tratto da "Margini" n. 21, gennaio 1998
René Guénon: il ritorno ai principi nel declino dell'Occidente
Note a: René Guénon, "Precisazioni necessarie", Il Cavallo alato
Massimo Pacilio
"Ritorno alla tradizione o
ritorno ai principi non è in realtà che una sola e medesima cosa. Ma bisogna
evidentemente cominciare col restaurare la conoscenza dei principi là dove essa
è andata perduta, prima di pensare ad applicarli. Non è possibile ricostruire
una civiltà tradizionale nel suo insieme se anzitutto non si posseggono i dati
primi e fondamentali che debbono presiederla." René Guénon viveva gi da alcuni
anni in Egitto, dove era conosciuto con il suo nome islamico di Abdel Wahed
Yahia, quando intraprese la sua collaborazione alla pagina speciale del
quotidiano "Il Regime Fascista". La citazione di apertura è contenuta in un
articolo del novembre '34 inviato dal Cairo per "Diorama". Un'affermazione che
condensa la vocazione di un'intera esistenza, e che contribuisce a comprendere
la funzione che il Maestro assolse in vita: dare chiarezza agli studi della
Tradizione e precisione di direzione a quanti si sentivano chiamati a
percorrerne i sentieri oramai nascosti.Il frutto della collaborazione con Evola
è rappresentato da una serie di articoli la cui pubblicazione in un'unica
raccolta, nonostante l'importanza dei contenuti, è relativamente recente
('Precisazioni necessarie', Padova, Il cavallo alato, 1988), pur essendo uno dei
testi la cui lettura è certamente propedeutica alla formazione di uno spirito
autenticamente tradizionale. La maggior parte degli scritti ha visto la luce tra
il '34 e il '35, altri sono successivi, ma non si allontanano dagli argomenti
che Guénon stesso aveva preliminarmente tracciato. In essi si espone, assumendo
il punto di vista della Tradizione, la critica della civiltà occidentale moderna
rilevandone gli elementi costitutivi ed offrendone un approfondimento, nel
limite del mezzo espositivo dell'articolo. Per illustrare la portata delle
superstizioni sulle quali la civiltà occidentale aveva poggiato le proprie basi,
e per chiarire alcuni elementi riguardanti le dottrine tradizionali, e sgombrare
il campo da quelle confusioni che intorno ad esse erano sorte, Guénon accetta la
collaborazione a "Diorama" richiestagli da Evola, offrendo cos" al lettore
italiano la possibilità di un confronto con un'interpretazione tra le meno
disponibili alle seduzioni del progresso e della democrazia.Alla base della
mentalità moderna, chiarisce Guénon, vi sono delle idee la cui natura dogmatica
appare fin troppo chiaramente appena le si analizzi un po' più
approfonditamente. Idee come quella di Progresso, di Civiltà, di Scienza, di
Libertà, vengono assunte e trasmesse senza discuterle. Circondate da un'aura di
intangibilità, esse sono diffuse grazie alla strategia della volgarizzazione e
dell'istruzione di massa, ipotizzando un'astratta eguaglianza degli esseri umani
ed impartendo loro le medesime nozioni, di l delle differenze specifiche di
ognuno. La portata distruttiva della mentalità moderna, che ha compiuto una
devastazione di quell'orizzonte di conoscenze e di valori tramandati in
Occidente fino al Medioevo, viene per accuratamente disinnescata quando la
stessa critica si applica alle superstizioni su cui la civiltà moderna si
regge.Si rende possibile, con la modernità, la realizzazione di un disegno
concretizzantesi nello smarrimento definitivo di qualsiasi legame con la
Tradizione, fino a giungere al punto di deformare le stesse manifestazioni
tradizionali, cos" da impedire, a coloro che si sentono indotti a seguirle, una
condizione di reale avvicinamento ad elementi di ordine trascendente. Questa
situazione, che col trascorrere del tempo assume una portata sempre maggiore,
investendo tutte le civiltà esistenti, richiede ancora più fortemente la
necessità di un chiarimento; diventa indispensabile, al punto in cui sono
arrivate le spinte antitradizionali, armarsi di quegli strumenti intellettuali
capaci di operare quella giusta discriminazione tra ci che appartiene alla sfera
della Tradizione e le deformazioni ingannevoli promananti
dall'anti-tradizione.L'elemento che contraddistingue il periodo finale della
crisi dell'Occidente moderno, secondo Guénon, è senza dubbio il prevalere delle
concezioni individualistiche. Alla base delle idee su cui la civiltà moderna si
fonda è possibile riscontrare un denominatore comune, rappresentato dalla
negazione di tutto ci che è superindividuale. La prima forma di negazione
riguarda la conoscenza stessa, che viene privata della possibilità di attingere
la verità nel momento stesso in cui si respinge l'esistenza di un'intuizione
intellettuale. Negando quest'ultima, infatti, si nega necessariamente l'intero
dominio della metafisica, che nella filosofia moderna finisce per assumere i
connotati di una teoria del tutto personale, frutto dell'immaginazione del
filosofo, il quale, afferma Guénon, per amore della fama può dare più valore
all'invenzione di un nuovo errore che alla ripetizione di una verità gi espressa
da altri. Il cosiddetto intellettuale moderno, infatti, ama la proliferazione di
teorie sempre nuove, e cos" tra le sue nozioni trovano posto le contraddizioni
più evidenti. Il filosofo, più di ogni altro, appare a Guénon come assorbito da
un'attività rivolta unicamente alla delineazione di una teoria originale, di un
insieme chiuso di ipotesi tese a spiegare in maniera assolutamente personale il
mondo e l'uomo, per legare il suo nome a questo nuovo "sistema". La riduzione
della sfera della conoscenza ad una questione di celebrità individuale e il
bisogno di originalità perseguita febbrilmente rappresentano due tra i segni di
un'agitazione mentale che diventa, col passare del tempo, sempre più facilmente
riscontrabile. Più ci si avvicina alla fine del ciclo storico dell'Occidente più
i tempi accelerano il loro corso. Una frenetica smania di cambiamento, di
innovazione, di abbandono del passato permea ogni attività dell'uomo moderno. La
conseguenza della perdita del riferimento superindividuale è nella dispersione
nel molteplice, che ne costituisce l'effetto ultimo. I contorni di
quest'orizzonte, su cui l'umanità si affaccia per la prima volta, sono
rappresentati dalla nascita di quelle scienze che, abbandonando finanche il
dominio quantitativo, si rivolgono alla psiche, liberando quelle forze infere
che la mentalità moderna, col suo materialismo, ha disconosciuto solo
temporaneamente. Dietro il cosiddetto "spirituale", scrive Guénon in un articolo
del '37, si celano forse gli ultimi pericoli di una forma di conoscenza che ha
rinnegato il sopra-razionale, i pericoli del rovesciamento della spiritualità
autentica. Se all'origine della civiltà moderna noi troviamo delle forme di
semplici negazioni, di cui l'individualismo rappresenta l'origine comune, al
termine della parabola involutiva di una tale civiltà si rivelano dei percorsi
gi contenuti implicitamente in quelle negazioni; in luogo della dichiarata
inesistenza di un'unica verità universale, elemento distintivo della fase
iniziale dello sviluppo delle scienze, ci avviamo verso il capovolgimento della
verità. Ad un mondo che si vantava di una irrimediabile chiusura nei confronti
della trascendenza viene cos" sostituito un mondo aperto esclusivamente alle
spinte procedenti dagli stati inferiori dell'essere. Eppure, un modello
interpretativo veramente profondo e completo, che ci consente di cogliere il
significato dei rivolgimenti cui assistiamo, proviene, secondo Guénon, proprio
dalle dottrine tradizionali, che descrivono i caratteri dell'età finale
dell'umanità in maniera sorprendentemente analoga a quelli specifici dell'epoca
moderna. L'Occidente sta attraversando la sua crisi finale, un'età di tenebre
dello spirito dove tutte le possibilità ancora inespresse nelle epoche che
conservavano dei legami con gli stati superiori dell'essere, prendono forma e
sostanza. Una civiltà in grado di rovesciare i tradizionali rapporti gerarchici
per sostituire alla primarietà dell'intelletto la centralità del subconscio,
alla conoscenza metafisica l'illusione di una pseudo-conoscenza dispersa nella
molteplicità instabile e indefinita, alla serenità dello spirito l'irrequieta
labilità di un perenne disordine mentale. Si comprende, allora, sempre alla luce
delle dottrine tradizionali, il senso di una discriminazione, quella tra gli
"eletti" e i "dannati", tra coloro che compiono quella strada verso la
reintegrazione nello stato originario e coloro che, affidando alla materia il
loro spirito, smarriscono se stessi, per diventare poi veicoli degli stati
inferiori dell'essere e diffondere nell'umano ci che appartiene al subumano,
agli inferi.Potrebbe risultare del tutto inutile, a questo punto, indurre a tali
riflessioni, chiarire la direzione di marcia da seguire per non smarrirsi nella
molteplicità della contingenza, ricollocare nei giusti rapporti la conoscenza
autentica dell'universale e quella transitoria e fallace del relativo, se alla
fine ci troviamo di fronte ad una necessità di ordine escatologico cui non è
possibile sottrarsi.Le parole di Guénon in proposito sono chiare: il libro che
si pone come fine quello di suscitare interesse verso il punto di vista
tradizionale, pur non potendosi sostituire ad una conoscenza di ordine
metafisico, rappresenta comunque un punto di appoggio per un lavoro interiore,
una via nel mondo capovolto del disordine mentale, per sviluppare le proprie
possibilità interiori e per poter quindi costituire quella élite in grado di
restaurare l'ordine di un nuovo ciclo quando quello attuale avrà raggiunto la
sua fine.
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