Tratto da Il Messaggero del 19.5.2003
Addio a Cattabiani, maestro delle tradizioni
di Giuseppe Saltini
Da tempo sapevamo che una malattia grave, incurabile, aveva
aggredito il fisico di Alfredo Cattabiani. E ieri questo studioso di storia
delle religioni, di simbolismo e di tradizioni popolari si è spento, anziano ma
non ancora vecchio, nella sua casa di Santa Marinella. Lo scrittore, nato a
Torino nel 1937, dopo il liceo si era iscritto alla Facoltà di Lettere e
Filosofia. Giunto alla tesi, da discutere con Luigi Firpo (su Joseph de
Maistre), si era poi trovato di fronte, nell'Università del capoluogo
piemontese, un giudice ostile: Norberto Bobbio. Ottenuta comunque la laurea,
aveva quindi conosciuto l'editore Carlo Felice Borla, contribuendo così, con
titoli e autori "da non perdere" (basti citare Mircea Eliade, Etienne Gilson,
Simone Weil, il lama tibetano Chögyam Trungua e il rabbino Abraham Joshua
Heschel) ad arricchire il catalogo di una casa editrice non conformista,
misconosciuta o derisa, all'epoca, dalla cultura (egemone) di sinistra.
A quel periodo risalgono anche gli esordi giornalistici di Cattabiani in veste
di accorto osservatore del costume, ovviamente nelle colonne di quotidiani e
periodici che si collocavano sul "fronte opposto", cioè a destra. Né si deve
dimenticare, a partire dagli anni Settanta, il ritorno dello studioso
all'attività di editor per la neonata Rusconi Libri, dove apparvero saggi
o romanzi di scrittori come J.R.R. Tolkien (Il signore degli anelli),
Cristina Campo (Il flauto e il tappeto), Guido Ceronetti (Difesa della
luna), Marius Schneider (Il significato della musica) e Pavel
Florenskij (La colonna e il fondamento della verità). In seguito, lungo
circa un trentennio, Cattabiani si dedicò a scrivere opere originali, in cui i
suoi interessi spirituali e la sua cultura religiosa si diluivano nei ritmi di
una scrittura priva di asprezze, trasparente o divulgativa. Si trattò di libri,
taluni anche piuttosto lunghi, in bilico tra il saggio erudito e l'antologia di
storie e leggende, tra la silloge di proverbi e lo zibaldone di pensieri, tra la
raccolta di miti e la rielaborazione di archetipi. Essi formarono una sorta di
work in progress concepito come serie o sequenza di anelli concatenati,
ciascuno dei quali era contrassegnato da un testo il cui carattere quasi
"enciclopedico" si rivelò sin dal titolo. Ogni volume parve ispirarsi a una
biblioteca di monaci. Ricordiamo, fra i più recenti, Erbario (Rusconi,
1985) Calendario (ibidem, 1988), Lunario (Mondadori, 1996),
Florario (Oscar, 1998) e Volario (Mondadori, 2000); tutti rivolti
a recuperare, nelle culture antiche sia occidentali che orientali, i valori
imperituri, i significati reconditi, le formule sapienziali.
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