tratto da Avvenire di Sabato 10 maggio 2003
Atlantide e altri misteri
Uno studioso americano passa in rassegna le scoperte scientifiche dell'antichità, cercando di svelare misteri come quello dei blocchi di Baalbek o di Cuzco fino alle piramidi egizie. Molti dubbi restano però irrisolti
Di David H. Childress
C'è una tecnologia, oggi, nella quale siamo
così immersi da sentirla come la nostra seconda pelle, ma ce n'è un'altra,
antica e molto antica, di cui non sappiamo nulla. Ad essa l'americano David
Hatcher Childress studioso di civiltà antiche, dedica un libro - Le scoperte
scientifiche delle antiche civiltà - che dai teschi di cristallo agli
androidi, dal fuoco greco all'araba fenice, esplora sapienze e conoscenze dei
mondi remoti.
Childress è convinto che la tecnologia avanzata abbia avuto il
suo grande sviluppo 12.000 anni fa concedendosi in esclusiva, per così dire, ad
alcuni popoli del pianeta e lasciando fuori tutti gli altri. Questi popoli
privilegiati hanno formato le civiltà giunte a noi con i nomi mitici di
Atlantide, Osiride, Rama. Atlantide avrebbe avuto stanza nel cuore
dell'Atlantico (al di là delle colonne d'Ercole secondo Platone che ne parla nel
Crizia), Osiride nel Mediterraneo e Rama in India. Grandi
sconvolgimenti geologici databili intorno al 10.000 a.C. e dovuti non solo
all'ira della Natura, ma anche a quella dell'uomo e alle sue terribili armi
(tipo bomba atomica, per intenderci) fecero sprofondare la grande isola di
Atlantide, trasformarono poi nel mare che conosciamo quella che era la fertile
valle del Mediterraneo e diedero lentamente corso alla storia che facciamo
partire dalla Mesopotamia e dall'Egitto.
L'esistenza delle civiltà
preistoriche e la diffusione che ebbero le loro conquiste tecnico-scientifiche
spiegherebbero molti dei misteri tuttora presenti sul pianeta. Chi e come, per
esempio, spostò i giganteschi blocchi di Baalbek (72 km a est di Beirut),
pesanti anche centinaia di tonnellate e che costituiscono la piattaforma
sottostante ai templi greco e romano costruiti su di essa? E i megaliti di
Carnac (costa meridionale della Bretagna), eretti settemila anni fa o anche
prima, che funzione avevano? Erano forse un immenso osservatorio astronomico?
Quanto ad altri pietroni come quelli di Cuzco, nelle Ande, formano una fortezza
dove, tra un masso e l'altro, non passa la lama d'un coltello. E come fu
possibile ottenere incastri tanto perfetti? Childress ritiene che menti
creatrici superiori abbiano manovrato tutti questi colossi, ma del resto, se
razionalmente inspiegabili rimangono tante costruzioni megalitiche, altrettanto
senza spiegazione e soprattutto insondabile è il mare di oggetti e reperti
misteriosi che invade e inquieta il mondo dei ricercatori. Un mondo dove c'è
solo l'imbarazzo della scelta perché si va dal calcolatore di Antikithira
(un'isoletta a nord di Creta) pescato in fondo al mare tra i resti di un
naufragio e che probabilmente è un orologio astronomico del I sec. d.C., agli
oggetti volanti più o meno identificati come i «Vimana», macchine aeree veloci
come il vento e dal suono (del motore?) melodico di cui si parla nel
Ramayana e in altri testi epici indiani.
C'è poi il vasto fronte
biblico con enigmi classici quali Sodoma e Gomorra e l'Arca dell'Alleanza e c'è
molto altro ancora a conferma che, come dice il titolo di un libro di Andrew
Tomas (1917): We are not the First.
A servirci di magnifici bagni
non siamo i primi, a volare, a mettere un dito sulla parete per accendere la
luce, a possedere l'energia atomica non siamo i primi. Ma nel caso che tutto ciò
non ci convinca, ecco l'ultima parte del libro farci seguire passo passo, con la
guida dell'ingegnere Christopher Dunn, l'esplorazione minuta, come una
tomografia assiale, delle piramidi d'Egitto, costruzioni altrettanto
inspiegabili di quelle di Baalbek e di Cuzco.
Dunn ritiene molto probabile
che gli egizi le abbiano costruite usando macchinari motorizzati ad alta
velocità, in mancanza dei quali la precisione estrema con cui furono tagliati e
accostati i giganteschi blocchi di granito è incomprensibile. Di più, Dunn
postula che onde sonore venissero trasmesse alla piramide in costruzione in modo
da farla vibrare e così ricevere dalla terra l'energia necessaria a edificarla.
In conclusione Childress, proprio perché non vuole trascurare nessuno dei
misteri che ci avvolgono, dove si può, usa il microscopio, dove non può, una
sorta di lente magica. Il risultato è suggestivo, ma mentre la curiosità si
appaga, dubbi e perplessità non spariscono.
Le scoperte scientifiche
delle antiche civiltà
Newton & Compton
Pagine 268. Euro 15,50
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