LA CASA DELL'ULIVO
DI TRENTO VI INVITA A PARTECIPARE ALL' INCONTRO PUBBLICO: LA
LEGALITA' AI TEMPI DI BERLUSCONI - Blocco delle rogatorie
internazionali, depenalizzazione del falso in bilancio, condono per i capitali
esportati illegalmente, rimozione dei magistrati scomodi, legalizzazione del
conflitto d'interessi, blocco delle nomine europee di magistrati, boicottaggio
all'integrazione europea in materia di giustizia, occupazione della RAI,
tentativo di assoggettamento della magistratura al potere politico: in pochi
mesi, la nuova maggioranza al governo nazionale sta modificando i connotati
dello Stato di diritto. In gioco non ci sono soltanto gli interessi personali
del presidente del Consiglio, c'è la libertà di tutti, c'è il principio della
libera concorrenza tra le imprese, c'è il valore dell'uguaglianza dei cittadini
davanti alla legge. In una parola, la qualità della nostra democrazia. In ogni
città italiana si stanno moltiplicando le iniziative volte a informare e a
risvegliare le coscienze. Vogliamo incontrarci anche a Trento LUNEDI' 18
MARZO 2002, alle ORE 20.30 - presso la CASA DELL'ULIVO
di Trento - "Finestra sull'Adige", Piazza Mosna 22 - primo
piano.
Intervengono: Letizia
GIANFORMAGGIO Professore ordinario di Filosofia del
Diritto all'Università di Ferrara. Promotrice dell'appello dei 500 docenti di
diritto in difesa della legalità; Giovanni KESSLER
Deputato dell'Ulivo; Presiede:Giampaolo
VISETTI, Direttore dell'Alto
Adige
Parteciperanno:Stefano Albergoni, Alessandro
Andreatta, Tarcisio Andreolli, Gregorio Arena, Margherita Cogo, Alberto Conci,
Marta Dalmaso, Walter Micheli, Piercesare Moreni, Luigi Olivieri, Alberto
Pacher, Vincenzo Passerini, Dante Pozzoni, Mario Raffaelli.
MACONDO (Associazione per l'incontro e la comunicazione tra i popoli presenta MARCO PAOLINI (attore) e GIUSEPPE STOPPIGLIA (presidente dell'Associazione Macondo) rifletteranno e dialogheranno con i presenti sul tema: «PORTO ALEGRE: UNA GENERAZIONE SI E' MESSA IN GIOCO?» GIOVEDI' 21 MARZO 2002, ORE 20.30 a BASSANO DEL GRAPPA (VI) presso l’aula magna della scuola media statale "G. BELLAVITIS", VIA COLOMBARE N°. 4 - (LOCALITA' ANGARANO).
Pax Christi di Verona e la Comunità cristiana di San Nicolò organizzano per il mese di marzo 2002 un ciclo di incontri su «VOLTI DI PACE, testimoni e profeti del nostro tempo». Venerdì 22 marzo: ETTY HILLESUM, La pace come cuore pensante Relatrice: Letizia Tomassone, pastore della Chiesa valdese di Verona. Gli incontri si terranno alle ore 21 presso la sala "Pighi" della parrocchia di San Nicolò all'Arena, piazza S.Nicolò (dietro l'Arena), Verona, tel. 045 8000167, 045 565646.
La Fondazione Toniolo organizzato una conferenza che si terrà presso la sua sede (Chiostro di S. Fermo, via Dogana 2/A, Verona) sul tema: IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE - Prof.ssa Maria Grazia Totola, Facolta' di Economia e Commercio, Università di Verona. Inizio ore 20,45.
Il Segno dei Gabrielli Editori organizza la presentazione del libro «Dies Irae» di Pedro Tierra, che si terrà presso l'Associazione Pachamama (Venerdì 22 Marzo ore 21.00 - piazza Plebiscito 13 - Avesa, Verona). In occasione dell'incontro sarà presente Pablo Sartori (giornalista), la dottoressa Liliana Pavoni e padre Aurelio diretto amico di Pedro Tierra.
23/03/2002 - Quinzano (VR) - Adozioni in famiglia di un bambino brasiliano
L'Associazione «Fagiani nel Mondo» (Legambiente) organizza a Quinzano (VR) una cena per il progetto «Adozioni in famiglia di un bambino di Gojás, Brasile». Per informazioni:Tel. 045 918145
25/03/2002 - Verona - Non solo Ande
La Giovane Montagna di Verona organizza per il giorno Lunedì 25 marzo ore 21.00 presso l’auditorium della Cassa di Risparmio Verona via Garibaldi n.2 un incontro sul tema “NON SOLO ANDE”, con Giancarlo Sardini, responsabile della Scuola di Alta Montagna Don Bosco en los Andes. Tale progetto è parte dell’opera educativa dell’Operazione Mato Grosso voluta da Padre Hugo De Censi. Una scuola di andinismo che ha come obiettivo la formazione professionale e sociale di giovani, figli dei campesinos, potenzialmente dotati a divenire guide di alta montagna. I ragazzi della scuola sono scelti tra i più poveri e più bisognosi che appartengono alle parrocchie dove è presente l'Operazione Mato Grosso. A tale progetto lavorano anche giovani volontari di altri paesi. Con il loro aiuto sono stati costruiti due rifugi nella Cordillera Blanca. La Sezione di Verona della Giovane Montagna sostiene tale iniziativa e la propugna quale proposta concreta per il 2002 “Anno internazionale delle montagne”. (info: alzorzi@hotmail.com)
Martedì 26 marzo, ore 21, presso la chiesa di S.Domenico, via del Pontiere (Verona), si terrà uno spettacolo teatrale sul tema: "Pensieri di pace dalle donne di Sarajevo e di Algeri" con le Donne in Nero.
I giovani dell’associazione «Underforum» di Colognola ai Colli (VR) comunicano che VENERDI 29 MARZO PRESSO IL TREND-UP DI NEGRAR (VR) verrà organizzata una serata di musica dal vivo il cui ricavato verrà devoluto alla LILA (Lega Italiana Lotta AIDS) di Trento. Alcuni volontari saranno presenti con materiale informativo, gadget ecc. Per qualsiasi tipo di informazione contattare mircopi@libero.it ; il contributo sarà commisurato al numero di persone che gli organizzatori faranno entrare con i propri biglietti. Quindi prima del 29 marzo si dovranno distribuire gli inviti.
"Vivere e condividere il Vangelo a partire dall’esperienza dell’incontro con il povero". È il tema del prossimo seminario di studio organizzato dal Centro Unitario Missionario di Verona e dalla rivista ‘Settimana’. L’iniziativa, che si volgerà nel capoluogo scaligero dal 2 al 5 aprile, rientra nello spirito dello scambio tra le Chiese italiane e Latino-americane. "L’intento degli organizzatori – ha spiegato monsignor Giuseppe Andreozzi, direttore dell’Ufficio nazionale per la cooperazione missionaria tra le Chiese della Cei – è quello di coniugare l’apporto di esperti con la presentazione di esperienze; quindi non solo relazioni dense di contenuto, ma anche testimonianze dirette e condivisione di tra i partecipanti". Per informazioni: missioni@chiesacattolica.it - http://www.fondazionecum.it/ (fonte: www.misna.org)
IX CONVEGNO DI TEOLOGIA DELLA PACE 6-7
aprile 2002 Sala Conferenze "CeDoc - SFR" via XX Settembre 47 - FERRARA. Tema:
SATYAGRAHA, FORZA DELLA VERITA' CHE OPERA GIUSTIZIA. I Convegni di Teologia
della Pace sono promossi da Pax Christi, attraverso il Punto-Pace di Ferrara,
con la collaborazione dell'Istituto di Scienze Religiose diocesano e della
Chiesa Battista di Ferrara, unitamente al movimento di Rinascita cristiana, al
Segretariato Attività Ecumeniche locali e all'Associazione Ferrara-Terzo Mondo,
con il sostegno del Centro Servizi per il Volontariato di Ferrara. Si tratta di
un'occasione - che ci risulta essere unica in Italia nella sua sistematicità -
per chiamare la teologia a confrontarsi sui temi della Pace e a scoprire come la
Pace sia il vero volto di Dio. In questo IX incontro proseguiremo la riflessione
intorno alla Verità e al suo rapporto con la Nonviolenza (Satyagraha, per
Gandhi), declinandola rispetto al tema strettamente legato della Giustizia.
Ancora una volta non possiamo non essere attenti all'ordine del giorno che la
storia recente ci pone, dove Verità e Nonviolenza sembrano sempre più messe al
margine.
P R O G R A M M A
SABATO 6 APRILE, ORE 18,30 -
LITURGIA ECUMENICA presso la Chiesa Battista di via C. Mayr 110/a. Cena
comunitaria - ORE 21,00 - (PRESSO IL TEATRO "CASA DI STELLA DELL'ASSASSINO", via
Cammello) «GOLFO» tratto dall'omonimo libro di Robert Westall, riduzione
teatrale a cura di: Marcello Brondi, Teresa Fregola, Luciano Giuriola. Regia di
Luciano Giuriola
DOMENICA 7 APRILE (Sala Conferenze "CeDoc - SFR" via
XX Settembre 47): ORE 9,15 - Accoglienza di Andrea Zerbini, direttore
dell'Istituto di Scienze Religiose di Ferrara. Saluto di Carlo Caffarra,
arcivescovo di Ferrara-Comacchio. Saluto di Giorgio Dall'Acqua, presidente della
Provincia di Ferrara. Saluto di Daniele Lugli, segretario nazionale del
Movimento Nonviolento. Introduzione di Piero Stefani, direttore scientifico del
convegno. Relazione di Lidia Maggi, pastora evangelica, Cinisello Balsamo
(Milano): "Effetto della giustizia sarà la pace (Isaia 32,17)". Relazione di
Raniero La Valle, giornalista e studioso di tematiche sulla pace, Roma: "La
guerra giusta: nascita e storia di una triste leggenda". Discussione. Pranzo
comunitario.
ORE 15,00 - Relazione di Cesare Frassineti, esperto di economia
e globalizzazione, Roma: "Economia, giustizia e nonviolenza, un trio
impossibile?"
Relazione di Giuseppe Stoppiglia, frate cappuccino, prete
operaio e formatore sindacale, presidente dell'associazione Macondo, Vicenza:
"Verità e giustizia nelle relazioni tra i popoli per crescere la
nonviolenza".Discussione.
Conclusioni di Francesco Comina, giornalista, Pax
Christi Bolzano. Per informazioni e iscrizioni (entro il 31 marzo): Pax Christi
Punto-Pace Ferrara, c/oAlessandra Mambelli, tel.0532742260;
e-mail: relaxpxfe@libero.it
A Rimini, Convegno Nazionale di «Rete Radiè Resch» il 12 - 14 aprile 2002 dal titolo “Il sorriso di Pacha Mama” sottotitolo “la speranza degli esclusi”, con relatori Manlio Dinucci, Alì Raschid, Giulietto Chiesa, frei Gorgen, Marco Revelli, Guido Viale, Ettore Masina, Alex Zanotelli, … ed altri testimoni. Per informazioni: dinopoli@ferrarisvr.it
Convegno “E’ L’ORA DELLE RELIGIONI? LA SCUOLA E IL MOSAICO DELLE FEDI”, 19 aprile 2002 presso Cem Mondialità, Istituto Saveriano - Via Piamarta,9 – 25121 Brescia. Per informazioni e iscrizioni Tel. 030.377.2780 (dal lunedì al venerdì 9.30 –12.30) E-mail cemmondialita@saveriani.bs.it Web:www.saveriani.bs.it/cem
04/05/2002 - Nogara (VR) - LA GIUSTIZIA E' UGUALE PER TUTTI?/3 - INCONTRO CON MARCO TRAVAGLIO, ELIO VELTRI E PETER GOMEZ
All’interno del ciclo di incontri «LA GIUSTIZIA E' UGUALE PER TUTTI ?» organizzato dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Nogara (Verona) e dalla Biblioteca Comunale di Nogara "Elisa Masini" sabato 4 maggio alle ore 16 presso il Teatro Comunale di Nogara (via Roma, 1) si terrà la presentazione del libro di ELIO VELTRI "Le toghe rosse" (Baldini & Castaldi) e dell'ultimo libro di MARCO TRAVAGLIO, GIANNI BARBACETTO E PETER GOMEZ «C'era una volta Mani Pulite» (Feltrinelli). Interverranno: MARCO TRAVAGLIO Giornalista de "la Repubblica"; PETER GOMEZ (giornalista de L'Espresso); ELIO VELTRI, Presidente dell'Associazione "Democrazia e Legalità"; PAOLO ANDREOLI, Sindaco di Nogara. Tutti sono invitati. Per informazioni http://digilander.iol.it/biblionogara ; biblionogara@libero.it .
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ISRAELE
UN APPELLO DEI MILITARI-OBIETTORI
La spirale
di violenza e di terrore che attanaglia Israele e Palestina si aggrava sempre di
più. La pesante occupazione militare dei territori palestinesi da parte
dell'esercito israeliano contribuisce alla crescita della tensione e della
violenza. L'uccisione del reporter italiano Raffaele Ciriello, mitragliato dal
carro armato che stava filmando a Ramallah, ci avvicina ancor di più al tragico
conflitto fra due popoli per tanti motivi già molto vicini all'Europa ed
all'Italia in particolare. Consideriamo che il silenzio, in una situazione come
questa, costituisca una effettiva complicità con le parti più estreme e
violente; per questo sosteniamo tutte le realtà (più consistenti di quel che
lascia capire la maggior parte dei media) che si oppongono alla violenza, sia
fra i palestinesi sia fra gli israeliani. Ci pare molto significativo il
movimento di protesta e di obiezione sorto fra i militari israeliani che si
oppongono al loro impiego nei territori occupati.
Sono già più di trecento i
militari firmatari del documento pubblico in cui affermano:
Noi che con i
nostri occhi abbiamo visto il prezzo di sangue che l'occupazione impone su
entrambe le parti di questa divisione.
Noi che abbiamo sentito come gli
ordini che ricevevamo stavano distruggendo tutti i valori di questo
paese.
Noi dichiariamo che non continueremo a combattere questa gurerra per
la pace delle colonie, che non continueremo a combattere oltre la linea verde
per dominare, espellere, affamare e umiliare un intero popolo. ...
Vi
invitiamo a sostenere questi militari:
Aderendo al loro appello che trovate
nel sito: http://www.seruv.org.il Basta entrare nel sito, cliccare in
alto a sinistra per la scelta della lingua inglese e seguire le istruzioni (si
apre la pagina successiva, in cui bisogna cliccare sotto la parola
LINKS).
Aiutandoli economicamente mediante versamento sul conto corrente
bancario intestato a "il manifesto coop. editrice" presso Banca Popolare Etica,
via Rasella 143 Roma c.c. n° 111200 ABI 05018 CAB 12100: PRECISARE LA CAUSALE
"sostegno ai militari israeliani che dicono no a
Sharon".
ASSOCIAZIONE PER LA PACE DI VERONA
Bruno Fini (Tel
045532472)
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MASSMEDIA e TAM TAM vari
CAMPAGNA SULLA GIUSTIZIA MINORILE
Per contestare la conversione in legge del ddl governativo 28/2/02 sulla giustizia minorile puoi visitare il sito www.volontariatogiustizia.it o mandare un_e-mail a vol.giustizia@tiscalinet.it
ABROGAZIONE DELLE NUOVE LEGGI SU ROGATORIE E FALSO IN BILANCIO
MicroMega organizza una sottoscrizione per abrogare le nuove leggi sulle rogatorie internazionali e sul falso in bilancio. Per aderire basta inviare una mail a micromegaforum@katamail.com con questa dicitura: Il/La Sottoscritto/a (dati anagrafici e dati del documento d’identità) aderisce al referendum per la legalità finalizzato all’abrogazione delle leggi 5 ottobre 2001 n. 366 sulla riforma del diritto societario e 5 ottobre 2001 n. 367 sulle rogatorie internazionali.
APPELLO PER LA PALESTINA
L'Unione dei Comitati di Soccorso Medico Palestinese (UPMRC) e i Medici per i Diritti Umani di Israele(PHR-Israele) fanno congiuntamente appello per porre fine all'incubo nei territori palestinesi. Ramallah è completamente occupata, nelle strade ci sono 120 carri armati e sia questi che gli elicotteri stanno bombardando diversi quartieri con i missili. Due ospedali, il Ramallah Hospital e il Ramallah Maternity Hospital , sono rimasti sotto il fuoco delle truppe israeliane. Inoltre stamattina, come succede in molti altri luoghi di Gaza e Cisgiordania, i soldati hanno sparato su due ambulanze. Per di piu' l'esercito proibisce l'accesso alle cure mediche per malati e feriti, rifiutando sia il loro trasporto in ospedale che l'accesso al personale di pronto soccorso sul luogo dove si trovano i feriti o i malati.Ovviamente, proibire l'accesso alle cure mediche non farà altro che aumentare i morti; allo stesso modo, anche il divieto di accesso alle cure mediche per gli ammalati aumenterà i morti. Chiediamo con urgenza azioni da tutto il mondo, le organizzazioni internazionali e umanitarie devono immediatamente costringere il governo israeliano a fermare queste atrocità. Vi sollecitiamo alla mobilitazione, a fare appelli ai rappresentanti dei governi, a intraprendere ogni iniziativa che permetta ai feriti palestinesi di ricevere cure mediche per evitare ulteriori inutili morti. Facciamo appello anche ai governi stranieri perchè agiscano per arrivare a un'immediata interruzione di questa aggressione dall'esercito israeliano e porre fine a questa crisi umanitaria. Per ulteriori informazioni chiamare: Dr. Mustafa Barghouti 059-254218 (UPMRC-Ramallah); Hadas Ziv 050-228599 (PHR-Israele). (Traduzione di Anna Cotone)
DA LEGGERE / 1
LA
RECENSIONE
Un manuale di autodifesa dalle angosce del presente. Per affrontarle a viso aperto ragionando con la propria testa, fuori dal gregge. E' un fuoco di fila di questioni di scottante attualità quello che un sociologo veneto, Giuseppe Manzato, affronta con rigore di studioso e con passione civile di uomo che non rinuncia a lottare, nel suo saggio di recente pubblicazione "Generazioni al margine" edito da Il Segno dei Gabrielli Editori. L'opera, pur accogliendo in alcune sue pagine un'analisi rigorosa e tagliente del nostro Nord est, è tuttavia di ben più ampio respiro, includendo questioni attualissime con cui la nostra civiltà quotidianamente si misura. Parliamo di bioetica e di difesa della dignità della vita; di globalizzazione non agitata come uno spauracchio ma lucidamente analizzata; di scuola sacrificata sull'altare del dio mercato per il quale non conta la qualità, ma la quantità dei laureati o dei promossi; e naturalmente di Islam, un Islam perlustrato a 180 gradi dopo l'immane tragedia dell'11 settembre. In questa galleria di temi appassionanti trova posto anche l'osservazione minuziosa, a tratti ironica e amara, di una serie di falsi idoli dell'uomo moderno: tra questi, l'idolatria del proprio corpo (la nostra è l'era del fitness), e l'onnipotenza - onnipresenza della televisione che sta disgregando l'Homo sapiens per ridurlo a Homo videns, primo fatale gradino verso uno smarrimento sempre più ineluttabile della nostra identità. (Caterina Diemoz)
DA LEGGERE / 2
Norberto Bobbio e Maurizio Viroli: "Dialogo intorno alla repubblica" - Edizioni Laterza - euro 12,39.
INFORMAZIONI, RIFLESSIONI & OPINIONI
PALESTINA/1
Ghassan Andoni è docente di
fisica all'Università palestinese di Bir Zeit ed è un attivo esponente della
resistenza non violenta. Come dimostra il cognome, è cristiano. Cosa di relativa
importanza in sé, ma è bene ribadirlo per coloro che vedono in ogni arabo un
musulmano e in ogni musulmano un extraterrestre.
Marzo 2002
Voglio
concedervi il beneficio del dubbio e pensare che dopo 35 anni di occupazione,
non avete ancora idea di cosa stia succedendo nel cortile di casa vostra. Non vi
siete mai accorti del livello di tolleranza e di pazienza che i palestinesi
hanno avuto verso la vostra occupazione militare. Invece di cogliere l'occasione
e cercare di arrivare a una conclusione decente del conflitto, la vostra avidità
è aumentata, il vostro dominio si è fatto più severo, il vostro livello di
controllo era soffocante e lo è ancora. I vostri sogni disumani di prendere di
più quando noi non eravamo più in grado di dare sono cresciuti. Io spero che vi
ricordiate ancora dei tempi in cui la manodopera palestinese a basso costo ha
fatto di voi dei padroni, in cui noi eravamo il vostro secondo mercato, in cui
avete consumato con piacere la nostra acqua, in cui ci avete espropriato la
maggior parte della terra e in cui noi vi abbiamo solo guardato con occhi
tristi, nella speranza che avreste desistito.
Vi ricordate ancora di ciò che
ci avete fatto quando eravamo tranquilli, quando non resistevamo, quando con lo
sguardo triste facevamo appello alla vostra umanità e alla "buona volontà" del
mondo? Sono sicuro di sì. I fatti evidenti non si possono nascondere. Ciò che
non riuscite a capire è questo: non potete uccidere la speranza e rubare il
futuro di una nazione orgogliosa, e aspettarvi che quella nazione vi sia grata.
Per quanto vi possiate inebriare di potere, non potrete mai vincere questa
guerra.
Sapete quale è stata la cosa più dolorosa di tutte? È stato ascoltare
i vostri dirigenti. Prendiamo ad esempio il vostro eroe della "Gerusalemme
Unita", Ehud Olmert, con la sua campagna sistematica per cacciarci da
Gerusalemme e inondarla di altra gente. Ogni volta che abbiamo taciuto, o che
abbiamo protestato a bassa voce, lui ha detto: "Vedete, ve l'avevo detto che non
era il caso di preoccuparvi delle reazioni palestinesi, di temere che la nostra
campagna a Gerusalemme avrebbe portato a un conflitto o al versamento di sangue.
Gli arabi o sono contenti di ciò che facciamo, oppure in fondo sanno che non ci
possono sfidare." Eppure, ogni volta che non riuscivamo più a sopportare le
vostre politiche disumane, ogni volta che abbiamo protestato o manifestato la
nostra ira, lui diceva: "Vedete, ve lo avevo detto che non dovevamo permettere
loro di dettarci ciò che dobbiamo fare e ciò che non dobbiamo fare. Dobbiamo
fare di più per convincerli che la loro violenza non paga". E tutto questo lo
chiamavate felicemente la "Risposta sionista".
Era il vostro modo tpico di
trattarci. Se stavamo tranquilli, ci spremevate di più e se resistevamo ci
spremevate lo stesso. Ma dove pensavate che tutto questo ci avrebbe portati?
L'unica possibilità che avevamo era di aumentare la resistenza. Chiudendo
completamente la porta alla speranza e aumentando ciecamente la brutalità
dell'occupazione, si gettano le basi di una guerra aperta. Tutti gli occupanti
hanno commesso questo errore, e voi pure.
Quando gridavamo che le vostre
colonie ci soffocavano, o ci ignoravate o ci accusavate di essere contro gli
ebrei. Avete sempre creduto che imporre situazioni molto dure sul terreno fosse
il modo giusto di trattare gli "arabi". Ogni volta che abbiamo gridato che
Gerusalemme era molto cara anche a noi, voi avete portato avanti ulteriormente i
vostri piani per cacciarci dalla città che amavamo e per vietarci persino dal
farle visita. Avete sempre pensato che quello fosse il modo giusto di fare.
Avete sempre pensato che fosse naturale per i palestinesi adattarsi alle
necessità e all'avidità d'Israele. Non avete mai pensato di prestare la minima
attenzione all'effetto che le vostre "necessità" avevano su di noi, né vi siete
mai chiesti se eravamo in grado di convivere con esse. Non si tratta di nulla di
nuovo, di nulla di specialmente vostro: tutti gli occupanti raggiungono questo
stato di cecità ed è per questo che tutti loro hanno perso.
Il vostro
problema però è ancora più grave. A differenza degli inglesi o dei francesi, non
potete prendere su la vostra roba e andarvene. Proprio come voi vi trovate nel
cortile di casa nostra, noi ci troviamo in quello di casa vostra. Se riuscite ad
aprire gli occhi e la mente, vi renderete conto che potrete vivere solamente se
anche noi potremo vivere.
Anche quando avete cominciato a rendervi conto che
non era possibile cacciarci con la forza dal nostro paese, e avete capito che
eravamo troppi da poterci annettere, proprio allora avete voluto che noi ci
adattassimo ancora di più. Le vostre impsizioni erano insopportabili. Era così
che ragionavate: "voi dovete scendere dalle nostre spalle mentre noi continuiamo
a sederci sulle vostre." Anche dopo questo lungo periodo di diretta occupazione
militare, volevate che noi accettassimo di essere umani a metà, di avere diritti
umani a metà, di avere diritti civili a metà e di accettare di non aver alcun
diritto nazionale. Pensavamo che grazie alla vostra storia, sareste stati il
popolo più sensibile al mondo ai diritti dei popoli che vivono dentro altre
nazioni, o sono controllati da altre nazioni. Abbiamo sbagliato totalmente.
L'unica lezione che avete appreso dalla vostra tragedia è stata questa - "dovrà
essere qualcun altro e non noi a soffrire." Non era, "non dovrebbe succedere mai
più a nessuno".
Sapete, l'umanità ha sofferto molto per colpa di quelli che
avevano il potere e si sono comportati come se fossero superiori a tutti gli
altri. Riuscite a guardarvi allo specchio e riconoscere ciò che vedete? Riuscite
a fermarvi un attimo ed esaminare ciò che le vostre pretese e la definizione che
date dei vostri diritti significano per gli altri?
Ce la fate a smetterla di
essere gli unici intelligenti e pensare che tutti gli altri siano stupidi?
Quando ci siamo impegnati nelle trattative di pace alla ricerca di una
coesistenza pacifica, voi non avete mai negoziato con noi. Avete negoziato tra
di voi e poi ci avete informati. E quello che ci dicevate era, "questo è quanto,
prendere o lasciare". Avete sempre pensato a noi come se fossimo dei minorenni,
degli inferiori, un problema tra i tanti che voi avete. Allo stesso tempo,
pensavate che noi fossimo ciechi. Pensavate che non potessimo vedere quanto
avevate sfruttato il tempo che duravano i negoziati, che non potessimo
accorgerci che le zone occupate dalle colonie erano raddoppiate, come sono
raddoppiati i vostri "ambasciatori" tra di noi, i fanatici più estremisti della
vostra società (che voi chiamate coloni). Ricordatevi che non potevamo essre
ciechi, perché anche se non riuscivamo a vedere le belle case in stile europeo
in cima a ogni collina attorno a noi, riuscivamo comunque a sentire come quelle
colonie e le strade che le servivano avevano trasformato le nostre vite in un
inferno.
Sapete, il senso di superiorità va sempre di pari passo con
l'arroganza. Sapete cosa prova un palestinese anziano e rispettato quando i
vostri adolescenti armati e arroganti lo guardano con disprezzo? Avete mai
provato anche voi questa sensazione dal vostro passato? Ci avete mai guardato
come persone che hanno un loro orgoglio e una loro dignità? Pensando alla nostra
esperienza con voi, ne dubito. Di una cosa potete essere certi. Non possiamo
sopportare di essere tenuti come ostaggi mentre decidete tra di voi cosa volete
e cosa intendete fare di noi.
Io non so come fare appello a voi. Ci ho
provato per quindici anni. Io credo che prima di poter porre termine a questo
sanguinario conflitto, dobbiamo guardarci attentamente allo specchio, per
definire chi siamo e cercare di camminare nelle scarpe dell'altro, per poter
vedere oltre noi stessi.Spero che abbiamo ancora il tempo per farlo.
Ghassan Andoni, The
Palestinian Centre for Rapprochement between People - 64 Star Street, P.O.Box 24
- Beit Sahour - Palestine www.rapprochement.org
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può essere riprodotto liberamente, sia in formato elettronico che su carta, a
condizione che non si cambi nulla, che si specifichi la fonte - il sito web
Kelebek http://www.kelebekler.com - e
che si pubblichi anche questa precisazione.
PALESTINA/2
(a cura
di Ettore Masina) - Care amiche, cari amici, credo fosse il mese di settembre
del 2000 quando in LETTERA vi parlai del Progetto “Gazzella”, varato da due
straordinarie persone: Marisa Musu e Marina Rossanda. Dandole il nome di una
bambina palestinese di 12 anni, colpita alla testa da un soldato israeliano
mentre tornava a casa da scuola e rimasta a lungo fra la vita e la morte, Marisa
e Marina, con un gruppetto di altri gene-rosi
avevano appena dato vita, a quell’epoca, a una rete di solidarietà insieme
politica e affettuosa. Avevano, cioè, lanciato la proposta di adozioni a
distanza di piccoli palestinesi feriti o mutilati nel corso della Seconda
Intifada.E’
passato poco più di un anno e nonostante la penuria di mezzi e - naturalmente! –
il silenzio dei giornali, il progetto ha preso quota: e poiché le animatrici di
“Gazzella” dicono che i primi
“adottori” sono stati gli amici di LETTERA, mi sembra giusto informarvene: tanto
più che la situazione palestinese ci carica di un’angoscia dalla quale possiamo
uscire soltanto con gesti concreti di rottura del silenzio e
dell’inerzia.Gli
amici di Gazzella si sono riuniti recentemente per il loro primo “congresso”:
gente meravigliosa, venuta da tutte le parti d’Italia: La loro rete si è ormai
distesa come una carezza su 361 bambini
palestinesi. (per
informazioni: bettinif@libero.it)
Come se fossero vittime del
traffico - Finita l’epoca delle guerre, è cominciata la più macabra
delle routines. Come le stragi sulle strade degli week-end nei paesi
industriali, le morti di uomini donne e bambini palestinesi scandiscono nel
Medio Oriente le cronache di una violenza che, nella sua insensatezza, sembra
ormai inestirpabile. Negli ultimi anni i palestinesi non sono morti di guerre ma
sono morti di nostalgia nell’esilio, di miseria da espropri e
da
disoccupazione,
di torture, di prigionie nel deserto, di malattie da repressione: denutrizione,
mancanza d’acqua, ritardi nei soccorsi medici a causa dei blocchi stradali,
immensa difficoltà di stabilire un minimo di condizioni igieniche nei campi
profughi, in cui per mezzo secolo centinaia di migliaia di persone sono state
costrette a vivere e in cui per mezzo secolo gli israeliani hanno impedito ogni
miglioria. Negli ultimi sedici mesi i palestinesi sono morti soprattutto di
spietate rappresaglie di ogni loro atto insurrezionale.
Ma si
potrebbe dire che i palestinesi sono morti e muoiono soprattutto di solitudine perché il loro
martirio di mezzo secolo
è anche
e soprattutto amara consapevolezza
di
costituire
per l’opinione pubblica internazionale ben più un fastidio che un problema.
I
bambini prigionieri - In
mezzo a questa solitudine, a questo sangue, a queste case sventrate dai
bulldozers si muovono i bambini palestinesi; e molti non si muovono affatto,
perché dal settembre 2000 ad oggi più di 700 sono stati incarcerati, cioè
rinchiusi in celle, insieme a delinquenti “comuni”, adulti, e quindi esposti non
soltanto alle inevitabili brutalità del sistema carcerario ma anche a rischi
facilmente intuibili. Il 26
gennaio scorso si è svolta a Bruxelles una conferenza organizzata dalla
parlamentare europea Luisa Morgantini, straordinaria donna che moltiplica le
proprie iniziative a favore dei diritti umani con una generosità che ha pochi
riscontri nella classe politica del nostro Paese. In questa conferenza hanno
parlato il palestinese Quzman Khaled della Defence Children International e
Tamara Pelled-Sryck dell’associazione israeliana Hamoked. Hanno portato cifre e
illustrato il contesto dell’infanzia negata ai bambini palestinesi. Riassumo: i
piccoli uccisi sono stati: colpiti per la maggior parte alla testa, cioè non per
errore o per una pallottola di rimbalzo ma con volontà di uccidere. 8450
bambini sono stati feriti o sono rimasti mutilati, e di essi 980 hanno
riportato mutilazioni o lesioni permanenti. I posti di blocco e i coprifuoco rendono
difficilissime la possibilità di tempestivi interventi sanitari, cosicchè si
aggravano ferite ed emorragie che avrebbero potuto essere soccorse con risultati
ben migliori. Quanto ai bambini
incarcerati, le due relatrici hanno denunziato l’uso quasi “normale” della
tortura da parte dei militari, il diritto alla difesa tramite avvocato quasi
sempre negato, processi superficiali, sommarî, che portano a condanne di una
severità inaudita e a pesanti ammende inflitte ai genitori, le visite delle
famiglie a questi piccoli dannati all’inferno carcerario affidate alla discrezionalità dei
militari e via dicendo.
I
sorrisi spenti - 361
bambini morti, 8450 feriti, 700 incarcerati in un anno e mezzo sono le cifre che
conosciamo; ma nessuno può dirci il numero dei piccoli palestinesi che avendo
vissuto forti traumi psichici, sono ora profondamente feriti nella loro
identità. Ho parlato recentemente con una psicologa tedesca che veniva dalla
Striscia di Gaza, mi ha raccontato di bambini segnati da difficoltà di
apprendimento, incubi notturni, tremiti, fobie-
“Bambini – mi ha detto – incapaci di sorridere, bambini che forse non
sorrideranno mai più”. Il
regime coloniale comporta inevitabilmente la violazione sistematica dei diritti
umani più elementari e pone Israele al di fuori degli stati che osservano le
convenzioni internazionali. Viene sistematicamente violata anche quella sui
diritti del bambino, pur ratificata dallo stato sionista. In realtà Sharon e i
suoi stati maggiori hanno i cestini
della
carta straccia
pieni
di
risoluzioni umanitarie e di testi internazionali: “chiffons de papier”, come si
diceva una volta, fazzoletti di carta.
Già, ma
noi? - Care
amiche, cari amici, so bene che facendolo mi renderò odioso ma vorrei chiedervi uno
sforzo di fantasia: quello di pensare ai bambini che più amate, e di vederli per
un momento, per un solo momento, collocati, per una sorta di malvagio
incantesimo, nell’allucinante paesaggio palestinese: No, non vi chiedo di
raffigurarveli morti o mutilati o feriti; e neppure terrorizzati mentre la loro
casa viene demolita da un bulldozer
per rappresaglia. Questi sono, per così dire, casi estremi, anche se frequenti.
Vorrei semplicemente che pensaste a quei vostri cari mentre assistono allo
spettacolo del loro fratello maggiore portato via di notte da militari nemici, del padre obbligato
a mettersi in ginocchio con le mani dietro la nuca (un padre che non può
difendersi, tanto meno può difenderli), della madre costretta a subire davanti
agli occhi dei figli perquisizioni umilianti. E queste sono scene “normali” nei
territori occupati. Non parlo di sangue. Parlo della bambola strappata dalle
braccia della sua padroncina e sventrata a un check-point perché potrebbe
contenere una bomba, parlo del piccolo uliveto che i bambini avevano imparato ad
amare come parte della sua casa, e improvvisamente viene sradicato per tracciare
una strada riservata ai coloni; parlo delle scuole perennemente chiuse per ordine degli occupanti, o dei
coprifuoco che durano intere giornate mentre in casa mancano acqua, cibo,
medicinali. Bambini che non solo subiscono la paura dei bombardamenti, l’incubo
degli elicotteri, il rombo minaccioso dei carri armati ma anche la profondissima
insicurezza che nasce dal contemplare la disperazione dei genitori. Pensate, vi
prego, a che accadrebbe “dentro” a un adolescente che amate se egli vivesse in un luogo
come la striscia di Gaza e proprio mentre allunga il suo sguardo sulle realtà
della vita per valutarne il bene e il male sapesse ciò che accade in una delle
quattro zone in cui i militari israeliani hanno diviso quel territorio: 1500
privilegiati consumano il 36% dell’acqua disponibile e di migliore qualità
mentre 230 mila persone ( fra le quali lui, il vostro ragazzo) devono
contentarsi del 64% e di peggiore qualità. Riuscite a pensare quali accumuli di
rabbia e anche di odio – sì, diciamola l’orrenda parola - si creerebbero nel suo
cuore? Nel 1991, visitando con un gruppo di deputati italiani i campi profughi
palestinesi, ho parlato con ragazzi del genere. Negli anni seguenti mi sono
spesso domandato se qualcuno di loro non si sia tramutato in bomba
umana.
I 56
Giusti di Israele -
Questi esercizi di fantasia, credetemi, non mi sono permesso di chiederveli per
sadismo ma in nome della verità. Perché,
vedete: i bambini palestinesi sono del tutto identici ai nostri e le loro
condizioni di vita influenzeranno il futuro dei nostri cari. Se noi non siamo
capaci di identificarci con gli oppressi, e di comportarci di conseguenza,
vincendo pigrizie, paure, senso di impotenza, tentazioni di egoismo ci
avviamo
a
un
degrado progressivo dal punto di vista etico e culturale. E’
contro quel degrado che oggi si muovono molti meravigliosi
israeliani. Penso
ai 313 riservisti che affrontano l’accusa di diserzione perché, si rifiutano di
obbedire a ordini che, hanno scritto in un loro documento, “stanno distruggendo tutti i valori di
questo paese” e perché, dicono ancora, non vogliono più combattere “per
dominare, espellere, affamare,
umiliare un intero popolo”. Penso a
Sulamit Aloni, docente all’università di Tel Aviv, che, un anno fa, al
parlamento europeo, mostrando il numero tatuato sul suo braccio dagli sgherri
nazisti, gridava che neppure l’orrore della Shoa autorizzava Israele a
ghettizzare, reprimere e avvilire il popolo palestinese. Penso
soprattutto a Nurit Peled-Elhahan, scrittrice, docente universitaria, che tre
anni fa ha perso una figlia tredicenne in un attentato di Hamas e che da allora
si batte contro chi non vede le spaventose responsabilità del regime di
occupazione, un regime – dice -
“che umilia, affama, nega lavoro, demolisce le case, distrugge i raccolti,
ammazza i bambini, incarcera i minori in condizioni terribili e spesso senza
processo, lascia che i neonati muoiano ai check-point – e diffonde bugie”. Per
Nurit non ci sono differenze fra i 24 piccoli israeliani morti per attentati
terroristici e i bambini palestinesi uccisi dai militari. Lei dice: “Nel regno
della morte i bambini israeliani giacciono accanto a quelli palestinesi, i
soldati dell’esercito d’occupazione accanto agli attentatori suicidi e nessuno
ricorda chi era Davide e chi era Golia”. E Nurit dice: “Propongo che i genitori i quali non
hanno ancora perso i loro figli prestino attenzione alle voci che salgono dal
regno della morte, sul quale camminiamo giorno dopo giorno e ora dopo ora, e che
ci insegnano che non c’è differenza fra una vita e un’altra, che poco importa
quale sia il colore della nostra pelle o della nostra carta d’identità o quale
bandiera sventoli su una collina o quale sia la direzione verso la quale ci
dirigiamo pregando”.Dice una
leggenda ebraica che ci saranno sempre 56 Giusti per amore dei quali Dio
mitigherà ka sua collera.
Protagonisti o vittime - E’ un “pensare in positivo”, creativo, attivo, quello cui siamo sollecitati dalla tragedia medio-orientale e questo pensare e creare gesti coerenti è l’unico modo per uscire da un’angoscia che altrimenti si sedimenta in noi, in una specie di necrosi dell’anima. Quell’angoscia possiamo fingere di non avvertirla, rimuoverla, nasconderla sotto altri pensieri, come quello della nostra supposta impotenza, ma farlo è del tutto vano, come la stupidità della casalinga pigra o frettolosa che nasconde la spazzatura sotto il tappeto. Credo fermamente che non ci sia altra scelta: o essere protagonisti della storia (umili, piccoli, magari paurosi ma attivi) o essere vittime della storia, scivolando ai margini delle tragedie mondiali ma finendo egualmente in un abisso. Se accettiamo questa prospettiva, abbiamo molto da fare, a cominciare dal far crescere una insurrezione morale di massa contro la intollerabile situazione coloniale della Palestina; ma questo lavoro rimarrà astratto - e poco coinvolgente per coloro cui chiederemo di condividerlo – se non sapremo renderlo più vivo, più amabile (ecco la parola giusta!), attraverso azioni concrete di solidarietà. La gente non ne può più della politica fatta soltanto col bilancino della prudenza e l’avarizia del buonsenso: la gente vuole, deve avere, una politica che sia anche esigenza del cuore. Le amiche e gli amici di Gazzella ci offrono oggi una mano per uscire dalla campana di vetro dell’inerzia colpevole. Li ringrazio con tutto il cuore e spero che saremo in molti a unirci a loro. (Ettore Masina)
Libri -
Umberto Allegretti non è uno di quegli intellettuali italiani (Dio sa quanti ce
ne sono, a nostra perenne disgrazia!), che nei tempi bui se ne stanno
raggomitolati dietro le loro cattedre, distillando note a piè di pagina. Tanto
per dirne una, la televisione ce lo ha mostrato mentre sfilava in prima fila,
insieme con la sua straordinaria moglie. Teresa Crespellani, alla “Marcia dei
professori”, com’è stata chiamata la sorprendente
manifestazione fiorentina. E’ un giurista internazionalmente noto, ma accanto
alla “produzione” scientifica allinea una serie di attività e di libri che lo
rendono prezioso a chi si sforza non solo di proclamare ma anche di mostrare che
“un altro mondo è possibile” . Per le Edizioni Cultura della Pace fondate da
padre Balducci ha scritto nel 1992, con Dinucci e Gallo “La strategia
dell’Impero. Dalle direttive del Pentagono al Nuovo Modello di Difesa” che contiene pagine quasi profetiche; è
stato fra i più importanti animatori dei Comitati Dossetti per la difesa della
Costituzione etc: etc. Grande mediatore culturale, generosamente al servizio dei
tanti gruppi che richiedono la sua presenza, Umberto ha appena pubblicato un
libro di eccezionale importanza: “Diritti e Stato nella mondializzazione”, ed:
Città Aperta, pagg. 302, e 18,07.
Sì, il titolo non è invitante per i tanti che sono (o pensano di essere)
digiuni di certe materie: ma il discorso è piano e soprattutto va al cuore dei
problemi che la Terra “mondializzata” ci presenta: dalla negazione dei diritti
umani inevitabilmente imposta dalla globalizzazione a tutti gli uomini e le
donne (non soltanto dunque a quelli dei paesi sottosviluppati ma anche a noi,
alle nostre libertà, alla nostra democrazia) alle devastazioni dell’ambiente
provocata dalle logiche del neloliberismo, a un militarismo sempre più
pericoloso. Tuttavia il quadro non è soltanto fosco, Allegretti pone con
lucidità alcune indicazioni per alternative possibili: le quali sollecitano la
nostra presa di coscienza e il dovere di essere protagonisti della storia. Un
libro scritto con competenza scientifica nello spirito di Porto
Alegre.
IL MIO «FORUM SOCIAL MUNDIAL» DI PORTO ALEGRE
«Il tuo Cristo è giudeo, la tua macchina giapponese, la tua pizza italiana, la tua democrazia è greca, il tuo caffè è brasiliano, le tue vacanze sono turche, i tuoi numeri arabi, la tua scrittura è latina. E tu rimproveri il tuo vicino di essere straniero!» Ci regala questa frase tratta da un biglietto che il figlio teneva in camera Heidi Gaggio, madre di Carlo Giuliani, all’inaugurazione del campeggio a lui dedicato dentro l’immenso e splendido “Parco dell’Armonia” in cui si assiepano oltre 20.000 giovani, con striscioni e bandiere in tutte le lingue, ma accomunati dalla voglia di esserci e di provare a immaginare il mondo che verrà, quell’ “unico mondo possibile”, oltre il quale c’è solo disastro e distruzione…E, subito dopo, sempre sotto un acquazzone torrenziale caldissimo, la grande manifestazione di apertura del II Forum Social Mundial, indetta da Via Campesina e dal titolo inequivocabile: “Un altro mondo socialista è possibile”, con circa 50mila partecipanti, di cui 13-15mila delegati del movimento, striscioni, canti, suoni e ritmi tipicamente sudamericani, multiculturalità e mescolarsi di visi e colori diversi. Aperto dai bambini dei Sem terra, il corteo pullula di donne, di indios, di giovani, ma anche di bandiere della Cut, il sindacato brasiliano… Si fa notare immediatamente la delegazione italiana, composta da circa 1000 persone, facce già viste a Genova e che si ritrovano ancora una volte unite da quella forte esperienza sotto lo striscione inequivocabile del corteo di Roma del 10 novembre: “Contro la guerra economica, sociale e militare” e subito dietro la massiccia delegazione di Rifondazione, a partire dal segretario, a tanti giovani, a membri della direzione nazionale, a parlamentari. Il popolo di Porto Alegre oggi si ritrova insieme in un’esplosione di gioia e orgoglio per sottolineare che ora non vuole più solo seguire i vertici internazionali e identificarsi con la protesta di piazza, ma è venuto il momento delle proposte ed è pronto con obiettivi concreti e campagne a dar vita alla nuova agenda del movimento globale... E si inizia subito la mattina dopo: la prima cosa che spaventa è il programma stesso del Forum mondiale: 150 pagine in portoghese e inglese per elencare tutto ciò che avverrà nei prossimi giorni in vari punti di questa città accogliente e pulitissima (ma siamo in Svizzera?), la cui particolarità salta all’occhio immediatamente anche a chi non sa nulla di bilancio partecipato, ma vede che tutto funziona, che le ristrutturazioni sono frenetiche, che i luoghi pubblici sono particolarmente ordinati, che i trasporti pubblici sono frequentissimi, che il taxi arriva sempre immediatamente; la seconda è la sede del FSM: la Puc, Pontificia università cattolica, lascia stupefatti e attoniti per la grandiosità e la modernità, che non ti aspetteresti mai di trovare in un paese del Sudamerica, perché non ne hai mai viste di simili nel tuo primo mondo, con sale a perdita d’occhio, ipertecnologiche, con un centro stampa immenso che ospita centocinquanta computer collegati a internet, con centinaia di addetti pronti a smistare e indirizzare le migliaia di delegati sperduti e sconvolti dalla ricchezza dell’offerta. I moltissimi incontri si terranno in contemporanea, in vaste sale da migliaia di posti: si parla di commercio mondiale, di economia solidale, di popolazioni indigene, di alimentazione e transgenico, di controllo dei capitali finanziari, di temi ambientali, dell’acqua, di energia, di lavoro, di diritti umani, di violenza e discriminazioni, di democrazia partecipativa, di comunicazione, di differenze culturali… conferenze, seminari, workshop o oficinas, testimonianze, spettacoli, concerti e proiezioni… La quantità di idee e proposte alternative al neoliberismo è così ampia che è realmente difficile scegliere: assistere a una conferenza significa vivere il rammarico di perdere tutte le altre proposte contemporanee. Come scegliere tra la prima sessione del Tribunale internazionale sul debito e il seminario sulla Tobin tax? Andare ad ascoltare Noam Chomsky che aprirà il primo Forum contro le guerre, assieme ad ospiti eccezionali quali i due premi Nobel per la pace, l’argentino Perez Esquivel e la guatelmateca Rigoberta Menchù, il pacifista israeliano Michael Warshawsky, lo zapatista Sergio Rodriguez Lazcano (in una sala troppo piena per poter resistere) o, alla stessa ora, alla proiezione del film dei registi italiani su Genova, nel Memorial che il Municipio di Porto Alegre ha allargato anche alla storia del movimento dei movimenti?E tra un dibattito e l’altro sarebbe interessantissimo anche passeggiare nei viali della PUC: bancarelle, feste, balli improvvisati, scuole di samba, comizianti, militanti, distintivi, bandiere, volantini, dépliants, libri, sementi, collanine, artigianato in legno, tessuti, bambole etniche… L’enorme partecipazione, l’immensa offerta, la vivacità e il protagonismo oltre a sancire la vittoria del movimento, la sua capacità attrattiva, indicano la necessità di allargare i confini senza smarrire l’identità definita da due coordinate precise e irrinunciabili: contro la guerra e contro il neoliberismo. Il documento finale dice chiaramente che “l’opposizione alla guerra è uno dei nostri elementi costitutivi”. Non era un risultato scontato, soprattutto dopo che la seconda edizione del Forum parlamentare ha visto momenti di tensione e di contestazione: circa 400 delegati dei movimenti sociali hanno contestato la presenza di politici che hanno votato o sostenuto la guerra. Tra i circa 700 tra deputati nazionali, europei e senatori, erano presenti molti esponenti delle sinistre socialdemocratiche e liberali, con il tentativo esplicito di settori delle sinistre moderate di rilanciare se stesse dentro il movimento. I contestatori sono entrati nella grande sala al grido di “Fuori la guerra dal Forum” e “Viva la lotta argentina”. Vari deputati dell’Internazionale socialista si sono opposti che nel testo finale figurasse qualsiasi riferimento alla guerra, mentre i parlamentari antiliberisti, soprattutto noi di Rifondazione comunista, non potevamo certo accettare una risoluzione in palese contrasto con lo spirito generale del Forum in cui il no netto alla guerra è stato un punto fondante, né tacere la contraddizione di chi è venuto a Porto Alegre a professare fede antiliberista e poi, nel suo lavoro parlamentare quotidiano, vota le privatizzazioni o, peggio, la guerra. (On.Tiziana Valpiana)
Blu... cupo
Questa mail ha il solo scopo di infrangere un silenzio forzato sulle vicende di un'azienda italiana: la Blu S.p.A che appartiene al consorzio formato da Autostrade, Mediaset (ultimamente la quota azionaria è stata ceduta a British Telecom), Benetton, Banca Nazionale del Lavoro, Gruppo Caltagirone, Italgas, British Telecom e Distacom. In due anni di presenza sul mercato Blu si è dimostrata vincente riuscendo a conseguire gli obiettivi aziendali e affermare la propria immagine occupando un proprio spazio tra i colossi del settore della telefonia mobile (Blu registra il 12% delle nuove attivazioni, il logo Blu è conosciuto dall'85% della popolazione nazionale, il livello di soddisfazione del cliente blu è altissimo: il 92%). Oggi, nonostante il successo, gli azionisti vogliono uscire dal business e per far questo hanno congelato i capitali minacciando di mettere in liquidazione l'azienda. Nessuna tutela per i 2000 dipendenti assunti che rischiano di perdere il posto di lavoro. Circa 100 persone (ma il numero è destinato a crescere) sono già state lasciate a casa. Scioperi, cortei e manifestazioni (il 1 marzo più di 1000 dipendenti hanno manifestato per Roma) non hanno trovato spazio su mass-media e non ci rimane che la rete per far circolare la notizia. Ti chiediamo di inviare questa mail ad almeno 5 persone. se non lo farai non succederà nulla. Se lo farai avrai la riconoscenza di 2000 persone che grazie a te forse non perderanno il lavoro. Grazie. I dipendenti di Blu.
LA BICAMERALE, MANI PULITE E IL "GIUSTIZIALISMO"
UN
ARTICOLO DI PAOLO SYLOS LABINI CHE FA GIUSTIZIA DI TUTTI GLI EQUIVOCI E LE CRITICHE SU UNA PAROLA AMBIGUA COME
“GIUSTIZIALISMO”.
Nei giorni scorsi è stato ripetuto che la Bicamerale è stata un errore, senza tuttavia spiegare bene perché. E’ stata inoltre ripetuta l’accusa, anche nei miei confronti, di “giustizialismo”, ma neppure in questo caso spiegando bene il significato dell’accusa. Penso che sia utile cercare di sgombrare il campo da equivoci al fine d’indirizzare il dibattito verso linee più costruttive. Avviare la Bicamerale è stato un tragico errore di strategia commesso dal centro-sinistra per motivi che possono essere definiti di logica elementare. Non si poteva, da un lato, chiedere la collaborazione di Berlusconi e dei suoi soci e alleati e, dall’altro, contrastarlo in modo intransigente: era giocoforza cercare di assecondarlo, anche se in modo non dichiarato e qualche volta con la tecnica del rinvio, nelle questioni più scottanti per lui: giustizia, conflitto d’interessi e, in seguito, le rogatorie (“legge Previti”). Ricordo che nel tempo immediatamente precedente la Bicamerale era ripreso il dibattito sulle riforme istituzionali intese in senso stretto, ossia le riforme relative alle regole delle elezioni, fra cui la questione degli sbarramenti e il maggioritario. I dirigenti del centro-sinistra si accordarono per creare la Bicamerale e non si opposero – questo è il punto gravissimo – quando Berlusconi pretese, officiosamente, che nell’agenda venisse inserita anche la riforma della giustizia come condizione della sua collaborazione: una tale pretesa, per i suoi conti tremendi aperti con la giustizia, avrebbe dovuto provocare subito il rifiuto di avviare la Bicamerale; ma i nostri astuti leader pensarono che, per via di quei conti, il personaggio sarebbe stato malleabile, trascurando il fatto che, se un machiavellico incontra un altro leader più astuto e machiavellico di lui, può essere battuto e non può neppure protestare, avendo accettato quelle regole del gioco. Questa mia critica non è fondata sul senno di poi: la Repubblica dell’11 febbraio 1997 pubblicò un mio appello a Massimo D’Alema, il principale leader del centro-sinistra, in cui fra l’altro scrivevo che eravamo tutti convinti che la questione della giustizia ed altre questioni assai importanti dovevano essere escluse dalla Bicamerale e restare affidate alla normale attività del Parlamento, cosicché, apprendendo che la riforma della giustizia era stata inclusa nell’agenda, domandavo: “siamo stati dunque tratti in inganno? In ogni modo – aggiungevo – è assurdo ed ha carattere ricattatorio attribuire la priorità numero uno alla giustizia. Il progetto berlusconiano rappresenterebbe un colpo durissimo all’equilibrio dei tre poteri e quindi all’assetto democratico. Sarebbe anche un colpo durissimo per la sinistra e per i liberali degni di questo nome. E’ vero: oggi il silenzio dei sedicenti liberali è tremendo. Di questo credo che D’Alema si renda conto. Ma non si può escludere che consideri il vantaggio della Bicamerale maggiore del rischio. E’ giusto rivolgergli l’appello a considerare bene il da farsi, giacchè il rischio è mortale. La Bicamerale, invece di rappresentare il principio di un rinnovamento del nostro paese, diverrebbe una doppia camera mortuaria.” Errare è umano: riconoscere l’errore è la premessa per imboccare la strada corretta. Negli ultimi giorni sono in crescita i segnali decisamente incoraggianti. Il giustizialismo dovrebbe significare l’uso politico della giustizia. Non molto tempo fa due esponenti del centro-sinistra, Morando e Violante, hanno spiegato che cosa intendono con questo termine. Il primo ha scritto – nell’Unità del 25 novembre 2001 – che rimase allibito di fronte ad un lungo prolungato applauso che in una vastissima assemblea di partito accolse la notizia dell’avviso di garanzia ad un ministro: “in quell’applauso, non stigmatizzato o interrotto da nessun dirigente di primo piano, era contenuto un vero e proprio atto di ‘dimissioni’ della politica.” Dal suo canto Violante, nel Corriere della sera del 19 dicembre 2001 scrive che nei processi per corruzione per Mani pulite gli italiani videro la conferma del loro giudizio negativo della vecchia classe politica e sposarono acriticamente i processi come scorciatoia per liquidare molti degli uomini politici che ne facevano parte. Concordo con entrambi i giudizi, del resto simili. Ma questo che c’entra col giustizialismo? Io dico: nulla. Una cosa è l’umore popolare, esasperato per la corruzione di un gran numero di politici; cosa diversa è una strategia portata avanti da dirigenti di partito per utilizzare la giustizia a fini politici, con la connivenza di determinati magistrati. Di una tale strategia non c’è traccia né viene data dimostrazione né da Morando né da Violante né da altri, di centro-sinistra o di centro-destra che siano. Resta vero però che intellettuali e politici del centro-destra inveiscono ossessivamente contro il “giustizialismo” inteso nel senso intenzionale cui facevo riferimento, ciò che non è in alcun modo provato. Riguardo a Berlusconi, invece, che è il personaggio per il quale è stata proposta e riproposta la storia della persecuzione politico-giudiziaria, ci sono prove contrarie, la più semplice delle quali, da me citata più volte, è costituita dal libro di Guarino e Ruggeri “Berlusconi – Il signore TV”: i due autori, querelati da Berlusconi, furono assolti pienamente ed alla fine “senza rinvio” in tutti e tre i gradi di giudizio; il punto è che il libro riguarda gli anni settanta e ottanta, periodo in cui il Cavaliere non aveva da fare con la politica, cosicché i giudici, assolvendo i due autori, non potevano in alcun modo colpire Berlusconi politico. Per quanto semplice, questo argomento taglia la testa al toro della congiura politico-giudiziaria o del diabolico piano delle “toghe rosse”. L’opera di Mani pulite è stata riconosciuta valida da tanti politici onesti, compresi esponenti della ex-DC, il partito più colpito; paradossalmente, quando credeva che potesse essergli politicamente utile, un tale riconoscimento fu espresso perfino da Berlusconi. Qualcuno ha detto: ben venga il corrotto se sa amministrare. Attenzione: dal punto di vista economico nel breve periodo ciò può esser vero, nel periodo medio o lungo, assolutamente no. Nella crisi dell’Argentina, paese un tempo più prospero dell’Italia, la corruzione ha giocato un ruolo molto importante. D’altra parte, anche nel periodo breve è vitale non vergognarci di noi stessi: senza autostima, non può esserci “amor di patria”. I giudici di Mani pulite e tutti i giudici onesti meritano dunque rispetto e gratitudine. Certo, non sono pochi i giudici che, pur senza dolo, hanno commesso sbagli, anche gravi, e che hanno compiuto abusi o atti di protagonismo che erano del tutto fuori luogo. E sappiamo bene che ci sono giudici corrotti – e ciò è ancora più terribile. Sappiamo anche che la giustizia ha bisogno di riforme rilevanti, ma queste, lo ripeto, potevano e possono benissimo essere introdotte con leggi ordinarie – giuristi di valore a suo tempo espressero giudizi positivi, almeno come punto di partenza, sul cosiddetto pacchetto Flick; di recente l’Ulivo ha fatto nuove proposte. Perché non insistere su una tale linea costruttiva, invece di perdere tempo con le vaghe e vacue accuse di “giustizialismo”? Paolo Sylos Labini (L’Unità)
Essere donna in Turchia
Circa 30 donne sono state arrestate in Turchia quando alcune grandi marce, svoltesi in Turchia, in occasione della Festa della donna, sono finite in scontri con la polizia, come hanno dimostrato anche le immagini trasmesse da CNN Turk. A Gebze e Batman le donne che sono state fermate sono state poi interrogate ed arrestate. Non sono state rese note, invece, le ragioni dell’arresto. Una manifestazione che si è svolta a Izmir, alla quale hanno partecipato le donne del partito HADEP, che hanno manifestato reclamando il diritto al lavoro e denunciando l’aumento del costo della vita. Secondo l’Unione delle donne turche nel paese soltanto una donna su tre è occupata, in confronto al doppio di cinquant’anni fa.
Turchia: gli avvocati di Ocalan rschiano 7 anni di galera
La memoria delle brutte scene capitate nel piccolo porto turco di Mudanya è ancora fresca. Nel maggio del 1999 una folla fanatica aizzata dai media tentò di linciare gli avvocati di Ocalan, di ritorno dall’isola di Imrali, l’isola prigione nel mare di Marmara. Questo provocò loro numerosi problemi e solo con l’aiuto delle guardie riuscirono ad abbandonare l’isola. (...) Dal 6 marzo Aysel Tugluk, Mahmut Sakar e Irfan Dundar sono a giudizio di fronte alla 6a camera della Corte per la Sicurezza dello Stato di Istanbul. Rischiando fino a sette anni di prigione. L’avvocato Tugluk ha già ricevuto una condanna a tre anni e mezzo per aver definito il suo cliente "signor" Ocalan, nel corso di un dibattimento. Il giudizio non è ancora esecutivo. La condanna ad otto anni è dovuta al fatto che, secondo l’accusa, attraverso la diffusione degli scritti di Abdullah Ocalan si sarebbe contributo alla diffusione di materiale terroristico. (...) Nel frattempo la Corte di Strasburgo ha deciso che l’udienza principale del caso Ocalan si terrà nell’ottobre di quest’anno. L’attuale procedimento contro gli avvocati di Ocalan è un chiaro ostacolo al diritto alla difesa del Presidente Ocalan. Una condanna degli avvocati finirebbe per influenzare il corso del procedimento dinanzi alla Corte europea dei diritti umani.
--===oooOOOooo===---
Immigrato "usa e getta" (tdr)
"Siete giunti nell'azienda Italia". Potrebbero
assumere questi toni -per riprendere un'espressione della Caritas nazionale- i
cartelli di benvenuto alle nostre frontiere, dopo la promulgazione della nuova
legge sull'immigrazione che, nei giorni scorsi, ha ricevuto l'approvazione del
Senato. Un provvedimento che indurrà il forestiero ad essere perennemente
considerato solo in quanto "forza lavoro" e che permetterà al nostro Stato di
espellere chi rimarrà disoccupato per appena qualche mese. In questo senso va
letto anche il previsto restringimento della possibilità di ricongiungimento
familiare, che mina il diritto fondamentale a vivere con i propri cari. Il senso
di una legge, tuttavia, è anche di ribadire i valori e i principi di un popolo.
E', perciò, doveroso chiederci: quali sono i nostri? Permetteremo l'esistenza di
una società di servi parallela alla nostra? Lasceremo che la. logica
consumistica, fino ad oggi applicata agli
oggetti, sia trasferita anche
all'uomo? Con l'istituzione dell'immigrato "usa e getta' -secondo
la definizione della Fondazione Migrantes- i lavoratori stranieri e le loro
famiglie diventeranno dei "provvisori": provvisori i loro progetti, le speranze,
i percorsi di integrazione.Ma una
minore integrazione non giova alle nostre comunità. perché mantiene e accresce
le distanze, alimenta la reciproca diffidenza e allontana la convivenza.
(da “La Voce dei Berici” di domenica 10 marzo
2002)
L'ECCEZIONE DELLA MANODOPERA
Il disegno di legge sull'immigrazione approvato dal Senato lo scorso 28 febbraio non ha mancato di suscitare i più differenti commenti. Tra questi, immediate sono state le reazioni e le proteste dell'associazionismo che opera nel settore, tra cui hanno avuto particolare risalto quelle della Caritas italiana ‑ secondo la quale il nostro Paese, privato dalla legge dei principi dell'accoglienza civile, ora diventa «L'azienda‑ltalia» ‑ e della Fondazione Migrates, il cui direttore, mons. Luigi Petris, ha alzato la voce per dire no agli immigrati usa e getta". A Gabriele Brunetti, presidente dell'associazione vicentina "L'isola che non c'è", abbiamo chiesto di aiutarci a capire perché il disegno di legge sia stato definito un provvedimento "che non rispetta la dignità della persona, impedisce l'integrazione e non facilita un clima di serenità nell'opinione pubblica", per usare ancora le parole di monsignor Luigi Petris. «Il disegno di legge ‑ spiega Brunetti ‑ prevede una serie di piccoli interventi che rendono difficile il progetto immigratorio permanente», che, cioè, compromettono il percorso di integrazione del migrante e della sua famiglia. «La filosofia di fondo è di ricondurre tutte le problematiche dell'immigrazione al lavoro, trasformando l'immigrato stesso in un ospite lavoratore». Per far questo, si prevede la soppressione dell'istituto dello sponsor, che attualmente consente l'incontro diretto tra domanda e offerta di manodopera, l'istituzione del contratto di soggiorno, in base al quale si entra e si rimane in Italia solo se si ha un lavoro, e la drastica riduzione a sei mesi del tempo concesso al disoccupato per trovare una nuova occupazione. «In questa logica vanno letti anche i provvedimenti riguardanti l'accesso agli alloggi popolari comunali, consentito nella misura massima del cinque per cento degli immigrati aventi diritto, e l'innalzamento a sei anni della permanenza regolare e continuata necessaria per l'ottenimento della carta di soggiorno». «Un'altra decisione preoccupante ‑ sottolinea il presidente dell'isola che non c'è" ‑ è la limitazione del diritto di difesa dell'immigrato di fronte all'espulsione; limitazione, in quanto la norma impone di eseguire il provvedimento senza entrare nel merito se esso sia giusto o no. Così facendo, si priva la persona del diritto fondamentale alla difesa. Ognuno di noi, invece, se accusato, vorrebbe e dovrebbe avere la possibilità di provare la propria innocenza ...». Purtroppo le nuove norme, prevedendo la possibilità di presentare ricorso solo ad espulsione avvenuta, quindi dall'estero, non lo consentiranno. Gravissimo è poi il metodo con cui saranno esaminate le richieste di asilo, basando l'accoglimento o il diniego sull'ipotesi che l'interessato avanzi tale richiesta solo per sfuggire all'espulsione. E' una valutazione fondata sul pregiudizio, commenta Gabriele Brunetti, in netto contrasto con i principi sanciti dalla Convenzione di Ginevra». Anche sulla regolarizzazione dei collaboratori familiari c'è qualcosa da sottolineare: «Seppure i sostenitori della nuova legge non ne condividano la definizione, il provvedimento è, di fatto, una sanatoria ‑ prosegue Brunetti. E questa sanatoria mette in luce due aspetti. Il primo è che permane una situazione di difficoltà nell'ingresso e nell'inserimento regolare degli immigrati nel mondo del lavoro; infatti, se si dichiara che c'è un numero consistente di clandestini che lavorano, significa che il nostro Paese ne ha bisogno e che le procedure di repressione e controllo non hanno funzionato... Seppure le ripercussioni più pesanti si avranno sulla pelle dell'immigrato che vuole vivere e lavorare tra noi in regola e che intraprende un cammino di integrazione, il presidente de" L'isola che non c'è" è preoccupato anche per i riflessi negativi che la nuova legge potrà avere sugli italiani. " il messaggio che il legislatore lancia al cittadino è : io ti garantisco la sicurezza, ma a scapito dei diritti fondamentali dell'uomo, in questo caso dell'uomo immigrato". A questo punto non possiamo fare a maeno di chiederci quale dignità di persone ci resterà se, per salvaguardare la nostra tranquillità, siamo disposti a calpestare la vita di tanti fratelli e sorelle venuti da lontano. ( da " La Voce dei Berici" del 10 marzo 2002 , a cura di Luca De marzi )
«Il Cigno» spicca il volo con un Laboratorio Itinerante di Promozione della Lettura
L'Associazione di Volontariato "Il Cigno" si prefigge di offrire occasioni mirate a migliorare la qualità della vita delle persone. A tal fine si prodiga per avviare iniziative di carattere educativo volte a risvegliare l'amore per la lettura del libro in questi tempi sempre più assopito dall'imperversare di stimoli massmediali e telematici. Le modalità della proposta dell'associazione si racchiudono nel fare della lettura un momento d'incontro e di scambio. PROGETTO: LETTURA COME INCONTRO: LABORATORIO ITINERANTE DI PROMOZIONE LETTURA. DESTINATARI: BIBLIOTECHE, CENTRI CULTURALI, PUNTI DI AGGREGAZIONE, COMUNITA' ASSISTENZIALI, EDUCATIVE, CASE DI RIPOSO, DELLA ZONA TERRITORIALE DELL'EST VERONESE (Lavagno, Illasi, Colognola ai Colli, San Bonifacio, Caldiero, Monteforte, Soave e tutti quelli interessati). MODALITA': INDIVIDUAZIONE DI LUOGHI E TEMPI NEL PROPRIO AMBITO TERRITORIALE, PER STARE INSIEME LEGGENDO, ASCOLTANDO, PARLANDO, INTRATTENENDOSI ATTORNO AD UN LIBRO. DA CHI: L'OFFERTA PARTE DA LETTORI PREPARATI A TRASMETTRE IL PIACERE DI LEGGERE. A CHI: LA PROPOSTA E' RIVOLTA A GRUPPI DI PERSONE CHE CONDIVIDONO IL DESIDERIO DI AVVICINARSI IN MODO AVVINCENTE AL MONDO DEI LIBRI E DELLA LETTURA. QUALI LIBRI? QUELLI PIU' NOTI DELLA LETTERATURA CLASSICA. QUELLI PIU' NUOVI DEGLI AUTORI CONTEMPORANEI. QUELLI SUGGERITI DURANTE IL PERCORSO. PER INFORMAZIONI: TEL. 045982927 - ASSOCIAZIONE "IL CIGNO". RESPONSABILE del PROGETTO Dott.ssa ELISA ZOPPEI (Centro Universitario di Educazione alla Lettura - Università di Verona) (il Presidente, Simone Roncoletta). Associazione di Volontariato "Il Cigno", via Cima Carega, 17. C.A.P. 37030 Lavagno (VR).
INTERCAMPO IN GUATEMALA
GVC e Y.O.D.A. organizzano un intercampo in Guatemala. Quest’intercampo s’inserisce all’interno del Progetto “Diritti Umani e migrazioni involontarie, analisi delle cause e tutela dei diritti dei rifugiati profughi e richiedenti asilo” AID 6670 cofinanziato dal Ministero degli Affari Esteri. Promosso dal GVC, in consorzio con CESTAS, COSPE, CRINALI, NEXUS-CGIL, SCI, Terres des Hommes Italia e con la partecipazione di ASGI e GRUPPO YODA. Periodo: 03 Aprile 2002 – 17 Aprile 2002; Luogo: Sierra di Quetzaltenango; Numero Partecipanti: 15 persone; Controparte locale: Ong CeDePem; Referente: Henry Morales. Tipologia Progetto: L’Ong CeDePem coordina, all’interno di comunità indigene Quichè, progetti di ricostruzione di infrastrutture agricole per “desplazados”, cittadini guatemaltechi rientrati nel paese dopo anni di emigrazione forzata a causa della guerra civile. Attività in programma: Costruzione di serre e depositi; Incontri con la comunità locale; Visite a progetti GVC; Realizzazione di un video e di un Progetto fotografico (con immagini scattate dagli alunni delle scuole primarie sulla loro vita quotidiana). Attività sul territorio: Raccolta Fondi; Medicinali generici; Materiale didattico e fotografico. Quota di partecipazione: € 1.100: comprensiva di tessera d’iscrizione Yoda, volo a/r, vitto, alloggio, assicurazione e trasporti interni, materiali informativi, incontri di formazione. Segreteria organizzativa per Yoda: Biagio Caracciolo (333-7420925), Jonathan Ferramola (328-3429491) gruppoyoda@hotmail.com
PER RICORDARE MONS. ROMERO
PROGETTO CONTINENTI (ONG di solidarietà internazionale) e CASA DELLA PACE (Comune di Pesaro) organizzano il palinsesto: DA ESISTENZE INVISIBILI A RESISTENZE VISIBILI e vi invitano alla CONFERENZA- DIBATTITO PER IL 22° ANNIVERSARIO DELL’ASSASSINIO DI MONS. ROMERO - SALVADOR. La chiave di lettura che proponiamo è quella di interrogarsi sulle forme di resistenza all’imposizione economica e culturale del neoliberismo. Sono forme, diverse, di una stessa resistenza, comune ai due contesti Latino-americano ed italiano. Per questo vanno analizzate in modo parallelo: “…il caso argentino è l’ultimo capitolo di una metafora italiana.” (M. Chierici). Tra queste, anche la forma di resistenza di Romero, fatta di concreto impegno contro l’ingiustizia socio-economica e politica in Salvador, conserva una propria valenza rivoluzionaria. Interverranno: Raniero La Valle, giornalista, saggista “Romero: una resistenza messianica. E la nostra?”; Maurizio Chierici, giornalista-inviato nei paesi dell’America Latina “Liberismo e paura funzionano insieme: Perù, Argentina, Cile”. L’incontro di terrà presso l’AUDITORIUM DI PALAZZO MONTANI- ANTALDI PESARO LUNEDI’ 29 MARZO, ORE 21.00. Con la collaborazione di: Associazione Peruviana Pesaro-Italia; Bethlemme 2000; Comunità Via del Seminario; Comunità Nigeriana Pesaro-Urbino; CASDIC; Granello di Senape; Gruppo Missionario Comboniano; Rete di Lilliput-Pesaro, Vocé-Onlus.
"Anch'io a Kisangani": la partenza slitta al 22-27 maggio
Slitta al 22 - 27 maggio 2002 l'azione di pace a Kisangani. La decisione è stata presa dal comitato promotore congolese, che ha ritenuto necessario posticipare le date sia per la difficoltà di ottenere l'agibilità politica che per favorire una diffusione più capillare del progetto. "Bisogna permettere alla popolazione intera di collaborare alla realizzazione del SIPA, affinché non venga in alcun modo visto come una cosa calata dall'alto". In un messaggio di Lisa Clark, attualmente a Kisangani, le motivazioni e il nuovo programma dell'iniziativa (disponibile su www.beati.org). Intanto a Sun City (Sudafrica) procede con difficoltà il 'Dialogo intracongolese', e in alcune zone orientali del Paese si continua a combattere e a morire. E? di oggi la notizia che i Mayi-Mayi (partigiani nazionalisti congolesi) hanno lanciato un'offensiva nei confronti di Kitutu, centro che sorge 230 chilometri a sud-ovest di Bukavu (Sud Kivu, est della Repubblica democratica del Congo). I militari della Coalizione democratica congolese (Rcd), che la scorsa settimana avevano respinto un analogo attacco, ieri sono stati costretti a battere in ritirata, cedendo il controllo dell?insediamento ad alcune decine di Mayi-Mayi, appoggiati da circa 200 altri uomini armati, probabilmente ex membri delle Far (le vecchie forze armate ruandesi dei tempi del presidente Habyarimana), profughi in Congo dal 1994.
XII Festival del cinema africano: Milano 15-21 marzo 2002
Organizzato dal COE e giunto ormai alla XII edizione, il Festival costituisce un momento unico in Italia per la visione di una delle cinematografie meno conosciute ed estremamente vitali del panorama "extra-occidentale". Le proiezioni del Festival, circa 70 pellicole e 30 video, hanno luogo in cinque sale cinematografiche situate nel centro di Milano. Tutti i film sono sottotitolati elettronicamente o tradotti simultaneamente in italiano. La presentazione dei film in concorso è presenziata dal regista. Biglietto: 4.50 euro - Tessera: 23 euro. QUATTRO LE SEZIONI PRINCIPALI: CONCORSO cinematografico di lungometraggi, cortometraggi e video realizzati da registi africani o della diaspora africana nel mondo. FINESTRE SUL MONDO: UN POSTO SULLA TERRA, Una ventina di opere (di corto, medio e lungometraggio, in pellicola e video, di finzione e documentario) per un cinema di resistenza. SEZIONE RETROSPETTIVA: IL CINEMA DELLA COSTA D'AVORIO. SEZIONE FUORI CONCORSO, omaggi a registi africani affermati, film e documentari sull'Africa di registi non africani. SEZIONE ITINERANTE ITALIANA. Da alcuni anni la Direzione del Festival ha deciso di portare l'evento-festival in altre città italiane, stimolando e incentivando una già solida consuetudine. Quest'anno il COE in collaborazione con il Servizio Civile Internazionale presenta il FESTIVAL del CINEMA AFRICANO a Roma e il FESTIVAL del CINEMA AFRICANO a Torino nei giorni immediatamente successivi al festival. INFO: www.festivalcinemaafricano.org (programma completo). MILANO: COE, Centro Orientamento Educativo, Tel: 02 6696258 coemilano@coeweb.org TORINO: Centro Interculturale tel. 011/4429700 centroic@comune.torino.it ROMA: Servizio Civile Internazionale, Tel. 065580644/661 Fax 065585268 info@sci-italia.org www.sci-italia.org
LA MANO DI DIO
In quella sorta di terra di nessuno che è il carcere, Don Giuseppe è stato un movimento lento, ma inarrestabile, soprattutto inalienabile, nonostante le contorsioni perverse prodotte dai meccanismi spersonalizzanti che si sprigionano da quel pianeta sconosciuto. Oggi, Don Giuseppe ha dimesso gli abiti di Cappellano del carcere, non lo incontri più nelle sezioni, a colloquio nei corridoi, nelle celle, oppure nei passeggi cementati. Da qualche tempo è a riposo, in una di quelle stanze confortevoli create per le persone anziane. Sono andato a fargli visita…e mi sono trovato spiazzato. Pensavo di avere innanzi un uomo finalmente libero dalle pressanti e disperate richieste di una umanità ristretta. Invece ho trovato lui stesso “detenuto”, in un altro tipo di cella. I suoi passi sono lenti, il corpo rimane fermo come il cielo impresso nell’acqua del lago, eppure sotto quella consapevole ritirata, c’è la ribellione di chi rifiuta di voltare le spalle. Sono entrato in quella stanza, con lo stesso sentimento di bene, di quando varcavo la soglia del suo ufficetto in prigione. L’identica gioia mi accompagnava, ma incredibilmente differente era la condizione. I ruoli completamente ribaltati, lui che sempre ha teso la mano all’ultimo, ora è tra queste “quattro mura”. Io che per anni mi sono sottratto agli altri, oltre che a me stesso, ero libero di entrare ed uscire da quelle sbarre invisibili. Ho ricordato quell’uomo con le croci degli altri ben cucite addosso, tanto da farle proprie. Ho rammentato l’uomo e poi il Sacerdote; l’uomo con lo sguardo in alto, sebbene tra l’incudine e il martello; dei vertici penitenziari distanti, dei detenuti inchiodati alle loro colpe. Ho ritrovata intatta la sua capacità di credere e sperare nell’uomo nuovo, insieme agli antichi insegnamenti: “occorre riesaminare continuamente il passato per approdare a un mutamento interiore che costruisca civiltà nell’amore”. Patrimonio, questo, di quella sua cristianità che non regala facili ammende, o percorsi illusoriamente in discesa. In questa sua cella, il paradosso che si consuma è di carne e sangue, mentre il tempo si ferma. Rimangono le sue parole che non sono mai di ieri. Parole di Giustizia, anche per gli ultimi, in un carcere ancora troppo lontano dalla parabola evangelica del figliol prodigo, ancora troppo a misura ( o peggio dismisura ) di una mentalità che considera il pagare una regola che va onorata, ma disinteressandosi dell’assenza e dello spirito della Costituzione, quindi dello stesso Vangelo. Mentre rimango ad ascoltare l’Uomo, rivivo i giorni in cui il Papa ha messo insieme come una Trinità: PACE-GIUSTIZIA-PERDONO. Persino all’interno di una prigione, di una solitudine imposta, di uno spazio angusto, non c’è solo l’eternità della penitenza, ma il bisogno di un aiuto, la necessità di un recupero che riconduca alla propria dignità tra gli uomini. Con questi pensieri ho salutato Don Giuseppe, con la gratitudine di chi sta imparando che Giustizia e Perdono vanno conquistati e meritati, nella fatica e negli impegni assunti in tutti i giorni. In quelli che rimangono nel tanto cammino ancora da fare insieme. Vincenzo Andraous (Carcere di Pavia e tutor Comunità Casa del Giovane di Pavia, Marzo 2002)
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- Allora, riferiscimi quello che hai visto!
- Avanti 10 miglia da qui,
mi sono imbattuto in 1.016 indiani.
- Complimenti esploratore, così mi
piacciono i rapporti: precisi ed esatti riceverai un premio! Ma racconta:
come hai fatto a contarli in maniera tanto puntigliosa?
- Quando ho sentito i
rumori dell'accampamento indiano, sono sceso da cavallo, e ho cominciato a
strisciare per terra per non essere visto. Ad un tratto, sulla
collina alla mia sinistra, vedo quattro indiani di guardia...
- Si...
continua!
- Mi giro sulla destra, e ne vedo altri quattro, su di un'altra
altura. Per fortuna sono passato inosservato anche ai loro occhi.
-
Si... ma vai avanti!
- Ed ecco che ne vedo altri otto, risalire il sentiero
nella mia direzione.
- Va bene... ma gli altri?
- Oh, bhe, sotto nella
vallata, ce ne erano un casino... saranno stati almeno un
migliaio...
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Pensieri @ltri
"Molte persone entreranno ed usciranno dalla tua vita, ma soltanto i veri amici lasceranno impronte nel tuo cuore. Per trattare te stesso usa la testa, per trattare gli altri usa il tuo cuore. Se qualcuno ti tradisce una volta, è un suo errore, se qualcuno ti tradisce più di due volte è un tuo errore. Grandi menti discutono di idee, menti mediocri discutono di eventi, piccole menti discutono di persone e di quel che fanno. Chi perde denaro perde molto, chi perde un amico perde molto di più, chi perde la fede perde tutto. Giovani ragazzi belli sono casi naturali, ma persone anziane belle sono lavori d'arte. Impara dagli errori degli altri non puoi vivere così a lungo per farli tutti da te." (Eleanor Roosevelt)
…«Non
soltanto impegnati per contrastare le ingiustizie sul versante dell’accoglienza,
del servizio o di prestazioni diverse, ma coinvolti anche in una vigilanza
critica per diventare sentinelle dei diritti altrui…
E’
generalmente istintivo difendere i propri diritti quando questi vengono offesi.
Molto più difficile – e meno spontaneo – è coinvolgersi in prima persona quando
ad essere calpestati sono i diritti di altri, di minoranze più o meno
vicine.
Diventare capaci di riconoscersi interpellati personalmente da ingiustizie che riguardano gli altri, è il segno di una cittadinanza non indifferente e corresponsabile…» Don Luigi Ciotti
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