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il Rimino - Riministoria

Le «costumanze» della Valconca ieri ed oggi
Il primo saggio, del 1778, è di Giovanni Antonio Battarra

Alessandro Sisti ha curato per la Banca Popolare Valconca un volume riccamente illustrato sulla «Cultura tradizionale» fra Romagna e Montefeltro. Nel trattare la parte dedicata a «Giorni, riti e feste», l’autore richiama la «straordinaria documentazione» lasciataci dall’abate riminese Giovanni Antonio Battarra (1714-89) che nel 1778 pubblicò nella sua «Pratica agraria» un capitolo dedicato alle «costumanze, vane osservanze, e superstizioni de’ Contadini Romagnoli».
Osserva Sisti che le «costumanze» riportate da Battarra «caratterizzano un’area piuttosto vasta, che comprende certamente tutto il Riminese e ha sicure corrispondenze in altre parti della Romagna». Tuttavia, due personaggi che sono «tra i testimoni di un mondo densamente permeato di superstizioni e ritualità antiche», provengono proprio dalla Valconca.
A noi interessa, in questa breve nota, soltanto soffermarci sull’importanza che il lavoro di Battarra ha avuto nella storia della cultura italiana, per due aspetti: il primo riguarda lo sguardo attento a cogliere ogni aspetto della vita reale; il secondo, l’abilità letteraria e la capacità narrativa che Battarra dimostra in ogni pagina.
A testimonianza del ruolo che il filosofo e naturalista riminese svolse nella cultura del suo tempo, desideriamo citare uno studio che Paolo Toschi pubblicava nel 1952 ad apertura del volume edito da Cappelli, ed intitolato «Romagna tradizionale». Volume che inseriva all’inizio proprio il dialogo trentesimo della «Pratica agraria» sulle «costumanze, vane osservanze, e superstizioni de’ Contadini Romagnoli», a documentazione dell’originalità delle pagine battarriane.
Anzitutto non va dimenticato, sulla scia del saggio di Paolo Toschi, che quel dialogo, assieme all’opera a cui apparteneva, fu conosciuto dal padre degli studi etnologici italiani, Giuseppe Pitré (1841-1916) il quale ricordava nel 1894 anche le traduzioni del volume di Battarra. Secondo Toschi, il dialogo trentesimo rivela il piano delineato da Battarra, «quello cioè di rappresentare in maniera esauriente la vita tradizionale dei contadini della sua terra nei suoi tre punti fondamentali»: amori e nozze; nascita, battesimo e cura del bambino; ed infine, la morte con i relativi riti funebri.
Il modo narrativo usato da Battarra, proseguiva Toschi, offre «un quadro vivo, realistico e gustoso». L’osservazione e la descrizione delle usanze, «rivelano la mente scientifica, la coscienza e volontà di presentare i fatti nei loro precisi contorni, nei loro moventi e nelle loro conseguenze».
A questo proposito, Toschi ricordava il contesto in cui si era formato, presso Giovanni Bianchi, il nostro Battarra che poté conoscere direttamente (con le sue amicizie personali) ed indirettamente (attraverso i libri) quanto si stava facendo in altre parti d’Italia o d’Europa. Toschi, al proposito, rammentava l’opera svolta nel nostro Settecento da Muratori e dalla Chiesa per «combattere contro la superstizione».
La riproposta che Alessandro Sisti fa anche in questa occasione della figura di Battarra, è meritoria perché aiuta a far apprezzare una figura non troppo studiata accuratamente, e non molto divulgata.
C’è da augurarsi che la sollecitazione che ne deriva da questo interessante libro sulla Valconca, possa contribuire ad attirare maggiore attenzione sull’abate filosofo che fu anche scienziato di non secondaria importanza, come dimostra la sua storia dei funghi del nostro territorio, e tutta una serie di scritti sui quali pochi occhi si sono sinora posati.
(Sulla figura di Battarra, si veda anche la pagina Asini elogiati e cani celebrati.)
Nell’utile introduzione, Sisti affronta il problema degli studi etnografici nella realtà culturale odierna con un’affermazione che non è paradossale: le sue righe, dice, più che chiarire le molte perplessità presenti, forse ne generano di nuove. Credo che questo sia il modo più corretto per rilevare la complessità di ogni fenomeno, ed il conseguente atteggiamento non dogmatico dello studioso che lo affronta.

Antonio Montanari


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886/Riministoria-il Rimino/20.12.2003
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