il GRILLO
parlante
per un'informazione equa e
solidale nell'Est veronese
supplemento a "la Voce
Civica", Aut.Trib.VR n.1215 del 27 maggio 1996
Direttore Responsabile ed
Editoriale: Amedeo Tosi
Redazione: località Praissola 74/b - 37047 San Bonifacio
(VR)
La responsabilità degli articoli e
delle informazioni è tutta ed esclusiva dei rispettivi autori. il GRILLO
parlante ospita volentieri ogni opinione e si assume la responsabilità degli
articoli a cura della Redazione e di quelli non firmati.
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GRILLO parlante
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BUONI E
CATTIVI
"Si dice male degli assenti, ma si
temono i presenti"
(proverbio Lulua - nazione:
Repubblica Democratica del Congo)
«il GRILLO parlante» si prende un
periodo di "vacanza" (giusto per dare qualche esame all'università).
Tornerà a
farvi visita il 12 gennaio 2002, più ruspante che
mai.
Nel frattemo
non demordete... e continuate! a segnalare ai vostri amici la newsletter.
Sereno Natale a tutti!!!!!!!
Appuntamenti da non perdere
Dal 17 al 21 dicembre 2001 - Verona -
«100 voci per Voi»
"100 voci per voi" è un'iniziativa della
scuola elementare Giuliari di Verona (Borgo Roma). Da anni
collaboriamo con Alessandro Anderloni di Velo Veronese e nella nostra scuola è
attivo un coro di poco più di 100 bambini, sorteggiati a caso nelle classi dalla
prima alla quinta, che vengono a cantare una volta alla settimana. Scopo dell'attività è conoscere meglio i bambini di altre classi,
lavorare con insegnanti diverse, divertirsi e far divertire.
A Natale il coro "va in Tournée" per regalare un momento di serenità a chi ne ha
bisogno o a chi ha voglia di ascoltare qualche nota di affetto. Ci piace mandarvi il nostro calendario delle uscite: 17 dicembre ore 11.00 Scuola Materna Primo
maggio; 18 dicembre ore 14.45 Ospedale B.go Roma
(reparto Chirurgia Pediatrica), ore 16.00
Ospedale B.go Roma (reparto Pediatria) alla presenza del Vescovo Padre Flavio
Roberto Carraro; 19 dicembre ore 11.00 Piazza Bra alla
presenza del sindaco Michela Sironi; 19 dicembre ore 17.30 Palestra
della mia scuola (Giuliari) "Mistero di Natale"; 21 dicembre
ore 11.00 Concerto di Natale per i genitori nel cortile della
mia scuola (Giuliari). Canteremo brani di Bepi De Marzi e Alessandro
Anderloni. (I bambini del coro "Andabatànda" della scuola
Giuliari).
Dal 15/12/01 al
06/01/02 - Ostiglia (MN) - Mostra di disegni dei
bambini
A Palazzo del Foglia, Ostiglia
(MN), «Mostra di disegni dei bambini dell'Istituto
Comprensivo del Po», dal 15 dicembre 2001 al 6 gennaio 2002.
18/12/01 - San
Bonifacio (VR) - Astronomia
Il
dottor Roberto Chiei Giamacchio terrà una relazione sul tema: ”L’Astronomia
prima di Copernico”. L’appuntamento è in Sala Civica “Barbarani” di San
Bonifacio, alle ore 15,30.
20/12/01 - San Bonifacio
(VR) - "Le cassette" di Maffeo d'Arcole
Giovedì 20 dicembre, alle ore 20,30 presso
il Cinema Cristallo di San Bonifacio verrà proiettato il film di Maffeo d'Arcole
"Le cassette". Tema del film, il racconto della vita contadina e delle
mondine nella zona dell'Est veronese. Da non perdere! L'appuntamento rientra
all'interno del palinsesto "Natale Arcolese".
20/12/01 - Verona -
Ricordando padre David Maria Turoldo
Giovedì 20 dicembre alle ore 21.00 presso
la chiesa di San Bernardino di Verona, i cori LA CORDATA di Francesco Peruch, LA
FALIA di Alessandro Anderloni e I CRODAIOLI Di Bepi De Marzi, canteranno "E'
Natale padre David". Serata di riflessioni, di preghiere e di canti ricordando
Padre David Maria Turoldo.
20/12/01 - San Bonifacio (VR) -
Sotto la stella, serata di danza
Giovedì 20 dicembre, ore 21, Teatro
Centrale di San Bonifacio, “Sotto la stella, serata di danza” organizzato dalla
S.P.D. di Soave.
21/12/01 - Lonigo (VI)
- Un musical da non perdere!
Venerdì 21 dicembre,
alle ore 20,30 presso il teatro comunale di Lonigo (VI), i ragazzi dell'ANFFAS
di Lonigo presentano il musical "Forza venite gente!", affascinante
rivisitazione della storia di san Francesco alla luce dei fatti dell'11
settembre. Ingresso libero. Musiche brillanti, di grande effetto, e bellissima
coreografia-balletto faranno da sfondo ad un evento assolutamente da non
perdere! Alle porte del teatro verranno raccolte offerte a favore della
casa-famiglia "dopo di noi" di Lonigo. Forza, venite
gente!!!
28/12/01 - San Bonifacio
(VR) - Gospel
Venerdì 28 dicembre, ore 21, Teatro
Centrale di San Bonifacio, “I Blu Gospel”, serata corale
Gospel.
dal 29 al
31/12/01 - Locri - Percorsi di liberazione a partire dai Sud
Nei giorni immediatamente precedenti la
Marcia per la pace (Senza perdono non c'è pace) che - lo
ricordiamo - quest'anno si svolgerà a Locri, si terrà un convegno dal
titolo: Le violenze della globalizzazione. Percorsi di liberazione a partire dai Sud del mondo.
L'incontro avrà luogo presso il Teatro dei Salesiani a partire dalla sera del 29
fino al 31 dicembre 2001. Si prevedono gli interventi di
Mons. Giancarlo Bregantini - Vescovo di Locri-Gerace, Diego Cipriani, Tonino
Perna, Beppe Lumia, Giovanni Mazzillo, Vincenzo Salvati. Il
convergno sarà arricchito dalla presenza di numerosi testimoni del Sud
del mondo. Mons. Bregantini parlerà del senso della
nonviolenza a partire dal vangelo (il re non si salva per un forte
esercito); la nonviolenza sarà posta a confronto dei temi cruciali
dell'economia di mercato, della criminalità organizzata, e della
guerra. A partire dalla parola di Dio e dalla profonda
conoscenza delle condizioni di vita del sud italia, don Gianni Mazzillo e don
Vincenzo Salvati tracceranno l'itinerario possibile per un autentico percorso di
incontro tra le persone e di liberazione da ogni schiavitù.
L'accoglienza avverrà presso le famiglie delle città di Locri e di Gerace e
stiamo cercando di ridurre al minimo tutte le spese di segreteria e
soggiorno. Per questo aspettiamo numerosi coloro che
vorranno unire la partecipazione alla Marcia ad una vera e propria preparazione
che porti a conoscere meglio le strade da percorrere per essere autenticamente
nonviolenti e saper rispondere alle sfide dell'oggi.
Maggiori informazioni presso la segreteria nazionale di Pax Christi
(tel. 080/395.35.07 - e-mail: info@paxchristi.it).
Dal 2 al 6 gennaio 2002 - Trevi -
Il lessico dei sentimenti
L'Associazione Oreundici (www.oreundici.org) organizza un interessante
convegno-laboratorio sul tema: «Il lessico dei sentimenti: dare nome alle
emozioni.
01/01/02 - San Bonifacio
(VR) - Concerto di Capodanno
Martedì
1 gennaio 2002,
ore 17, Sala Civica “Barbarani” di San Bonifacio, “Concerto di capodanno” con
l’Orchestra da Camera “Alto Modo Ensemble” diretta dal maestro Silvano
Perlini.
06/01/02 - San Bonifacio
(VR) - Concerto
natalizio
Domenica
6 gennaio, ore 16,30, Duomo di San Bonifacio, “Concerto Natalizio”.
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IN PRIMO
PIANO
MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ, GIOVANNI PAOLO II
PER LA
CELEBRAZIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
1° GENNAIO
2002
NON C' È PACE
SENZA GIUSTIZIA NON C' È GIUSTIZIA SENZA PERDONO
1. Quest'anno la Giornata Mondiale della
Pace viene celebrata sullo sfondo dei drammatici eventi dell'11 settembre
scorso. In quel giorno, fu perpetrato un crimine di terribile gravità: nel giro
di pochi minuti migliaia di persone innocenti, di varie provenienze etniche,
furono orrendamente massacrate. Da allora, la gente in tutto il mondo ha
sperimentato con intensità nuova la consapevolezza della vulnerabilità personale
ed ha cominciato a guardare al futuro con un senso fino ad allora ignoto di
intima paura. Di fronte a questi stati d'animo la Chiesa desidera testimoniare
la sua speranza, basata sulla convinzione che il male, il mysterium iniquitatis,
non ha l'ultima parola nelle vicende umane. La storia della salvezza, delineata
nella Sacra Scrittura, proietta grande luce sull'intera storia del mondo,
mostrando come questa sia sempre accompagnata dalla sollecitudine misericordiosa
e provvida di Dio, che conosce le vie per toccare gli stessi cuori più induriti
e trarre frutti buoni anche da un terreno arido e infecondo.
È questa la
speranza che sostiene la Chiesa all'inizio del 2002: con la grazia di Dio il
mondo, in cui il potere del male sembra ancora una volta avere la meglio, sarà
realmente trasformato in un mondo in cui le aspirazioni più nobili del cuore
umano potranno essere soddisfatte, un mondo nel quale prevarrà la vera pace.
La pace: opera di giustizia e di amore
2. Quanto è recentemente avvenuto, con i terribili fatti di
sangue appena ricordati, mi ha stimolato a riprendere una riflessione che spesso
sgorga dal profondo del mio cuore, al ricordo di eventi storici che hanno
segnato la mia vita, specialmente negli anni della mia giovinezza.
Le immani
sofferenze dei popoli e dei singoli, tra i quali anche non pochi miei amici e
conoscenti, causate dai totalitarismi nazista e comunista, hanno sempre
interpellato il mio animo e stimolato la mia preghiera. Molte volte mi sono
soffermato a riflettere sulla domanda: qual è la via che porta al pieno
ristabilimento dell'ordine morale e sociale così barbaramente violato? La
convinzione, a cui sono giunto ragionando e confrontandomi con la Rivelazione
biblica, è che non si ristabilisce appieno l'ordine infranto, se non coniugando
fra loro giustizia e perdono. I pilastri della vera pace sono la giustizia e
quella particolare forma dell'amore che è il perdono.
3. Ma come parlare,
nelle circostanze attuali, di giustizia e insieme di perdono quali fonti e
condizioni della pace? La mia risposta è che si può e si deve parlarne,
nonostante la difficoltà che questo discorso comporta, anche perché si tende a
pensare alla giustizia e al perdono in termini alternativi. Ma il perdono si
oppone al rancore e alla vendetta, non alla giustizia. La vera pace, in realtà,
è "opera della giustizia" (Is 32, 17). Come ha affermato il Concilio Vaticano
II, la pace è "il frutto dell'ordine immesso nella società umana dal suo
Fondatore e che deve essere attuato dagli uomini assetati di una giustizia
sempre più perfetta" (Costituzione pastorale Gaudium et spes, 78). Da oltre
quindici secoli, nella Chiesa cattolica risuona l'insegnamento di Agostino di
Ippona, il quale ci ha ricordato che la pace, a cui mirare con l'apporto di
tutti, consiste nella tranquillitas ordinis, nella tranquillità dell'ordine (cfr
De civitate Dei, 19, 13).
La vera pace, pertanto, è frutto della giustizia,
virtù morale e garanzia legale che vigila sul pieno rispetto di diritti e doveri
e sull'equa distribuzione di benefici e oneri. Ma poiché la giustizia umana è
sempre fragile e imperfetta, esposta com'è ai limiti e agli egoismi personali e
di gruppo, essa va esercitata e in certo senso completata con il perdono che
risana le ferite e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati. Ciò vale
tanto nelle tensioni che coinvolgono i singoli quanto in quelle di portata più
generale ed anche internazionale. Il perdono non si contrappone in alcun modo
alla giustizia, perché non consiste nel soprassedere alle legittime esigenze di
riparazione dell'ordine leso. Il perdono mira piuttosto a quella pienezza di
giustizia che conduce alla tranquillità dell'ordine, la quale è ben più che una
fragile e temporanea cessazione delle ostilità, ma è risanamento in profondità
delle ferite che sanguinano negli animi. Per un tale risanamento la giustizia e
il perdono sono ambedue essenziali.
Sono queste le due dimensioni della pace
che desidero esplorare in questo messaggio. La Giornata Mondiale offre,
quest'anno, a tutta l'umanità, e in particolar modo ai Capi delle Nazioni,
l'opportunità di riflettere sulle esigenze della giustizia e sulla chiamata al
perdono di fronte ai gravi problemi che continuano ad affliggere il mondo, non
ultimo dei quali è il nuovo livello di violenza introdotto dal terrorismo
organizzato.
Il fenomeno del
terrorismo
4. È proprio la pace fondata sulla giustizia e
sul perdono che oggi è attaccata dal terrorismo internazionale. In questi ultimi
anni, specialmente dopo la fine della guerra fredda, il terrorismo si è
trasformato in una rete sofisticata di connivenze politiche, tecniche ed
economiche, che travalica i confini nazionali e si allarga fino ad avvolgere il
mondo intero. Si tratta di vere organizzazioni dotate spesso di ingenti risorse
finanziarie, che elaborano strategie su vasta scala, colpendo persone innocenti,
per nulla coinvolte nelle prospettive che i terroristi perseguono.
Adoperando i loro stessi seguaci come armi da lanciare contro inermi persone
inconsapevoli, queste organizzazioni terroristiche manifestano in modo
sconvolgente l'istinto di morte che le alimenta. Il terrorismo nasce dall'odio
ed ingenera isolamento, diffidenza e chiusura. Violenza si aggiunge a violenza,
in una tragica spirale che coinvolge anche le nuove generazioni, le quali
ereditano così l'odio che ha diviso quelle precedenti. Il terrorismo si fonda
sul disprezzo della vita dell'uomo. Proprio per questo esso non dà solo origine
a crimini intollerabili, ma costituisce esso stesso, in quanto ricorso al
terrore come strategia politica ed economica, un vero crimine contro l'umanità.
5. Esiste perciò un diritto a difendersi dal terrorismo. E un diritto che
deve, come ogni altro, rispondere a regole morali e giuridiche nella scelta sia
degli obiettivi che dei mezzi. L'identificazione dei colpevoli va debitamente
provata, perché la responsabilità penale è sempre personale e quindi non può
essere estesa alle nazioni, alle etnie, alle religioni, alle quali appartengono
i terroristi. La collaborazione internazionale nella lotta contro l'attività
terroristica deve comportare anche un particolare impegno sul piano politico,
diplomatico ed economico per risolvere con coraggio e determinazione le
eventuali situazioni di oppressione e di emarginazione che fossero all'origine
dei disegni terroristici. Il reclutamento dei terroristi, infatti, è più facile
nei contesti sociali in cui i diritti vengono conculcati e le ingiustizie troppo
a lungo tollerate.
Occorre, tuttavia, affermare con chiarezza che le
ingiustizie esistenti nel mondo non possono mai essere usate come scusa per
giustificare gli attentati terroristici. Si deve rilevare, inoltre, che tra le
vittime del crollo radicale dell'ordine, ricercato dai terroristi, sono da
includere in primo luogo i milioni di uomini e di donne meno attrezzati per
resistere al collasso della solidarietà internazionale. Alludo specificamente ai
popoli del mondo in via di sviluppo, i quali già vivono in margini ristretti di
sopravvivenza e che sarebbero i più dolorosamente colpiti dal caos globale
economico e politico. La pretesa del terrorismo di agire in nome dei poveri è
una palese falsità.
Non si uccide in
nome di Dio!
6. Chi uccide con atti terroristici coltiva
sentimenti di disprezzo verso l'umanità, manifestando disperazione nei confronti
della vita e del futuro: tutto, in questa prospettiva, può essere odiato e
distrutto. Il terrorista ritiene che la verità in cui crede o la sofferenza
patita siano talmente assolute da legittimarlo a reagire distruggendo anche vite
umane innocenti. Talora il terrorismo è figlio di un fondamentalismo fanatico,
che nasce dalla convinzione di poter imporre a tutti l'accettazione della
propria visione della verità. La verità, invece, anche quando la si è raggiunta
- e ciò avviene sempre in modo limitato e perfettibile - non può mai essere
imposta. Il rispetto della coscienza altrui, nella quale si riflette l'immagine
stessa di Dio (cfr Gn 1, 26-27), consente solo di proporre la verità all'altro,
al quale spetta poi di responsabilmente accoglierla. Pretendere di imporre ad
altri con la violenza quella che si ritiene essere la verità, significa violare
la dignità dell'essere umano e, in definitiva, fare oltraggio a Dio, di cui egli
è immagine. Per questo il fanatismo fondamentalista è un atteggiamento
radicalmente contrario alla fede in Dio. A ben guardare il terrorismo
strumentalizza non solo l'uomo, ma anche Dio, finendo per farne un idolo di cui
si serve per i propri scopi.
7. Nessun responsabile delle religioni,
pertanto, può avere indulgenza verso il terrorismo e, ancor meno, lo può
predicare. È profanazione della religione proclamarsi terroristi in nome di Dio,
far violenza all'uomo in nome di Dio. La violenza terrorista è contraria alla
fede in Dio Creatore dell'uomo, in Dio che si prende cura dell'uomo e lo ama. In
particolare, essa è totalmente contraria alla fede in Cristo Signore, che ha
insegnato ai suoi discepoli a pregare: "Rimetti a noi i nostri debiti, come noi
li rimettiamo ai nostri debitori" (Mt 6, 12).
Seguendo l'insegnamento e
l'esempio di Gesù, i cristiani sono convinti che dimostrare misericordia
significhi vivere pienamente la verità della nostra vita: possiamo e dobbiamo
essere misericordiosi, perché ci è stata mostrata misericordia da un Dio che è
Amore misericordioso (cfr 1 Gv 4, 7-12). Il Dio che ci redime mediante il suo
ingresso nella storia e attraverso il dramma del Venerdì Santo prepara la
vittoria del giorno di Pasqua, è un Dio di misericordia e di perdono (cfr Sal
103 [102], 3-4.10-13). Gesù, nei confronti di quanti lo contestavano per il
fatto che mangiava con i peccatori, così si è espresso: "Andate dunque e
imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti
non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori" (Mt 9, 13). I seguaci di
Cristo, battezzati nella sua morte e nella sua risurrezione, devono essere
sempre uomini e donne di misericordia e di perdono.
La necessità del perdono
8. Ma che cosa
significa, in concreto, perdonare? E perché perdonare? Un discorso sul perdono
non può eludere questi interrogativi. Riprendendo una riflessione che ebbi già
modo di offrire per la Giornata Mondiale della Pace 1997 ("Offri il perdono,
ricevi la pace"), desidero ricordare che il perdono ha la sua sede nel cuore di
ciascuno, prima di essere un fatto sociale. Solo nella misura in cui si
affermano un'etica e una cultura del perdono, si può anche sperare in una
"politica del perdono", espressa in atteggiamenti sociali ed istituti giuridici,
nei quali la stessa giustizia assuma un volto più umano.
In realtà, il
perdono è innanzitutto una scelta personale, una opzione del cuore che va contro
l'istinto spontaneo di ripagare il male col male. Tale opzione ha il suo termine
di confronto nell'amore di Dio, che ci accoglie nonostante il nostro peccato, e
ha il suo modello supremo nel perdono di Cristo che sulla croce ha pregato:
"Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23, 34).
Il
perdono ha dunque una radice e una misura divine. Questo tuttavia non esclude
che se ne possa cogliere il valore anche alla luce di considerazioni di umana
ragionevolezza. Prima fra tutte, quella relativa all'esperienza che l'essere
umano vive in se stesso quando commette il male. Egli si rende allora conto
della sua fragilità e desidera che gli altri siano indulgenti con lui. Perché
dunque non fare agli altri ciò che ciascuno desidera sia fatto a se stesso? Ogni
essere umano coltiva in sé la speranza di poter ricominciare un percorso di vita
e di non rimanere prigioniero per sempre dei propri errori e delle proprie
colpe. Sogna di poter tornare a sollevare lo sguardo verso il futuro, per
scoprire ancora una prospettiva di fiducia e di impegno.
9. In quanto atto
umano, il perdono è innanzitutto un'iniziativa del singolo soggetto nel suo
rapporto con gli altri suoi simili. La persona, tuttavia, ha un'essenziale
dimensione sociale, in virtù della quale intreccia una rete di rapporti in cui
esprime se stessa: non solo nel bene, purtroppo, ma anche nel male. Conseguenza
di ciò è che il perdono si rende necessario anche a livello sociale. Le
famiglie, i gruppi, gli Stati, la stessa Comunità internazionale, hanno bisogno
di aprirsi al perdono per ritessere legami interrotti, per superare situazioni
di sterile condanna mutua, per vincere la tentazione di escludere gli altri non
concedendo loro possibilità di appello. La capacità di perdono sta alla base di
ogni progetto di una società futura più giusta e solidale.
Il perdono
mancato, al contrario, specialmente quando alimenta la continuazione di
conflitti, ha costi enormi per lo sviluppo dei popoli. Le risorse vengono
impiegate per sostenere la corsa agli armamenti, le spese delle guerre, le
conseguenze delle ritorsioni economiche. Vengono così a mancare le disponibilità
finanziarie necessarie per produrre sviluppo, pace, giustizia. Quanti dolori
soffre l'umanità per non sapersi riconciliare, quali ritardi subisce per non
saper perdonare! La pace è la condizione dello sviluppo, ma una vera pace è resa
possibile soltanto dal perdono.
Il
perdono, strada maestra
10. La proposta del perdono non è di
immediata comprensione né di facile accettazione; è un messaggio per certi versi
paradossale. Il perdono infatti comporta sempre un'apparente perdita a breve
termine, mentre assicura un guadagno reale a lungo termine. La violenza è
l'esatto opposto: opta per un guadagno a scadenza ravvicinata, ma prepara a
distanza una perdita reale e permanente. Il perdono potrebbe sembrare una
debolezza; in realtà, sia per essere concesso che per essere accettato, suppone
una grande forza spirituale e un coraggio morale a tutta prova. Lungi dallo
sminuire la persona, il perdono la conduce ad una umanità più piena e più ricca,
capace di riflettere in sé un raggio dello splendore del Creatore.
Il
ministero che svolgo al servizio del Vangelo mi fa sentire vivamente il dovere,
e mi dà al tempo stesso la forza, di insistere sulla necessità del perdono. Lo
faccio anche oggi, sorretto dalla speranza di poter suscitare riflessioni serene
e mature in vista di un generale rinnovamento, nei cuori delle persone e nelle
relazioni tra i popoli della terra.
11. Meditando sul tema del perdono, non
si possono non ricordare alcune tragiche situazioni di conflitto, che da troppo
tempo alimentano odi profondi e laceranti, con la conseguente spirale
inarrestabile di tragedie personali e collettive. Mi riferisco, in particolare,
a quanto avviene nella Terra Santa, luogo benedetto e sacro dell'incontro di Dio
con gli uomini, luogo della vita, morte e risurrezione di Gesù, il Principe
della pace.
La delicata situazione internazionale sollecita a sottolineare
con forza rinnovata l'urgenza della risoluzione del conflitto arabo-israeliano,
che dura ormai da più di cinquant'anni, con un'alternanza di fasi più o meno
acute. Il continuo ricorso ad atti terroristici o di guerra, che aggravano per
tutti la situazione e incupiscono le prospettive, deve lasciare finalmente il
posto ad un negoziato risolutore. I diritti e le esigenze di ciascuno potranno
essere tenuti in debito conto e contemperati in modo equo, se e quando prevarrà
in tutti la volontà di giustizia e di riconciliazione. A quegli amati popoli
rivolgo nuovamente l'invito accorato ad adoperarsi per un'era nuova di rispetto
mutuo e di accordo costruttivo.
Comprensione e cooperazione
interreligiosa
12. In questo grande sforzo, i leader
religiosi hanno una loro specifica responsabilità. Le confessioni cristiane e le
grandi religioni dell'umanità devono collaborare tra loro per eliminare le cause
sociali e culturali del terrorismo, insegnando la grandezza e la dignità della
persona e diffondendo una maggiore consapevolezza dell'unità del genere umano.
Si tratta di un preciso campo del dialogo e della collaborazione ecumenica ed
interreligiosa, per un urgente servizio delle religioni alla pace tra i popoli.
In particolare, sono convinto che i leader religiosi ebrei, cristiani e
musulmani debbano prendere l'iniziativa mediante la condanna pubblica del
terrorismo, rifiutando a chi se ne rende partecipe ogni forma di legittimazione
religiosa o morale.
13. Nel dare comune testimonianza alla verità morale
secondo cui l'assassinio deliberato dell'innocente è sempre un grave peccato,
dappertutto e senza eccezioni, i leader religiosi del mondo favoriranno la
formazione di una pubblica opinione moralmente corretta. E questo il presupposto
necessario per l'edificazione di una società internazionale capace di perseguire
la tranquillità dell'ordine nella giustizia e nella libertà.
Un impegno di
questo tipo da parte delle religioni non potrà non introdursi sulla via del
perdono, che porta alla comprensione reciproca, al rispetto e alla fiducia. Il
servizio che le religioni possono dare per la pace e contro il terrorismo
consiste proprio nella pedagogia del perdono, perché l'uomo che perdona o chiede
perdono capisce che c'è una Verità più grande di lui, accogliendo la quale egli
può trascendere se stesso.
Preghiera
per la pace
14. Proprio per questa ragione, la preghiera per
la pace non è un elemento che "viene dopo" l'impegno per la pace. Al contrario,
essa sta al cuore dello sforzo per l'edificazione di una pace nell'ordine, nella
giustizia e nella libertà. Pregare per la pace significa aprire il cuore umano
all'irruzione della potenza rinnovatrice di Dio. Dio, con la forza vivificante
della sua grazia, può creare aperture per la pace là dove sembra che vi siano
soltanto ostacoli e chiusure; può rafforzare e allargare la solidarietà della
famiglia umana, nonostante lunghe storie di divisioni e di lotte. Pregare per la
pace significa pregare per la giustizia, per un adeguato ordinamento all'interno
delle Nazioni e nelle relazioni fra di loro. Vuol dire anche pregare per la
libertà, specialmente per la libertà religiosa, che è un diritto fondamentale
umano e civile di ogni individuo. Pregare per la pace significa pregare per
ottenere il perdono di Dio e per crescere al tempo stesso nel coraggio che è
necessario a chi vuole a propria volta perdonare le offese subite.
Per tutti
questi motivi ho invitato i rappresentanti delle religioni del mondo a venire ad
Assisi, la città di san Francesco, il prossimo 24 gennaio, a pregare per la
pace. Vogliamo con ciò mostrare che il genuino sentimento religioso è una
sorgente inesauribile di mutuo rispetto e di armonia tra i popoli: in esso,
anzi, risiede il principale antidoto contro la violenza ed i conflitti. In
questo tempo di grave preoccupazione, l'umana famiglia ha bisogno di sentirsi
ricordare le sicure ragioni della nostra speranza. Proprio questo noi intendiamo
proclamare ad Assisi, pregando Dio Onnipotente - secondo la suggestiva
espressione attribuita allo stesso san Francesco - di fare di noi uno strumento
della sua pace.
15. Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza
perdono: ecco ciò che voglio annunciare in questo Messaggio a credenti e non
credenti, agli uomini e alle donne di buona volontà, che hanno a cuore il bene
della famiglia umana e il suo futuro.
Non c'è pace senza giustizia, non c'è
giustizia senza perdono: questo voglio ricordare a quanti detengono le sorti
delle comunità umane, affinché si lascino sempre guidare, nelle loro scelte
gravi e difficili, dalla luce del vero bene dell'uomo, nella prospettiva del
bene comune.
Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono:
questo monito non mi stancherò di ripetere a quanti, per una ragione o per
l'altra, coltivano dentro di sé odio, desiderio di vendetta, bramosia di
distruzione.
In questa Giornata della Pace, salga dal cuore di ogni credente
più intensa la preghiera per ciascuna delle vittime del terrorismo, per le loro
famiglie tragicamente colpite, e per tutti i popoli che il terrorismo e la
guerra continuano a ferire e a sconvolgere. Non restino fuori del raggio di luce
della nostra preghiera coloro stessi che offendono gravemente Dio e l'uomo
mediante questi atti senza pietà: sia loro concesso di rientrare in se stessi e
di rendersi conto del male che compiono, così che siano spinti ad abbandonare
ogni proposito di violenza e a cercare il perdono. In questi tempi burrascosi,
possa l'umana famiglia trovare pace vera e duratura, quella pace che solo può
nascere dall'incontro della giustizia con la misericordia!
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SOLIDARIETA'
UN
QUADRO PER LA CASA FAMIGLIA
La
galleria del Teatro Centrale di San Bonifacio (via Marconi) ospita dall’8 al 26
dicembre 2001 una singolare “Mostra di Pittura” a scopo benefico. Ad esporre
sono sei artisti: Angelo Morando, Antonio Nucca, Aldo Brizzi, Alessandro
Albertini, Vittorio Carradore e Piergiorgio Ferrarese. Il ricavato della vendita
di alcune delle opere verrà devoluto alla Casa Famiglia. E’ possibile visitare
la mostra nei seguenti orari: venerdì, sabato e festivi, ore 17 - 19,30 e 10 -
12,30 (solo festivi).
DATTERI
IRACHENI PER ROMPERE L'EMBARGO CHE UCCIDE 4.500 BAMBINI AL
MESE
Datteri
iracheni importati dall'associazione "Un ponte per..." come atto di
disobbedienza civile alla legge italiana sull'embargo all'Iraq sono in vendita
in tutta Italia per protestare contro l'embargo e come atto di solidarieta'
verso la popolazione irachena colpita con oltre un milione di vittime. Da 11
anni continuano a morire 4.500 bambini al mese. Facciamo che la vita di un
bambino valga una vita. I datteri sono in vendita nelle Botteghe del Commercio
Equo e Solidale e nelle piazze. Il 22 dicembre giornata nazionale di
disobbedienza civile con tavoli di vendita publica in tutt'Italia. Per la
seconda volta l'embargo all'Iraq e' stato apertamente e pubblicamente violato
con una iniziativa di disobbedienza civile alla legge 298/90 promossa
dall'associazione di volontariato "Un ponte per...". L'iniziativa, consistente
nella importazione "illegale" di 20 tonnellate di datteri iracheni, intende
essere una ulteriore forma di pressione sul governo italiano perche' dia
attuazione alla risoluzione approvata il 21 giugno 2000 dalla Camera dei
deputati che lo impegnava, anche sotto la pressione di 30.000 firme di una
petizione popolare, a "prendere una posizione ufficiale nelle sedi
internazionali per la revoca delle sanzioni all'Iraq", "sbloccare i fondi
iracheni congelati nelle banche italiane e promuovere iniziative umanitarie.
"Siamo stufi di aspettare che il governo si muova - hanno detto gli
organizzatori - non riconosciamo piu' validita' ad una legge con la quale anche
il nostro paese partecipa al genocidio della popolazione irachena, che ha pagato
gia' con oltre un milione di morti". I datteri sono stati acquistati
direttamente da contadini del sud dell'Iraq, sono stati sterilizzati, essiccati
e confezionati in Iraq ed importati in Italia, dopo aver passato due frontiere
ed aver cambiato due volte identita'. Prima della importazione il prodotto e'
stato fatto analizzare sia da un laboratorio iracheno che da uno italiano per
verificare la conformita' alle norme sanitarie italiane e per verificare
l'assenza di uranio impoverito. I proventi della iniziativa verranno utilizzati
in un progetto di riabilitazione di un centro di salute nella zona di
provenienza dei datteri. Iniziative analoghe avverranno in Canada, Gran Bretagna
e Francia ove i datteri iracheni sono stati riesportati dall'Italia. I
datteri (di cui l'Iraq era il primo esportatore mondiale) erano, prima della
guerra del Golfo la seconda voce nelle esportazioni irachene. L'embargo,
chiudendo i mercati esteri, ha colpito molto duramente i contadini e tutte le
attivita' connesse alla lavorazione e alla trasformazione del prodotto.
(Dall'associazione umanitaria "Un ponte per..." . Per contatti: posta.unponteper@tiscalinet.it )
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MASSMEDIA e TAM TAM
vari
SITI DA
VISITARE
REGALATI e REGALA un
LIBRO
1) Vi invitiamo a leggere: "Preghiere di
fango", di Errico Orsi (medico senza frontiere). Gangemi Editore. Costo £
30.000.
2) Bartolome' de Las Casas, Obra indigenista, edicion
de Jose' Alcina Franch, Alianza, Madrid 1985, 1992, pp. 480. Una
raccolta delle principali opere pubblicate da Las Casas a Siviglia nel 1552 e
1553; non solo la Brevissima relazione della distruzione delle Indie, ma altri
testi di grande interesse che per quanto ne sappiamo ancora attendono di essere
adeguatamente pubblicati in Italia.
3) Adriana Zarri, Il figlio perduto, La Piccola,
Celleno (VT) 1991, pp. 164, lire 18.000. Tre meditazioni tenute presso
il centro comunitario di Celleno, arricchite da un'appendice di letture
parallele. Con una prefazione dell'indimenticabile Benedetto Calati. Uno dei
libri piu' belli e concentrati della grande teologa ed eremita.
4) Ernesto Balducci, Giorgio La Pira, Edizioni
cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (FI) 1986, pp. 192, lire
18.000. Padre Balducci, Giorgio La Pira: ad ogni pagina ritrovi
vicende, figure, riflessioni che sono divenute parte del nostro stesso sentire,
memoria condivisa, speranza e fedelta'.
5) Eduardo Galeano, A testa in giu', Sperling &
Kupfer, Milano 1999, pp. 384, lire 26.000. Il mondo alla rovescia, che
e' quello in cui viviamo, raccontato e spiegato dal grande giornalista,
saggista, narratore latinoamericano. Una delle opere migliori per capire cosa
sia la globalizzazione neoliberista.
6) AA. VV., Don Primo Mazzolari, Servitium, Sotto il
Monte (BG) 1999, pp. 238, lire 20.000. Studiosi ed amici di Primo
Mazzolari lo ricordano in pagine di profonda interpretazione e commossa
rievocazione. Un libro che si legge tra le lacrime.
7) I QUADERNI SPECIALI DI "LIMES": LE SPADE
DELL'ISLAM I quaderni speciali di "Limes", Le spade dell'islam, Roma
2001, pp. 192, lire 14.000. Anche questo quaderno della prestigiosa rivista di
geopolitica apporta utili e talora utilissimi materiali di conoscenza,
riflessione, dibattito.
8) Liana Fiorani presenta «DEDICHE A DON MILANI dal cimitero
di Barbiana», Edizioni Qualevita (
sudest@iol.it).
STOP WTO-MILLENNIUM
ROUND
La Campagna
StopWTO-Millennium Round (nello specifico Roberto Meregalli) ha messo a punto
alcuni documenti di commento alle conclusioni del recente vertice WTO di Doha.
Il collegamento per accedere ai due testi è attivo dalla home page del sito www.retelilliput.org
FAI CHIUDERE IL CONTO
ARMATO
Per raccogliere i contributi della "giornata
di digiuno, preghiera e carità per la pace" promossa dal Papa per il 14
dicembre, la Santa Sede ha aperto un "conto corrente straordinario" presso la
Banca di Roma, una delle principali "banche armate". Da due anni Missione Oggi
insieme con Nigrizia e Mosaico di Pace (Pax Christi), ha promosso la "Campagna
nazionale di pressione alle "banche armate" chiedendo ai cittadini e alle
associazioni civili e religiose un controllo attivo sulle operazioni di
finanziamento e di appoggio delle banche al commercio d'armi. Tra l'altro, la
Banca di Roma pubblicizza nel proprio sito internet i diamanti di una rinomata
ditta, ma tra i molti certificati non compare quello di non-provenienza da zone
di guerra, mentre è in atto a livello mondiale una campagna per la
certificazione dei diamanti. Missione Oggi ha diffuso un comunicato
chiedendo alla Santa Sede (e specificamente al Pontificio Consiglio "Cor Unum")
di chiudere il "conto corrente straordinario della giornata di digiuno" presso
la Banca di Roma e di aprirne in sostituzione uno presso la Banca Popolare
Etica. Invita inoltre tutti i partecipanti alla "giornata di preghiera, digiuno
e carità" a farsi portavoce dell'appello inviando una Email al Pontificio
Consiglio "Cor Unum".
Ti chiedo pertanto di: 1: Firmare l'appello (lo trovi con tutta la documentazione) al
sito: www.saveriani.bs.it ; 2. Spedire questa mail ai tuoi amici. Puoi trovare tutte le informazioni sulla Campagna "banche armate"
al sito:
www.saveriani.bs.it/missioneoggi/Campagne/Banche/index.htm ; Per informazioni sull'appello vedi il sito: www.saveriani.bs.it
UN APPELLO CONTRO LA MAFIA
«Si muore generalmente perche' si e' soli o
perche' si e' entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perche' non si
dispone delle necessarie alleanze, perche' si e' privi di sostegno. In Sicilia
la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non e' riuscito a
proteggere» (Giovanni Falcone). Assistiamo ad un progressivo e costante
smantellamento di tutti quegli strumenti di contrasto alla criminalita'
organizzata che, dopo le stragi del '92, ci avevano fatto sperare di
potere un giorno vivere in una societa' libera dall'intimidazione mafiosa.
Sempre piu' difficile e' collaborare con la giustizia, sia da parte dei pentiti
che di imprenditori onesti e taglieggiati, sempre piu' sfumato e' il reato di
concorso esterno in associazione mafiosa, mentre fioccano le condanne di
risarcimento a carico di chi racconta o analizza la mafia e i magistrati piu'
esposti vengono costantemente attaccati e delegittimati. Niente piu' falsi in
bilancio, ostacoli insormontabili per le rogatorie internazionali e un bel colpo
di spugna per i reati finanziari. Dopo la cessazione dell' operazione "Vespri
Siciliani", ecco oggi la riduzione della "vergogna nazionale", cioe' delle
scorte ai magistrati. Imperativo categorico e' diventato "imparare a convivere
con la mafia", in attesa di allentare la vigilanza sui grandi appalti.
Intendiamo esprimere non solo preoccupazione ma indignazione per il percorso
intrapreso verso una normalita' che somiglia troppo ad una "normalizzazione".
Oggi, come e piu' di ieri, e' necessario ribadire con forza e convinzione, che
la mafia esiste, ancora, e controlla il territorio. La mafia non e'
un'emergenza. La mafia e' un sistema criminale che trova la sua forza nei legami
ancora forti con pezzi della politica, delle istituzioni, del mondo
dell'economia ed in capitali immensi, appena scalfiti da sequestri e confische.
Per questo e' assolutamente necessario rialzare la guardia, mobilitare le
coscienze e rendere evidente nel Paese la volonta' di liberarsi dal giogo
mafioso. E' ancor piu' necessario richiamare alle proprie responsabilita' tutte
le cariche istituzionali a garanzia della democrazia e della liberta'. Riteniamo
urgente e vitale organizzare una mobilitazione nazionale contro la mafia che
veda convergere associazioni, gruppi, movimenti e cittadini. Una manifestazione
che riteniamo opportuno proporre a Roma entro poche settimane per sottolineare
il senso di una battaglia contro la criminalita' che e' dell'intero Paese. Per
dimostrare a pezzi delle istituzioni non coerentemente impegnati nel contrasto
alla mafia la presenza determinata e non rassegnata dei cittadini italiani. Vi
invitiamo ad inviare nei prossimi giorni la vostra adesione insieme alla
disponibilita' a dare un contributo di idee ed un apporto organizzativo per la
riuscita dell'iniziativa. (Appello promosso dall'associazione "Palermo anno
uno"; per contatti e adesioni: fax: 091340793; e-mail: palermoannouno@libero.it )
SOLIDARIETA'
INTERNAZIONALE + INTERNAZIONALE
É
uscito in questi giorni il nuovo numero della rivista «Solidarietà
Internazionale» presente nelle edicole di tutta Italia insieme al settimanale
«Internazionale». Non
perdetevela!
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INFORMAZIONI, RIFLESSIONI
& OPINIONI
Nel quinto anniversario della morte di don Giuseppe
Dossetti, ricordiamo la sua figura di politico e religioso con le parole
scritte nel 1996 da Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea. Testo
tratto da «il Risveglio Popolare» (settimanale della Diocesi di
Ivrea) del 19 Dicembre 1996.
Don Giuseppe Dossetti, uno dei "papà"
della Costituzione
Un ricordo affettuoso di Mons. Bettazzi. "HO AMMIRATO LA SUA
DIRITTURA DI COSCIENZA, LA COERENZA MAI PIEGATA A SMUSSATURE".
È morto Don Giuseppe Dossetti. Era ammalato da
tempo, ma sempre lucido. Ed ora era più difficile incontrarlo per la precarietà
della sua salute. Ero riuscito a salutarlo per pochi minuti dopo Pasqua, non ci
ero riuscito quand'ero salito a Monte Sole con i nostri chierici.
Si era tornato a parlare di lui in questi ultimi anni perché s'era trovato
promotore di Comitati in difesa della Costituzione, nei tempi in cui c'era chi
sembrava volerla cambiare a tutti i costi. E faceva tanto più meraviglia perché
Dossetti, che aveva lasciato una brillante carriera politica (era stato membro
della Costituente e vicesegretario nazionale della Dc di De Gasperi) per fondare
un Istituito monastico e farsi sacerdote, ora usciva improvvisamente dal
chiostro per un impegno così specificatamente "terreno". Ma era stato
protagonista dell'incontro e della collaborazione delle tre culture (cattolica,
liberale, socialcomunista) per una Costituzione così equilibrata (e perciò cosi
invidiata nel mondo), e temeva che essa potesse venire rimaneggiata con intenti
meno solidali, favorevoli ai settori già più affermati o privilegiati. Un altro
impegno forte era stato quello di appoggiare il Papa nell'appello alla pace
della vigilia della guerra del Golfo; e l'avevo incontrato allora nella
residenza dei suoi monaci in Giordania, alle falde del Monte Nebo. Quando aveva
lasciato la politica - per divergenze con De Gasperi, ritenuto forse troppo
moderato o troppo dipendente dall'America - era venuto a Bologna (lui proveniva
da Reggio Emilia e insegnava diritto ecclesiastico all'Università Cattolica di
Milano) dove aveva fondato un Centro di documentazione religiosa ed un Istituto
per preparare culturalmente i cristiani che volessero dedicarsi alla politica.
Il Card. Lercaro l'aveva poi obbligato a presentarsi come candidato a sindaco di
Bologna: non aveva vinto, ma le giunte socialcomuniste per molti anni avevano
applicato le intuizioni del "Libro bianco" preparato da lui e dai suoi
collaboratori (tra cui il prof. Ardigò), a cominciare dalla divisione
della Città in Quartieri. Poi si era ritirato con la Piccola Famiglia
dell'Annunziata da lui fondata (alcune religiose e due o tre religiosi), prima
presso il santuario di S. Luca, in seguito nell'Abbazia di Monteveglio, a una
ventina di chilometri dalla città. Era stato ordinato sacerdote dal Card.
Lercaro che lo volle suo "esperto" al Concilio Vaticano II, e fu di aiuto
determinante non solo nella preparazione dei discorsi, ma anche nell'arte di
muoversi tra le schermaglie dei regolamenti conciliari, spesso utilizzati per
soffocare sul nascere le aperture più nuove prospettate da alcuni episcopati o
da singoli vescovi. Nel pomeriggio, insieme a Raniero La Valle, riassumevano
l'andamento della mattinata, pubblicando poi su "L'Avvenire d'Italia", stampato
allora a Bologna e diretto dal La Valle, relazioni documentate e stimolanti che
facevano conoscere al mondo esterno (ma spesso... anche a noi vescovi) quanto
era avvenuto nell'Aula Conciliare. Erano significativi i Santi protettori
dell'Istituto: accanto all'Annunziata, la Madonna del "si" e dell'Incarnazione,
S. Ignazio di Antiochia pioniere delle Chiese particolari, S. Benedetto
fondatore della vita monastica, S. Francesco d'Assisi maestro di povertà e di
lettura della Bibbia "sine glossa" (cioè senza commenti giuridici), S. Teresa
del Bambin Gesù maestra di "infanzia spirituale". Col Card. Lercaro s'era
dedicato soprattutto allo sviluppo della Chiesa particolare bolognese; e il
Cardinale lo apprezzava e lo amava per i suggerimenti preziosi e nello stesso
tempo per un'obbedienza pronta e sincera. L'aveva fatto Vicario Generale dopo la
mia partenza: pare anzi che avesse insistito con Paolo VI per averlo come
successore sulla Cattedra di S. Petronio. Con il Card. Poma aveva invece
accentuato l'attenzione all’incontro tra le grandi religioni, con insediamenti e
lunghe permanenze in Israele e in Giordania. Più di una volta aveva accettato di
parlare ai nostri preti o ad un nostro pellegrinaggio. Quando la diocesi di
Bologna aveva fatto memoria dei sacerdoti e della gente (bambini, donne,
anziani) assassinati dai tedeschi nelle chiese e nei cimiteri di Monte Sole, la
montagna sopra Marzabotto, don Dossetti aveva accettato di insediarsi con una
comunità maschile in una cascina ristrutturata e di prepararne una non lontana
per una comunità femminile, perché vi fossero testimoni di fede e di preghiera
dove s’era sparso tanto sangue innocente. Ed in quel cimitero dove erano state
uccise e sepolte tante vittime della barbarie ha chiesto di riposare per sempre.
La sua famiglia religiosa (una ventina di monaci, una sessantina di monache) si
nutre di Parola di Dio (due ore di meditazione al giorno) e di preghiera, e vive
nella povertà e nella semplicità mentre colloquia e studia nelle principali
lingue antiche e moderne gli approfondimenti ed i commenti della S. Scrittura.
Ne abbiamo avuto testimonianza, nella preparazione al nostro recente Sinodo,
attraverso la parola del monaco don Umberto Neri. Quello che ho sempre ammirato
in don Dossetti è stata la sua dirittura di coscienza, la sua coerenza, mai
piegata a smussature, quindi pronta sempre a sentirsi contestata o in minoranza,
ma sempre fiduciosa nella forza della verità. In minoranza nel Partito, spesso
anche nella Chiesa, la sua voce era però particolarmente autorevole, ed imponeva
quanto meno riflessione e valutazioni serie. Il suo ricordo, il suo esempio, la
sua amicizia ci aiutino. + luigi bettazzi
Colpo di spugna sulla commissione
povertà
Berlusconi ha affossato la commissione
povertà. L'ex presidente, Chiara Saraceno, descrive la lunga
agonia.
"Ci siamo dimessi", spiega amareggiata la Saraceno, "non
perché non condividiamo la linea politica di questo esecutivo, ma perché è
venuto a mancare un quadro istituzionale certo per il buon funzionamento della
nostra commissione. Sono venute a mancare, cioè, le condizioni minime entro cui
operare. Non so francamente se la commissione verrà reinsediata o soltanto
cancellata". Certo è che i segnali che arrivano dal sottosegretario che ha
ricevuto la delega agli Affari sociali, Grazia Sestini, non sono affatto
incoraggianti. In Parlamento, infatti, rispondendo proprio a un'interrogazione
sul caso presentata da Livia Turco, sia Maroni che la Sestini hanno richiamato
sia l'articolo 11 dell'attuale legge finanziaria, che preannuncia un secco
ridimensionamento dei fondi per tali attività, che l'articolo 4 della legge
delega sulla riforma dell'assistenza, la 328, che permette al ministero di
accorpare, ridurre o eliminare commissioni, enti e istituti ritenuti
inefficienti o inutili. Un benservito.
L'opinione della Saraceno è secca: "Vogliono eliminare la
commissione, abrogarla di fatto, se non ope legis, visto che questa via
è complicata dal fatto che da commissione governativa eravamo diventati
commissione istituita con legge parlamentare ed è alle Camere che il governo
deve rispondere. Comunque ci hanno spinto alle dimissioni in tutti i modi: prima
non convocandoci mai, neppure a seguito delle mie continue e pressanti
richieste, poi arrivando all'offesa lesiva della dignità di tutti i componenti
negandoci persino i rimborsi per le spese di viaggio, vitto e alloggio per
raggiungere Roma, infine togliendoci anche l'unica segretaria che avevamo a
disposizione. Per non dire del sito del ministero. (...) Nel sito c'era una
parte dedicata ai problemi della povertà e alla Commissione, che è stata
cancellata o resa inattiva. Nessuno, anche volendo, ci poteva contattare,
neanche se avesse voluto consultare il nostro Rapporto. Rapporto che abbiamo
deciso di presentare comunque, anche a nostre spese se fosse stato necessario,
come ultimo e più importante atto di un lavoro di anni. L'abbiamo atto alcune
settimane fa. Naturalmente, né il ministro Maroni né nessun membro del governo
si è fatto vedere o sentire. Eppure, dopo molte mie insistenze, almeno alla
presentazione Maroni mi aveva assicurato la sua presenza......"
La difesa d'ufficio del ministro spetta al sottosegretario
Grazia Sestini, eletta con Forza Italia: "Abbiamo ringraziato la Saraceno per il
lavoro svolto, ma la Commissione era giunta a conclusioni che il
governo non condivideva. Di commissioni inutili o inefficienti ce
ne sono fin troppo: abbiamo deciso di rivederle. Non posso escludere che
rifaremo quella sulla povertà. Si vedrà."
Alberto Remondini, a lungo membro della commissione,
afferma che : "Ha ragione la Saraceno, ci hanno messo nell'impossibilità di
lavorare. Non c'era volontà politica di ascoltare i risultati del nonstro
lavoro. Certo, una commissione che parla di povertà fastidio lo dà sempre."
(...) (segnalazione di Paolo Veronese)
UNA LETTERA A BABBO
NATALE
Caro Babbo Natale, questa e' la prima lettera che ti scrivo
in vita mia. Da bambina ho fatto sempre sfuggire l'occasione un po' per la
titubanza che avevo nell'esprimere liberamente un mio desiderio con uno
sconosciuto, un po' per il fatto che, siccome il mio compleanno cadeva poche
settimane prima di Natale, tutti - salvo la mia famiglia - mi davano un regalo
per il compleanno augurandomi anche buon Natale. Ma ora che ho 42 anni penso
ormai di poter mandare al diavolo la titubanza. E poiche' adesso ho una cosa che
davvero desidero, ho deciso di scriverti (spero che non ci sia un limite di eta'
per poterti scrivere).
Caro Babbo Natale, per quest'anno, vorrei chiederti il
ripristino dell'articolo 11 della Costituzione italiana. In realta', si tratta
di una cosa che avevamo, ma purtroppo l'abbiamo persa gradualmente negli ultimi
due o tre anni. Anzi, ci tengo a precisare che alcuni uomini senza scrupoli
l'hanno sottratta a noi, adulti e bambini. Io la rivoglio indietro, lo desidero
cosi' intensamente che non so a che cosa non rinuncerei per riaverla. Bada bene,
non te la sto chiedendo soltanto per me, ma per tutti quelli a cui apparteneva,
e soprattutto per i bambini e i ragazzi a te cosi' cari. Nel caso che tu non
conoscessi di che si tratta, ti lascero' il testo accanto al camino, insieme a
un fiasco di vino e qualche fetta di pane. Vorrei aggiungere che, se la cosa poi
ti piacesse, sei libero di regalarla a chiunque nel mondo (perche', per fortuna,
ancora nessuno ne ha reclamato la proprieta' intellettuale). Spero con tutto il
cuore che tu, generosissimo Babbo Natale, sappia esaudirmi questo desiderio. Un
augurio sincero a te e alle tue renne. (Yukari Saito e' una prestigiosa
giornalista e saggista giapponese, impegnata per la pace e la nonviolenza, che
vive e lavora in Italia).
Cambio di stagione
di Ida Dominijanni (il Manifesto)
Ossessioni della maggioranza sulla demolizione
dell'ordinamento giudiziario, difesa della magistratura, tentativi di dialogo.
Risponde Livio Pepino, presidente di Magistratura democratica.
La commedia sulla giustizia sembra sempre uguale a se
stessa. Quella di questi giorni cos'è, l'ennesima replica? Sì e no. La
partita non si gioca solo attorno al conflitto d'interessi del presidente del
consiglio e di altri rappresentanti del governo. E' in corso un tentativo di
ridisegnare l'intero profilo dello stato di diritto. Negli ultimi decenni, in
Italia e in Europa, si era affermata la tendenza a configurare la norma come un
patto di convivenza per tutti, non come uno strumento in mano ai forti per
ingabbiare i deboli. Riconsiderato a distanza, il senso profondo di Mani pulite
è stato questo, l'affermazione dell'autonomia del diritto e della giurisdizione
dal potere politico e imprenditoriale. Il che non significa che la magistratura
deve diventare un contropotere; significa che deve restare estranea al circuito
del potere - mentre in tempi meno recenti era accaduto spesso che ne fosse un
tassello. Bene, oggi si sta tentando di chiudere questa stagione, segnata
evidentemente dall'apporto della cultura giuridica più avanzata, nonché di
Magistratura democratica, che ovviamente oggi appare "pericolosa" a chi vuole
invertire la marcia.
Vedi solo l'intenzione o già delle prove di questo
cambio di stagione? Ci sono dei sintomi chiarissimi. La riforma
societaria con cui si tenta di evitare il controllo di legalità sull'operato
dell'impresa. L'irrigidimento prospettato della normativa sull'immigrazione. Il
proclama di San Patrignano sulla droga. La legislazione antiterrorismo, con i
rischi che comporta per le garanzie. L'allargamento dei casi di legittima difesa
di cui si parla per la riforma del codice penale. E infine il tentativo di
escludere i reati economici dal mandato di cattura europeo. Sono tutti segnali
di un progetto che prevede che il controllo giudiziario diventi più intenso
sulle fascie deboli della società, più lento su quelle forti. Intendiamoci, non
è una tendenza che nasce oggi: è stato il parlamento precedente a normare lo
scippo come un reato più grave della corruzione. Come pure le modifiche già
intervenute sul processo penale l'hanno reso più garantista nel dieci per cento
dei casi, meno nel novanta, che vengono celebrati col rito abbreviato.
Questo sul piano della legislazione ordinaria. Ma il
governo continua a annunciare riforme costituzionali, sostenendo che sarebbero
necessarie per il mandato di cattura europeo... E invece non lo sono
affatto. Il mandato di cattura europeo richiede, in Italia come dappertutto,
qualche modifica nella procedura penale, non nella Costituzione. Sulla
Costituzione, peraltro, la maggioranza si contraddice: da un lato critica il
mandato di cattura europeo perché esporrebbe il cittadino italiano alla
possibile persecuzione da parte di pubblici ministeri che in altri paesi
dipendono dal potere politico e possono farsene usare, dall'altro lato propone
di sottoporre i pm al potere politico anche qui da noi. Non vedo la logica.
Altra riforma costituzionale annunciata, quella
sull'obbligatorietà dell'azione penale: a decidere quali reati perseguire e
secondo quali priorità dovrebbe essere il parlamento. Sì, con un
inaccettabile trasferimento degli indirizzi dell'intervento giudiziario alle
maggioranze parlamentari. E agli umori spontanei e massmediatici del paese: me
lo ricordo, un Formigoni in tv che reagiva a una perquisizione negli uffici
della Regione Lombardia deplorando che non ci si occupasse piuttosto degli
spacciatori...
Tu parli di una battaglia da fare per la difesa dello
stato di diritto e dell'equilibrio dei poteri. Però nel senso comune passa
l'idea di una difesa della magistratura, talvolta anche alquanto corporativa.
I rischi di corporativizzazione ci sono: qualunque categoria, se viene
attaccata frontalmente, si ricompatta. E qui l'attacco non è puntuale, di
merito, su singoli uffici, singoli provvedimenti, singole sacche di
inefficienza: il governo attacca tutta la categoria, poi cerca di
riguadagnarsene in parte i favori assicurando che non ce l'ha con tutti i
giudici ma solo con quelli "politicizzati". Col risultato che la categoria si
corporativizza, o si divide lungo la linea del quieto vivere. E i politici, dal
canto loro, continuano a dividersi sulla falsa alternativa pro-contro i giudici:
mentre sarebbe più veritiero un conflitto sulle diverse concezioni dello stato
di diritto.
A proposito di stato di diritto: dopo Genova, a me pare
che bisognerebbe reimpostare la questione. Lì lo stato di diritto è stato
sospeso, cosa che la maggioranza fa finta di ignorare e che il centrosinistra
evita di ricordarle. Delle due alternative con cui si può affrontare il
problema dell'ordine pubblico - con una gestione concordata, o con una gestione
militare - a Genova è stata scelta la seconda. Non solo: alle critiche a questa
gestione, si è risposto ancora una volta contestando i magistrati che hanno
esercitato il dovuto controllo di legalità sull'operato delle forze dell'ordine.
Proprio i fatti di Genova, peraltro, dimostrano quanto sarebbe sbagliato
separare le carriere dei pm e dei giudici. Un pm indipendente e con una
formazione ancorata ai valori della giurisdizione può garantire un controllo
sulle forze di polizia. Non così un pm dipendente dall'esecutivo.
Su questo punto però la maggioranza cavalca l'Europa:
altrove, sostiene, le carriere sono separate. Non dappertutto, e
comunque ogni sistema ha i suoi contrappesi e un suo equilibrio, non si può
importare a pezzi. In Italia non sarebbe sbagliato mettere dei paletti sul
passaggio da una funzione all'altra - chi ha fatto il pm in una città non può
fare il giudice in quella stessa città - ma mantenendo una formazione unitaria e
una possibilità di scorrimento da una funzione all'altra. La proposta di legge
Flick sulla distinzione delle funzioni è tutt'ora una buona base di riforma.
Risoluzione del Parlamento
Europeo a sostegno di Aung San Suu Kyi e Leyla Zana, vincitrici del premio
Sakharov; risoluzione approvata all'unanimita', a Strasburgo, il 13 dicembre
2001
Il Parlamento europeo, considerando che il
trattato sull'Unione europea cita lo sviluppo e il rafforzamento della
democrazia e dello stato di diritto nonche' il rispetto dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali tra i principali obiettivi della politica estera e
di sicurezza comune, considerando che dal 1988 il premio Sakharov viene
attribuito a personalita' o organizzazioni che nei rispettivi paesi hanno
contribuito in modo decisivo alla lotta a favore dei diritti dell'uomo e delle
liberta',
I. Aung San Suu Kyi considerando che Aung San Suu Kyi ha ricevuto
il premio Sakharov nel 1990, considerando che Aung San Suu Kyi, che nel 1990 ha
vinto le elezioni in Birmania, e' tuttora detenuta agli arresti domiciliari dal
regime militare di Rangoon e che sono detenuti circa 1.600 prigionieri
politici,
1. chiede l'immediata liberazione della signora Aung San Suu Kyi e
chiede che le sia garantito il pieno esercizio dei suoi diritti;
2. ritiene
che Aung San Suu Kyi sia prigioniera di coscienza, perseguita per avere espresso
convinzioni pacifiche;
3. chiede l'immediata liberazione di tutti gli altri
prigionieri politici in Birmania;
4. chiede al Consiglio e alla Commissione
di seguire attentamente la situazione dei diritti umani in Birmania, indagando
in particolare presso le autorita' del suo governo sulla situazione personale di
Aung San Suu Kyi, vincitrice del premio Sakharov;
5. chiede alla sua
Presidente di testimoniare nuovamente alla signora Aung San Suu Kyi la
solidarieta' di tutto il Parlamento europeo;
6. ritiene che Aung San Suu Kyi
sia il solo capo legittimo eletto dal popolo birmano e chiede urgentemente che
il regime birmano manifesti la sua volonta' di ripristinare la democrazia e
assicurare la riconciliazione nazionale avviando un ampio dialogo politico e
liberando rapidamente i prigionieri politici;
7. esige che venga garantita la
totale liberta' di organizzazione e di attivita' politica alla Lega nazionale
per la democrazia (NLD) diretta dalla signora Aung San Suu Kyi e chiede che
vengano abolite tutte le restrizioni imposte alla sua liberta' di
movimento;
II. Leyla Zana considerando che Leyla Zana ha ricevuto il premio
Sakharov nel 1995, considerando che Leyla Zana e' ancora detenuta in Turchia,
benche' la Corte europea dei diritti dell'uomo abbia concluso all'unanimita',
nel quadro della sua decisione del 17 luglio 2001 concernente la causa "Sadak,
Zana, Dicle e Dogan", che la procedura giuridica sfociata in una condanna a 15
anni di prigione per Leyla Zana non rispettava il diritto fondamentale ad un
processo equo, quale previsto dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali,
1. chiede l'immediata
liberazione della signora Leyla Zana;
2. ritiene che Leyla Zana sia
prigioniera di coscienza, perseguita per avere espresso convinzioni
pacifiche;
3. chiede l'immediata liberazione di tutti gli altri prigionieri
politici in Turchia, in particolare di Selim Sadak, Hatip Dicle e Orhan Dogan,
gli altri tre ex deputati turchi di origine curda condannati insieme a Leyla
Zana;
4. chiede al Consiglio e alla Commissione di seguire attentamente la
situazione dei diritti umani in Turchia, indagando in particolare presso le
autorita' del suo governo sulla situazione personale di Leyla Zana, vincitrice
del premio Sakharov;
5. chiede alla sua Presidente di testimoniare nuovamente
alla signora Leyla Zana la solidarieta' di tutto il Parlamento europeo;
6.
chiede alla Turchia di mettere in pratica tutte le indicazioni contenute nella
sentenza sulla causa "Sadak e altri", in particolare di procedere
all'abrogazione della legislazione antiterrorismo, su cui si basano pesanti
violazioni dei diritti umani, e di riformare alla base il codice penale turco in
conformita' con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle liberta' fondamentali, che e' stata ratificata dalla Turchia;
7.
chiede alla sua Presidente, alla Commissione, al Consiglio, ai governi e ai
parlamenti degli Stati membri di intervenire presso il comitato dei ministri del
Consiglio d'Europa per garantire che in Turchia venga attuato lo spirito e la
lettera della sentenza sulla causa "Sadak e altri", come gia' e' stato fatto da
numerose personalita'; III. incarica la sua Presidente di trasmettere la
presente risoluzione alla Commissione e al Consiglio nonche' al Parlamento e al
governo della Turchia e alla giunta militare della Birmania.
Turoldo, il poeta degli ultimi
di FILIPPO GENTILONI
La sua terra natale, il Friuli, ha voluto ricordarlo, nel
decennale della morte, con un progetto, "David Maria Turoldo. Una voce per il
Friuli", cadenzato in due momenti: dal 4 al 7 dicembre e dal 4 al 7 febbraio.
Ideato e curato dall'associazione culturale Forum di Aquileia con l'assessorato
alla cultura della regione Friuli Venezia-Giulia ha riunito e riunirà le voci di
artisti, di studiosi, di poeti e di uomini e donne di fede, tra i quali Michele
Ranchetti, Andrea Zanzotto, Sergio Zavoli, Mario Rigoni Stern, Franco Loi,
Ettore Masina, Rigoberta Mechù... Un appuntamento prezioso per trarre un
bilancio di quello che Turoldo è stato, come poeta, come testimone civile, come
uomo di Chiesa e poi uomo di teatro e di cinema, e per ricordare, insieme a lui,
la stagione ecclesiale che fu, dieci anni fa, di Padre Davide Maria Turoldo,
come anche di Padre Balducci e di qualche altro. Una stagione, purtroppo, ormai
lontana.
Vorrei qui ricordare due fra i molti aspetti per i quali Turoldo,
nonostante la lontananza, ci è più vicino che mai: la condanna della guerra e
quella di una metafisica che pretenda di conoscere Dio, di identificarlo, forse
di possederlo (concetto, concepito). Il linguaggio è quello della poesia: ecco
una caratteristica profonda di Turoldo, convinto come era che soltanto la poesia
può - forse - arrivare a parlare, al di là della logica, là dove si annuncia ma
non si spiega, si spera ma non si constata. Si veda, fra l'altro, il suo
bellissimo Mie notti con Qohelet (Garzanti, 1992, poco prima di morire),
uno dei testi biblici che, insieme a Giobbe, Turoldo ha maggiormente amato e
frequentato. Ha scritto Carlo Bo: "Padre Davide ha avuto da Dio due doni: la
fede e la poesia. Dandogli la fede, gli ha imposto di cantarla tutti i
giorni".
La guerra, dunque, e la pace. Oggi, dopo le recenti tragedie del
terrorismo e dell'Afghanistan rileggiamo con commozione i versi scritti nel
1982, in un altro dei momenti di scontro tragico fra Oriente e Occidente. "Primo
comandamento di tutti gli eserciti:/ tu non avrai altra ragione/ al di fuori
della ragione (impazzita)/ di colui che ti manda./ I soldati devono solo
uccidere/ ed essere uccisi". Sui problemi del Medio Oriente, si rileggano questi
versi, scritti al tempo di una crisi analoga a quella dei nostri giorni:
"Uomini, è notte / è notte per ogni cuore, / per ogni casa e paese e chiesa. /
Israele -o almeno Begin - / tornasse, per una breve visita, a Mauthausen / in
quel capannone delle scarpette / - un monte di scarpette e bambole e
giocattoli... Poi torni pure a continuare / con la sua feroce baldanza / la
concordata (oh, America) / 'operazione pace in Galilea'". Sembra che Turoldo non
possa parlare - e riflettere - se non in poesia.
L'altro grande tema
interessa direttamente il divino, la cui inafferrabilità ritorna continuamente
nei suoi versi, fino alla fine. Si vedano i Canti ultimi (Garzanti 1991;
ne ho una copia che Turoldo mi ha firmato, quando sono andato a trovarlo,
l'ultima volta, insieme a Don Ciotti, in una casa di riposo vicino a Milano):
"Oltre la foresta. / Fratello ateo, nobilmente pensoso / alla ricerca di un Dio
che io non so darti, / attraversiamo insieme il deserto. / Di deserto in deserto
andiamo / oltre la foresta delle fedi / liberi e nudi verso / il nudo Essere / e
là / dove la Parola muore / abbia fine il nostro cammino".
Un tema, questo,
che aveva attraversato tutta la sua vita e la sua poesia. Sono di pochi anni
prima questi versi che il "divino" potrebbe assumere come programma: "Appena uno
pensi. Di falso in falso andiamo / appena uno pensi: ecco / questo sei tu,
Signore. / Nessuna definizione tu sei, / lucidità è nostra illusione; / questo
predicarti, quando tu / ci frani nelle mani / come nuvola. / E non sarà
soluzione / neppure la morte : / la soluzione è qui, / il silenzio".
Questo
silenzio è la preziosa eredità che Turoldo ci ha lasciato, ma è difficile
ascoltarlo nel frastuono attuale di tutte le religioni.
UNA LEGGE PER LA FORMAZIONE
ALLA NONVIOLENZA DELLE FORZE DELL'ORDINE
di Giancarla Codrignani
Mi sembra molto importante che venga dalla base pacifista del
nostro paese un contributo cosi' costruttivo come e' la richiesta di una
formazione innovativa per le forze di polizia oggi diventata proposta di legge.
Anche quando la scuola era pubblica, "dell'obbligo", e non veniva definita come
un'azienda,l'educazione alla civilta' dei rapporti sociali non era l'asse
fondamentale. Succedeva (e succede) cosi' che persone uscite dalle "medie" ed
entrate nelle forze dell'ordine tenessero (e tengano) comportamenti non conformi
con le regole della democrazia. Occorre, quindi, un provvedimento che, anche
senza mettere in questione la struttura dei corpi di polizia, entri nel merito
di cio' che e' compatibile con la funzione sia di difesa dei cittadini sia di
repressione dei crimini. Ritengo, infatti, che una delle leggi piu' importanti
degli ultimi decenni sia stata quella della smilitarizzazione della polizia di
stato; purtroppo la smilitarizzazione del "corpo" non comporta di per se' la
smilitarizzazione della mente. La nonviolenza e' una cultura che fino a pochi
decenni fa veniva considerata un'utopia o un'etica, quando non una demenza. E'
necessario oggi darle gambe e renderla effettiva. Vorrei aggiungere un pensiero
per altri percorsi ed altre proposte: anche i corpi dell'esercito che vanno in
"missione umanitaria", in operazioni di peace-keeping o peace-enforcing debbono
avere una formazione nonviolenta adeguata non solo a reagire a provocazioni
violente ma anche a mediare tra le popolazioni civili (per esempio, sarebbe bene
conoscere qualche elemento della lingua dei paesi in cui si interviene). Il
problema e' ancora una volta quello di entrare nel merito dei problemi militari
non solo per quello che riguarda strategie e sistemi d'arma, ma la
militarizzazione delle coscienze, al fine di arrivare a prevenire (e non solo a
regolamentare) i conflitti.
AIDS IN AFRICA: UNA GUERRA
SILENZIOSA
L’AIDS in Africa ogni minuto ruba un bambino., ogni minuto
di ogni ora, per tutti i giorni di ogni anno un bimbo chiude gli occhi per
sempre. Colpa dell’AIDS di cui, spesso, è ammalato fin dalla nascita. Una
malattia scoperta vent’anni fa e non ancora sconfitta, che si può solo frenare, e curare, con farmaci
molto costosi, ma non guarire. Oggi, 1 dicembre, giornata mondiale per la lotta
al terribile virus, si è riunito il comitato di Fano di Chiama L’Africa per
pensare a quel bimbo che non vedremo mai più e per riflettere su questa pandemia
che nel modo colpisce circa 40 milioni di persone: si muore meno nei paesi ricchi e sempre più nei paesi poveri,
soprattutto nell’Africa a sud del Sahara, dove sono 28 milioni le persone malate
e dove ogni anno ne muoiono 3 milioni. L’Africa è il continente più colpito
dall’ HIV-AIDS e,finora, non è stato in grado di affrontare il complesso
problema che mina le strutture sociali cancellando famiglie, villaggi e
generazioni. Il coordinatore del comitato fanese, Italo Nannini, ha introdotto
l’argomento presentando in modo sintetico la complessità e la drammaticità del
problema: oltre 12 milioni di orfani, 1 milione i bambini sieropositivi. L’AIDS
nel continente africano sta facendo strage della generazione adulta privando in
questo modo intere famiglie del sostentamento e interi Paesi della fascia più
produttiva della popolazione. Per molti Paesi dell’Africa subsahariana l’AIDS è
una catastrofe demografica, sociale ed economica. Fino a pochi anni fa il sistema sociale del villaggio
riusciva ad integrare l’orfano nella famiglia allargata. L’aumento travolgente
del numero degli orfani ha spezzato la rete familiare: il mantenimento degli
orfani è diventato un peso insopportabile da parte delle famiglie che non
riescono più a garantire loro la scuola, le medicine e spesso neanche il cibo.
Muoiono soprattutto uomini e donne, tra i 25 e i 40 anni: solo in Zambia, negli
ultimi dieci mesi, sono morti 1600 insegnanti, le ferrovie ugandesi hanno perso
in cinque anni il 15 per cento del personale. Dopo il G8 di Genova, sono venute
solo briciole e non aiuti veri: i capi di Stato dei Paesi più industrializzati
hanno deciso di creare un Fondo per combattere AIDS e altre malattie in Africa
pari a un miliardo e duecentomilioni di dollari. Davvero poco. L’ONU ha fatto i
conti: per fermare l’AIDS servono ventuno miliardi l’anno per dieci anni. In pratica
significa l’uno per mille del Pil dei paesi che si sono incontrati a Genova.
Dagli interventi dei presenti all’incontro è emerso che questo problema per essere risolto ha bisogno di metodi
adeguati ai tempi: cambiare con la forza della coscientizzazione e della
cooperazione globale. E’ stato sottolineato anche il silenzio sul problema da
parte di molti organi di stampa: solo qualche cenno o al massimo qualche numero
sulla gravità dell’epidemia per quanto riguarda in particolare il mondo
occidentale e il nostro paese.
Il comitato di Fano di Chiama
l’Africa si sente impegnato, insieme ad altri organismi ed associazioni per
vincere questa sfida davvero difficile, ma non impossibile. Da qualche mese il
comitato ha deciso di rispondere all’appello di don Oreste Benzi, presidente
dell’Associazione Papa Giovanni XXIII di Rimini “ POTETE SALVARE GLI ORFANI
DELL’AIDS IN AFRICA CON LE BOMBONIERE DELLA SOLIDARIETA’”. Una scelta
alternativa, che i festeggiati nelle varie occasioni possono fare, consegnando
agli invitati al posto della bomboniera tradizionale una pergamena della “
Solidarietà” per devolvere il relativo importo a favore del Progetto Rainbow, un
programma di interventi umanitari su larga scala ideato e portato avanti dalla Papa
Giovanni XXIII, per gli orfani dell’AIDS in Africa. A distanza di qualche mese
dal lancio dell’iniziativa un concreto risultato: si è raggiunto in cinque mesi l’importo
necessario per il funzionamento annuale (cibo, alloggio, cure mediche,
istruzione) di quattro Centri Notturni di Pronto Soccorso in Zambia, nelle città
di Ndola e Kitwe, dove potranno essere ospitati complessivamente in un anno
circa 400 “Bambini di strada”. (Comitato di Fano di Chiama l’Africa: info@chiamalafricafano.org )
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ZOOM
ASSOCIAZIONI
GREENPEACE OSTACOLA
BALENIERA GIAPPONESE
Lunedi' 17 dicembre 2001 - Una baleniera giapponese ha
usato un potentissimo idrante per respingere i militanti di Greenpeace che
protestavano contro la caccia alle balene nel mare Antartico. Il confronto e'
avvenuto ieri sera, ora italiana, mentre i militanti ecologisti, a bordo di due
gommoni, partiti dalla motonave di Greenpeace "Arctic Sunrise", navigavano tra
la baleniera e la nave di lavorazione delle balene Nisshin Maru per rallentare
il trasferimento di una balenottera appena colpita. I balenieri hanno
indirizzato i getti contro i piloti dei gommoni che hanno rischiato di essere
rovesciati nelle gelide acque. Il getto era talmente forte che la loro vista era
fortemente ridotta. L'altra risposta dei balenieri giapponesi non si e' fatta
attendere: hanno lanciato in acqua dei bastoni appuntiti con la scritta
"Pericolo, state alla larga" che avrebbero reso inutilizzabili i gommoni, se
fossero finiti nelle eliche del motore. Poco dopo, l'elicottero di Greenpeace ha
filmato un'altra baleniera all'opera, mentre una balena veniva arpionata.
"Abbiamo visto la nave dar la caccia alla balena per piu' di 40 minuti. Hanno
lanciato l'arpione cinque volte e hanno colpito l'animale al sesto tentativo",
ha dichiarato Phil Robinson, pilota dell'elicottero. Al messaggio via radio
lanciato venerdi' scorso dalla Arctic Sunrise, in cui si chiedeva di fermare la
caccia alle balene, dalla nave giapponese si rispondeva con l'accusa di
pirateria. Eppure, in un analogo confronto tra le due navi, lo scorso anno, fu
proprio la Nisshin Maru a violare il Codice Internazionale della Navigazione,
tentando di speronare la ben piu' piccola nave ambientalista.
Greenpeace e'
in Antartide per impedire la mattanza di 440 balenottere minore, cacciate con la
scusa della "ricerca scientifica", in un'area considerata protetta, nota con il
nome di Santuario delle Balene del Pacifico Meridionale". Parlando dalla Arctic
Sunrise, la responsabile della campagna di Greenpeace, la giapponese Yuko Hirono
ha detto: "Non c'e' nulla di scientifico in questa caccia alle balene, come
viene affermato dal governo nipponico. Una volta arrivati in acque aperte i
balenieri erano determinati a catturare ogni balenottera minore in zona. Questa
e' solo un'operazione commerciale, per il mero profitto. Il Primo Ministro
Koizumi deve impedire al Ministero della Pesca di far passare la
caccia commerciale come una legittima ricerca scientifica". Delle
2000 tonnellate di carne, che le 440 balenottere di cui e' prevista l'uccisione
forniranno, solo pochi grammi possono avere un reale significato scientifico: le
orecchie, i genitali e lo stomaco. Da questa campagna di caccia, invece, i
giapponesi contano di ricavare complessivamente 28 milioni di dollari.
L'intenzione e' di tornare alla caccia alle balene su grande scala ed il governo
sta comprando i voti dei Paesi in via di sviluppo in vista della prossima
riunione della riunione della Commissione Baleniera Internazionale, prevista in
primavera, proprio a Shimonoseki, il porto da dove sono partite le baleniere
intercettate da Greenpeace.
BLITZ DI GREENPEACE IN UNA
CENTRALE NUCLEARE AUSTRALIANA
Lunedi' 17 dicembre 2001 - Una cinquantina di attivisti di
Greenpeace sono penetrati nel reattore nucleare di Lucas Heights, nella
periferia sud di Sydney (Australia) manifestando per i pessimi sistemi di
sicurezza. L'incursione e' scattata questa mattina all'alba ed ha sorpreso il
personale di sicurezza.
Una trentina di manifestanti "travestiti" da barili
di scorie nucleari, sono arrivati all'interno di un pulmino al cancello
principale da dove hanno fatto il loro ingresso, mentre altri scavalcavano
facilmente il recinto e riuscivano ad arrampicarsi e ad incatenarsi sulla torre
radio, sul deposito delle scorie di alto potenziale e sul reattore da dove hanno
spiegato striscioni sui rischi dell'energia nucleare.
Il coordinatore
della campagna antinucleare di Greenpeace, Stephen Campbell, ha detto che
l'azione mirava a mettere in luce i pericoli dell'energia nucleare e le lacune
del sistema di sicurezza a Lucas Heights. "La sicurezza qui e' uno scherzo, ma
la cosa non e' affatto divertente. Questo particolare impianto e' rischioso e
produrra' scorie radioattive che minacciano l'ambiente per migliaia di anni.
Dopo l'11 settembre questa e' piu' che mai la tecnologia sbagliata nel luogo
sbagliato e nel tempo sbagliato''. La polizia e' intervenuta in forza, in quella
che ha definito ''un'azione programmata e ben eseguita'' e ha arrestato 46
persone accusate di ingresso abusivo.
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PAROLE IN
LIBERTA'
di Vincenzo Andraous
Vincenzo
Andraous è nato a Catania il 28-10-1954,
una figlia Yelenia che definisce la sua rivincita più grande, detenuto
nel carcere di Pavia, ristretto da ventotto anni e condannato all’ergastolo
“FINE PENA MAI”.
Da qualche tempo usufruisce di permessi premio e di lavoro esterno semilibertà
svolgendo attività di Tutor presso la Comunità “Casa Del Giovane “di Pavia.
E’impegnato in attività sociali e culturali con scuole, parrocchie, associazioni
e movimenti culturali. E’titolare di alcune rubriche mensili su riviste e
giornali, ha conseguito circa 80 premi letterari, pubblicando libri di poesia,
di saggistica sul carcere e la devianza, nonché la propria autobiografia. Ha
pubblicato: “Non mi inganno” edito da Ibiskos di Empoli; “Per una Principessa in
jeans” edito da Ibiskos di
Empoli; “Samarcanda” edito da
Cultura 2000 di Siracusa; “Avrei voluto sedurre la luna“ edito da Vicolo del
Pavone di Piacenza; “Carcere è società” edito da Vicolo del Pavone di Piacenza;
“Autobiografia di un assassino-dal buio alla rinascita” edito da Liberal di
Firenze; “Oltre il carcere” edito dal Centro Stampa della “Casa del Giovane” di
Pavia. “Oltre il carcere” è un libro che tenta di camminare sull’esperienza
dell’autore, senza per questo rimanere prigioniero della presunzione di
insegnare nulla a nessuno.Ci sono pagine che raccontano quanto avviene e spesso
non avviene all’interno del perimetro carcerario. Atteggiamenti e gesti che
vorrebbero provocare in ognuno un cambiamento per raggiungere secondo le proprie
capacità quella necessaria consapevolezza per rimediare alle ferite inferte alla
vita. Avamposti della memoria per i più giovani, sui rischi della trasgressione,
nell’affidarsi ai valori estremi delle passioni estreme, votate
all’annientamento. C’è il progetto di un percorso comunitario che può diventare
stile di vita al servizio degli altri, apprendendo l’arte dell’ascolto e della
promozione umana, attraverso l’impiego del sapere e del sentire, per una
rielaborazione delle proprie esperienze vissute.
QUELLI DALLA FACCIA VOLTATA
INDIETRO
“Quelli dalla
faccia voltata indietro”, li ha chiamati Adriano Sofri. Riferendosi a quelle
persone che, scontata la propria condanna, escono da un carcere e tornano a
delinquere, e nuovamente varcano il cancello blindato di una
prigione. Sofri ben conosce
la situazione carceraria italiana, altrettanto bene conosce le malattie
dell’anima: egli ci vive in mezzo (
forse è meglio dire sopravvive ), nel sopra e nel sotto, ogni giorno, ogni minuto
della sua vita. Anch’io non sono
estraneo a questa condizione, per molti anni mi sono imbattuto in me stesso
sconosciuto, in me stesso solo tra mille volti indifferenti. Ho trascorso
ventotto anni in una cella, mi ci sono voluti troppi anni per comprendere che un
me stesso esiste, se negli altri riconosco il mio presente e il mio futuro, se
negli altri rispetto quel me stesso ritrovato. Sofri ha guardato
a quel detenuto, che dopo aver scontato dieci anni è uscito, e trascorse poche
scarne ore di…..libertà, ha commesso una rapina ed è ripiombato nella cella di
un penitenziario. In questi casi la
reazione più comune è: ben gli sta, i delinquenti vanno perseguiti, chi sbaglia
paga. Eppure in queste enunciazioni qualcosa stride, manca quella sicurezza e
quella pietà che rendono umane le sconfitte più tragiche. Sofri ha guardato
alle tante celle, ai perimetri di filo spinato, alle tante carceri che si
innalzano nei vicoli, nelle strade, nelle case, alle tante guerre
conseguenti. Il suo è un
pensiero che spazia e vaga da vicino e da lontano, come la sua indole di
navigatore del pianeta. Io non ho la sua capacità prospettica, né la
concettualità del ricercatore instancabile. Ho troppe lentezze, stanchezze,
troppi “nulla” con cui fare ancora i conti, ma forse posso contribuire a cercare
un antidoto, che non è panacea per tutti i mali del pianeta
carcerario. La mia
riflessione mi porta a pensare alla galera non come a un lazzareto disidratato,
o un mero contenitore per incapacitare ed espellere definitivamente dal contesto
sociale, perché in carcere si va, ma prima o poi si esce, e allora bisognerebbe
evitare la pratica dell’induzione a diventare peggiori di quando si entra, per
tentare di vincere, da una parte, quell’infantilizzazione galoppante che
partorisce tanti uomini bambini, e dall’altra, quella subcultura criminale che
trasforma il poveraccio in un uomo bomba. Potrebbe essere
utile non accontentarci dell’osservazione, della conoscenza scientifica, che non
privilegia azione e pensiero, e quindi soluzione reale dei problemi. “Quelli dalla
faccia voltata indietro”, Sofri li chiama così, invece per me sono il risultato
del carcere che non cambia, che, se non può cambiare, neppure intendiamo
migliorarlo. Come se osservare il carcere fosse sufficiente a stabilirne le
utilità e gli scopi (mai raggiunti). Invece, per riappropriarsi delle proprie
funzioni di castigo e recupero, il carcere avrebbe bisogno dello sviluppo di
teorie e pratiche interne alla pena, e alternative ad essa. Avrebbe bisogno di
una decongestione sistemica del sovraffollamento, della carenza di personale e
di fondi, ma sarebbe ingenuo non affiancare a questi problemi endemici, un
ripensamento culturale, che sottolinei il valore umano della pena, perché in
carcere si va perché puniti, e non per essere puniti. A mio avviso non
esiste e non potrà mai esistere un carcere a misura di uomo: un carcere che
priva della libertà, ma che rispetti la persona, e soprattutto la sua dignità,
se ci si esime dal postulare concretamente e veritieramente, a monte di esso, un
pensiero di trasformazione. Finchè il carcere
sarà inteso come un momento fermato per sempre, esso rappresenterà una
fotografia….solo una fotografia. Un’immagine che non svela la vera
essenza-assenza di ciò che vi è
ritratto. Ecco perché nelle tante parole-valigia che si sprecano sul mondo penitenziario,
più che altro per farci stare “dentro” tutto e più di tutto, esse non ci
permettono di vedere il tutto nella sua complessità. Sappiamo che,
ogni volta che terminiamo di elaborare un progetto, un’analisi, un’idea, il
nostro pensiero continua a tracciare nuove vie di emergenza, trasformandosi e
migliorandosi, e può succedere che, domani rileggendo il mio pensiero, possa
anche non condividerlo più, perché superato, o divenuto insufficiente. Ebbene
nei riguardi del carcere, di quelli della faccia voltata indietro, neppure si
prende in considerazione l’opportunità di pensare che occorre rivedere qualcosa,
che manca qualcosa, oltre al potenziare il sistema di sicurezza. Un autorevole
personaggio, tanti anni addietro, riferendosi ai giovani ed al loro disagio,
ebbe a dire schematizzando che” nella stanza giovane non ci sono finestre (non
si vede il mondo ), e non ci sono uscite ( per andare dove?). Perciò la festa
rancida diventa droga, e la droga fa male, tutto fa male. Ma senza
gioia”. Pensando allora a
quelli dalla faccia voltata indietro, imbruttiti e inebetiti da un carcere che
rappresenta solo il confine tra il bene e il male, l’antidoto non può essere
sintetizzato nella sola richiesta di più educatori e figure relazionali tra il
dentro e il fuori, né nel concedere
più spazi e momenti di confronto. L’antidoto sta tutto nella consapevolezza da
acquisire, che è in atto un plagio fisiologico operato da chi vuole mantenere il
carcere nella sua inutilità e antitesi a ogni riabilitazione, nell’indifferenza
che cancella ogni forma di prevenzione e dunque di interesse collettivo.Forse
occorrerebbe un po’ di sbalordimento, affinché non ci sentiamo rassicurati e
lontani dagli accidenti, relegando all’interno di una prigione tutte le nostre
contraddizioni, come se tutto acquistasse un equilibrio normale, dove il
calcolo, la corrispondenza e il
tornaconto giocano decisamente a discapito di chiunque, innocenti e
colpevoli.
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Progetto Sorriso El
Salvador
«Progetto Sorriso»
è l'iniziativa di cooperazione con il Ser.Co.Ba di San Salvador avviata un
anno fa a San Bonifacio (VR). Obiettivo: fornire aiuti materiali alle
popolazioni terremotate del Salvador e, in particolare, finanziare la fornitura
di materiale sanitario (multivitaminici) e per l'igiene personale. Per
INFORMAZIONI: progettosorriso@infinito.it . Per
versare il proprio contributo ricordiamo che è possibile utilizzare il
conto corrente postale di "Progetto Sorriso - El Salvador": ccp numero 21008305
- intestato a: Amedeo Tosi - Chiara Terlizzi. Indirizzo: località Praissola 74/b
- 37047 San Bonifacio (Verona) - Causale del versamento: "Progetto Sorriso".
Progetto Sorriso invierà tempestivamente quanto raccolto al gruppo di appoggio
"Italia-Cuscatlan" di Turbigo (Milano), incaricato per le operazioni bancarie.
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SORRISI &
CEFFONI
Visto che «il GRILLO parlante» arriva anche sulla
scrivania di Emilio Fede... e considerate le imminenti festività, ci asteniamo
dal buttarvi in pasto le ultime sul presidente operaio. Sicuri di aver fatto
così, una volta tanto, un regalo anche al collega del tiggì. In compenso
beccatevi ste due chicche by Luisita.
CENERENTOLA
Vorreste tanto, tanto sapere che fine ha fatto la
nostra beniamina Cenerentola? E allora eccola qui... in una versione
molto strana
Cenerentola ora ha 75 anni, e si trova agli sgoccioli di una
vita passata felicemente assieme a suo marito, il Principe Azzurro, che è morto
da pochi anni.
Passa le sue giornate nel terrazzo di casa sua, seduta in una
sedia a dondolo, osservando il mondo con il suo gattone Bob sulle ginocchia,
felice. Una bella sera, da dentro a una nuvola scende all'improvviso la Fata
Madrina. Cenerentola le domanda: -Cara Fata Madrina ! Dopo
tanti anni ti
rivedo! Cosa ci fai qui?
E la Fata risponde: -Cenerentola, dall'ultima volta che ti ho
vista hai vissuto una vita esemplare. C'è qualcosa che io potrei fare per te?
Qualche desiderio che ti potrei concedere?
Cenerentola è confusa, allegra e arrossendo dall'emozione,
dopo aver pensato per un po' mormora: -Mi piacerebbe essere immensamente ricca.
In un istante la sua vecchia sedia a dondolo diventa d'oro massiccio.
Cenerentola è impressionata. Il suo fedele gatto Bob si spaventa e si allontana
dalla sedia. Cenerentola grida: -Grazie Madrina!
La Fata allora dice: -Non è niente, te lo meriti! Cosa ti
piacerebbe come secondo desiderio? Cenerentola china il capo, osserva le
impronte che il tempo ha lasciato nel suo corpo, e dice: -Mi piacerebbe essere
giovane e bella di nuovo. Quasi contemporaneamente, lei si ritrova la sua
bellezza giovanile. Cenerentola comincia allora a sentire cose che ormai non
ricordava quasi più: passione, ardore, ecc.
Allora la Fata le dice: -Ti resta
un ultimo desiderio. Che cosa vuoi?
Cenerentola osserva il suo povero micione spaventato e dice:
-Vorrei che tu trasformassi il mio fedele Bob in un bellissimo giovanotto.->
Magicamente, Bob si trasforma in un magnifico uomo, così bello che le rondini
non possono evitare di fermare il loro volo per fermarsi ad ammirarlo. La Fata
Madrina dice: -Auguri, Cenerentola. Goditi la tua nuova vita.-
E parte
veloce come una scintilla. Durante qualche magico istante, Cenerentola e Bob si
guardano con tenerezza.
Poi Bob le si avvicina, la prende tra le sue
possenti braccia e le mormora teneramente nell'orecchio:
-Scommetto che
sei pentita di avermi castrato!
La relatività dei
problemi
Cara mamma, caro papà, sono ormai tre mesi che sono ritornata
all'università e non ho ancora trovato il tempo per scrivervi. Mi scuso per
avervi trascurato, ma ora vi voglio raccontare tutto. Prima di leggere,
però,sedetevi; mi raccomando non continuate a leggere prima di esservi
messi seduti, d'accordo?
Ora sto abbastanza bene. La frattura ed
il trauma cranico che mi sono provocata saltando dalla finestra del
dormitorio in fiamme, poco dopo il mio arrivo, sono ormai quasi guariti.
Sono restata all'ospedale solo due settimane e la vista mi è ritornata
quasi normale. Anche le forti emicranie che mi colpivano in continuazione
non le ho più che una volta alla settimana.
Fortunatamente il garzone
del benzinaio che è infondo alla strada aveva visto tutto. E' lui che
ha avvisato i pompieri e chiamato l'ambulanza. E' anche venuto spesso
a trovarmi all'ospedale e, poiche dopo l'incendio non sapevo dove
alloggiare, è stato cosi gentile da propormi di andare ad abitare da
lui. In realtà non e che una cameretta in un
sottoscala ma è piuttosto carina. Lui è un ragazzo formidabile e
ci siamo subito innamorati. Abbiamo deciso di sposarci: non abbiamo
ancora fissato la data ma lo faremo di sicuro prima che il mio pancione
cominci a vedersi.
E si, cari genitori, sono incinta. Io so bene a qual punto
voi eravate ansiosi di diventare nonni e sono sicura che accoglierete
questo bambino con tutto l'amore e la tenerezza che mi avete riservato
quando ero piccola. La sola cosa che ritarda la nostra unione è
la piccola infezione che ha il mio fidanzato e che ci impedisce di
effettuare le analisi pre-nunziali. Anche io, scioccamente, mi sono fatta
contagiare ma tutto si risolverà presto con le iniezioni di penicillina che
faccio ogni giorno.
So bene che accoglierete questo ragazzo a braccia
aperte nella nostra famiglia. E una persona molto gentile e, sebbene non
abbia fatto molti studi, è molto ambizioso. Anche se non è della
nostra stessa razza e religione, conoscendo la vostra larghezza di idee
sono certa che non darete alcuna importanza al fatto che la sua pelle sia un po
più scura della nostra. Sono sicura che lo amerete come io lo amo. Anche i suoi
genitori sono della gente per bene: sembra che suo padre sia un famoso
mercenario nel villaggio africano dove è nato.
Bene, ora che avete letto
tutto, dovete sapere che non c'e stato alcun incendio al dormitorio, non ho
avuto ne frattura cranica ne commozione cerebrale, non sono andata
all'ospedale, non sono incinta, non sono fidanzata, non ho la sifilide e non ci
sono uomini dalla pelle scura nella mia vita.
E' solo che sono stata bocciata in storia e
filosofia e in questa occasione mi è sembrato opportuno aiutarvi
a riflettere sulla relatività delle cose.
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Pensieri
@ltri
Il cielo
Nella mia casa ci sono due stanze, due lettini, una piccola
finestra e
un gattino bianco. Nella mia casa mangiamo solo la sera
quando il mio
babbo torna a casa con
il sacchetto pieno di pane e di pesce secco.
Nella mia casa siamo tutti poveri ma il mio babbo ha gli
occhi celesti,
la mia mamma ha gli occhi celesti, il mio fratello ha gli
occhi celesti,
io ho gli occhi celesti.
Quando siamo seduti a tavola nella nostra casa sembra che ci
sia il cielo.
Una bambina di otto anni - San Josè,
Costarica
da... "Il Cerchio Magico"
- Soave (VR)
PERCHE' SI
DIGIUNA
«Il digiuno non e' un atto di magia morale. Si
digiuna per liberarsi delle proprie illusioni
e per purificare i nostri pensieri, le nostre
azioni dalla nostra cattiveria».
(Hildegard Goss-Mayr)
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