IL SITO DEL MISTERO

Tratto da "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 12 agosto 2001

Resta ancora da scoprire il significato delle tombe tagliate nella roccia

L’Atlantide pugliese

Egnazia, un passato sepolto dall‘acqua

Dalle barche dei pescatori nelle giornate serene, è possibile veder biancheggiare le colonne dei templi ancora immerse nel mare

di Manlio Triggiani


I primi a parlarne, nel primo secolo avanti Cristo, furono Strabone e Orazio. Quest’ultimo, prendendo spunto da un viaggio sulla via Traiana (allora, nel primo secolo ancora chiamata via Minucia), da Roma a Brindisi, ne parlò con dovizia di particolari.

Egnazia, esattamente a metà fra la Terra di Bari e il Salento, è una località molto particolare e molto misteriosa. Qui possibile ammirare una civiltà che non c’è più e che nello stesso tempo ha lasciato ante strane testimonianze. Difficile trovare, infatti un luogo dove le rovine sono semisepolte nell’acqua, dove i bagnanti, per entrare nel mar Adriatico debbano calpestare tante tombe rettangolari, piene di incrostazioni marine, scavate nelle rocce e che molti turisti scambiano per "vasche". Quando c’è il riflusso della acque, è possibile ammirare meglio queste realtà che sono di per sé un mistero: non i stato mai chiarito come mai queste tombe erano tagliate nella roccia con precisione sorprendente. Non solo: i pescatori che passano lì davanti, nelle giornate serene quando l’acqua del mare è trasparente, addirittura possono veder biancheggiare le colonne dei templi ancora immerse nell’acqua. Orazio definì Egnazia, "sospesa su una rupe battuta dalle onde del mare". Ma Orazio visitò innanzitutto il tempio della ninfa Egnathia, sulla cui ara, una grande pietra rettangolare, si compiva il miracolo di ardere l’incenso senza utilizzare il fuoco.

Gli addetti al culto pare che accendessero, sulle pietre del tempio, perfino la legna. Una possibile spiegazione è nel fatto che forse si trattava di pietre porose collegate a una parte sottostante al suolo dove c’era fuoco acceso. In epoca medievale si credeva che fosse il diavolo in persona a far accendere il fuoco.

Altro mistero che avvolge Egnazia, sono sicuramente le origini della città e i suoi fondatori: ausoni? messapi? dauni? peuceti? japigi? Difficile dirlo. Strabone la descrive come una città grande per quei tempi, ricca, con belle donne e uomini forti. Prima dell’occupazione romana, ad Egnazia erano presenti molte associazioni esoteriche, che seguivano il culto orfico-dionisiaco ed eseguivano i riti nel tempio della Dea Madre. I romani dispersero i seguaci, e sciolsero queste scuole e uccisero i capi. Dopo poco, cominciò la decadenza di Egnazia e la sua fine: la malaria decimò gli abitanti, un maremoto semidistrusse la zona della costa e l’abbassamento del livello della costa fece scomparire sotto le acque buona parte della necropoli; il porto, coni suoi moli e templi vicini, sprofondò nelle acque. Basiliche e abitazioni, mosaici e affreschi sparirono. Tuttora, c’è un’antica credenza secondo la quale ogni primo agosto, all’alba, chi si reca in direzione delle coste di Egnazia in barca, dal mare, può avere una visione: Egnazia esattamente come era nell’antichità. C’è chi giura di averla vista e chi afferma che si tratta solo di una diceria locale tramandata da secoli.

Con i1 passar del tempo, il mare scoperchiò anche molte tombe e, nell’Ottocento, per i ragazzini era facile trovare in acqua, alla profondità di un metro importanti testimonianze dell’antica Egnazia. E proprio nell’Ottocento ci fu un fiorente mercato di pezzi archeologici dell’antichità trafugati e venduti, per pochi soldi, a signorotti locali e a mercanti senza scrupoli che li rivendevano all’estero. Pezzi pregevoli di Egnazia adornano, oggi, i maggiori musei europei e statunitensi. Del resto, senza la civiltà romana e italiana, i musei inglesi, francesi, Usa, tedeschi (proprio a Berlino è conservato uno splendido caduceo di Egnazia) avrebbero ben poco da esporre, anche per aver espresso molto meno rispetto all’Italia. Così, statue, monete, vasi pregiati adornano sale di varii musei.

Di certo, c’è da dire che dei templi di Minerva e Mercurio, di epoca romana, è rimasto ben poco, l’edicola votiva alla dea Madre è visibile ma è solo un frammento. Si tratta di una testimonianza del periodo in cui erano venerate le divinità orientali (c’è una iscrizione dedicatoria latina e strumenti musicali scolpiti sulle altre parti del basamento dell’edicola). La dedica, alla Magna Mater Cibele e alla dea Siria, dimostra la pratica di culti orientali.

Di particolare interesse anche le tombe, a camera, a fossa. Durante gli scavi per la realizzazione del museo, molte tombe furono distrutte. Una, di grande bellezza, fu inglobata nella parte sottostante il museo ed è detta "tomba delle melagrane" per i motivi decorativi. Si accede da due colossali porte in pietra a due battenti, precedute da un vestibolo, una volta a cielo aperto. All’interno la tomba è dipinta con motivi architettonici e vegetali carichi di simbolismo (il ramo di edera, le melagrane, che raffigurano i riti di passaggio, la morte, l’al di là) che rimanda a concezioni del mondo antico di Egnazia.



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