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Le armi
nucleari: chi le ha, e la proliferazione nell'"asse del male"
Molti stati aderiscono al Trattato di non Proliferazione, che prevede una serie
di clausole volte ad evitare che lo sviluppo di armi nucleari si diffonda
indiscriminatamente.
Il trattato prevede che tutti gli stati che vi aderiscono e che sono in possesso
di tecnologie nucleari per uso civile sottopongano al controllo della Iaea
tutti i loro impianti che potrebbero essere sensibili da questo punto di vista.
Si dividono quindi gli stati in tre categorie: gli stati dotati di armi
nucleari, quelli con conoscenze nucleari ed impianti tali da poterle sviluppare
facilmente, e che sono a loro volta fornitori di tecnologie per il nucleare
civile, e quelli che non hanno (o non dovrebbero avere) la capacità di
costruirle.
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I primi sono ovviamente esenti da controlli, i secondi (tra cui l’Italia, molti
paesi europei, il Giappone e la Corea del Sud) sono controllati ed accettano di
non cedere tecnologie sensibili ai terzi, tra cui molti paesi che sono oggi a
rischio di proliferazione, come l’Iran, l’Iraq o la Corea del Nord.
Non aderiscono al trattato potenze nucleari come Israele, il Pakistan e l’India.
Gli Usa cercano di evitare il diffondersi di tecnologie sensibili (come quella
del ritrattamento del combustibile), e non si fidano completamente del controllo
Iaea, che risulta essere uno strumento quantomeno incompleto. |
E’ famoso il caso
dell’Iraq, che arrivò, nel 1991, ad un soffio dalla costruzione di armi
nucleari, nonostante aderisse al trattato di non proliferazione, mentre la Iaea
era presieduta proprio dall’Hans Blix che oggi (Febbraio2003) sta cercano prove del non riarmo
dell'Iraq di Saddam Hussein, ed ugualmente famoso quello della Corea del Nord,
che, dopo aver accumulato materiale nucleare e tecnologie, si è ritirato dal
trattato ed ha affermato di essere ad un soffio dalla realizzazione della bomba.
Al momento i paesi che dispongono (certamente) di armi nucleari sono gli Usa, la
Russia, la Francia, la Gran Bretagna, l’India, il Pakistan e Israele.
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Gli Usa e l’Urss ancora oggi dispongono di
un impressionante arsenale, rispettivamente di 12000 e 21000 testate
rispettivamente, di cui 6700 e 5700 sono utilizzabili in breve tempo.
Entrambi dispongono di Icbm, ovvero di missili a lunghissimo raggio, di missili
a medio e a corto raggio e di bombardieri e sottomarini strategici.
La Cina, invece, dispone di circa 500
testate, di Icbm (i Df5) e di missili a lungo raggio. Dispongono anche di
sottomarini strategici e di bombardieri di teatro.
Francia e Gran Bretagna dispongono di
qualche centinaio di testate, portate da sottomarini strategici (con missili con
gittate fino a 7000 Km) o da bombardieri di teatro. |
India e Pakistan sono potenze nucleari
relativamente recenti, e dispongono di un piccolo arsenale (50 e 20 testate
circa) su missili a medio-corto raggio (Agni e Ghauri), tali da poter essere
usati in caso di conflitto Indo-Pakistano. L’India ha dimensionato i suoi
missili in modo da poter arrivare a Pechino, in caso di conflitto con la Cina.
Il Pakistan sembra abbia costruito le sue armi con uranio arricchito con
dispositivi a centrifuga abbastanza avanzati costruiti da progetti rubati, negli
anni ’70, dal consorzio Anglo-tedesco Urenco.
Israele dispone di qualche centinaio di testate,
montate su missili (Jericho 1 e 2), con gittate fino a 4000 Km e di alcuni
missili lanciati da sottomarini (Popeye Turbo, con gittata di circa 200 Km),
anche se sembra che disponga di versioni capaci di gittate fino a 1500 Km.
Gli stati più a rischio di proliferazione nucleare, sono, al momento, Corea del
Nord, Iran, e (più in passato che al presente) l’Iraq.
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La Corea del Nord possiede da tempo centrali
nucleari per uno civile, ma ha annunciato da poco tempo il suo ritiro dal
trattato di non proliferazione, ha tolto i sigilli della Iaea al suo impianto di
ritrattamento, e ha ricominciato a far funzionare un reattore ad uranio
naturale e grafite, affermando di aver bisogno di energia elettrica. |
Affermazione che
suona più che altro come un paravento, visto che la centrale già accesa ha una
potenza di 5 Mw (ridicola, per una centrale nucleare: di solito le centrali
vanno da 300 a 1000 Mw), e visto che il paese non sta facendo grandi sforzi per
completare i reattori da acqua leggera costruiti con l’aiuto statunitense. Le
centrali a grafite, ricordiamo, possono produrre un plutonio adatto per fare
bombe, mentre i reattori ad acqua leggera producono un plutonio peggiore.
Oltretutto voci di intelligence riportano la presenza di 39 Kg di plutonio come
già presenti in Corea, e si pensa che attualmente i coreani detengano da due a
sei testate già assemblate.
La Corea del nord dispone di missili con una gittata di 1500 Km, che possono
arrivare in ogni punto del Giappone, (e, ovviamente, della Corea del Sud), e sta
sviluppando missili che arrivino fino a 4000 Km.
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L’Iraq ha cercato per molti anni di
costruire un arsenale nucleare.
Nonostante avesse firmato il trattato di non proliferazione, negli anni ’70
aveva costruito Osiraq, un reattore che doveva alimentare decine di unità Emis
per l’arricchimento con il metodo della separazione elettromagnetica. e fornire
combustibile da ritrattare. |
Il reattore (con gli impianti di arricchimento) fu distrutto nel 1981 da una
squadriglia di bombardieri israeliani.
Il programma nucleare ripartì poco dopo con la costruzione di altre unità Emis,
e con la ricerca nel campo delle centrifughe a gas, ma abortì rumorosamente
sotto le bombe alleate della guerra del Golfo nel 1991. Nel 1991, comunque, il
programma era talmente avanzato che gli stessi irakeni preventivavano, nel giro
di meno di un anno, di avere alcune testate disponibili, nonostante i controlli
della Iaea allora presieduta da Hans Blix.
Le ispezione Onu, dopo la guerra del Golfo, non diedero mai risultati certi.
Si sa che in Iraq ci fu una vera caccia delle unità Emis, e si sa che nel 1998
gli ispettori dell’Onu denunciarono di non aver potuto (su minaccia diretta dei
militari irakeni) ispezionare dei camion su cui si stavano caricando dei
componenti di Emis.
Si sa che il programma nucleare irakeno è stato fortemente aiutato dalla
Francia, che avrebbe fornito non solo sopporto per la costruzione di Osiraq, ma
anche 12 chilogrammi di uranio arricchito al 93% . E’ stato anche riportato
(prima del ’91) l’acquisto di 13 Kg di uranio arricchito all’80% di provenienza
sovietica, ma praticamente nulla di tutto ciò è sopravvissuto alla guerra del
Golfo.
Cosa sia rimasto del potenziale nucleare dell’Iraq è al giorno d’oggi una delle
domande più di moda sui mezzi d’informazione di tutto l’occidente, ma quello che
si sa di sicuro è che in Iraq c’è il Know How per la costruzione di armi
nucleari, e non è chiaro dove siano finite molte unità Emis.
L’Iraq dispone sicuramente di un certo numero di Scud con circa 700 Km di
gittata, adatti al trasporto di bombe anche non troppo raffinate.
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A minore rischio di proliferazione è l’Iran,
anche se i dati che si hanno non sono assolutamente chiari. Voci parlano di
quattro testate passate nel 1991 dal Kazakistan all’Iran, ma non si hanno
conferme. Si sa che l’Iran è un paese con una buona esperienza dal punto
di vista dell’utilizzo civile del nucleare, e che, pur avendo
sottoscritto il trattato di non proliferazione, sta sviluppando impianti
di arricchimento e di ritrattamento che possono avere un doppio uso. |
Oltretutto, il regime degli
ayatollah si distingue per i suoi proclami ambigui in politica estera, e l’Iran
sta importando dall’Europa e dalla Russia tecnologie che, pur essendo applicate
al nucleare civile, potrebbero essere utilizzate anche per un programma
militare. Oltretutto, sembra che i russi volessero fornire un impianto di
arricchimento al laser, ottimo per produrre uranio militare, ma che il programma
abortì alla fine del 2000 per le proteste americane.
Sono stati a segnalati degli impianti di produzione di acqua pesante, che
potrebbe servire per costruire dei reattori che , come quelli a grafite, danno
un buon plutonio militare.
Si teme che entro 5-6 anni potrebbero essere costruite delle testate
funzionanti.
l’Iran dispone di missili con 1500 Km di gittata, e sta sviluppando una versione
successiva da 2500 Km (shahab4) capace di arrivare in Germania, e una,
successiva, da 5000 Km (shahab 5), che porterebbe tutta l’Europa sotto
l’ombrello nucleare iraniano.
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La circolazione di armi e di tecnologie in
Asia è un fenomeno molto complesso, in cui giocano un ruolo molto attivo
l’Ucraina, il Kazakistan e la stessa Russia, per non parlare dei traffici di
tecnologie nucleari e missilistiche tra Corea del Nord, Pakistan, Iran, Iraq, e
Siria.
A titolo di esempio basti ricordare che i missili No-Dong, nordcoreani, sono
praticamente uguali agli Shahab 3 iraniani e ai Ghauri 2 Pakistani, hanno
identica gittata e identico carico trasportato.
I missili a corto raggio nordcoreani, gli Hwasong 2, altro non sono che degli Scud C modificati,
esattamente come tutti i missili irakeni altro non sono né erano altro che Scud
sovietici rivisitati e migliorati. |
Lo stesso dicasi per gli Shahab 4, evoluzione
del vecchio SS4 sovietico, con qualche componente cinese.
L’Ucraina e il Kazakistan, dopo la dissoluzione dell’impero sovietico, si
trovarono ad avere oltre il 40 % della popolazione impiegata nell’industria
militare, e ospitavano sul loro territorio importanti basi missilistiche e
militari. Inutile dire che cercarono (e cercano ) di trarre vantaggio dalla
situazione vendendo, senza troppi scrupoli, armi e tecnologie ai vicini.
Ovviamente le armi nucleari furono riprese in mano dalla Russia, ma tutte le
industrie missilistiche restarono dov’erano, con il loro personale.
Si sospetta che il Pakistan, molto avanzato in campo nucleare, abbia ceduto alla
Corea del nord tecnologie nucleari (in particolare per il ritrattamento del
combustibile nucleare) in cambio di tecnologie missilistiche.
Fonti: Iaea, Fas, Globalsecurity
Alle Note Tecniche:
come si fa una bomba, e come si ricava il materiale fissile
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