IL SITO DEL MISTERO



Tratto dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 17 agosto 1999

MAGIE DI PUGLIA. Il loro significato è stato studiato da un esperto.

Antichi e misteriosi segni sui coni dei "nostri" trulli.

di Vittorio Stagnani

Se visitando la Valle d’Itria o le pietrefitte del Salento, se pensate che alcuni segni o posizioni orientate verso il sole, siano del tutto casuali, siete in errore perché dietro quei simbolo si nasconde molto di più:la magia. Perciò nessuna sorpresa se per certi influssi astrali, avrete un qualche senso di smarrimento o di "affascino".

L’origine dei "menhir, dei dolmen, delle specchie e dei trulli è antichissima. La preistoria (età del bronzo: 3000-2000 anni a.C.) è l’epoca più probabile e furono le invasioni di tanti popoli indoeuropei: tribù di pelagici, teutoni, latini, slavonici, baltici, japigi, messapi e persino di celti avvicendatisi nell’Italia meridionale, provenendo alcuni anche dall’Ellade, a lasciare i segni della loro presenza con templi, case di pietra e persino nei dialetti. Per esempio i celti, tanto cari a Umberto Bossi, tentarono uno sbarco sulle nostre coste, il grosso fu respinto e si riversò nell’Europa occidentale e settentrionale, mentre solo una piccola schiera riuscì a invadere parte del Salento e della Murgia. Proprio nel dialetto alberobellese c’è un mosaico di idiomo: oltre al greco, al latino, al longobardo, allo spagnolo e al francese, tante sono le parole, di origine celtica, scriveva Giuseppe Notarnicola, uno dei massimi studiosi dei trulli e di storie pugliese. Tribù di celti, come di altre popolazioni orientali, vissero nelle grotte carsiche e nelle foreste che una volta coprivano la Puglia. Quelle popolazioni lasciarono anche un substrato di convinzioni religiose, trascendentali e magiche che ancor oggi fanno parte del patrimonio culturale e tradizionale delle genti di Valle d’Itria. Per esempio i menhir, i dolmen e le specchie erano sepolcri o templi consacrati al sole, divinità in adorazione del quale l’uomo primigenio si rivolgeva con culti beltici o della "pietra azzurra o livida" perché caduta dal cielo e ritenuta figlia del sole e delle stelle perché sfregava e faceva scintille.

Sono, però, i simboli sui coni dei trulli sono quelli che più affascinano, proprio per il mistero e la magia che li avvolge. I pinnacoli i segni tracciati con la calce sul tetto: spirali, svastiche messapiche, mezze lune,croci, cuori trafitti, i segni dello zodiaco, profili satanici, sono altrettanti simboli pagani o cristiani, propiziatori, ermetici, salvifici, astrologi, tutti con una forte carica trascendentale.

Per tentare di capire il trascendentale dei simboli ricorriamo a Giuseppe Notarnicola che in "I trulli di Alberobello" (Edizioni Levante hanno ristampato la prima edizione del 40), distinse l’arte atavica manifestata sul cono dei trulli in primitiva, pagana e magica. I pinnacoli che siano a palla, a disco, a piramide o a tetraedro, sono tutti un omaggio al sole e al suo culto. Se doveste vedere, invece, grovigli di linee rette, di curve, di circoli, di triangoli per lo più in numero di tre o di sette, ebbene avete posato lo sguardo su emblemi che probabilmente si rifacevano al culto di Zoroastro. E se invece la vostra speculazione vi ha fatto notare sui coni dei trulli di campagna - purtroppo alcuni già ridotti a ruderi - simboli di animali, allora avete scoperto il lato più pagano. Infatti il gallo, il cavallo, il bue, la serpe, l’aquila sono nell’inconscio, atavici talismani, amuleti contro il male. Così come le tante croci, i monogrammi, le sigle mariane, l’alfa e l’omega, i cuori trafitti, il Calice Eucaristico, le iniziali dei santi patroni sono "il desiderio di apporre i simboli religiosi cristiani, onde invocare la tutela del Cielo, la pace e l’immunità da ogni male".

I segni astrologi, zodiacali e planetari che gli antichi orientali tracciavano sulle case per le loro forti funzioni magiche, "perché l’uomo potesse agire sulla natura per mezzo delle forme", sono evidentemente gli stessi che ancora spiccano su alcuni trulli della Valle Itria, la cui magia è "nell’ameno paesaggio dolcemente ondulato, circoscritto dal sorriso del cielo e dalla silente campagna, gli acuminati trulli, protesi verso il cielo, lontani dal turbine cittadino… chiusi nelle secolari memorie; mentre con i pinnacoli e coi simboli parlano un millenario linguaggio ieratico e misterioso".



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