- Palazzo Fuga -
- Questo articolo è a cura di Francesco (alcune aggiunte sono del webmaster) -
Se un turista, per aver letto la cartina di Napoli alla rovescia o preso da un raptus di
attrazione masochistica per il non bello, si dovesse trovare a passare per il quartiere di
San Carlo all'Arena rimarrebbe sicuramente colpito da un edificio che è difficile
abbracciare interamente con lo sguardo per le sue dimensioni. E se poi non trovandolo
menzionato in nessuna guida della città avesse la malaugurata idea di chiedere
informazioni sulla sua storia a qualche persona del posto, per prima cosa dovrebbe parlare
un po' d'italiano (trovare qualcuno che parli l'inglese non è facile) e poi
potrebbe riuscire a stento a sapere che si tratta dell'ex Albergo dei Poveri, ma, in
compenso, potrebbe ricevere descrizioni dettagliate su dove si trovi al suo interno la
palestra e un po' di tempo fa il comune. Allo sconsolato turista, il cui comune non
è certamente qui e che sicuramente sarà alto un metro e novanta e tutto
muscoli, non rimarrà che tornarsene verso lidi più conosciuti.
Nel
quartiere di San Carlo all'Arena, infatti, non molti sanno di avere a pochi passi da casa
un monumento che per la sua imponenza può reggere il confronto con edifici europei
ben più famosi. E pensare che quando fu concepito doveva essere lungo quasi il
doppio infatti oggi il fronte è di 354 metri mentre il progetto originario ne
prevedeva 600 di lunghezza e 135 di larghezza. Quest'enorme edificio fu voluto da Carlo di
Borbone nell'ambito di una profonda ristrutturazione del tessuto urbano e di una generale
trasformazione edilizia che ebbe inizio con l'arrivo del sovrano nel 1734. La situazione
che ereditò don Carlos era di profonda crisi socio-economica, ma il Borbone
comprese subito che il Regno di Napoli, tornato finalmente indipendente, e il suo popolo
avevano bisogno di riacquistare coscienza di se stessi e la libertà dalle leggi
restrittive della dominazione precedente.
Ed è così che nacque un ambizioso programma fatto di grandi opere pubbliche,
collegate direttamente tra di loro, che dovevano dare lustro al regno ed essere i cardini
di una nuova sistemazione della città. Ma come è spesso accaduto nella
storia di Napoli queste opere non andarono a intaccare i veri problemi dei vicoli
cittadini e in genere del tessuto viario, anche se posero le basi per un suo migliore
assetto futuro. Tra i più importanti edifici ricordiamo, oltre l'Albergo dei
Poveri, la Reggia di Caserta, quella di Capodimonte, Palazzo Reale e i Granili, altra
costruzione mastodontica di 500 metri, opera dell'architetto fiorentino Ferdinando Fuga
(Firenze 1699 - Napoli 1782) lo stesso architetto dell'ospizio in Piazza Carlo III, andata
distrutta nell'ultima guerra.
I lavori per l'Albergo dei Poveri iniziarono nel 1751
nel luogo situato tra la fine di via Foria e l'imboccatura dell'allora via del Campo,
ingresso della città per chi provenisse da Roma. L'ipotesi iniziale di sistemarlo
nel borgo Loreto fu scartata per le condizioni malsane della zona. Lo scopo di una
struttura così grande era quello di ospitare tutti i poveri del regno, idea tanto
ambiziosa quanto utopistica, in modo da trasmettere al popolo la benevolenza del sovrano.
Ma evidentemente non era quello il modo di eliminare una piaga così diffusa,
infatti il tentativo fallì e, come scriveva già allora il Milizia, con una
minore spesa si sarebbe potuta combattere la miseria attivando i commerci e incoraggiando
l'industria manifatturiera (un messaggio valido ancora oggi). Come già accennato,
il progetto iniziale prevedeva la realizzazione di quattro cortili in linea e un quinto
centrale dove sarebbe sorta la chiesa secondo un originale schema a sei bracci, ma
l'edificio effettivamente realizzato vide leliminazione dei due cortili terminali e la
riduzione a un quinto dei volumi inizialmente progettati.
Questo fu dovuto alle difficoltà di trovare fondi e al maggiore interesse del
sovrano verso la Reggia di Caserta, situazioni che protrassero i lavori fino al 1819
quando vennero interrotti definitivamente lasciando l'opera ampiamente incompleta, infatti
l'edificio si presentava incompleto nel prospetto anteriore ovvero decurtato delle parti
laterali corrispondenti alle facciate esterne delle due ultime corti orientale e
occidentale mai più realizzate; costruiti sino al primo livello risultavano invece
sia i bracci perpendicolari al prospetto principale e il corpo di fabbrica postico,
delimitanti nel loro insieme le tre corti, sia il complesso sistema a raggiera che,
all'interno della corte principale, avrebbe dovuto ospitare la chiesa a pianta centrale
con le navate a forma di croce di Sant'Andrea.
L'Albergo dei Poveri di Napoli è
un'inquietante architettura che, oltre l'algida facciata principale affacciantesi su
Piazza Carlo III, si presenta come una sorta di rudere archeologico mutilato,
orizzontalmente e verticalmente, rispetto alla sua struttura configurativa originaria,
caratteristica, quest'ultima, che definisce un edificio bifronte, finito sul prospetto
principale e non finito sul fronte postico, concretizzazione architettonica di una utopia
progettuale ideata nel secolo dei lumi.
Il progetto del Fuga era molto complesso e
ardito essendo in pratica un'anticipazione degli edifici polifunzionali moderni concepiti
come un organismo autonomo. I poveri, infatti, erano suddivisi in maschi e femmine a loro
volta separati in giovani e vecchi che dovevano essere istruiti e a cui veniva insegnato
un lavoro. I due sessi non si dovevano incontrare mai e anche in occasione delle funzioni
religiose l'accesso alla chiesa avveniva attraverso ingressi differenti. E proprio la
mancata realizzazione della struttura religiosa, rimasta solo abbozzata, è stata un
elemento determinante per il fallimento dell'ospizio. Nato per ospitare circa 8.000
persone ne accoglierà molte di meno e spesso avrà anche destinazioni diverse
come quella di carcere minorile da cui il nome di Reclusorio o Serraglio.
Quello che oggi si presenta ai nostri occhi è un complesso irrisolto che col
tempo è andato sempre più degradandosi per luso promiscuo che ne è
stato fatto e per lincuria. Danneggiato gravemente dal terremoto del 1980 è in
parte crollato e invaso dalla vegetazione, ma in parte anche abitato (se lo sapesse il
turista), fatto che mette ancora una volta in evidenza le necessità e le
capacità dei napoletani di adattarsi alle situazioni più difficili. Sono
ormai diversi anni che si parla e si auspica un recupero della struttura e finalmente
sembra che ci si stia avviando a una soluzione. Scartate le ipotesi di farne una sede
dell'università o degli uffici regionali sembra che sia prevalsa l'idea di
utilizzare l'immenso spazio, più di 85.000 mq, per concepire un polo culturale
multifunzionale con una prevalente destinazione museale (Museo Antropologico del
Mediterraneo) inteso come nodo che si relazioni con una rete di analoghe strutture di
livello internazionale. Inoltre troverebbero spazio anche diverse attività
commerciali tra cui un albergo di 140 camere, mostre permanenti e temporanee. Tutto
ciò porterebbe molti posti di lavoro, moltissimi turisti (finalmente), ma anche
molti problemi gestionali sia del complesso che dell'ambito urbano in cui è
inserito, bisognoso di essere riqualificato con infrastrutture adeguate. Speriamo che dopo
più di due secoli finalmente quest'edificio, che ha avuto tanti usi ma mai uno
definitivo, possa trovare finalmente una sua chiara e duratura espressione
funzionale.
Infine, a tutti coloro che amano i monumenti, fonte diretta della nostra
storia, l'appello sarebbe quello di giocare al lotto il mercoledì perché
è dal ricavato delle giocate che si dovrebbero reperire i soldi per restaurare
molti palazzi storici fatiscenti in tutta Italia e in particolare il primo a beneficiare
di questa iniziativa del governo sarà proprio il nostro gigante malato.
I lavori infatti sono iniziati nel 2002, anche se l'iniziativa è datata 1998,
comunque il lavoro sarà lunghissimo, basti pensare che sempre a piazza Carlo III
hanno impiegato 11 mesi per realizzare delle aiuole davanti la scuola elementare Dante
Alighieri e l'altra zona adiacente. Hanno chiuso la zona dal mese di aprile del 1999 e
solo a inizio febbraio 2000 hanno finito, spesso non si vedeva nessuno al lavoro. Ora mi
domando e dico: "se per fare due aiuole (che ci vogliono al più 20 giorni) ci
impiegano quasi un anno, allora per rimettere in sesto il Real Albergo dei Poveri quanti
miliardi di secoli ci vorranno?" E anche se lì hanno finito da qualche altra
parte ci sono lavori Ğin attoğ, sì, Napoli è diventato un cantiere vivente,
non è più una città purtroppo, forse lo è stata nel 1700,
forse 1800, ma attualmente non direi più, troppo non vivibile in certi momenti:
c'è troppo caos ogni giorno e chi non è abituato va in titl.
Lavori finiti e non
Precisamente, all'incirca il 10 marzo 2001 sono iniziati i lavori al Real Albergo dei Poveri sulla facciata esterna. Un lavoro del genere impiegherà almeno un due, tre anni, però proviamo a moltiplicare minimo per 10 (visto che più o meno così funziona da queste parti) e si hanno 20-30 anni, beh, può darsi che ci mettano il tempo giusto e non così tanto, ma solo rileggendo queste pagine e attendendo con pazienza sapremo chi avrà avuto ragione, vi pare?
Inoltre, la zona intorno al Real Albergo dei Poveri, quando piove molto, a causa del non perfetto allineamento del livello stradale, forma delle pozzanghere d'acqua in cui si stagna una sorta di liquame verdastro che produce un odore pestilenziale e vomitevole, ma ora che si sono abbattuti i muretti che sono stati innalzati qualche anno fa (usati come simbolo di inagibilità dello stabile) forse non si sentirà più il cattivo odore, infatti si sta ripulendo tutto intorno.
Riportiamo l'immagine di un carinissimo murale realizzato su tali muretti anche se ormai, come dicevo, non ci sono più.