Tratto da Il Giornale del 21.5.2003
Alfredo Cattabiani: la cultura di un indipendente
di Marcello Veneziani
Pochi si sono accorti nella società delle Belle lettere e
nelle Accademie del pensiero della scomparsa di Alfredo Cattabiani. Ma
pochissimi si erano accorti di lui, nel pur vasto clero degli Intellettuali,
mentre era in vita: non lo notavano, non ne parlavano, non lo invitavano nei
luoghi sacri in cui si barrica il consenso culturale del Paese. Potremmo
rifugiarci ipocritamente dietro il suo stile discreto e lieve, la sua indole
gentile che non amava la chiassosa evidenza e il rumore grossolano delle
polemiche. Ma non è così. Se la casta degli intellettuali ha ignorato Cattabiani
in vita e ora in morte non è a causa del suo appartato e vellutato vivere in
altri mondi e in altri tempi. Ma a causa del suo modo di essere e di
pensare.
Cosa non hanno perdonato ad Alfredo Cattabiani? Direi o tre
quattro cose. La prima è che Cattabiani smentiva l'archetipo del
tradizionalista, come è stato fabbricato in questi decenni: non era grezzo e
squadrista, fanatico e superstizioso, ma raffinato e delicato, un po' dandy
e orientale, tutt'altro che autoritario nei modi e nei pensieri. Smentiva il
luogo comune della rozzezza culturale della destra, in senso lato; perchè
Cattabiani era un impolitico e quell'etichetta ideologica l'ha subita più che
rivendicata. Cattabiani era persino torinese (con ascendente parmense) come
molti degli intellettuali neoilluministi che hanno detenuto il potere culturale
del nostro paese: era dunque una specie di rimedio omeopatico rispetto
all'egemonia gramsciano-gobettiana dell'ideologia piemontese o come la
definivano Del Noce e Noventa, della "scuola torinese".
La seconda è che Cattabiani più di trent'anni fa, aveva dato a quel mondo legato
alla tradizione, al conservatorismo, cattolico e no, una dignità culturale ricca
di riferimenti e di aperture. Era riuscito nell'ardua impresa di mettere insieme
scrittori e pensatori solitamente allergici ai sodalizi; un club di
intellettuali disorganici è un miracolo già in sé. Fu la sua direzione
editoriale di Borla e di Rusconi, oltre il suo ruolo di capo servizio culturale
del Settimanale, a far scoprire la vastità e la nobiltà di una cultura
tradizionale, conservatrice, a volte reazionaria, non solo italiana. Cattabiani
apriva gli orizzonti della cultura non conformista, non legata al pensiero
radical-progressista e marxista, scoprendo autori, filoni, tematiche che si sono
poi rivelati di sorprendente e lungimirante vitalità.
Cattabiani ha
messo al mondo in Italia quella sensibilità editoriale di cui si è poi
impossessata negli anni la casa editrice Adelphi; é stato lui il precursore, e
molti degli autori che hanno avuto successo con il marchio adelphian, erano
stati scoperti e valorizzati da lui. Evito gli elenchi perché li hanno giá fatti
gli altri. Ma Cattabiani riuscì a portare allo scoperto autori e sensibilità di
cui oggi si nutre larga parte della cultura alta e non solo. E questa
progenitura è stata rimossa, anche perché in Cattabiani l'apertura agli autori
"esoterici", antichi e recenti. Che diventarono poi pane dello spiritualismo
elitario dell'Adelphi era coniugata con un'attenzione verso la tradizione
cattolica e le radici cristiane. Cattabiani ci teneva a ricordare l'impronta
cattolica e cristiana per contrastare chi, da Pasolini in poi, accusava la sua
cultura di un profilo iniziatico, gnostico, quasi settario.
Neanche il
suo itinerario di autore tra i simboli e i mondi ulteriori rispetto a quello
storico e umano è stato riconosciuto nella sua integrità: Cattabiani ha calato
il senso della trascendenza nel mondo, mostrando i nessi sottili, invisibili ma
tenaci, che legano il cosmo in tutte le sue fibre. Cattabiani ha tirato fuori
dalla superstizione e dal feticismo, i legami dell'uomo con la terra, con
l'acqua, con gli animali, con il cielo, con gli astri; e al tempo stesso ha
composto un viaggio spirituale nella fede cristiana vissuta attraverso i santi e
le feste, i calendari e gli innesti nelle civiltà precristiane. Chi oggi accusa
di rozzezza e di incultura la destra in Italia, dovrebbe ricordarsi come fu
trattato Cattabiani, e con lui i suoi libri, le sue collane, i suoi autori, con
la richiesta esplicita di isolare lui e i suoi testi, come se fossero appestati:
un'odiosa egemonia culturale ha scoraggiato ogni tentativo di portare alla luce
una dignitosa cultura cattolica, conservatrice, legata alla dimensione
spirituale, metafisica e tradisionale: Era molto più facile l'alternativa tra
progressismo o barbarie, tra cultura impegnata a sinistra e rozzezza squadrista
o bigotta tra i cattolici o a destra. Chissà quanti articoli, quante lauree
honoris causa, quante cattedre e quanti premi avrebbe avuto Cattabiani se avesse
fatto parte dei club intellettuali dominanti. Se anziché Rusconi avesse fatto
parte dei club intellettuali dominanti. Se anziché Rusconi avesse incontrato
Einaudi o Feltrinellli...
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