Tratto da Avvenire di sabato 14 giugno 2003
RELIGIONI
Pubblicati i testi fondanti della gnosi dualistica che contò milioni di adepti
Il lungo fascino di Mani, dai catari a noi
Di Gianfranco Ravasi
C'è stata persino una biografia romanzata di un giornalista-scrittore libanese, Amin Maalouf, Giardini di luce (Corbaccio 1993); ci sono ancor oggi, anche in Italia, "chiese" gnostiche che rimandano alla sua dottrina; c'è persino un termine del linguaggio comune, "manicheo", a dimostrare il fascino che esercita Mani, personaggio storico e leggendario al tempo stesso. Nato da genitori iranici nel 216 in una località della Babilonia settentrionale (nell'attuale Irak), beneficiario di rivelazioni che lo indussero a considerarsi successore di personaggi biblici come Seth, Enosh, Enok, Sem, dello stesso Cristo ma anche di Buddha e Zarathustra, convinto di essere per certi versi il Paraclito annunziato da Cristo, Mani propose una religione di impronta sincretistica che miscelava in modo originale ma anche molto complesso dottrine cristiane, misteriche, gnostiche, buddhiste, zoroastriane. Il tutto segnato da una gnosi dualistica radicale: due principi, la luce, sorgente di sapienza, le tenebre, fonti di insipienza, governano dialetticamente la storia scandendone le fasi ritmate su un passato di separazione tra esse, su un presente di "con-fusione", nell'attesa della futura totale e definitiva distinzione. Alla speculazione teologica si era associata anche la costituzione di una vera e propria struttura ecclesiale che, inizialmente favorita dalla corte persiana, si ramificò prodigiosamente attraverso le grandi strade di comunicazione raggiungendo l'Egitto, la Siria, la Dalmazia, l'Arabia e persino la Gallia, la Spagna e la Cina. Proprio per questa diffusione così variegata, la documentazione, venuta alla luce soprattutto nel '900, richiede un ventaglio raffinato di competenze. È, così, che dobbiamo salutare con favore il primo volume di un trittico che la Fondazione Valla, sotto la guida di quel grande maestro della storia religiosa dell'Oriente asiatico che è il professor Gherardo Gnoli della Sapienza di Roma, coadiuvato da una pattuglia di specialisti in copto, iranico, turco uiguro, sogdiano, arabo e cinese, presenta come una mensa particolarmente gustosa, intrisa delle spezie di culture per noi esotiche e di dottrine, simboli, figure e tesi spesso simili a caleidoscopi. Alla "Vita" di Mani, opera compilatoria anonima a noi giunta su un papiro greco scoperto in Egitto, si associano in questo primo tomo la sequenza preziosa dei sette testi copti venuti alla luce a Madinat Madi, e quelli recentemente scoperti nell'oasi di Dahlah in Alto Egitto. Seguono gli scritti iranici (5000 frammenti rinvenuti nell'oasi di Turfan nel Turkestan cinese), quelli uiguri della Mongolia (la celebre iscrizione trilingue di Karabalgasun), i testi della vivace comunità manichea di Cina che perdurò almeno fino al '300 con milioni di adepti e, infine, la documentazione della presenza manichea nella letteratura araba. Si tratta di un orizzonte affascinante che un'antologia curata da A. Magris ci aveva fatto già intuire nel 2000 (Morcelliana), ma che ora si dispiega in tutta la sua sontuosa opulenza teorica, nella sua struttura gerarchica ecclesiale e nella sua forza propulsiva missionaria. Non bisogna dimenticare, infatti, che lo stesso sant'Agostino, a partire dai 19 anni, si trovò per un decennio coinvolto in questo movimento che, tra l'altro, riuscì a fargli ottenere la cattedra di retorica a Milano. Ma, come narrano le "Confessioni", fu proprio allora che iniziò quel distacco approdato poi a una serrata polemica: basti leggere del grande Padre della Chiesa il saggio "De utilitate credendi", indirizzato all'amico Onorato perché abbandonasse il Manicheismo. La tragica contaminazione tra bene e male, di cui siamo testimoni nell'evo presente, la fervida speranza di una netta discriminazione escatologica, riedizione dello stato protologico, l'esoterismo oracolare di certe dottrine ma anche la sofisticata acutezza di alcune intuizioni o la nitida chiarezza di altre affermazioni non potevano che solleticare molte correnti spiritualistiche (si pensi ai Catari). Caduto in disgrazia presso la corte persiana, dopo una serie di vicende tormentate e gloriose, osteggiato dal clero zoroastriano, Mani fu arrestato e visse una sua "passione" di 26 giorni, fatta di torture e destinata ad approdare al martirio a cui furono votati anche i suoi seguaci, mentre gli scritti sacri della comunità venivano arsi (è per questo che, prima delle scoperte del secolo scorso, bisognava ricorrere alle fonti indirette degli autori cristiani o musulmani, che erano però di taglio polemico). Era l'anno 227; ma da allora per secoli la fiaccola di questa religione fu tenuta alta dai discepoli e ora, con questo evento editoriale significativo, è possibile riaccenderla per comprenderla nella sua identità intima, senza stereotipi critici o ingenue mitizzazioni.
Il Manicheismo
Mani e il manicheismo
Fondazione Valla - Mondadori
Pagine 414. Euro 27
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