Piazza Dante

- Questo articolo è a cura di schumangel -

La piazza Dante a Napoli si trova nel centro storico ed è suddivisa fra i territori dei tre quartieri San Giuseppe, Avvocata e San Lorenzo. È uno dei principali nodi viari del centro cittadino, ed è sempre piuttosto trafficata a tutte le ore del giorno. Noi però cercheremo di sfuggire per un momento alla frenesia della metropoli moderna: evitiamo dunque di procedere a testa bassa in mezzo alla confusione quotidiana della piazza e alziamo un po' lo sguardo.

Piazza Dante è situata ai margini del centro antico, che racchiude la parte della città urbanizzata dalla fondazione fino alla caduta dell'Impero Romano. Quindi si è sempre trovata al di fuori del circuito delle mura. La zona cominciò a popolarsi decisamente soltanto durante il Viceregno spagnolo (dagli inizi del 1500), e specialmente in seguito all'apertura della via Toledo e della costruzione, in capo ad essa, della Porta Reale o dello Spirito Santo. Allora il luogo era chiamato "largo del Mercatello", perché ospitava un mercato del mercoledì a ridosso della murazione vicereale del XVI secolo. Si adoperava il diminutivo per distinguere questo mercato da quello principale, ospitato nella piazza appunto detta del Mercato, dalla parte opposta del centro storico. Ben presto sorsero i primi edifici in questo spiazzo irregolare, nonostante i severissimi e ripetuti divieti di costruire allesterno della cinta muraria.

Il largo del Mercatello fu trasformato in una piazza con un disegno regolare solo a partire dal 1757, quando il re Carlo III di Borbone incaricò il celebre architetto Luigi Vanvitelli di erigere il Foro Carolino, con al centro una statua equestre del Re che non fu mai realizzata, perché il bozzetto preparatorio in gesso del 1765 fu distrutto nei moti rivoluzionari del 1799 e sostituito dall'albero della libertà giacobino. Pochi anni dopo fu collocata sul posto una statua di Napoleone per ordine della sorella Carolina e di Gioacchino Murat, statua che fu abbattuta con la restaurazione borbonica. Fu allora piazzato il bozzetto preparatorio di una nuova statua equestre di Carlo III, ma come se non bastasse questo fu distrutto nottetempo da chissà chi.

Durante l800 la piazza, ormai non più periferica (era stata abbattuta nel frattempo la Porta Reale), divenne sede di popolari ritrovi e caffè, dove anche Giacomo Leopardi si faceva vedere, intento a consumare i gelati di cui era (pare) golosissimo.

Nel 1872 trovò posto nel vecchio largo del Mercatello il monumento a Dante Alighieri, il quale diede così il suo nome alla piazza.

Se ricordate bene, vi dicemmo che per marzo 2001 sarebbe stato sciolto il cantiere che vedeva la costruzione della nuova stazione "Dante" della Linea 1 della Metropolitana di Napoli, la cui effettiva realizzazione però è stata terminata con un anno di ritardo, infatti Sindaco, Governatore della Campania e Presidente della Repubblica la hanno innaugurata il 27 marzo 2002, inoltre, per festeggiare i 110 anni di attività del quotidiano "Il Mattino", il Presidente della Repubblica ha visitato anche la rispettiva sede in via Chiatamone.


Da vedere:

Il monumento a Dante Alighieri fu finanziato da una colletta cui partecipò lo stesso re Vittorio Emanuele II, realizzato gratis da Tito Angelini e sistemato nella piazza nel 1872. La dedica sul basamento è di epoca fascista. Nel 1996 la statua è stata rimossa e trasferita ad alcuni metri di distanza per permettere di impiantare il cantiere della metropolitana. Durante i lavori di scavo si è rinvenuto un collettore fognario di epoca angioina ed altre testimonianze forse alcune delle quali saranno esposte nella stazione.

Il Foro Carolino è l'edificio ad emiciclo, aderente alle mura aragonesi, progettato da Luigi Vanvitelli nel 1757 e ultimato nel 1767. A nord ingloba Port'Alba e a sud si allinea con la chiesa di San Michele Arcangelo. Vi si osserva un nicchione centrale (che avrebbe dovuto ospitare la statua di Carlo III). È scandito da colonne tuscaniche e sormontato da una trabeazione su cui si ergono 26 statue che raffigurano le virtù di Carlo III di Borbone, di cui quattro sono del grande scultore Sammartino. Il torrino con l'orologio è ottocentesco. I Gesuiti aprirono successivamente un ingresso al centro dell'esedra per accedere al convento di San Sebastiano, i cui resti sono inclusi nell'odierno Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II. La presenza del monastero è attestata sin dal VII secolo: esso attraversò vicende piuttosto complesse, più volte fu abbandonato e recuperato finché non passò ai Gesuiti che vi fondarono delle scuole. Da notare sono il chiostro grande, di origine cinquecentesca, e la parte più antica oggi visibile che è il chiostro piccolo trecentesco, che contiene anche elementi di spoglio tardo-antichi e tracce di affreschi medievali. Tutto il complesso però ha subito numerose modifiche successive, anche radicali. Il belvedere delle monache sul largo del Mercatello fu integrato nel progetto di Vanvitelli, che lo cinse di una balaustra.

Port'Alba fu aperta dal viceré spagnolo Antonio Alvarez de Toledo duca d'Alba nel 1625. Siccome la zona era ormai molto popolata da entrambi i lati delle mura, spesso gli abitanti praticavano varchi abusivi per evitare un lungo giro fino alla porta più vicina. Ciò costrinse le autorità ad intervenire erigendo questa porta. Essa fu teatro di violenti scontri durante i moti di Masaniello: fortificata con cannoni, fu espugnata ugualmente dal popolo inferocito. Fu affrescata da Mattia Preti nel 1656 (con affreschi ora distrutti) e vi si aggiunse in cima la statua di San Gaetano nel 1781. Port'Alba fu rifatta nel 1797. È decorata con tre stemmi: di Spagna, del viceré e della città di Napoli.

Il palazzo Ruffo di Bagnara (piazza Dante, 89) è originario del XVI secolo, di cui conserva la struttura. Bruciato per ordine di Masaniello, fu acquistato nel 1660 da Fabrizio Ruffo, duca di Bagnara Calabra e capitano dell'Armata Navale dei Cavalieri di Malta, grazie ai proventi di un bottino accumulato dopo scontri navali con i saraceni. Egli affidò la ristrutturazione a Carlo Fontana, cui si deve il bel balcone della facciata. Nell'800 vi abitò il letterato Basilio Puoti che istituì in casa propria un circolo culturale di puristi della lingua italiana, e vi mise mano larchitetto Vincenzo Salomone cui si devono le decorazioni in stile pompeiano. Nel cortile vediamo quella che fu la cappella privata dei Ruffo di Bagnara.

Sullo stesso marciapiede c'è il complesso di Santa Maria di Caravaggio (un paesino lombardo dove era avvenuta unapparizione della Madonna) in piazza Dante 94. La chiesa fu fondata nel 1627 dai padri Scolopi che vi aprirono una scuola; ospitò dal 1874 lIstituto Principe di Napoli per giovani ciechi. Chiesa e convento furono rifatti dal Nauclerio nel 700. La chiesa è a pianta ellittica e conserva molti quadri tra i quali uno del Solimena, la morte di San Giuseppe.

Il complesso di San Domenico Soriano (piazza Dante 82) fronteggia il Foro Carolino. Si tratta di una ricca chiesa barocca iniziata ai primi del '600 grazie a una donazione ricevuta dai Domenicani e terminata nel 1660, mentre il convento annesso fu ampliato anche nel secolo successivo. Dopo la soppressione degli ordini religiosi, nel 1808 il complesso fu adibito a caserma e oggi ospita gli uffici dell'anagrafe del Comune di Napoli. L'impianto primitivo della chiesa è di Fra' Nuvolo, ma ha subito numerose alterazioni e restauri fino ai primi del 900. Sono da notare l'altare prezioso in marmi policromi del Fanzago (1639), il sepolcro di Alessio Falcone del Sammartino (1758) e una Madonna del Rosario di Luca Giordano (1690).
Con grave scandalo della popolazione, nel 1633 penetrarono delle truppe spagnole nel convento per arrestare un frate, Tommaso Pignatelli. Era accusato di complotti per abbattere il dominio spagnolo a Napoli, e non valsero a nulla le proteste del nunzio apostolico presso il viceré, che lo fece strangolare in Castel dellOvo.

La chiesa di San Michele Arcangelo (piazza Dante 60) è un gioiellino del rococò. Si trova nel luogo detto anticamente della Conservazione dei Grani, dove cerano dei granai pubblici. Inizialmente si chiamava Santa Maria della Provvidenza e fu eretta nei primi decenni del 600. Nel 1729 fu demolita e ricostruita secondo il progetto di Antonio Vaccaro. Conserva un bellaltare in marmi policromi, due tele laterali con angeli in stucco che sostengono drappi, e preziosi arredi sacri in sacrestia. Ha due cupolette di cui una ellittica, decorate di stucchi.

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