IL SITO DEL MISTERO

Tratto da Piemonte Parchi


ANTROPOLOGIA - Il diavolo, gli eretici e i lupi

Di Massimo Centini

Su questo filone va inserita anche la tradizione dei Berserker, in cui gran parte dei rituali di origine germanica tipici dell’ideologia di molti popoli indoeuropei erano accomunati attraverso il simbolismo del travestimento con pelli di animale (orso e lupo). Nella mitologia e nelle narrazioni che si riferiscono alle trasformazioni che si riferiscono alle trasformazioni di uomini in animale, vestire la pelle dell’animale equivale spesso a provocare la trasformazione. Da qui deriva l’ipotesi, in alcuni casi valida, secondo la quale i miti di metamorfosi potrebbero essere stati originati da alcune interpretazioni di comportamenti rituali e culturali (soprattutto di cacciatori e di pastori), nel corso dei quali gli operatori, vestendo pelli di animali, vengono identificati con gli animali medesimi. Per ricordare alcuni esempi, secondo Bonifacio di Magonza (VIII secolo a.C.), i Germani realizzavano la trasformazione in lupo quando vestivano pelli di lupo, o una cintura di pelle umana. Così nell’antica tradizione latina, gli Hirpi Sorani, probabilmente sacerdoti del monte Soratte, appaiono come lupi del Soratte, in rapporto ad una leggenda secondo la quale assunsero pelli e modi di lupi per liberare il loro paese dai miasmi che vi erano restati dopo che branchi di lupi avevano assalito gli altari sacrificali di Dis Pater (il re dei morti) e ne avevano sottratto brani di carne. In Cina, nel rituale di espulsione annuale (no) dei demoni, gli esorcizzatori (fang-siang shi) erano mascherati con pelli di orso e celebravano una danza degli orsi per atterrire gli spettri. Uno tra i poteri attribuiti a questi operatori rituali e agli stregoni in genere è la capacità di trasformarsi negli animali dei quali vestono la pelle. Vestendosi con la pelle rituale, si determinava in sostanza un cambiamento radicale del comportamento, che autorizzatagli adepti a vivere secondo regole del tutto in antitesi con quelle del gruppo civile. La pelle indossata era così un modo per trasformarsi in fiera, per acquistare, in virtù delle potenzialità magiche, l’energia bestiale dell’animale incarnato. Le caratteristiche principali dei Berserker, quelle che almeno traspaiono con maggiore nitidezza dalle fonti, erano la certezza di essersi trasformati in animale, l’esaltazione, spesso l’estasi, sempre un efferata violenza.

Inoltre, la trasformazione simbolica in lupo aveva un ruolo importante anche nei riti iniziatici di alcuni gruppi indigeni nord americani, in cui la mutazione, inserita all’interno di un iter definito, dava un senso alle regole tribali della società e nello stesso tempo contribuiva alla ricerca di un identità dell’iniziando.

L’ingresso tra i Berserker era effettuato attraverso un rito iniziatico che prevedeva tutta una serie di prove sostanzialmente belliche e militari. Da Tacito sappiamo che tra i Chatti chi era in procinto di entrare a far parte del gruppo dei guerrieri-belva aveva l’obbligo di non radersi la barba e i capelli prima di aver ucciso un nemico. Tra i Taifali l’iniziando doveva cacciare un cinghiale oppure un orso; per gli Heruli il futuro guerriero doveva lottare in un combattimento però senza armi. Attraverso queste prove l’aspirante Berserker avrebbe avuto la possibilità di trasformarsi in una fiera. In pratica, assumeva le caratteristiche del superuomo nel quale si erano però anche incarnate le potenzialità simboliche dei carnivori che aveva combattuto ed ucciso. La tradizione nordica venne assorbita in altre aree, diffondendosi tra popolazioni guerriere e cacciatrici dove ebbe modo di trovare un oggettiva risonanza culturale e simbolica. Il caso dei Daci, chiamati lupi, è forse l’esempio più vivido, che ci permette di scorgere le tracce evidenti della penetrazione del mito nelle leggende sull’origine di un etnia:"La derivazione della denominazione etnica dal nome di un animale ha sempre un significato religioso e non si può comprendere questo legame se non riducendolo a concezioni religiose molto antiche. Nel caso dei Daci si possono avanzare numerose ipotesi. Si può supporre, in primo luogo, che questo popolo tragga il suo nome da un dio o da un mitico antenato licantropo, che si manifestò sotto sembianze di lupo. E in effetti in Asia era diffuso, con numerose varianti, il mito dell’unione carnale fra lupo soprannaturale e una principessa e da tale unione poteva avere origine sia un popolo o una dinastia".

Il forte impulso dato al mito della licantropia dalla tradizione nordica è però secondario rispetto all’articolato panorama greco-latino che, partendo dalla vicenda di Licaone, giunge fino ai sacrifici umani e ai culti in onore di Zeus, praticati sul monte Liceo: qui le vittime erano mangiate dai partecipanti che, a loro volta, per un effetto dell’antropofagia, potevano trasformarsi in lupi. Il riferimento simbolico è ben chiaro, e può essere inteso come una sorta di demonizzazione atta a porre in una particolare luce certe pratiche rituali. Potrebbe quindi esistere, alle radici della licantropia, un antico legame con i universo dei rito delle pratiche iniziatiche. Nelle fonti sulla stregoneria non mancano concreti - anche se non molto diffusi - riferimenti alla licantropia: inoltre, va chiarito che anche la posizione radicale del Malleus maleficarum sottolineava che le violente azioni dei lupi non erano solo opera del diavolo, ma andavano isolati i casi naturali da quelli prodigiosi e magici. In pratica, sembrerebbe che gli autori dei "Martello delle streghe", fossero consapevoli che il sostrato mitico caratterizzante il lupo, così diffuso nell’immaginario popolare, conducesse verso false piste, rinvenendo i propri modelli nei folklore: "Ci si pone ora la domanda sui lupi che talvolta rapiscono gli uomini e i bambini delle case e li divorano dileguandosi con grande astuzia, cosicché non c’è artificio e potenza che valga a colpirli o a catturarli. Bisogna dire che talvolta questo fenomeno ha una causa naturale e talvolta è causato dall’arte dei prodigi, quando capita ad opera delle streghe (...). Quanto alla questione se essi siano veri lupi o diavoli che assumono tale forma, diremo che sono veri lupi, ma ossessi o posseduti dai diavoli".

Pertanto, al di là di tante suggestioni e facili demonizzazioni alimentate dal mito della metamorfosi, la licantropia nella stregoneria svolse un ruolo secondario, in cui sembrerebbero presenti connessioni con il sostrato folklorico: "Essi (i lupi mannari, n.d.a.) sono, a quanto pare, lupi che mangiano uomini e bambini, e questo accade per sette motivi: fame, selvatichezza, vecchiaia, esperienza, pazzia, il diavolo e Dio (...)". Secondo il sesto punto, il danno proviene dal diavolo che si trasforma ed assume la forma di un lupo. Così scrive Vicentius nel suo Speculum Historiae. Lui ha tratto la notizia dalla Guerra Punica di Valerio Massimo. Quando i romani combattevano contro gli uomini dell’Africa, mentre il capitano dormiva, venne un lupo, sguainò la sua spada e la portò via. Quello era il Diavolo sotto sembianze di lupo. Secondo il settimo punto, l’offesa viene a volte per ordine di Dio. Infatti, Dio a volte punisce alcune terre e villaggi con i lupi.

Ecco cosa leggiamo di Eliseo. Siccome voleva salire su di una montagna, fuori Gerico, alcuni ragazzi impertinenti lo derisero e dissero: O testa calva, avanti sali! Sapete cosa accadde? egli li maledisse. Quindi uscirono due orsi dal deserto e fecero scempio di circa quarantadue bambini. Quello era un comando di Dio".

Il Wier, nella sua accesa rilettura del fenomeno della stregoneria, osservava "Se davvero, in Livonia o altre regioni limitrofe, sono stati visti lupi famelici vaganti che si crede siano streghe (in Germania li si chiama col nome di Werwolf) essi sono certamente niente altro che veri lupi, ma il demonio li fa agitare per produrre tragici effetti: egli sfrutta il loro vagare e la loro azione predatoria allo scopo di riempire ed alterare l’immaginazione di certi uomini i quali impazziscono nella forma della licantropia, cioè si convincono ed affermano di aver compiuto opere di lupi".

Dalla descrizione stessa di questo morbo, la licantropia, è evidente a chiunque sia appena in grado di ragionare che non è difficile al demonio trarre alla follia un essere umano, stimolandone gli spiriti idonei, quando si tratti di persone il cui cervello viene spesso invaso dai vapori della bile nera; ed esiste un tipo di uomini proclivi in tal senso alla fascinazione e alla follia".

Si dice che il giudice Henry Bougeut (1569-1610) condannò a morte circa seicento tra streghe e stregoni riconosciuti licantropi. Si tratta però di un dato che non è stato verificato, forse si potrebbe razionalmente ipotizzare che la licantropia fu una tra le accuse rivolte agli inquisiti, anche senza un oggettiva testimonianza in questo senso.

In questo senso, la licantropia può essere considerata come un espressione tendente a porre in rilievo con maggiore enfasi il messaggio simbolico della metamorfosi, sovrapponendosi a tendenze rituali e mitologie ben assestate nell’immaginario popolare.

L’ampia parentesi mitica caratterizzante la licantropia non ha allentato l’interesse degli scienziati che, pur osservando il fenomeno con la dovuta distanza, non escludono

influenze con la sfera psicotica. La moderna psichiatria riconosce alcune forme di

paranoia zooantropica, determinate da disagi psichici e non dall’azione malvagia del diavolo. Ma la credenza è dura a morire. In una raccolta sul folklore francese il Sébillot osservava: "Nel medioevo, le foreste erano il ritrovo favorito dei lupi mannari. La stessa credenza sussisteva ancora nel XVII secolo (...). Verso la metà del secolo scorso, si diceva nel Borbonese che i lupi mannari perdevano la loro forma umana a mezzanotte, guidavano attraverso le campagne dei branchi di lupi e li facevano danzare attorno ad un grande fuoco. S’incontra dappertutto la storia di un uomo che, arrivato nel mezzo di questa assemblea urlante, viene scorto dal conduttore dei lupi, e costui lo fa accompagnare da due dei suoi cani, raccomandandogli di non cadere (...). È molto pericoloso, diceva uno scrittore normanno agli inizi del XIX secolo, essere cattivi con loro; sono dei maghi che non si fanno scrupoli di farsi seguire da lupi fedeli, ai quali danno da divorare le bestie dei loro nemici. Anche quando durante la notte un lupo qualunque ha fatto qualche normale razzia, la si attribuisce senza esitare ai capi dei lupi".

L’uomo lupo, famelico abitatore della notte e dei luoghi posti al di là della vita comunitaria, è rimasto incuneato tra storia e mito con il fardello di credenze e di superstizioni che ne hanno violentato l’originaria dimensione sacrale. Ma l’uomo, è fatale, quando ha necessità di demonizzare qualcosa o qualcuno, si ferma alle apparenze, alle soluzioni plateali, ai messaggi ambigui del simbolo, che finisse per dare ad ognuno la risposta che cerca.



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