IL SITO DEL MISTERO



Tratto da "Il Giornale" del 26 NOVEMBRE 2001

FILALETE L'oscuro filoso dell'alchimia

Escono le opere complete dello studioso del '600. Il suo pseudonimo potrebbe nascondere lo scozzese Starkey o Winthrop Jr.

Eireneo Filalete è stato uno dei più discussi alchimisti del Seicento. Sulla sua vera identità si è creata, negli ultimi tre secoli, una ridda di ipotesi e congetture. Alcuni hanno voluto vedere dietro lo pseudonimo di Filalete (l'"amante della verità") lo scozzese George Starkey. Altri hanno creduto che il misterioso adepto fosse John Winthrop Jr., uomo politico, scienziato ed erudito delle Colonie britanniche in Arnerica e primo governatore del Connecticut. L'edizione completa dei testi di Filalete è oggi presentata per la prima volta dalle edizioni Mediterranee per la traduzione e la cura di Paolo Lucarelli (Eireneo Filalete, Opere, pagg. 160, lire 65mila, in libreria da domani). In anteprima pubblichiamo uno stralcio dell'introduzione di Paolo Lucarelli.

Molti adepti hanno voluto nascondere in vari modi la propria identità "profana". Alcuni hanno firmato i loro trattati col nome di illustri personaggi. Nascono così gli pseudo Lullo, gli pseudo Tommaso d'Aquino e via dicendo. Altri hanno preferito utilizzare uno pseudonimo, più o meno enigmatico. Tra questi certamente, in tempi moderni, Cosmopolita, Filalete e Fulcanelli sono i più noti.

La leggenda di Eireneo Filalete nasce intorno a due figure, la prima delle quali è un curioso personaggio dalle caratteristiche contraddittorie, e su cui si sono espressi giudizi molto contrastanti". George Stirk, o Starkey, come viene più spesso traslitterato, giunse a Londra nel novembre del 1650 dalle colonie inglesi. Era nato alle Bermude, figlio di un pastore scozzese che vi si era trasferito intorno al 1622, accompagnando il governatore John Bernard. Entrato nel 1639 nella neonata Università di Harvard, con una lettera di presentazione di John Wmthrop. Laureato, si dà alla pratica della medicina.

Nel 1650 decide di trasferirsi in Inghilterra, portando con sé, così sosterrà sempre, due depositi preziosissimi. Era una serie di manoscritti di un adepto che aveva concluso felicemente la Grande Opera, e una piccola scorta di Polvere di Proiezione con un certo quantitativo di Mercurio dei Filosofi con cui moltiplicarla. Con questo patrimonio non poteva che essere accolto a braccia aperte in circoli molto esclusivi, come infatti avvenne subito.

Influenzato dal movimento rosacruciano e dalle teorie di Paracelso. Si fondevano in lui doti di sognatore e,attitudini organizzative, oltre alla capacità non comune di costruire e mantenere una fitta rete di contatti e di corrispondenza che comprendeva quasi tutti gli intellettuali dell'epoca che unissero interessi scientifici ad altri, che potremmo definire "mistici". In questo suo attivismo era naturale che costruisse anche una vera e propria associazione, con lo scopo di riunire "uomini che desiderassero in una certa misura il bene della nazione, e la chiamò Societas Christiana, Macaria, Antilla".

I suoi più importanti associati furono Robert Boyle, Benjamin Worsley, John Beate, Robert Child, Frederick Clodius. Questi fu il primo di una serie di tedeschi interessati all'ermetismo, tra cui Frederick Kretshman, Peter Stahl, Johannes Fortitudo Flartprecht, Johann Sibertus Kuffelu, Albert Otto Faber, Johannes Brun. Tutti, senza eccezione, si interessavano di Alchimia, che ebbe in quel periodo la sua intima, grande, esplosione in Occidente. Nel seguito, la sua storia fu decadenza e degrado, in mano a pseudo occultisti, pseudo cabalisti, pseudo maghi e avventurieri che nel XVIII e XX secolo contribuirono non poco a gettare nel più profondo discredito l'antica Arte Sacerdotale.

Hartlib e i suoi amici accoglievano calorosamente i fuorusciti dal continente specialmente se si presentavano sostenendo di essere dotati di conoscenze ermetiche di arcani inconsueti. Si può quindi ben immaginare con quale entusiasmo fu ricevuto il giovane coloniale in possesso non solo di insegnamenti riservati ma anche di possibili "fatti" sperimentali.

In effetti già nell'aprfle del 1652 Dury raccontava di aver visto Starkey produrre oro e argento, mentre, d'altra parte, questi, sin dal suo arrivo, non fu parco di racconti suscettibili di eccitare la fantasia dei nuovi amici. In una lettera del 30 maggio 1652, per esempio, descriveva in dettaglio dei suoi contatti con l'adepto e descriveva i primi esperimenti di transmutazione. Racconta anche di avere visto e toccato la Pietra per fare l'oro: "Ho visto un tempo, e anche possedendo la pietra che produceva l'oro e quella per l'argento, dapprima essendo testimone oculare, poi ne fui effettivo possessore. Mi era stata data da un certo giovane amico (che aveva entrambi gli Elisir) ancora oggi in vista. Il cui nome (impegnato da un voto) ho deciso di celare per sempre".

Gli esperimenti proseguirono ma, durante la peste del 1665, Starkey morì. Questi, dunque, gli elementi essenziali della leggenda, in cui il vero interesse sta nei manoscritti consegnati a Starkey dal misterioso Adepto. Versione che, tuttavia, si complica quasi subito. Infatti nella prefazione al Midollo dalchimia, Starkey introduce un intermediario tra sé e l'adepto, un certo Eirenaeus Philoponus Philalethes. Sarebbe



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