Antonio Montanari
Tam Tama di Gennaio 2004
Sommario
894. Affari (25.01.2004)
893. Depressioni (18.01.2004)
892. Immutabile (11.01.2004)
891. Imbarazzi (04.01.2004)

Indice del Tam Tama 2004

Tama 894. Affari
C'è chi se la rifà, e chi la perde. La faccia, dicevano, ce la dobbiamo tenere com'è. Cambiano i tempi. Il presidente del Consiglio si sarebbe sottoposto al lifting delle palpebre, sull'esempio di Emilio Fede (che adesso pare aver l'occhio sinistro incantato). Per uno che se l'è cambiata, non sappiamo quanti ultimamente l'abbiano persa, la faccia. Pensiamo alla Parmalat. Un comico è divenuto il depositario della verità giudiziaria. Beppe Grillo due anni fa raccontava in teatro che l'industria di Tanzi aveva debiti pari al fatturato. E faceva il nome della sua fonte, il direttore generale della stessa Parmalat. Possiamo stare tranquilli: almeno qualcuno sapeva.
Il comico, in genere, non è nato soltanto per divertire. Le sue verità sono accantonate alla voce spettacolo. Le persone che si presentano (e si presumono) serie, non scherzano quando parlano, ma poi gli scherzi li combinano nei fatti. Politici ed esperti economici continuano a discutere ed a litigare sulle responsabilità nello scandalo emiliano. Alla gente rimasta in brache di tela interessano poco le teorie e le analisi. Chi ha permesso che i loro soldi sparissero nella fantasia di conti truccati? Grillo è andato a colloquio con i Finanzieri portando con sé i bilanci di varie imprese italiane. Speriamo che non diventino copioni di altrettante scenette teatrali, in un momento in cui uno studioso come Napoleone Colajanni è costretto a scrivere che su Parmalat «ci sono molte cose» che non riesce a capire, e dà implicitamente ragione a Grillo, citando Cuccia: bisogna saper leggere i bilanci.
Alla festa dei girotondini il sen. Guido Rossi ha detto che ai tempi di D'Alema, a Palazzo Chigi c'era l'unica banca d'affari «dove non si parla inglese». Di rincalzo il giornalista dell'Unità Marco Travaglio ha chiesto se in quella stessa banca erano entrate «persone con le pezze al culo» poi uscite miliardarie. D'Alema ha querelato Travaglio ma non Rossi. Qualcuno dentro l'Unità dice che il collega nel 1996 votò per la Lega. Il filosofo Flores D'Arcais vorrebbe Travaglio in Parlamento, assieme a Rossi.
Intanto l'Europa fa sempre più a meno di noi. Eravamo tra i quattro grandi. L'alzatacco del Cavaliere non ci ha salvati. Tra un mese a Berlino, non ci saremo con Francia, Germania e Gran Bretagna. L'Authority europea contro le sofisticazioni alimentari avrà sede a Parma. Dove, spiega Grillo, volevano aggiungere l'olio di pesce nel latte per farci star meglio.
Antonio Montanari [Ponte n. 4, 25.1.2004]

Tama 893. Depressioni
Le curiosità da soddisfare sul caso Parmalat sarebbero molte. Mi limito a due domande. Il Presidente del Consiglio la scorsa estate definì «disturbati mentali» i giudici italiani. Gli chiederei: nella sua classificazione rientrano anche i magistrati che ora indagano su Tanzi? E poi, mi piacerebbe sapere: qualcuna delle persone coinvolte in questo scandalo, ha mai ricevuto onorificenze statali e titoli al merito?
A Tanzi, il giornalista Gian Antonio Stella ha consigliato di non cedere alla tentazione di un caffè espresso, almeno finché soggiorna nelle patrie galere. L'astrologa del Carlino-Finanza, Alessandra Paleologo Oriundi, ha messo in guardia il commissario della Parmalat, Enrico Bondi: Saturno non gli è favorevole, può procurargli «esaurimenti». Neanche un pensiero piccolo piccolo a chi per la vicenda ha già perso il sonno oltre i soldi. Gli «esaurimenti» non li ha provocati Saturno, ma qualche consiglio degli «esperti» bancari. La signora Paleologo suggerisce a Bondi di rimandare ogni decisione alla fine del 2004. Forse lei prevede il futuro meglio dei promotori finanziari. Il ministro Tremonti la chiami al suo fianco. Dato che i controllori sinora hanno finto di non vedere, probabilmente un'astrologa può meglio vigilare su conti privati e pubblici scandali delle nostre aziende.
Come in tutte le occasioni gravi, anche in questa sappiamo mescolare la commedia alla tragedia. Tremonti sussurra agli amici che il governatore di Banchitalia Fazio anziché vegliare andava a cena con Fini. Invece il presidente della Camera Casini attende «con fiducia» l'esito dell'apposita indagine parlamentare. La commissione su Telekom-Serbia è scomparsa dalle prime pagine dei giornali. Resterà nella storia italiana per il tentativo fatto d'incastrare in un giro di tangenti il padre putativo dell'opposizione, Romano Prodi. Sono passati quasi quattro mesi da quando i magistrati di Torino hanno appurato che il conto delle tangenti era un'invenzione elettronica a Montecarlo del cosiddetto conte Igor Marini. Spero che i quotidiani che avevano fatto titoli a nove colonne contro Dini, Fassino e Prodi, abbiano nel frattempo avvertito i loro lettori che avevano scherzato per consolare il governo in depressione. Opera umanitaria, se non fosse stata una calunnia, ed un esempio della tecnica che Francesco Cossiga, come da lui confidato a Libero, aveva suggerito a Berlusconi: usare la Guardia di Finanza per intimidire gli avversari.
Antonio Montanari [Ponte n. 3, 18.1.2004]

Tama 892. ImmutabileNon sembra ieri. Quando la tivù inaugurò cinquant’anni fa i programmi regolari, era un altro mondo. Distante da noi più del tempo legalmente trascorso. Tutto è cambiato. Un cosa soltanto è rimasta uguale a se stessa: proprio lei, la Signora Televisione. Sono mutati: vestiti delle attrici, atteggiamenti dei presentatori, modi di fare e di dire del baraccone. Sono tramontati o scomparsi molti divi. Finiti i tempi eroici, perché nella vita di ogni generazione terminano sempre i tempi eroici, per dar modo a quelli che li hanno vissuti di parlarne. Sono arrivati i tempi normali, che alla prossima quota di gente adulta appariranno leggendari: «Ti ricordi quando nacque Internet. E il sistema digitale?». Ognuno ha diritto di raccontarsi per quello che ha visto. Ma ognuno deve stare attento a non scadere nel patetico.
Ogni ricordo è bello in sé e per sé. Non l’ha detto Marzullo, quel giovin signore che arrivò anni fa sui teleschermi dalla Magna Grecia di De Mita. L’ha fatto capire un tizio che si chiamava Giacomo Leopardi, e viveva a Recanati immaginando quello che un ermo colle, fortunatamente per noi, gli nascondeva allo sguardo. Oggi Leopardi finirebbe nel salotto di Bruno Vespa. A tentarlo non sarebbero più gli occhi ridenti e fuggitivi di Teresa Fattorini, ma altre gentili fanciulle che con gli scarsi vestiti non ricercano il tempo passato, ma la carriera futura. Non sarebbe più ignuda la tomba che chiudeva quella lirica, ma proprio l’attrice o la velina o la miss che arrivano a portare il loro umano conforto a politici in accesa discussione, a filosofi in seria analisi, ad esperti in meditabonda pausa del discorso.
Se Guido Gozzano aveva cantato le «buone cose di pessimo gusto», oggi i teleschermi hanno cancellato le prime, ed esaltano senza vergogna il secondo. Dal 1954 in avanti, sempre uguale a se stessa la televisione ha addomesticato i comportamenti comuni, soggiogato il vivere in famiglia, imbrigliato la fantasia, che invece la radio aveva alimentato con le suggestioni delle proprie voci.
E poi, sempre identica ed immutabile, la tivù è stata il magazzino delle idee, la fabbrica delle opinioni secondo il rito romano dei partiti di maggioranza. Hanno sempre confuso, in via Teulada, la lottizzazione con la democrazia. Le carriere garantite dalle tessere di partito, con la libertà di pensiero. I giochi al massacro a danno della verità dei fatti, con le opinioni delle correnti parlamentari. Cacciarono Dario Fo perché parlava delle morti bianche nei cantieri edili. Hanno ora allontanato un antico cronista come Enzo Biagi, che un sondaggio dà per il più amato dal pubblico in questo mezzo secolo. Diresse anche il tg di Stato, inserendovi notizie di cronaca nera, al posto dei soliti tagli di nastro e delle sfilate di politici. Considerarono ciò un oltraggio al pudore, in una tivù che attenuava e mascherava tutto. Quando la sera del 4 novembre 1966 Firenze era già alluvionata, al telegiornale narrarono soltanto che pioveva. E neanche a dirotto.
Antonio Montanari [Ponte n. 2, 11.1.2004]

Tama 891. Imbarazzi
Immaginiamo l’imbarazzo di Pinocchio. Poteva intervenire in piena conferenza-stampa di fine anno del presidente del Consiglio, ed allungargli il naso in presa diretta davanti a milioni di telespettatori? Pinocchio è stato clemente, ha lasciato perdere. Allo stesso modo i dirigenti della Rai non hanno provveduto a togliere la parola a Berlusconi per trasmettere il solito tg delle 13.30. Hanno atteso 35 minuti. Meno delicato di loro la settimana prima, era stato Bruno Vespa che all’inaugurazione del teatro La Fenice, aveva chiuso l’intervista con Ciampi perché incombeva il notiziario delle 20.
Ciampi ormai si è abituato a certe cose. Una volta Berlusconi gli ha dato platealmente del tu, contravvenendo alle regole del cerimoniale. Se non avesse rinviato alle Camere la legge di riforma del sistema televisivo, Ciampi avrebbe potuto aspettarsi in qualche altra occasione anche una bella pacca sulle spalle da parte del capo dell’esecutivo. Al posto della pacca, al presidente della Repubblica è giunto uno schiaffo da Berlusconi quando costui ha dichiarato che non aveva letto né aveva intenzione di leggere il messaggio quirinalizio di rinvio di quella legge. A forza di frequentare Bossi, anche il Cavaliere ha dimenticato l’esistenza di un galateo istituzionale che non è stato inventato l’altro ieri, ma fa parte della nostra storia repubblicana.
Pinocchio avrebbe avuto i suoi buoni motivi per allungargli il naso. Berlusconi ha dichiarato che i rincari dei prezzi in Italia sono stati causati dall’introduzione dell’euro. Ci ha poi pensato Prodi a rispondergli: sono «menzogne». In Francia e Germania i governi hanno controllato e non è accaduto tutto quello che è successo in Italia, con l’euro quasi sempre equiparato nel commercio alle mille lire, cioè a metà del suo valore legale.
Anche Pinocchio s’è adeguato all’ideologia trionfante, per cui tutto va tremendamente bene, nonostante l’Istat per la prima volta in mezzo secolo abbia smentito il governo: in Italia aumenta la «povertà», cioè la «gente comune» ha sempre meno soldi a disposizione. L’Istat finora aveva sempre avallato le dichiarazioni di chi sta a Palazzo Chigi. Adesso, contraddicendo alle proprie abitudini politiche, ha osato pubblicare dati che suonano amari: sette milioni di persone navigano nella miseria (lancio Ansa del 17 dicembre).
Pinocchio non legge i giornali stranieri. Il quotidiano francese di destra «Le Figaro» ha intervistato il successore irlandese di Berlusconi alla guida dell’Unione europea, che ha dichiarato: nei prossimi sei mesi non dovremo più sorbirci le barzellette stucchevoli del primo ministro italiano.
Anche la conferenza-stampa di fine anno in certi passaggi sembrava una barzelletta, con il culmine nella battutaccia di Berlusconi ad una cronista dell’Unità che gli chiedeva se non avrebbe provato imbarazzo a salvare la «sua» Rete 4: «Lei non prova imbarazzo a scrivere su quel giornale?».
Davanti al pensiero unico, non c’è l’imbarazzo della scelta.
Antonio Montanari [Ponte n. 1, 4.1.2004]


© Antonio Montanari. "Riministoria" è un sito amatoriale, non un prodotto editoriale. Tutto il materiale in esso contenuto, compreso "il Rimino", è da intendersi quale "copia pro manuscripto". Quindi esso non rientra nella legge 7.3.2001, n. 62, "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2001.
883, 2004Revisione grafica, 02.04.2015