«In cammino da Porto Alegre a Vicenza… » è il titolo dell'incontro che si terrà a Vicenza lunedì 6 Maggio 2002, alle ore 20:30 presso i Carmini, in corso Fogazzaro 254. Non ci saranno ospiti d'eccezione, ma sarà l'occasione per riflettere in maniera "casalinga" su questo tema. Abbiamo pensato ad una sorta di tavola rotonda cui parteciperanno persone rappresentative di diverse aree in movimento (senza, però, che le stesse siano considerate dei "portavoce ufficiali"). Si tratta di esponenti dell'associazionismo impegnato sulle problematiche Nord/Sud, dell'ambiente, della pace, della giustizia, del mondo del lavoro, di tutti quei temi, insomma, che sono di casa al pldm. Ad essi, abbiamo dato il compito di introdurre la serata, fornendo spunti alla discussione. Che vorremmo la più partecipata possibile
La non violenza possibile: una sfida per la missione’. È il tema del convegno promosso dalla Fesmi (Federazione della stampa missionaria italiana) che si svolgerà a Verona, presso il Centro unitario missionario (Cum), dal 7al 9 maggio prossimi. L’iniziativa è un’occasione privilegiata per riflettere sul tema della ‘non violenza’, con l’aiuto di esperti i cui apporti saranno elaborati ed arricchiti in un’attività di dibattito e di laboratorio. “L’escalation bellica afgana, che ha fatto seguito alla tragedia delle ‘Twin Towers’ e del Pentagono, come anche i numerosi focolai di tensione in numerosi Paesi del Sud del mondo, esige da parte dei missionari un’attenzione privilegiata per un rinnovato annuncio del Vangelo della Pace”, ha commentato padre Ottavio Raimondo, segretario nazionale della Fesmi. Tra i partecipanti al convegno figurano i teologi Tissa Balasuriya dello Sri Lanka e don Gianni Colzani. Per ulteriori informazioni: raggio@rivistaraggio.org - sermis@emi.it
L’Islam è entrato nelle nostre case, nei nostri pensieri, nella nostra narrativa. Ecco i prossimi incontri con Gaetano Bellorio, autore del romanzo Allearsi col vento (Paoline 2001) che affronta temi e nodi dell’islam e dell’ebraismo. Giovedì 9 maggio, Comune di Sona, Sala Consiliare, ore 20,30, nell’ambito del progetto “Leggere 2002.
CONTRO LA GUERRA INFINITA, COSTRUIAMO LA PACE IN ISRAELE E PALESTINA. MANIFESTAZIONE A VERONA, VENERDÌ 10 MAGGIO 2002, ORE 17 PIAZZA BRÀ, PRESIDIO CON MOSTRA FOTOGRAFICA; ORE 21 - FIACCOLATA DA PIAZZA BRÀ A PIAZZA DANTE. CONCERTO PIAZZA DANTE. Promuovono: Associazione per la Pace, ATTAC, AUSER, Centro informazione maternità Il Melograno, CESTIM, Chiesa Valdese di Verona, Comunità La Madonnina, Donne Città Futura, Donne in Nero, Filo d’Arianna, LOC, Movimento Nonviolento, Pax Christi, Rete Lilliput, Proutist Universal, Rete Radiè Resch, , Verona Social Forum. Coordinamento Comitati Ulivo, Coordinamento Donne D.S., Federazione D.S., Giovani Comunisti, La Margherita, Movimento Cristiano Sociali, Partito dei Comunisti italiani, Partito della Rifondazione Comunista, S.D.I., Sinistra Giovanile, Verdi, Verdi della Colomba. CGIL, CISL, UIL
10/05/2002 - Verona - Gaetano Bellorio: «Allearsi con vento»L’Islam è entrato nelle nostre case, nei nostri pensieri, nella nostra narrativa. Ecco i prossimi incontri con Gaetano Bellorio, autore del romanzo Allearsi col vento (Paoline 2001) che affronta temi e nodi dell’islam e dell’ebraismo. Venerdì 10 maggio, ore 18.00, Cisl Scuola, sala Pastore, in Lungadige Galtarossa presso la sede provinciale della Cisl di Verona. (Questo incontro è rivolto, in modo particolare, ai docenti). Coadiuveranno l’autore i lettori del progetto “Leggere in famiglia” ed Elisa Zoppei.
L'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (Dip. Scienze Religiose) organizza una giornata di convegno (inizio ore 9, presso l'Aula Pio XI, Largo Gemelli 1, Milano) sul tema: «Non è giustizia rispondere con il male al male. Un punto d'incontro fra le tradizioni religiose?». Per informazioni: 02 72342287 dipscire@mi.unicatt.it
11/05/2002 - Verona - LE FOIBE: LA VERITA' STORICA - LA PROPAGANDA FASCISTA
«LE FOIBE: LA VERITA' STORICA - LA PROPAGANDA FASCISTA» è il tema dell'incontro organizzato dal Partito della Rifondazione Comunista Federazione di Verona (via Frangini 9/a - tel. 0458013200) SABATO 11 MAGGIO, ore 15, Verona - presso SALA LUCCHI (Palazzina Servizi dello Stadio). Ospite dell'INCONTRO sarà CLAUDIA CERNIGOI, giornalista pubblicista, autrice del libro "Operazione foibe a Trieste".
11/05/2002 - Verona - La Rondine... in Festa
In occasione della Giornata Europea delle Botteghe del Mondo, la Cooperativa "La Rondine" di Verona organizza una grande festa, con la straordinaria esibizione dei «La va tuto band». La serata proseguirà ballando con DJ Leo. Spaghetti e Sangria a Mezzanotte. La bella iniziativa si terrà presso la parrocchia "Sacra Famiglia", Piazzale Sforni 1 (Genovesa) Verona.
12/05/2002 - Quinzano (VR) - MARCIA PER LA PACE... A VERONA
In concomitanza con la Marcia straordinaria per la Pace che si terrà il 12 maggio a Perugia-Assisi, sulle colline a ridosso della città di Verona cammineremo percorrendo luoghi naturali ed intercalando momenti di sosta riempiti dell'ascolto di alcune testimonianze e messaggi di pace. L'evento è nato per iniziativa di una piccola realtà, ma potrebbe essere un'occasione splendida per trovarci uniti nel segno della Pace che ogni uomo e donna di buona volontà ricerca. 12 maggio - Marcia per la Pace a Verona - IL GRUPPO "DON TONINO BELLO" IN COLLABORAZIONE CON LA PARROCCHIA DI QUINZANO (VR) ORGANIZZA DOMENICA 12 MAGGIO 2002 LA MARCIA PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE, IN CONTEMPORANEA CON LA MARCIA DI ASSISI. Programma: alle ore 10,30: Partenza dalla piazza di Quinzano, per Canova, Ronchi e Conca. Il percorso sarà intervallato da soste per ascoltare testimonianze e messaggi di pace; ore 11,45 Arrivo a S. Rocchetto per la celebrazione Eucaristica; ore 15,00 a S.Rocchetto, don Marco Campedelli presenterà con i burattini "LA PARABOLA DEL BUON SAMARITANO". Saranno presenti, in permesso giornaliero, alcuni detenuti della Casa Circondariale di Montorio che porteranno riflessioni e messaggi di pace dall'interno del carcere. N.B. In caso di maltempo, alle ore 10,30, ci sarà una veglia di preghiera per la pace nella chiesa di S. Rocchetto. (Gruppo Don Tonino Bello - Eremo San Rocchetto, fraz. Quinzano - 37125 Verona - tel. 045-8301114 resp.: Don Mario Luciano Ferrari, e-mail: elleffe54@libero.it )
12/05/2002 - Monteforte d'Alpone (VR) - Montefortland... per i bambini
Domenica 12 maggio: MONTEFORTLAND - UN POMERIGGIO DI GIOCHI. Dalle ore 14 alle 19 siete tutti invitati al cortile delle scuole Elementari di Monteforte. Un'iniziativa della “Città dei Bambini” con il Consiglio dei Bambini. (Info: ciandre@libero.it )
12/05/2002 - Padova - Carcere: salviamo gli affettiGIORNATA DI STUDI sul tema “Carcere: Salviamo gli affetti”. L’affettività e le relazioni famigliari nella vita delle persone detenute. L’incontro si terrà presso la Casa di Reclusione di Padova – Venerdì 10 maggio 2002. Inizio ore 9,30. Per prenotarsi: ornif@iol.it . Informazioni: www.ristretti.it
DOMENICA 12 MAGGIO Anniversario del Gruppo cattolico ghanese “S. Valentino”. S. Messa nella parrocchiale di S.Maria Maggiore (Bussolengo) ore 12,15. “RASSEGNA DI CORI AFRICANI” Piazza 26 Aprile ore 16,00 [In caso di maltempo presso il teatro di S.Maria Maggiore].
Lunedì 13 maggio - ore 20.30, presso l'Istituto Salesiano San Marco (Mestre - VE) p. ALEX ZANOTELLI parlerà sul tema: "Quale futuro? Risorse e rischi del nostro domani. Ingresso libero - infoline 041 5498111
31 maggio – 1 giugno 2002 - 1° MEETING “REGNUM DEI” arte e preghiera all’Oasi San Giacomo (Vago di Lavagno – Verona) 1° Meeting all’Oasi San Giacomo di Vago di Lavagno (Verona), casa di incontri dell’Opera Don Calabria. Il 31 maggio e 1 giugno vedremo coinvolti, nel particolare momento di arte e preghiera, artisti, sportivi, laici, religiosi e quant’altro possa servire a testimoniare pace, amore e fratellanza come Gesù insegna. La manifestazione avrà inizio il 31 maggio alle ore 9.30 con un incontro-dibattito sostenuto da Don Antonio Mazzi che tratterà il “Disagio Giovanile”, compagno di viaggio di Don Mazzi, in questo contesto, sarà il popolare cantautore cristiano Roberto Bignoli (autorevolmente riconosciuto anche all’estero dove ha ricevuto numerosi premi). Interverrà il gruppo “Jazz & Fuoco” in uno spettacolo unico al mondo fatto di musica, favole e momenti pirotecnici. La sera del 31 maggio, alle ore 21.00, si esibirà il gruppo gospel “ Venice Gospel Ensemble & Vg’s Out” diretto dal M° Luca Pitteri (Saranno Famosi – Italia 1). Giorno 1 giugno il Prof. Emilio Gandini (Presidente Nazionale delle scuole professionali cattoliche), relazionerà sulle problematiche giovanili. Artisti e sportivi daranno la loro testimonianza. Giusto una pausa pranzo e si riprenderà con un bel momento di incontro tra giovani provenienti da varie parrocchie. Si esibiranno Giovani artisti e Gruppi canori. Parteciperà il “Circolo della Danza” con un gruppo di giovani ballerine dirette da Milena Spera. La Santa Messa delle ore 18.00 avrà la singolarità di essere animata da tutti i cantautori di Dio che aderiscono al Meeting. Alle ore 21.00, dopo una performance del gruppo “Jazz & Fuoco”, Concerto dei “Cantautori di Dio”. Avremo di scena Giuseppe Cionfoli, Michele Paulicelli (ForzaVeniteGente), Paolo Migani, Claudio Venturi, P. Sergio Tommasi, Jordan Sax, Rino Davoli, Gigi Giordano, Mario Migliarese, Don Giuseppe Moscati, Don Paolo Auricchio e altri. I due incontri mattutini saranno preceduti da un breve percorso Storico-Culturale sull’Oasi San Giacomo e sul Colle del Grigliano. Aspettiamo numerose adesioni da gruppi parrocchiali,oratori,scuole e da chiunque abbia voglia di esibirsi e incontrarsi con giovani e non di altre parrocchie, altre realtà, ma dello stesso ideale: Gesù. Contatti: Oasi San Giacomo Vago di Lavagno – Verona - Tel. 045.99.18.66 - Fax 045.99.15.48 Spaziofioritomariano@libero.it Organizzazione e Direzione Artistica : Rino Davoli: 338/5882169 rinodavoli@libero.it
Siamo giunti al terzo incontro di NOI SIAMO CHIESA del Piemonte, della Lombardia e di altre regioni del Nord. L’appuntamento è per DOMENICA 16 GIUGNO 2002 ALLA "CASCINA CONTINA" NEL COMUNE DI ROSATE, TRA MILANO E PAVIA (per arrivare alla cascina uscita al casello di Binasco dell'autostrada Milano- Genova, prendere la direzione di Abbiategrasso, dopo 9 chilometri c'è il paese di Rosate, chiedere della scuola media davanti alla quale c'è un incrocio con semaforo dove è segnalata con indicatore stradale la direzione per la cascina che dista circa un chilometro) comoda per i milanesi ma anche abbastanza per i piemontesi. Un incontro annuale voluto per ascoltarci tra fratelli e sorelle in Cristo che si confrontano in un momento difficile e doloroso per la nostra società, per il mondo e per la Chiesa. Una comunità "imperfetta", laica, quel popolo di Dio chiamato a realizzare quell’ "altro mondo possibile" fatto di giustizia, di pace e di solidarietà. Per l'ordine dei lavori, oltre alla liturgia, lo svolgimento della giornata non dovrebbe scostarsi molto da quelle già realizzate negli anni precedenti. Si darà uno spazio particolare alla nostra presenza nella nuova situazione che ci coinvolge (Genova, Porto Alegre ecc....prossimo Forum Sociale Europeo) ed alle iniziative concrete (esempio: la nuova Costituzione europea con la linea del Vaticano che vuole spazi e ruoli per la Chiesa e per le cosiddette matrici cristiane dell'Europa). Cambia solo il luogo di ritrovo che, come avete visto, non è più Albugnano in Piemonte dove siamo stati ospiti per ben due anni. L’orario di ritrovo sarà presso la "Cascina Contina" alle ore 9.30 ed inizio dei lavori verso le ore 10.00 del mattino. Il pranzo comunitario sarà attorno alle ore 12.30 e sarà fornito dalla comunità che ci ospita. Nel pomeriggio i lavori riprenderanno attorno alle ore 14.00 e si concluderanno alle ore 17.00 circa con l’Eucarestia.PER INFORMAZIONI ED ISCRIZIONI (entro e non oltre il 13 Giugno 2002) : VITTORIO BELLAVITE – tel. 02/2664753 – e-mail: vi.bel@iol.it
IN PRIMO PIANO
ALEX È TORNATO/2 Ha rimesso piede, alla chetichella,
in Italia. Con il cuore ancora gonfio per il distacco dalla sua Korogocho. Ha
affidato a Nigrizia le sue emozioni nell'intervallo tra una missione e l'altra.
Ed è già in cammino sulle strade d'Italia. Padre Zanotelli ha rimesso piede, alla
chetichella, nella serata di giovedì 18 aprile, sul suolo italiano. Con il cuore
ancora gonfio di emozione per il distacco dalla sua Korogocho. L'ultima sera
trascorsa nella bidonville che ha abitato e animato per dodici anni, l'ha
vissuta con una celebrazione. "Vi hanno preso parte non solo i leader delle
nostre piccole comunità cattoliche, ma anche delle altre chiese", ricorda
commosso, magro e vestito più che mai a casaccio. E si stupisce di quanto i
giorni del commiato gli hanno fatto toccare con mano: l'atteggiamento di
vicinanza e di considerazione da parte di tanti da cui non è scontato
meritarsela. "…E non è facile essere bianchi oggi in Africa, in Kenya", commenta
Alex. (Il bianco – si intenda – è visto come erede diretto, se non ancora
protagonista, di un atteggiamento coloniale oggi non più tollerato). Mentre
volta pagina, padre Zanotelli già pensa al prossimo inserimento. Vede Palermo,
ma potrebbe essere Napoli o altrove, sempre come un luogo appropriato, in
continuità con il suo stile di missione. Che soprattutto non vuole vedere
"burocratizzarsi" davanti a un computer. Appena messo piede in Italia, ha
affidato a Nigrizia – a voce come faceva telefonicamente da Nairobi – il
testo della rubrica che tiene sulla rivista. Risponde a un lettore che gli
esprime perplessità a proposito delle sue affermazioni sul "Vaticano prigioniero
della diplomazia" e la "chiesa… prigioniera di Berlusconi". "Io non ce l’ho con
i potenti della terra – dice Zanotelli nel suo intervento che apparirà su
Nigrizia di maggio - e credo che pur essendo l’autogovernarsi dal basso
qualcosa di profondamente evangelico, questo non significa che non abbiamo
bisogno di vescovi; anzi le guide sono fondamentali. Però rimane il fatto che il
Vaticano è prigioniero di un tipo di diplomazia; che il Vaticano è uno stato che
poteva andare bene il secolo scorso, ma oggi penso che una religione che ha un
miliardo di adepti non ha bisogno di uno stato. Un conto è la diplomazia
evangelica, un altro la diplomazia del potere e del rapporto tra gli stati". "La
chiesa italiana, poi – e qui padre Alex cita Martin Luther King – oggi "è un
termometro della società italiana, non un termostato" che la trasforma. E noi
cattolici ci siamo adeguati, perché non abbiamo più nulla da dire. Mentre la
chiesa sarebbe chiamata ad essere coscienza critica". Al ritorno da quasi
quindici anni "nei sotterranei della storia", le provocazioni di Alex appaiono
sempre meno urlate, ma lanciate con crescente pacatezza e autorevolezza. Per
questo più penetranti. Appello per la marcia di
Barbiana Ripartiamo insieme da Barbiana, il 19 maggio 2002, con una marcia pacifica
per la qualificazione e il rilancio della scuola per tutti e per ciascuno, per
la garanzia dei diritti di cittadinanza sociale delle nostre ragazze e dei
nostri ragazzi, per un futuro democratico e civile del nostro paese. Legge 185 (Commercio Armi): e-mail dell'on.
Valpiana Cari amici, rispondo collettivamente alle
numerosissime e-mail arrivate per chiedere un voto contrario al d.d.l.1927
"Accordo quadro per la ristrutturazione e le attività dell’industria europea per
la difesa nonché modifiche alla legge 9 luglio 1990, n.185" che recepisce
l’accordo di Farnbourgh del 27 luglio 2000, intercorso tra sei paesi dei
quindici appartenenti all’Unione europea. L’Italia, purtroppo, era tra
questi e l’accordo è stato fatto dall’allora governo di centro-sinistra che ha
lasciato questa amara eredità all’attuale Governo di destra che lo recepisce, se
possibile, rendendolo ancora più pericoloso. Ringrazio ciascuno di voi per
l’impegno e lo stimolo che, mi auguro, avrete inviato anche e soprattutto ai
parlamentari di gruppi le cui posizioni ‘pacifiste’ e contro la guerra non sono
così scontate come le nostre, assicurandovi una risposta positiva al vostro
appello. La 185 è stata
ed è condivisa da Rifondazione Comunista perché è ispirata a principi di
controllo e trasparenza della produzione bellica, offre la possibilità di
monitorare l’esportazione di armi e di controllare le dinamiche dell’industria
bellica e del mondo bancario collegato alla produzione di armi. Questo ddl
stravolge l’impianto normativo della 185, eliminando, da una parte, il divieto
del commercio di armi verso Paesi in guerra o in cui siano violati i diritti
umani, limitando, dall’altra, il controllo e la vigilanza del Parlamento su
questo settore, con una progressiva autonomizzazione della produzione bellica e
una crescente liberalizzazione del commercio delle armi. Assieme agli altri deputati e
deputate di Rifondazione Comunista, proporrò e sosterrò tutti gli emendamenti
possibili per salvaguardare la legge 185 e contro il meccanismo della
"autorizzazione globale". Il mio e nostro voto finale, poi, sarà sicuramente
negativo, perché non vogliamo condividere nulla di un’Europa nel segno della
guerra. Nella
speranza che la nostra comune battaglia possa avere successo (almeno un po’) vi
invio i miei migliori saluti.
(Tiziana Valpiana, deputata PRC Verona) Rete Lilliput e A.C.L.I. di Verona hanno organizzato il
trasporto con pullman per prendere parte alla Marcia PERUGIA – ASSISI del 12
maggio. Due le possibilità: PARTENZA SABATO 11 MAGGIO, nel pomeriggio,
pernottamento presso un villaggio turistico nei pressi del Lago Trasimeno,
spostamento la mattina della domenica a Perugia, ritorno la domenica sera da
Assisi. Quota individuale: € 60; PARTENZA NELLA NOTTE FRA SABATO 11 E DOMENICA
12, ritorno da Assisi la domenica sera. Quota individuale: € 30. ISCRIZIONE
PRESSO Segreteria Provinciale A.C.L.I. , interrato dell’Acqua Morta n. 22, VR,
Tel. 045/8065531 – LUCIANO FARRIS – ENTRO L’8 MAGGIO. Il versamento delle quote
avverrà all’atto dell’iscrizione. Arci di
Verona MARCIA STRAORDINARIA PERUGIA ASSISI per la pace in
Medio Oriente. L'Arci, Comitato di Verona e Associazione per
la Pace di Verona organizzano il pullman per
partecipare alla Marcia con partenza da Via Città di Nimes alle ore 3 di
domenica 12 maggio; l'arrivo é previsto per le ore 9 al Giardino del Frontone
oppure per le 9.30-10 a Ponte San Giovanni. Per le persone
che non si sentono in grado di percorrere i 25 km, si segnala la possibilità
di aspettare il corteo a Bastia Umbra per concludere la marcia ad
Assisi. Il ritorno a Verona é previsto per le ore
24. E' necessario iscriversi entro il 9 maggio. Quota individuale € 25 da versarsi all'atto di iscrizione. Per informazioni ARCI n.a. di Verona, Via C.Cattaneo, 14 (in orario
d'ufficio) tel. 045 8033589 fax 045 8033757 e-mail verona@arci.it ; per informazioni e
documentazione consultare il sito www.arci.verona.it Nei prossimi giorni la Camera dei deputati discuterà una
mozione per la revoca dell'embargo all'Iraq presentata come primo firmatario
dall'Onorevole Bianchi. La mozione chiede tra l'altro lo sblocco dei contratti
per generi di prima necessità bloccati alla Commissione per le sanzioni dagli
Stati Uniti, la riapertura della ambasciata a Baghdad e impegna il governo a
proporre formalmente alle Nazioni Unite la fissazione di una data per la revoca
delle sanzioni economiche. Se approvata sarebbe la posizione più avanzata mai
presa da un paese europeo sulla questione dell'embargo. L'associazione "Un Ponte
per..." ha promosso un appello per fare pressione sui parlamentari italiani e
per sollecitare un voto favorevole alla revoca dell'embrago. L'appello può
essere firmato collegandosi al sito www.unponteper.it/nontagliolacorda
oppure anche dal sito della rete Lilliput www.retelilliput.org APPELLO
A TUTTE LE DONNE E GLI UOMINI SENSIBILI ALLE RAGIONI DELL’AUTO-DETERMINAZIONE
FEMMINILE E DI UNO STATO LAICO E DI
DIRITTO Mercoledì 27
marzo u.s. sono stati presentati alla camera dei Deputati, per la discussione
sulle linee generali, il progetto di legge unificato sulla procreazione
medicalmente assistita - relatrice l'on. Dorina Bianchi (UCD) - e i tre testi di
minoranza, firmati da Maura Cossutta (PCDI), Laura Cima (Verdi) e Tiziana
Valpiana (PRC). I testi
in questione sono reperibili al sito della Camera dei Deputati (progetti di
legge - ricerca per numero - inserire numero 47- il testo base della maggioranza
è il 47-A, i testi di minoranza dal 47-A-bis al 47-A-quater). Alla ripresa dei
lavori dopo la pausa per le elezioni amministrative è calendarizzato il
dibattito con voto sugli articoli. La maggioranza preme per concludere la
discussione in tempi brevi (il 27 e il 28 maggio) e inviare al più presto il
testo approvato al Senato. Penso sia il momento di organizzare
assemblee di donne e uomini in cui vagliare e decidere forti e significative
prese di posizione contro questo progetto di legge, incontri e discussioni
pubbliche al fine di concordare iniziative adeguate alla gravità della
situazione, affinché il tema acquisti visibilità pubblica e riesca a incidere
sulla travagliata vicenda di questo nefasto progetto di legge. E' perciò della
massima importanza aprire un'interlocuzione con tutte quelle voci critiche che
nella scorsa legislatura hanno pubblicamente espresso il loro dissenso:
operatrici/tori dei centri spesso uniti in associazione con gli stessi utenti,
intellettuali, giuriste/i, scienziate/i, ricercatrici/tori e quella stessa parte
del mondo cattolico sensibile al principio della laicità dello
Stato. Il progetto di
legge fermamente sostenuto da una cospicua maggioranza trasversale, riproduce -
salvo poche modifiche - il testo affossato al Senato nella scorsa legislatura
fondato su pre-giudizi ideologici ed etici di chiara ispirazione
confessionale. Vi si
ribadisce, in forma persino peggiorativa, il principio della soggettività del
"concepito", da cui discendono norme aberranti come l'adottabilità degli
embrioni crio-conservati eccedenti non utilizzati, nonché modalità di
applicazione delle tecniche altamente nocive per la salute delle donne e dello
stesso "nascituro".Il
primato femminile in ambito procreativo sancito dalla natura e dalla legge
194/78 viene azzerato, così come norme fondative del Nuovo diritto di famiglia e
il principio istitutivo del diritto di accesso alla capacità giuridica enunciato
all'art.1 del Codice Civile. Per questo e molti altri motivi il testo da me
presentato come relatrice di minoranza sostiene che su tale materia è
sufficiente l'emanazione di un regolamento dei centri pubblici e privati da
parte del Ministro della Sanità, e che tutt'al più si possa parlare di una legge
leggera che rinunci a qualsiasi pretesa di imporre diktat etici sui rapporti
affettivi e relazionali e sulle scelte sessuali e procreative delle donne e
degli uomini di questo paese. Tutti argomenti che in uno Stato laico di diritto
non possono essere oggetto di normazione giuridica. Ma il solo lavoro parlamentare non
basta, occorre il lavoro di tante, che ne parlino, che continuino a inondare la
Commissione Affari Sociali e il Parlamento tutto (specialmente i e le
parlamentari della maggioranza di centro destra) con e-mail che esprimano il
rifiuto di una legge così concepita.Non dimentichiamo, tra l'altro, che
il Movimento per la Vita ha depositato in Parlamento 500.000 firme a sostegno
del riconoscimento giuridico della soggettività dell'embrione. Una ragione in
più per attrezzarci a dare una risposta forte, decisa e visibile. (TIZIANA
VALPIANA, deputata PRC) GREENPEACE: L'ITALIA SOSTIENE IL
GIAPPONE NELLA CACCIA ALLE BALENE? Roma, 3
maggio 2002 Mancano solo due settimane alla Conferenza della Commissione
Baleniera Internazionale, che si terra' dal 20 al 25 maggio a Shimonoseki, porto
baleniero giapponese e l'Italia non ha ancora reso nota la sua posizione. "In
questi giorni il ministro Alemanno e' in visita ufficiale in Giappone, dove
incontrera' i ministri dell'agricoltura, degli esteri e dell'economia. E'
l'occasione per chiarire qual e' la posizione del nostro Paese sulla caccia alle
balene ha detto Domitilla Senni, direttore generale di Greenpeace ci aspettiamo
una ferma condanna della politica nipponica di acquisto dei voti dei paesi in
via di sviluppo". Negli ultimi 10 anni il governo giapponese ha investito piu'
di 300 milioni di dollari per promuovere la ripresa della caccia commerciale
delle balene. Utilizzando i fondi destinati all'aiuto allo sviluppo nel settore
della pesca , il Giappone ha "comprato" il voto di numerosi paesi in via di
sviluppo con l'intento di costituire all'interno dell'IWC una nuova maggioranza
necessaria per abrogare la moratoria sulla caccia alle balene. Moratoria che,
dal 1987, era stata votata dalla Commissione Baleniera Internazionale . Solo nel
2001 il Giappone ha speso qualcosa come 47 milioni di dollari, 41 milioni di
euro, per convincere alcuni paesi a votare a favore della ripresa della
caccia. Le no-news di «CARTA» settimanale, in edicola dal 2 all'8
maggio
Il grido di padre Alex: "Chiesa
berlusconizzata"
Zanotelli è tornato in Trentino: resterà
definitivamente in Italia a fare il missionario. Dopo più di 12 anni in Africa,
il comboniano ha lasciato Korogocho. "La tragedia di avere eletto Berlusconi è
che ai giovani è stato messo a modello uno che predica il successo dei soldi".
"Purtroppo la Chiesa non è più coscienza critica della società. È diventata
parte del sistema". Andrà tra gli emarginati di Palermo. "Voglio essere tra gli
ultimi". Lancia l´accusa: "Trentino materialista ha perso se
stesso"
di PIERANGELO GIOVANETTI (l'Adige
20/04/02)
Sull´aereo che lo riportava in Italia dopo il suo addio a
Korogocho, ha preso in mano la Bibbia e s´è messo a rileggere l´Apocalisse:
"Allora la terra intera, presa d´ammirazione, andò dietro alla bestia e gli
uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia e adorarono la
bestia... L´adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto
nel libro della vita dell´agnello immolato".
"Vedi - dice padre Alex -, la
Bestia è l´Impero, il Faraone, la potenza demoniaca che opprime e schiaccia i
più deboli. I cristiani sono quelli che resistono alla Bestia, mentre gli altri
si identificano con il sistema. Purtroppo oggi la Chiesa in Italia si è
berlusconizzata, e non ha più voce nel denunciare la Bestia. Ha perso la
profezia. Non ci si deve meravigliare se oggi non ci sono più vocazioni. Se i
valori dominanti sono il denaro, il successo, l´edonismo, non ci possono essere
preti. Perché la missione del
prete è quella di donare la vita". Alex
Zanotelli ha lasciato l´Africa ed è tornato a fare il missionario in Italia.
Andrà probabilmente a Palermo, in una periferia tra gli emarginati. "Per dare un
segno concreto che la Chiesa è dalla parte degli ultimi, anche in
Italia".
Padre Alex, ora che hai lasciato l´Africa cosa
farai?
"Andrò tra gli emarginati di una grande città del Sud,
probabilmente Palermo. Stiamo definendo con i miei superiori comboniani cosa è
meglio fare. Comunque starò con la gente. Anche per richiamare la Chiesa
italiana a stare dalla parte degli emarginati. Per me è elemento fondante.
Altrimenti si rischia di diventare dei burocrati. Poi mi impegnerò a livello
europeo, a Bruxelles, in attività di lobbying, per far pesare la forza dei
movimenti di base italiana lì dove si prendono le decisioni
economiche".
Che impressione hai, venendo dalle baraccopoli di
Nairobi e dalla tua montagna di immondizie di Korogocho, a ritornare in
Italia?
"Provo un grande malessere per l´assurdità di un sistema che
permette a pochi di avere tutto e alla maggior parte di non avere niente.
Dobbiamo smetterla di pensare che questa gente è così perché vuole essere così.
È così perché c´è un sistema politico-economico che li riduce così. La mia
rabbia, in senso evangelico, è quella di vedere il grande peccato, di vedere
infranto il sogno di Dio. Se non ci fossero le possibilità, uno direbbe: vabbè,
non si può. Quello che fa male è che abbiamo un mondo mal
spartito.
Basterebbe che fosse spartito un po´ più
equamente".
Padre Gheddo, missionario del Pime, oggi a Trento, nel
suo ultimo libro "Davide e Golia", sostiene una tesi opposta. Dice che la causa
del sottosviluppo dell´Africa non è la diseguaglianza Nord-Sud ma sta nelle
dirigenze dei Paesi africani che non sono state in grado di garantire lo
sviluppo al continente nero. Chi ha ragione?
"È vero che le
dirigenze africane hanno tradito i loro popoli. Riconosco anch´io che non ci
sono solo ragioni esterne ma anche interne nella miseria degli africani. È di
una gravità estrema però, dire come fa padre Gheddo che il sottosviluppo è
legato al fatto religioso. Cioè affermare che è il cristianesimo che porta lo
sviluppo, mentre le altre religioni fermano al sottosviluppo. Questa mentalità,
tipica dell´Occidente, è alla base del colonialismo e tutt´oggi
dell´imperialismo. Alois Pieris, teologo asiatico dello Sri Lanka, con i suoi
libri ha smentito pesantemente questa tesi di Gheddo, che è gravissima.
L´esperienza cristiana è motivante per un cammino di liberazione. Ma non è detto
che ciò ci sia solo nel cristianesimo. Altrimenti significa negare che Dio
lavora anche attraverso le altre religioni. Del resto Gheddo è convinto che
occorre ricolonizzare l´Africa. Un discorso di un razzismo che mi
spaventa".
Padre Gheddo smentisce anche la tesi terzomondista secondo
cui occorre cancellare il debito come prima risposta all´emergenza dei Paesi
poveri. Gheddo dice che la prima emergenza è quella educativa e culturale e
chiama in causa l´Occidente.
"Padre Gheddo non legge in chiave
economica la situazione globale. Gli Stati Uniti andranno a spendere quest´ anno
500 miliardi di dollari in armamenti. Con i 250 miliardi che l´Europa spendereà
quest´anno, fanno 750 miliardi che potrebbero essere investiti in vita e invece
sono usati per difendere il sistema, quello che vede il 20% del mondo consumare
l´83% delle risorse. Questo ce lo possiamo permettere alla stessa maniera per
cui in Sudafrica 5 milioni di bianchi tenevano in scacco 30 milioni di neri,
pappandosi il 90% delle risorse. Cosa glielo permetteva? Le armi. La stessa cosa
che facciamo noi oggi con i poveri del Sud del mondo. Spendiamo 750 miliardi di
dollari quando la banca mondiale dice che con 13 miliardi di dollari
risolveremmo il problema fame e sanità".
Però se oggi in Italia un
politico si presentasse alle elezioni dicendo di voler ridurre i consumi del 10%
lo prenderebbero per pazzo. Perchè ridurre del 10% i consumi vuol dire centinaia
di migliaia di disoccupati, crollo della crescita economica, recessione, ccetera
eccetera. Per certi versi il sistema è diventato
irreversibile.
"Irreversibile verso la morte. Se andiamo avanti in
questa maniera, si va verso la morte. Dobbiamo esserne consapevoli, però. Se,
per esempio, il miliardo e 400 milioni di cinesi si dotano di un´automobile
ciascuno, come abbiamo noi, chi potrà più vivere in questo mondo? Siamo arrivati
ad un punto in cui non è possibile andare avanti con un sistema che spinge a
produrre sempre di più. Gli scienziati ci danno il tempo limite di cinquant´anni
per cambiare. Se entro quella data non c´è mutamento di rotta, saranno intaccate
per sempre le radici ecologiche che permettono alle generazioni future di
sopravvivere".
Una soluzione forse qualcuno l´ha pensata: congeliamo
il sistema com´ è. Noi pochi ricchi restiamo ricchi, e impediamo ai poveri di
diventare ricchi come noi.
"Va bene, basta dirlo. Diciamolo anche a
Gheddo. Teniamo il 20% della popolazione che sta benissimo e lasciamo l´80%
nella fame. Io, come credente, proprio perché appartengo alla tradizione biblica
di un Dio che sogna per l´umanità un´economia di eguaglianza, non lo posso
accettare. Devo gridare".
Non sono molti a gridare. Perchè, per
esempio, secondo te oggi non c´è più nessuno che vuole fare il
prete?
"I soldi, il successo, il vivere bene non si conciliano con
la vita del prete. Perché la vocazione del prete è quella di donare la vita.
Sono due mentalità che non si conciliano. Se nella società sono questi i valori
dominanti, è chiaro che non ci sono più vocazioni. Martin Luther King diceva che
la Chiesa è chiamata ad essere non il termometro della società, ma il
termostato. Oggi invece abbiamo una chiesa che è il termometro: misura quelli
che sono i valori di questa società. Invece dovrebbe cambiarli. Dovrebbe essere
coscienza critica. Purtroppo non ci siamo. Oggi la Chiesa italiana si è
berlusconizzata. È diventata parte del sistema".
Quale dovrebbe
essere il compito della Chiesa oggi, anche in Trentino?
"Essere
coscienza critica della società: una critica chiara, sociale economica politica,
senza mezzi termini. Secondo, deve proporre dei valori, ma con gioia di vivere.
La vita è bella, ha ragione Benigni. Dà gioia molto di più che arrabattarsi per
quattro soldi. La Chiesa dovrebbe offrire questa alternatività".
Come
si può invertire l´atrofia della Chiesa di oggi?
"Partendo dalla
base, da comunità che vivono questo. Dall´alto, dalla gerarchia, non mi aspetto
grandi cambiamenti. Oggi alla maggior parte dei vescovi italiani basta avere i
soldi per le scuole private. Un invischiamento che ti lega. La Chiesa ha bisogno
di libertà, di spaccare con questi sistemi. E invece con due soldi ti
imbrigliano le mani".
Come hai trovato il Trentino di ritorno da
Korogocho?
"Chiuso nel suo materialismo. È questo il degrado. Oggi
girando il Trentino avverto il senso totale della disgregazione sociale, della
atomizzazione, in cui ognuno è per sè a fare i propri affari. Il materialismo
porta all´edonismo: si fa solo quello che riempie la pancia. È la violazione
delle nostre radici storiche. Basta vedere a come abbiamo ridotto l´esperienza
religiosa. Non ha più niente di vitale, non ti tocca, non ti entra con la
famiglia. Al massimo è qualcosa di individualistico. La dinamica religiosa delle
nostre comunità è stata stravolta. Fondante in Trentino può essere ripartire
dalla montagna, il ritorno alla montagna vissuta come momento di trascendenza,
di spiritualità, di andare oltre. Non dobbiamo inventare niente: solo ritornare
al cordone ombelicale che abbiamo reciso".
Troppi
soldi?
"Sì, il materialismo dominate è il degrado. Pensate alla
tragedia di avere eletto Berlusconi, di avere messo come modello per i nostri
giovani uno che dice che bisogna far fortuna coi soldi, farli come si vuole, ma
farli".
In cosa hanno sbagliato le due generazioni precedenti, se i
giovani sono intrisi di materialismo?
"Credo bisogna risalire agli
anni del Dopoguerra, quando abbiamo imboccato la via americana del consumismo. È
la svolta, la spaccatura, che ha portato Dossetti, Carretto, Lazzati a lasciare
la politica. Siamo entrati nel sistema. L´America ha aperto i rubinetti, e
via... La Chiesa però dovrebbe avere un´altra visione. Io sono legato ad una
tradizione biblica che vive il sogno di Dio, quello che affida a Mosè di uscire
dall´Impero del Faraone, di imboccare un´economia di eguaglianza, che a sua
volta chiede una politica di giustizia, e richiede un´esperienza religiosa.
Anche chi si definisce ateo o agnostico in fondo cerca Dio, ma non si ritrova in
questa immagine di Dio che forniamo loro".
Giancarlo Innocenzi,
sottosegretario del governo Berlusconi, ha accusato la Chiesa trentina di fare
politica e di stare dalla parte dei noglobal.
"Innocenzi dovrebbe
andare a leggersi la Bibbia. Troverebbe un Dio che chiede una politica di
eguaglianza, una politica di giustizia. Non è il dio del faraone, il dio di
Berlusconi. È il Dio delle vittime di questo sistema. Questo ci dice la
Bibbia".
INFORMAZIONI E
RIFLESSIONI
(NAZIONALE)
Don
Lorenzo Milani e la sua scuola di Barbiana rappresentano un punto storico dei
nostri valori educativi. A cinquant'anni da quella esperienza il messaggio di
fondo che da lì viene, è il nostro messaggio. Una scuola di Socrate che insegni
a ragionare e ad essere cittadini sovrani. Una scuola laica e pubblica,
preoccupata di garantire ad ognuno la propria realizzazione personale, a partire
da chi ha di meno. Una scuola della ricerca, della cooperazione, per
l'uguaglianza delle opportunità. La marcia vuol essere un'occasione per dare
forza ad un movimento pluralista e democratico che nel paese, nelle scuole,
nelle autonomie locali, tra gli studenti, nelle associazioni professionali e
sindacali, sviluppi maggiore passione politica e culturale per migliorare il
nostro sistema formativo, per una qualificazione professionale degli operatori,
per un rapporto più intenso e integrato con il territorio. Il 19 maggio sarà una
giornata di proposta e identità, perché si riparta da Barbiana, ridiscutendo
quello che negli scorsi anni si era iniziato a realizzare, per migliorare
l'autonomia scolastica e la riforma dei cicli.
Una giornata per dire no alle
proposte dell'attuale governo perchè porterebbero alla deriva la scuola
pubblica. Diciamo no a provvedimenti che introducono nuova discriminazione e
selezione, tagli allo stato sociale, scelte conservatrici sugli insegnamenti,
separazione precoce tra percorsi liceali e percorsi professionali, curricoli
etnico-regionali, forti limitazioni all'autonomia scolastica. Vogliamo
confermare il valore costituzionale e democratico della nostra scuola, nata
dalla Liberazione e figlia di valori comuni per tutti: libertà, uguaglianza,
pluralismo, solidarietà.
A differenza di molti ebrei disperati, continuo a pensare che la
salvezza d’Israele dall’annientamento e dalla perdizione resti un obbiettivo
condiviso anche da chi ebreo non è. Nego che l’Occidente sia impegnato in una
guerra santa con l’Islam e a maggior ragione nego che possa decidere di
sacrificare gli ebrei per amor di pace. Siccome però qualcosa di simile è
avvenuto non più tardi di sessanta anni fa, sarà bene farci un esame di
coscienza supplementare.
Dobbiamo chiedere, innanzitutto a noi stessi, se
potremmo mai accettare da un punto di vista etico, religioso, politico, e
perfino di convenienza, la cancellazione dello Stato ebraico rinato solo
cinquantacinque anni fa nei luoghi della Bibbia, interrompendovi l’omogeneità
della presenza islamica. Non è una domanda oziosa, né un tentativo di
minimizzare i torti inflitti ai palestinesi dal 1967 in poi. In passato la
supremazia militare poteva salvaguardare forse Israele dalle stesse insidie
della demografia, ma solo fin tanto che il fondamentalismo islamico non ha
assunto un peso decisivo in Medio Oriente, stravolgendo le categorie
tradizionali della deterrenza bellica grazie alla pratica sistematica del
terrorismo suicida, nobilitato come martirio. Si tratta di una novità
sconvolgente ma ancora purtroppo sottovalutata nelle sue potenzialità,
nonostante siano già centocinquanta i giovanissimi shahid che hanno eluso gli
apparati di sicurezza israeliani facendosi esplodere sugli autobus, nei mercati,
nei ristoranti, nelle discoteche.
Celebrati come eroi dalla propaganda araba,
beatificati in contraddizione con la stessa dottrina coranica, spesso rispettati
come coraggiosi partigiani anche in Occidente, questi martiri assassini non
vanno certo all’assalto per costruire uno Stato palestinese accanto allo Stato
ebraico. Al contrario, assumono la causa nazionale palestinese come fondamento
teologico di una guerra totale all’"empietà" ebraica, cristiana, occidentale. In
quanto figli dell’occupazione militare israeliana, non possiamo considerarli
semplici emissari di Bin Laden, eppure ne condividono le finalità
totalitarie.
Mi stupisce dunque che una cristiana convertita all’Islam come
Suha Arafat, moglie del presidente dell’Anp, rivendichi il terrorismo suicida
come diritto legittimo di un popolo sottoposto a occupazione. Interrogata dal
giornale saudita "al-Majalla" su come reagirebbe se suo figlio commettesse un
attentato suicida, risponde: "C’è un onore più grande di quello di essere
martire?".
Così l’idea blasfema del sacrificio umano torna ad affiorare dopo
millenni, come se l’angelo inviato dal Signore non avesse fermato la mano di
Abramo sul monte Moriah, un attimo prima che gli sacrificasse Isacco. E la
guerra stessa cambia natura, s’imbarbarisce.
Nei cunicoli del campo profughi
di Jenin, i soldati hanno dovuto rinunciare alla protezione dei carri armati,
sono caduti nell’agguato degli uomini-bomba e hanno inseguito casa per casa i
terroristi annidati fra la popolazione civile, seminandovi la morte. Questa è la
sporca guerra del futuro, a meno di ricorrere ai bombardamenti indiscriminati
dall’alto.
Ecco perché mi sento di affermare che Israele ha bisogno della
nostra solidarietà, nonostante oggi appaia il più forte. Ha bisogno della nostra
solidarietà anche per cambiare la sua politica.
Ricordo bene l’indignazione
che provai, vent’anni fa, per la strage di Sabra e Chatila perpetrata da
falangisti cristiani senza che l’esercito israeliano intervenisse per fermarli.
Insieme ad altri ebrei milanesi andai subito a manifestare sotto le finestre del
consolato israeliano da cui mi osservava mia madre, disperata quanto me. Lo
rifarei. Allora il governo di Begin e Sharon invadeva il territorio libanese e
lo Stato ebraico non era direttamente in pericolo. La classe dirigente
israeliana si ostinava a negare l’esistenza stessa di un popolo palestinese e i
suoi diritti nazionali. In tanti, dentro e fuori Israele, ci battemmo per
vincere quella posizione oltranzista, manifestando al fianco dei
palestinesi.
Oggi la situazione è molto diversa. I governi di Gerusalemme
hanno commesso molti altri errori, in nome di un malinteso primato della
sicurezza nazionale. Hanno incoraggiato o tollerato gli insediamenti di coloni,
hanno boicottato la cooperazione economica con i palestinesi, li hanno umiliati.
E intanto i paesi arabi finanziavano e armavano il fondamentalismo di cui lo
stesso Arafat, maestro di doppiezza, sarebbe finito ostaggio. Ma tutto ciò non
toglie che adesso Israele è davvero in pericolo e noi siamo chiamati a farci
carico del suo destino.
Per questo domani andrò a deporre il mio sassolino e
a recitare il mio kaddish per i morti davanti alla sinagoga di Roma. Chiedendomi
e ancora chiedendovi: perché Israele deve vivere? Forse per me la risposta è più
semplice: perché è la terra in cui sono nati i miei genitori, i miei nonni, i
miei avi. Ma per voi? Non mi fiderei, non mi accontenterei di una risposta
legata al senso di colpa occidentale per lo sterminio ebraico del secolo scorso:
quello è inevitabilmente destinato a scemare. Mi piacerebbe invece che i
cristiani dicessero: Israele mi riguarda, è parte di me. Quando Giovanni Paolo
II, sovvertendo secoli di dottrina antigiudaica, ha solennemente riaffermato sul
monte Sinai e a Gerusalemme l’eterna validità dell’Alleanza stipulata fra il
popolo di Mosè e il Signore, assunta dai cristiani stessi come profetico sigillo
di fede, egli non ha fatto altro che attribuire significato provvidenziale - non
solo storico - alle radici ebraiche del cristianesimo.
Per questo è lecito,
certo, criticare la politica e le scelte militari israeliane. Ma non è lecito
farci male con assurdi riferimenti allo sterminio e al genocidio. Quello c’è
stato, sì, ma nella nostra Europa, dove un’intera civiltà è stata cancellata
dopo secoli di antisemitismo cristiano e pagano. Un massacro atroce di musulmani
si è consumato, in effetti, ancor più di recente, senza che nessuno muovesse un
dito. Ma non in Palestina, in Algeria: oltre centomila morti per mano dei
fondamentalisti islamici.
E ancora, ve ne prego, proibitevi ignobili
allusioni alla perfidia ebraica, che il beato papa Giovanni cancellò dal
vocabolario della liturgia. Non cadete nell’antica tentazione del paternalismo:
ma come, voi ebrei ci ripagate così della nostra generosa tolleranza? Gli
israeliani, anche sbagliando, stanno lottando per la loro sopravvivenza. Fargli
sentire che vi sta a cuore, che partecipate della loro sofferenza, non implica
minimamente venire meno alla solidarietà con i palestinesi. Al contrario,
significa trattarli da popolo adulto. Dire loro: se volete dare vita a uno
Stato, come è giusto, se volete che vi sia restituita la vostra dignità
calpestata, ribellatevi all’infamia dei sacrifici umani. Gli shahid non sono la
bomba atomica dei poveri ma un nuovo simbolo dell’oppressione cui il
fondamentalismo islamico, bestemmiando il Corano, vuole costringervi.
Voi che
portate nel cuore la santità dei luoghi in cui visse Gesù; voi che partecipate
della sofferenza dei palestinesi e - come me - avete manifestato al loro fianco;
fate sentire agli israeliani il legame indissolubile che vi unisce allo Stato
ebraico. Fate come il Papa che infilò quel biglietto nella fessura del Muro del
Pianto. Portate il vostro sassolino davanti alla sinagoga, da soli o in corteo
silenzioso. Noi siamo abituati a deporlo sulle tombe dei congiunti, a
testimonianza della nostra visita, prima di recitare il kaddish. Domani, in quel
momento, io piangerò anche i morti di Jenin.
di GIANNI MINA'
Come negli ultimi due anni, gli Stati Uniti, pur avendo perso il
seggio nella Commissione diritti umani dell'Onu, sono riusciti a far approvare a
Ginevra una mozione di censura contro Cuba anche se con il risicato margine di
due voti (23 a 21, con 9 astenuti). L'operazione è riuscita alla diplomazia
nordamericana comprando il voto di molte delle nazioni sorelle dell'isola
caraibica (Uruguay, Argentina, Guatemala, Costarica, Salvador, Perù etc.) prese
alla gola e condizionate dalle loro drammatiche situazioni economiche che, in
qualche modo, il governo di Washington ha promesso di lenire. Un rito scomposto,
basato sui ricatti ai paesi più poveri che aspettano l'elemosina di un prestito
e che quindi sono stati obbligati ad esprimere il loro voto contro Cuba,
malgrado spesso la situazione interna proprio di questi paesi registri una
violazione dei diritti umani e civili enormemente più grande e imbarazzante di
quella dell'isola di Fidel Castro. Negli ultimi anni, il ruolo ingrato di
presentare la mozione era toccato alla Repubblica Ceca, ma quest'anno, dopo la
rinunzia del governo di Vaclav Havel di recitare ancora una volta questa parte,
l'ipocrisia messa in atto è stata ancor più grande. Scartata la possibilità di
obbligare la disperata Argentina ad assumere l'incarico, perché l'imposizione
sarebbe apparsa plateale, la diplomazia Usa ha optato per l'Uruguay, che però,
essendo anch'esso un paese sull'orlo del fallimento e con poca credibilità
politica, è stato affiancato dal Guatemala. E questo rito ha assunto i caratteri
del grottesco. Non solo per le recenti prove sul coinvolgimento della giunta
militare uruguayana nell'"operazione Condor" che produsse migliaia di
desaparecidos, ma anche perché il Guatemala, salvato negli anni Ottanta tante
volte dagli Stati uniti nell'assise di Ginevra, malgrado fosse in corso nel
paese un accertato genocidio, ha attualmente come presidente del parlamento il
famigerato Efren Rios Montt, uno dei tre generali (con Lucas Garcia e Mejias
Victores) responsabili della terribile operazione «terra rasada», la campagna di
sterminio messa in atto, fino all'inizio degli anni novanta, contro le
popolazioni maya e ogni tipo di avversario politico. I risultati di quella
terribile repressione, che avrebbero dovuto obbligare Carla Del Ponte e la corte
dell'Aja a giudicarlo prima ancora di Milosevic, sono stati resi noti più volte,
ma stranamente elusi o nascosti dai grandi mezzi d'informazione. Nel `98 fu il
rapporto della Chiesa cattolica locale a squarciare il velo con il volume
Guatemala nunca mas, per il quale il vescovo Juan Gerardi venne
assassinato. Nel `99, invece, fu l'Onu a puntare il dito con un documento di
tremila pagine che chiamava addirittura in causa come complice dell'ultimo
genocidio della storia del Novecento, il governo degli Stati uniti, tanto che
Clinton fu costretto a presentare pubbliche scuse agli eredi dei maya.
I dati
sono agghiaccianti: duecentomila morti, quasi quarantamila desaparecidos, 627
massacri accertati, quattrocento villaggi indigeni scomparsi dalla carta
geografica, quasi tremila cimiteri clandestini. Ma c'è di più: in una recente
risoluzione, votata all'unanimità, il parlamento europeo si è dichiarato molto
preoccupato per le intimidazioni in atto nel Guatemala del presidente Portillo
(un pupazzo nelle mani di Rios Montt) verso tutti coloro che si sforzano di
rompere l'impunità ancora vigente dall'epoca del terrore, e verso i
sopravvissuti, i testimoni, le ong, i giornalisti, i rappresentanti politici, i
religiosi, i leader dei lavoratori agricoli ed in particolare le minacce contro
i patologi impegnati nello sforzo di riesumare le fosse comuni per raccogliere
prove di futuri giudizi.
E mentre il premio Nobel per la pace Rigoberta
Menchù, desolata per l'ignavia di molti tribunali del suo paese, è costretta a
presentare in Spagna una denuncia per il genocidio della sua gente rimasto
impunito, ancora la comunità europea segnala gli abusi commessi dall'accordo fra
molti operatori economici nazionali ed internazionali che controllano industrie
illegali o si dedicano ad attività nuove come il traffico della droga, delle
armi, al riciclaggio di denaro sporco, al furto di automobili e a sequestri per
ottenere spesso l'uso illegale di terre statali.
Che autorità morale può
avere il Guatemala quando firma la richiesta di censura di Cuba per violazione
di certi diritti? E quale autorità morale hanno gli Stati uniti ridotti a
portare avanti la loro inquietante strategia nei confronti Cuba utilizzando
metodi così disinvolti e persone così squalificate? E perché i paesi della
comunità europea, fra i primi ogni anno in autunno a votare all'Onu contro
l'embargo a Cuba (approvato solo da Usa, Israele e Isole Marshall) si
dimenticano in primavera di questa realtà?
Queste domande sono ancora più
pertinenti se si considera che la richiesta presentata dall'Uruguay con
l'appoggio del Guatemala alla Commissione dei diritti umani dell'Onu, ha dovuto
dare atto nel primo paragrafo degli sforzi fatti dalla Repubblica di Cuba
nell'affermazione dei diritti sociali della popolazione malgrado un contesto
internazionale avverso. Traguardi riguardanti educazione, protezione
dell'infanzia, sanità, cultura, pratica sportiva, tuttora sconosciuti non solo
in Uruguay e Guatemala ma in quasi tutti i paesi dell'America latina, anche se
non afflitti come Cuba da un blocco economico antistorico e immorale. Eppure
ogni volta che Fidel Castro parla, applauditissimo, a Durban (Sudafrica) lo
scorso settembre durante la conferenza Onu sullo schiavismo, o a Monterrey
(Messico) il mese scorso per la conferenza sul finanziamento e lo sviluppo dei
paesi poveri, c'è chi si adonta. Maître à penser e anche figure
preminenti di partiti italiani che si dicono progressisti, non potendo
contestare il merito delle sue denunce sullo sfruttamento della maggior parte
dell'umanità, gli contestano il diritto a farlo per la discussa questione della
violazione dei diritti civili perpetrata dalla rivoluzione nei riguardi di
alcuni dissidenti o presunti tali. L'argomento avrebbe una sua legittimità se le
nazioni in nome delle quali parlano questi opinionisti non fossero spesso le
vere responsabili, con le loro speculazioni economiche, delle tragedie umane
sulle spalle delle popolazioni povere. Quelle popolazioni delle quali si parlava
a Monterrey e la cui condizione rappresenta una vera e propria violazione di
tutti i diritti.
Ma l'opposizione alle parole di Fidel Castro è ancor più
sfacciata se a porla sono quei pensatori e quei politici (anche di sinistra) che
hanno ignorato e continuano a ignorare, per sopravvenuti rimorsi o
realpolitik, soprusi inauditi come quelli commessi dalla Cina ancora
adesso o quelli compiuti in Africa dai paesi che si autodefiniscono civili e
democratici, magari facendo fare ai bambini le guerre per i diamanti della
Sierra Leone. Sono gli stessi censori che, per restare nel continente
latinoamericano, ancora adesso ignorano quello che succede in Guatemala, o che
in Perù, fino alla recente elezione di Toledo, c'erano più di dodicimila
prigionieri politici. E sono gli stessi che fanno finta di non sapere che nel
Brasile del presidente sociologo Cardoso vengono assassinati impunemente, ogni
anno, centinaia di sindacalisti, seringueiros (estrattori di caucciù) o sem
terra, dalle guardie bianche dei terratenientes, o che, nell'attuale
Colombia senza legge del presidente Pastrana, molto amico di Bush, ci sono state
negli ultimi mesi più di mille crudeli esecuzioni messe in atto dai paramilitari
di Carlos Castaño, complici del governo di Bogotà. E infine come vogliamo
commentare la notizia di questi giorni riguardante più di duecento arrestati
desaparecidos nelle mani della polizia messicana, notizia venuta alla
luce per l'impegno di alcuni militanti delle organizzazioni umanitarie che
avevano cominciato a indagare dopo l'assassinio dell'avvocato dei diritti umani
Digna Ochoa?
Tutto questo, malgrado i suoi limiti, i suoi errori, a volte il
suo integralismo ideologico, a Cuba non è mai successo. E di questo dato
dovranno cominciare a tener conto tutti coloro che, affrontando i temi dei
diritti negati, non vogliono peccare di doppia morale o di ipocrisia. Muoiono
più bambini prima del terzo anno di vita nel District of Columbia, quello
di Washington, capitale degli Stati uniti, che a Cuba, dovette ammettere Hilary
Clinton in campagna elettorale alla vigilia della prima elezione del marito e
quando voleva varare una legge sanitaria che le multinazionali dei farmaci
boicottarono fino a costringere il presidente a metterla da parte. Dieci anni
dopo questo divario è aumentato in favore di Cuba, che ha una media di mortalità
di otto bambini su mille, prima del terzo anno di vita. Una media scandinava,
malgrado il clima e la penuria di medicine causata dall'embargo nordamericano.
Si intuisce chiaramente, allora, che nessuno di questi critici a senso unico
della revolucion si è domandato perché, contro ogni previsione, Cuba è
ancora lì, un po' affannata e un po' vitale, quasi tredici anni dopo che il
comunismo è tramontato e l'Urss, che doveva essere da noi liberata, è ora una
nazione sgretolata, a cui il mondo occidentale ha regalato la mafia, la droga,
la corruzione ma non la famosa compiuta libertà.
Perché quello della libertà
è l'argomento più forte messo in campo da maître à penser come
Panebianco, Ronchey, Mieli, quando parlano di Cuba, sorprendentemente dimentichi
che nell'area di mondo nella quale Cuba sta, la libertà è soltanto una parola,
spesso usata ipocritamente, perché l'avversario politico, nell'America latina
neoliberale, non arriva quasi mai a essere un dissidente, viene soppresso prima,
come è successo recentemente in Brasile a due sindaci del Partito dei lavoratori
di Lula da Silva. E questo anche ora che, come ha spiegato tempo fa la
conferenza episcopale guatemalteca, in Europa pensano sia tornata la democrazia
da quelle parti solo perché si vota. Per questo è legittimo porre delle domande
a questi illustri colleghi. C'è più libertà che a Cuba nel grande Brasile dei
dieci milioni di meninhos da rua e dove i medievali terratenientes sono
capaci di impedire al presidente Cardoso, dopo un doppio mandato, di varare uno
straccio di riforma agraria sul tipo di quelle europee di fine dell'ottocento?
C'è più libertà che a Cuba in tanti degli stati del Messico (non solo Chiapas ma
anche Guerrero, Puebla, Vera Cruz) dove la repressione strisciante produce
continuamente movimenti di disperati in armi e dove durante la presidenza di
Ernesto Zedillo, fino alla fine del duemila ci sono stati quattrocento assassini
politici di militanti dei partiti progressisti? C'è più libertà che a Cuba in
quella macelleria che è diventata la Colombia o nella Bolivia governata fino a
qualche mese fa dall'ex dittatore (democraticamente eletto come piace a
Panebianco) Hugo Banzer? O c'è più libertà in Guatemala dove, sempre dopo
un'elezione "democratica" il presidente del parlamento è un responsabile di
delitti di lesa umanità mentre il premio Nobel della pace Rigoberta Menchù ha
dovuto nuovamente esiliarsi in Messico? Il mondo che si autodefinisce civile e
democratico è stato purtroppo sistematicamente complice di questi ceffi, molti
dei quali formati alla ferocia alla Escuela de las Americas a Panama, o a
Fort Benning o in altre scuole militari degli Stati uniti. Quale supremazia
morale può vantare questo mondo che parla di libertà, si irrita alle denuncie di
Fidel Castro, ma ha rinunziato da tempo a spiegare e respingere questi percorsi
e queste contraddizioni?
Greenpeace si aspetta dal ministro Alemanno, con il quale ha da tempo
chiesto un incontro, una condanna della "politica di consolidamento del voto"
come definita dallo stesso governo giapponese.
"Alemanno va in Giappone per
promuovere l'esportazione dell'agroalimentare italiano verso il paese del Sol
Levante, un settore che e' in continua crescita-continua Senni speriamo che per
esportare un po' di grana padano non si accordi per scambiare il proprio voto
passando nello schieramento del Giappone all'interno della Commissione
Baleniera". Il ministro Gianni Alemanno sara' in Giappone fino al 9 maggio ed
incontrera', tra gli altri, il ministro dell'Agricoltura, Tsutomu Takebe, il
ministro degli Esteri, Yoriko Kawaguchi, e il ministro dell'Economia, Commercio
e Industria, Takeo Hiranuma.
AGISCI ! Scrivi subito al Ministro Alemanno
invitando il Governo a prendere una posizione chiara all'interno dell'IWC http://act.greenpeace.it/mail_ruggero.htm
Primo Maggio a Parigi
Tutti vi raccontano le bestialità che dice Le Pen, gli appelli a votare per Chirac, che le strade sono piene di gente che fa "barrage" al fascismo. La non notizia di Carta, il cui prossimo numero va in edicola giovedì 2 maggio e venerdì 3, è la discussione tra associazioni, sindacati, studenti su come rendere permanente la mobilitazione, come trasformare l'opposizione al Fronte nazionale in una duratura rete sociale contro il liberismo. In più, un articolo di Christophe Aguiton sull'analisi del voto e sulle prospettive del movimento. E il Primo maggio sono attese a Parigi un milione di persone.
Microsoft in Israele
Come mai la multinazionale di Bill Gates ha riempito le strade israeliane di cartelloni pubblicitari in cui si "ringraziano le Forze di sicurezza"? Nel nuovo numero di Carta, un articolo di Marco Trotta su una società, quella israeliana, pienamente integrata nella "net economy" globale, e, come la "net economy" oggi sia in profonda crisi.
Primo Maggio a Napoli
Che specie di rottura democratica, e
quanto profonda, è la rivolta dei poliziotti napoletani all'inchiesta che ha
portato all'arresto di otto di loro, e all'incriminazione di altre decine, per
le sevizie cui sottoposero gente prelevata dagli ospedali ["sequestrata", dicono
i giudici] dopo la manifestazione del marzo del 2001? Dove va la polizia di De
Gennaro? E cosa succederà, ora, alle inchiesta genovesi sulle violenze a
Bolzaneto e alla Diaz? Nel nuovo numero di Carta, indagini su questi problemi, e
molte delle testimonianze che, fin da subito, denunciarono le violenze
arbitrarie di quel giorno. E il Primo Maggio in molti, a Napoli, rivendicheranno
il diritto a manifestare la propria opinione.
Se hai ancora orrore per le scene dell'11settembre approfitta per fare UN MINUTO di silenzio in onore dei circa 5000 americani, per la maggior parte civili, uccisi vigliaccamente per mano di terroristi che ancora non si sa chi siano. E visto che stai in silenzio, continua questo silenzio per altri TRE MINUTI in onore dei 130.000 civili iracheni morti nel 1991 per ordine di Bush padre. Approfitta per ricordare che in quella occasione gli americani fecero festa, come i palestinesi lo hanno fatto dopo gli attentati all'america...e adesso VENTI MINUTI in più per i 200.000 iraniani uccisi dagli iracheni con armi e soldi forniti a Hussein (ancora giovane allora) dagli stessi americani che poi più tardi girarono tutta la loro artiglieria contro di loro... Altri QUINDICI MINUTI per i 150.000 talebani, ugualmente con armi e ordini dagli USA, che crearono la loro organizzazione ed addestrarono con la CIA... in più altri DIECI MINUTI per i 100.000 giapponesi morti direttamente e indirettamente ad Hiroshima e Nagasaki, lo stesso per azione diretta della grande acquila... Se lo hai fatto, sei stato in silenzio UN'ORA (UN MINUTO per tutti gli americani e CINQUANTANOVE MINUTI per TUTTE le loro vittime...). Se sei ancora perplesso, fai un'ora di silenzio per i morti della guerra del Vietnam (1.000.000, si, un milione di vietnamiti morti), cosa che non è molto piacevole da ricordare per gli americani... Speriamo che qualcuno ricordi il “bombardamento” degli USA a Bagdad dove morirono 18.000 persone, non 5.000 come nelle torri; qualcuno lo ha visto alla CNN? o in qualche canale del mondo? qualcuno ha chiesto giustizia? o peggio vendetta? Preghiamo perché gli americani inizino a capire che anche loro sono vulnerabili e che le tragedie che loro provocano sono tanto barbare e vigliacche come quelle degli altri. I morti degli altri paesi fanno soffrire tanto come i loro morti. (di Isabel Corrochano) (Trasmessaci dal Pime di Roncà)
SCUOLA DI PREVENZIONE
A SCUOLA UN'ALTRA VOLTA. Più classi da incontrare, ma con una sola percezione: c’è una distanza siderale tra l’apprendere nozioni trasmesse dai docenti e l’impatto con il reale intorno. C’è davvero distanza tra i ragazzi in fila per tre, e le problematiche più aspre, che compongono le assenze, i vuoti, i disagi del sociale dilagante. Sono andato a incontrare i giovani di un istituto superiore, giovani con gli occhi lucidi di chi disconosce, ma intende prendere parte al gioco intenso di questa vita. Giovani che domani saranno assistenti sociali, studenti dell’ultimo anno, con cui ho parlato e discusso di disagio, trasgressione, devianza, di carcere e di comunità. Giovani che nel bel mezzo dell’incontro mi hanno chiesto: cosa possiamo fare noi? Sono rimasto colpito da questa domanda, non solo perché a porla erano le future figure di riferimento per studiare tempi e modi di un intervento di prevenzione e di un programma educativo. Sono rimasto sorpreso dalle affermazioni di alcuni genitori, che hanno espresso la liceità e legittimità di questa domanda, a tal punto da appropriarsene essi stessi. In un contesto così complesso come quello del disagio, non sempre è facile operare, perché dove questo si espande e corrode, quasi niente è legato da un rapporto causa-effetto, quasi mai esiste una spiegazione lineare: infatti, l’uomo, la persona, l’essere, non è un accadimento meccanico. Mentre alle parole si accompagnavano dati, statistiche, percentuali, mi sono reso conto, di quanto fosse relativo confermare con i numeri, una scelta di politica criminale, lo sbilanciamento tra repressione e prevenzione, tra punizione e rieducazione. Mi sono reso conto che su un principio universale, non esiste veramente mediazione, cioè la centralità della persona, della sua dignità, della sua responsabilità di esistere e vivere nel rispetto di se stesso e degli altri. Proprio per questa premessa inscindibile da qualsiasi costrutto intellettuale, ho sentito il peso del mio bagaglio esperienziale, del mio stesso vissuto per quanto inenarrabile per difetto. La dialettica barocca, figlia di una didattica troppo composta, lascia il campo aperto alle durezze di ciò che ci impaurisce, allora dalle babygang, si corre alla pena di morte, alla richiesta di giustizia, e poco importa, se questa passa da una legge del taglione, che possiede solo la gratificazione del momento. Mi accorgo che non c’è informazione, non c’è conoscenza, né attenzione sensibile. Non c’è informazione sulla pena né sul carcere, se non quella che regalano i films o i romanzi. Non c’è conoscenza di un carcere che non migliora l’uomo detenuto. Non c’è attenzione sensibile che non è un sentimento di pietismo per chi offende, né accompagnamento accudente nei riguardi di chi è offeso. Si rafforza in me la convinzione dell’importanza di un messaggio mediatico che non sposti l’attenzione da un’altra parte, o peggio induca a deleterie ipnosi collettive. Prevenzione non è una convinzione astratta ma un’operazione che va condotta senza tentennamenti, significando che essa non è strumento basato esclusivamente sul fattore “forza”, ma sul fattore “consenso”, consenso alle regole del vivere civile. “Educare alla non superficialità, affinché l’intera società si senta corresponsabile nella prevenzione dei reati”. Occorre diventare protagonisti attivi di questa vita, a tal punto da assumere in prima persona il ruolo di agente sociale, ciò per tentare di spostare l’asse di coordinamento sociale, basata per lo più su un’accettazione di illegalità diffusa. E’ in questo sentire, e nella lettura evangelica, e del vivere con la propria umanità, che può esserci il superamento della difficoltà ad accorciare le distanze, e forse perdonare. Infatti la logica del perdono, può nascere; “non nell’inerzia di acconsentire di scendere sullo stesso piano di chi mi ha fatto del male”, ma deve tradursi anche in istituti giuridici. Una società “tiene” se riesce a interiorizzare qualcosa, ecco l’importanza del consenso delle regole. Pasolini ci ha parlato di forza della ragione, di risposte della ragione con le idee e con i sentimenti. Io nella mia piccolezza, in questa aula gremita di tanti “domani” a consolidare ruoli e competenze, penso che l’eventuale aiuto da affiancare al disagio in cui è piegato l’altro, sta nella mano tesa e aperta di chi nella propria coerenza non desiste mai di credere in una comunità che cambia mentalità, dove tutte le forze e le Istituzioni non possono più fingere di non vedere la svolta di un più ampio processo di mutamento sociale.
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