ ostica e lontana per il lettore questa breve panoramica, per cui la scelta e’ stata quella di un compromesso: fornire nei limiti del possibile la forma originaria e ricorrere alla traduzione, a fini semplicemente orientativi, nel caso dei mantra di notevole estensione. Questo criterio vale anche per gli altri esempi che andiamo ora a prendere in considerazione.

I MANTRA DI TARA

E’ davvero difficile per noi occidentali penetrare senza avvertire un senso di disorientamento nell’immensita’ del pantheon induista, non solo perch‚ sono numerosissimi gli dèi, ma anche perch‚ ciascuno, a seconda della manifestazione che se ne considera, assume a sua volta un nome diverso.

cio’ vale, per esempio, per Kali, signora del tempo, della quale Tara puo’ appunto essere considerata una manifestazione. Il simbolo che la rappresenta e’ la stella, di cui l’induista valuta tanto la bellezza quanto il fatto che bruci, perpetuamente autoconsumandosi: così Tara e’ la fame, l’impulso mai appagabile in modo definitivo, che spinge ogni forma di vita a garantirsi attraverso un continuo consumare. Su questa base i Tibetani e i Jainisti hanno assunto Tara come simbolo della fame spirituale della liberazione, possibile solo mediante il distacco dal mondo fisico. Tara diventa così in questi contesti la divinita’ interiore dell’autocoscienza, e come tale ha centootto nomi (uno per ogni grano del rosario), che costituiscono altrettanti mantra recitati facendo scorrere il rosario completo. La Tara della meditazione e’ rappresentata con il terzo occhio, quello dell’illuminazione (tara bianca). Il popolo poi fa ricorso ad altri mantra per scongiurare il potere distruttivo di Tara (tara verde) e attivare la sua compassione, onde possa essere protetto dalle calamita’.

Il suo mantra principale (se ne d… la trascrizione tibetana ed e’ determinante che tutte le sillabe siano distintamente pronunciate) e’:

UM TARE TUTARE TURE SOHA

dove UM sta per il sanscrito OM e soha per svaha. Questo mantra con l’aggiunta di altre parole, si allunga in modo diverso a seconda che si voglia invocare la protezione della Tara Verde dalle catastrofi naturali, dai disastri causati dal fuoco, dall’acqua o dal vento, dai mali provocati dai demoni, dalle epidemie che colpiscono il bestiame, dalle malattie, dai furti e così via.

Sempre a partire dal mantra base della Tara Verde ce ne sono poi altri impiegati per chiedere che Tara aumenti la forza, conceda la prosperita’, assicuri una lunga vita ed esaudisca i desideri.

IL MANTRA DEI SEDICI NOMI

La formulazione completa del mantra, detto ‘dei sedici nomi’, e’:

HARE, RAMA. hare, rama. rama. rama. hare, hare, krishna, hare, krishna, krishna. krishna, hare hare.

Come si vede, e’ una sequenza di sedici parole, ma di queste solo due (Krishna e Rama) sono dei nomi divini. Hare e’ invece una formula di saluto e insieme di benedizione e di lode. L’obiettivo della recitazione e’ quello di non disperdere l’energia della mene verso l’esterno, sulla fallacia materiale, perch‚ possa pienamente agire come energia interiore concentrata nel devoto servizio (bhakti) a Krishna.

ALLA POTENZA PRIMORDIALE

Con sfumatura diverse che sarebbe qui troppo complesso chiarire, e’ ricorrente nella giornata dell’induista praticante l’atto di devozione al principio femminile del divino. Sotto l’apparenza di un politeismo che alla nostra cultura puo’ sembrare esasperato, c’e’ nell’induismo una base filosofico teologica monistica: Devi, che significa semplicemente la dea, e’ l’energia attiva che origina tutte le forze e tutte le forme e traduce dalla potenza all’atto il principio divino maschile. Pertanto, se con il nome stesso di Devi, di Kali, di Parvati e così via, e’ la destinataria della devozione popolare e’ il suo significato profondo che il fedele adora. Chiudiamo con la traduzione di una preghiera mantrica che potremmo definire evocativa:

O regina delle dee, tu sei raggiungibile attraverso la devozione (bhakti).

Fermati qui, con tutto il tuo seguito, mentre io ti venero.

O Adya Devi Kalika, vieni con tutto il tuo seguito, poniti qui. Accetta il mio culto.

ANG, HRING, KRONG, SHRING, SVAHA: siano qui le cinque arie vitali (prana, Apan, Samana, Udana e Vyana) di questa Devi Kali. ANG, HRING, KRONG, SHRING, SVAHA. Il suo Jiva e’ qui, ANG, HRING, KRONG, SHRING, SVAHA, tutti i sensi; ANG, HRING, KRONG, SHRING, SVAHA. Linguaggio, mente, vista, olfatto, udito, tatto e le arie vitali dell’Adya Kali Devata vengano qui e vi rimangano per sempre SVAHA.

 

IL VALORE SUPREMO DELLA COMPASSIONE

Come si e’ accennato parlando del Buddhismo, il tema della compassione e’ centrale nella dottrina Mahayana. L’immensa forza della compassione, per tutti potenzialmente e imparzialmente disponibile e’ correlata al bodhisattva Avalokiteshvara, che la pieta’ popolare intende come un essere celeste e i piu’ esperti della dottrina considerano invece come la forma di una creazione mentale altrimenti non esprimibile. Da una parte e dall’altra, comunque, c’e’ unanime fiducia nell’estrema efficacia del mantra:

OM MANI PADME HUM

che e’ il mantra, appunto del Supremamente Misericordioso Bodhisattva Avalokiteshvara.

Semplicemente noto come Mani, e’ ritenuto tanto piu’ potente quanto piu’ la mente di chi lo recita riesce progressivamente ad aprirsi all’amore per tutti gli esseri senzienti, fino ai piu’ ripugnanti come gli insetti nocivi, o ai piu’ terrifici, come i demoni e gli spettri.

Di OM il significato ci e’ ormai noto. Mani Padme indica la gemma nel fiore di loto, ovvero la saggezza essenziale contenuta nella dottrina del Buddha, la mente nelle menti, il Buddha che e’ nel cuore di ciascuno. HUM infine e’ l’imperituro nell’effimero, e percio’ il tramite dell’unione con OM.

IL MANTRA DELLE ACQUE PLACIDE

Leggera variazione del mantra precedente permette di eliminare ogni tipo di stress fisico, mentale e spirituale raggiungendo uno stato simile a quelle di delle acque placide. Il mantra in questione si recita come:

OM MANI PADME HUM, OM HA HUNG.

SIVA MANTRA

Mantra dedicato alla divinata’ Siva come distruttore di tutti gli ostacoli, che vi protegge da ogni pericolo, il potere di questo mantra e’ tanto forte da poter bloccare perennemente i poteri delle medium se risultano essere un pericolo per chi recita il mantra:

OM NAMAH SIYAGA.

All’inizio molte persone avvertono un bisogno di protezione e il Siva Mantra puo’ essere una risposta a questo impulso iniziale.

Siva e’ l’aspetto del Divino che i rishi hanno riconosciuto come il creatore, il Sakta, il Signore della Kundalini e dell’Hatha Yoga, pratiche molto coinvolgenti che richiedono una disciplina molto dura.

IL MANTRA ONNIPOTENTE

Esistente un mantra considerato per tradizione onnipotente e utile in ogni situazione, se lo chi lo usa lo pratica con fiducia e cuore puro puo’ calmare le tempeste e camminare sulle acque mentre recita il mantra:

KUDU-KUDU.

MANTRA DI KRISHNA O VISHNU

Questo mantra simboleggia il lato maschile della creazione divina, esso e’ in grado di proteggervi da ogni cosa, poiche’ cantandolo si invoca l’aspetto del Signore Vishnu, il protettore. Recitando il mantra:

OM KRISHNA GURU, HARI OM

si protetti da ogni male fisico o mentale.

MANTRA DELLA MADRE DIVINA

Mantra che permette di congiungersi con il lato femminile della creazione, questo mantra e’ indicato soprattutto per le donne perche’ rende fertili e protegge le donne gravide dai problemi, inoltre permette di esplorare a pieno il proprio lato femminile. Gli uomini invece recitando il mantra:

OM TARA

comprendono meglio le donne e diventano piu’ sensibili, ma, soprattutto completano la loro comunione con l’energia creativa dell’universo.

L’AVE MARIA

Pur non essendo proprio un mantra la continua ripetizione nelle preghiere, nei canti corali e nelle orazioni avvenute per secoli ha reso questa frase ricca di energia con caratteristiche quasi identiche a quelle del mantra della madre divina.

 

DAIMOKU MANTRA

Mantra buddhista legata alla scuola del fiore di loto, recitando il mantra:

NAM, NYOHO RENGE KYO

si possono avere piccoli vantaggi materiali come cessazione dei mal di testa, non pagare una multa, ecc.

 

APPENDICE B

I GURU E I LORO DISCEPOLI

UN VERO GURU

Queste sono le caratteristiche di un vero Guru: ha la completa conoscenza dell’Io e dei Veda, sa rimuovere i dubbi degli aspiranti, ha una visione equanime delle cose e una mente equilibrata. E’ libero da egoismo, ira, lussuria, avidita’ e dall’orgoglio. Alla sua presenza una persona ottiene Santi e l’elevazione della mente.

Un maestro spirituale non dovrebbe mai creare una sua setta, in quanto fondare una setta significa creare un centro ispiratore di lotta che disturba la pace del mondo... Un insegnante puo’ fondare una scuola che diffonda ampi principi universali e dottrine che non entrano in conflitto con i principi di altri e che possono essere universalmente accettati e seguiti da tutti. Il Guru e i suoi discepoli dovrebbero vivere insieme cosi’ lui potra’ mettere a nudo i difetti dei suoi allievi e aiutarli a perfezionarsi, gli allievi dovranno sempre stare attenti agli insegnamenti del loro maestro e se lui esprime un concetto che con non concordano non devono farlo proprio. Il loro rapporto deve essere come quello di un padre con figlio.

GURU E INIZIAZIONE

E" meglio se si riesce a ricevere il Mantra dal proprio Guru, in quanto migliore e’ l’effetto sul discepolo. Il maestro impartisce il suo Shakti insieme al Mantra. Se non si riesce a trovare un Guru, si puo’ scegliere un Mantra a seconda dei propri gusti e delle proprie esigenze e ripeterlo quotidianamente con il pensiero, con Shraddha e Bhava. Anche in questo modo si persegue la purificazione e si ottiene la realizzazione di Dio. Non e’ necessario che il metodo dell’iniziazione.... sia lo stesso per ogni devoto. A seconda delle esigenze dell’aspirante il Signore predisporra’ per lui una guida adatta al temperamento del Sadhak.

Iniziazione, ispirazione e conseguimento del sapere dipendono dagli sforzi personali dell’aspirante e dalla sua serieta’ La grazia del Signore discende su di lui a tempo debito quando la sua lotta continua e paziente per la realizzazione non e’ piu’ necessaria.

Alcuni, come Yogi Milarepa, devono servire duramente il loro maestro per un lungo periodo di tempo, mentre altri ottengono immediatamente l’iniziazione. Questo dipende dal Sadhana spirituale e dall’evoluzione del Sadhak. Lo Yogi Milarepa ha dovuto affrontare una serie di difficolta’ quando era al servizio del suo Guru, ha dovuto compiere atti sovrumani di eroismo e di coraggio prima di essere iniziato. Saggi e rishi antichi hanno sottoposto i loro discepoli a severe prove prima di concedere loro la propria fiducia. Intuitivamente sapevano se uno studente era adatto all’iniziazione. Ai neofiti veniva affidato il compito di custodire le vacche, di procurare nella foresta combustibile per l’Ashram, di lavare gli abiti del Guru e di svolgere altre faccende che possono apparire molto umili agli occhi dei moderni Sadhaka. Lo scopo e’ insegnarli l’umilta’ preparandoli al futuro, non e’ necessario pero’ sempre vivere con un Guru alle volte basta avere a disposizione tutti i suoi testi e una sua foto per usarlo come punto di riferimento.

SEI DAVVERO QUALIFICATO?

L’aspirante deve avere fede e devozione nel Guru e nel Signore... intenso desiderio e serenita’ conducono a una vita appagante, insieme al possesso delle tre virtu’ fondamentali, Ahimsa, Satyam e Brahmacharya... cioe’ essere gentili, umili e nobili.

L’aspirante deve osservare moderazione in tutto e condurre une’ esistenza ben regolata e disciplinata di assoluto celibato e di autocontrollo... disciplinare i sensi, possedere un cuore pieno di amore, mai ferire i sentimenti degli altri, mai essere geloso.

L’aspirante non ha il diritto di paragonare i propri privilegi a quelli degli altri; se una cosa gli viene rifiutata non deve aspirare nuovamente ad essa, perche’ senza lo spirito altruistico di servizio e di negazione di se’ progredire e’ molto difficile.

Il Sadhak deve parlare con gentilezza, dolcezza e sincerita’... deve essere sempre allegro, attento, vigile e diligente.

Deve possedere adattabilit., coraggio, misericordia, generosita’, tolleranza, pazienza, perseveranza e giudizio; dovrebbe essere capace di tollerare insulti e offese, essere equanime, forte e propenso a perdonare. Le sue parole devono essere in armonia con i suoi pensieri, le sue azioni coerenti con le sue parole.

Neppure per un solo giorno deve astenersi dall’introspezione e dall’autoanalisi.

Deve attenersi al proprio ideale e dovrebbe essere sempre consapevole della propria meta.

Non deve mai disperare, ma essere sempre pieno di speranza e persistere nella pratica.

Perfino nello studio delle scienze secolari e delle cose mondane si ha bisogno di un insegnante perche’ non e’ possibile comprendere le scienze, la matematica, l’algebra, la geometria senza l’aiuto di un maestro... Non e’ dunque ancor piu’ necessario avere un Guru nelle questioni trascendenti, quando l’aspirante deve procedere lungo l’impervio e spinoso sentiero dello spirito? La Grazia del Guru e’ la sola cosa che puo’ sostenere lungo tale pericoloso sentiero, che e’ affilato come la lama di un rasoio.

Perfino Sri Sankara, il Signore Krishna, il Signore Rama, Sri Ramanuja ed Ekanath hanno avuto il loro Guru.

SIDDHI

Siddhi e’ la perfezione e un Siddha e’ una persona che ha raggiunto la perfezione o l’Autorealizzazione tramite il Sadhana. Letteralmente Siddhi significa successo, conseguimento, realizzazione e risultato di ogni tipo. Una persona puo’ arrivare al Siddhi nell’esprimersi, nel Mantra, nello yoga e così via, ma il piu’ grande fra tutti i Siddhi e’ la liberazione, o Moksha, la liberazione dal ciclo di nascita e morte e l’unione con Para Brahma, o Essere Supremo.

L’aspirante non dovrebbe perseguire i Siddhi perche’ così facendo potrebbe usare male i suoi poteri; dovrebbe invece ignorarli in quanto ostacoli sul sentiero spirituale.

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