Venerdì 5 e sabato 6 ottobre a
Cremona presso la Camera di Commercio, via Lanaioli 7, piazza Stradivari si
terrà un seminario internazionale su «ACQUA e PETROLIO IN SUDAN: GUERRA E
DIRITTI UMANI» in collaborazione col Ministero Affari Esteri. A
organizzare l'iniziativa, che vedrà la partecipazione di circa 20 oratori, è la
Campagna italiana per la pace e il rispetto dei diritti umani in Sudan,promossa
da 12 associazioni e coordinata da Pax Christi.
Per informazioni potete
rivolgervi a e-mail: campagna_sudan@hotmail.com oppure a
segreteria@campagnasudan.it ,
tel. 02 29417030 (fonte: Sergio Paronetto)
5 e 6/10/01 - S.Martino B.A. e Verona - DANZE SACRE DELLE MASCHERE DOGON
DANZE SACRE DELLE MASCHERE DOGON spettacolo della compagnia Awa Dances from Sangha - Mali: 1) Teatro Peroni - San Martino Buon Albergo (VR) Piazza del Popolo - venerdì 5 ottobre 2001- ore 21; 2) Teatro Camploy - Verona - Via Cantarane 32, sabato 6 ottobre 2001- ore 21 - ingresso gratuito - offerta libera. Sabato 6 ottobre ore 16-18, presso atelier/palestra del teatro Camploy : «WORKSHOP DI DANZE E MASCHERE»laboratorio con alcuni danzatori e musicisti Dogon a numero chiuso - iscrizione: £. 50.000. Inoltre, sempre sabato 6 ottobre ore 18 presso il Teatro Camploy, «RITUALITÀ E MITOLOGIA DELLA SOCIETÀ DELLE MASCHERE» seminario introduttivo allo spettacolo con Sekou Dolo, Apam Dolo, Marco Gay, Lelia Pisani, Giulia Valerio. Iscrizione: £. 20.000
07/10/01 - Verona - UNA FESTA DI INCONTRO
I soci e amici di Metis Africa organizzano una giornata
dedicata all' ospitalità, all'incontro, allo scambio in onore degli Awa Dances
del Mali. Sono previste varie attività, al chiuso e all'aperto, e specialità
culinarie Corte Molon- Verona - Lungadige Attiraglio domenica 7 ottobre, dalle
ore 17 fino a tarda sera
Per informazioni e iscrizioni rivolgersi a Rita
Bartolucci - tel. 045 8303266 - e mail: mari.pat@tiscalinet.it
Metis Africa
o.n.l.u.s., con sede a Verona in via S. Felicita 9, è stata fondata per favorire
una cooperazione a specchio con la popolazione dei dogon del Mali, e per
finanziare la costruzione di una scuola elementare e di un centro di salute nel
villaggio di Bodio, vicino a Bandiagara nell' altopiano Dogon. Il progetto è
stato elaborato con O.R.I.S.S. (Organizzazione Interdisciplinare Sviluppo e
Salute).
07/10/01 - Verona - Giornata del volontariato
In piazza Brà, «Giornata del Volontariato», promossa dal Centro Servizi per il Volontariato della Provincia di Verona. (fonte:Fevoss)
07/10/01 - Soave (VR) - «Nasce il Cerchio magico»
Rinviata la scorsa settimana per cattivo tempo, la giornata odierna sarà contrassegnata dall'inaugurazione del "Cerchio Magico". Il Cerchio Magico è un'associazione di servizi educativi e ricreativi che, a partire dal mese in corso, inizia la sua attività in Soave e in vari comuni dell'Est veronese. Essa intende promuovere corsi e laboratori didattici per bambini e adulti, mostre e brevi stages, animazioni e manifestazioni artistiche e culturali volte alla conoscenza e all'utilizzo di varie tecniche espressive: il disegno, la pittura, la scultura, l'incisione e l'uso creativo dei materiali. Al fine di far conoscere ai bambini, genitori, insegnanti, operatori sociali e cittadini le proprie proposte, il Cerchio Magico ha ideato una presentazione un po' insolita, scevra da rituali formali, vicina il più possibile al bisogno dei bambini e delle bambine di incontrarsi, giocare, vivere a contatto diretto con l'ambiente naturale nel rispetto delle persone e delle cose. DOMENICA 7 OTTOBRE, dalle ore 10,30 alle 18 nel verde di Parco Zanella (Soave) si potrà "entrare" nel Cerchio Magico. Durante la giornata saranno allestiti 3 laboratori (1 - L'albero dei desideri, creazioni con la carta; 2 - Terra, acqua, fuoco, creazioni con la creta; 3 - Il gioco dei colori, creazioni con materie e colore) che consentiranno ai partecipanti di sperimentare piacevolmente, in qualsiasi momento, l'utilizzo creativo della carta, della creta e del colore. Per informazioni: Paola Zinnamosca, tel/fax 045 8904308 - email: paolazin@tiscalinet.it ; Vittoria Scrinzi, 045 7450820; Luciana Bertinato, 045 7681159.
10/10/01 - Sommacampagna (VR) - «Adotta un popolo»
Il mondo ha bisogno di pace e giustizia, di garantire a tutti l’accesso ai diritti umani fondamentali e di gestire il bene pubblico globale attraverso istituzioni internazionali democratiche, nell’ambito dell’iniziativa PROGETTO " ADOTTA UN POPOLO", vi invitano all’incontro con la signora Mereso Agina del Kenja, rappresentante della campagna contro la Mine antiuomo, che si terrà nel TEATRO PARROCCHIALE di LUGAGNANO, mercoledì 10 Ottobre alle ore 20.30. Organizzatori: COMITATO PER L'EDUCAZIONE ALLA MONDIALITA' COMUNE DI SOMMACAMPAGNA e COMMISSIONE PER LA PACE COMUNE DI SONA in collaborazione con i Comuni di: FUMANE, S. PIETRO IN CARIANO, DOLCÉ, SANT’AMBROGIO, MARANO DI VALPOLICELLA e NEGRAR in occasione della MARCIA DELLA PACE PERUGIA-ASSISI 4a Assemblea dell’Onu dei popoli (8-14 Ottobre 2001).
11/10/01 - San Bonifacio (VR) - Volontari Croce Rossa
La delegazione di San Bonifacio della Croce Rossa Italiana (CRI) organizza un corso di reclutamento di volontari del soccorso. Per spiegare l’iniziativa si terrà un incontro pubblico giovedì 11 ottobre alle ore 20,30 presso la sede della CRI, sita in via Tombole a San Bonifacio. Per informazioni: tel. 0456102222, lunedì, martedì, mercoledì dalle ore 20,30 alle 22
12/10/01 - San Bonifacio (VR) - Euro
La Lega Pensionati CISL di San
Bonifacio (VR) organizza per Venerdì 12 ottobre, ore 15, una assemblea pubblica
sul tema: «Euro, cosa fare?». Interverranno: Norma Antonelli (Cisl), Giovanni
Gobbi (Banca Popolare Verona), Renzo Bighignoli (segreteria provinciale CISL).
Il palinsesto si terrà presso la sala civica "Barbarani" (via
Marconi).
12/10/01 - Padova - CONFERENZA REGIONALE VOLONTARIATO GIUSTIZIA DEL VENETO
E' convocato per il giorno 12 ottobre 2001 presso la chiesa Tempio della Pace via Niccolò Tommaseo 47 Padova ( 5 minuti a piedi dalla stazione ferroviaria) alle ore 15,30 fino alle 18,30 il consiglio regionale della conferenza volontariato giustizia con il seguente ordine del giorno: Comunicazioni del responsabile regionale; Valutazione applicazione del Protocollo d'intesa negli istituti di prevenzione e pena del Veneto; Principali problemi e priorità d'intervento negli istituti di prevenzione e pena del Veneto; Programma CRVG 2001-2003; Varie ed eventuali. Auspico una significativa rappresentanza delle varie associazioni che operano in tutti gli istituti di prevenzione e pena del veneto per concentrare l'impegno su obiettivi comuni per una migliore rappresentatività e forza contrattuale. Segnalo il sito www.volontariatogiustizia.it per maggiori informazioni sulla Conferenza Volontariato Giustizia e per reperire documenti. Colgo l'occasione per anticipare alcuni prossimi appuntamenti di cui daremo maggiori dettagli: 25 ott. Riflessioni sul ruolo della persona all'interno del sistema penale, Padova; 26 ott. Giornata di studi sul volontariato penitenziario e Informazione, Due Palazzi Padova; 24/nov. Convegno "Sportelli Giustizia" CSV veneto a Verona. Il responsabile regionale Maurizio Mazzi (Associazione "LA FRATERNITÀ" Via Provolo 28, - 37132 VERONA - tel/fax 045/8004960 - cell. 347 0064001)
14/10/01 - Praissola di San Bonifacio (VR) - 8^ Festa dell'Anziano
Il Gruppo Ricreativo della Parrocchia di Praissola (San Bonifacio - VR) organizza il 14 ottobre l'8^ «Festa dell'Anziano».Programma: ore 10,30 S Messa solenne; ore 11,30 aperitivo e conversazione tra amici; ore 12,30 Pranzo comunitario; ore 16,30 conclusione della Festa con la consegna di un piccolo omaggio per le signore e i signori che parteciperanno. Quota d'iscrizione £ 23.000. Per Informazioni: Ambroso Silvano 045 7612249; Gianello Giuseppe 045 7613956.
14/10/01 - San Bonifacio (VR) - Sul Carega con il CAI
La sezione di San Bonifacio del CAI (Club Alpino Italiano) organizza per domenica 14 ottobre una escursione sul Gruppo del Carega, significativamente intitolata «Compostrin, i colori d’autunno». Per informazioni: Paolo Luciani (045 6100495).
24/10/01 - Verona - Bellorio: «Allearsi col vento»
in primo piano
Aspettando la...Marcia per la pace Perugia-Assisi
Stiamo raccogliendo informazioni sulle iniziative che si stanno organizzando in vista dell'importante appuntamento del 14 ottobre. Vi preghiamo di comunicarcele al più presto.
A Verona vari gruppi stanno organizzando pullman per partecipare all'importante evento:
ARCI Verona: partenza domenica 14/10/01 alle ore 3 da via Città di Nimes (Verona). Costo £ 40.000. Adesioni entro l'11/10/01. Info: 045 8033589
ARCI Legnago: partenza sabato pomeriggio. Info: 0442 26053
Democratici di Sinistra di Verona: partenza domenica 14/10/01 alle ore 3 dal piazzale dell'ex Gasometro di Verona (zona Cimitero). Ritorno ore 22 circa. Quota di partecipazione £ 45.000. Info: 045 977022
Virtus di Verona (Gavagnin-Borgo Venezia): partenza alle ore 14 di sabato 13/10/01 dal parcheggio ex Gasometro di Verona. Costo: £ 40.000. Pernottamento con sacco a pelo presso palestra di Perugia (costo £ 5.000). Informazioni e adesioni: Gianni Amaini (045 558561) e Michelangelo Gozzo (045 528277)
DA PERUGIA AD ASSISI CON IL CORAGGIO DELLA NONVIOLENZA
di Carlo Gubitosa
Il
prossimo 14 ottobre la "Marcia della Pace", legata alla tradizione del Movimento
Nonviolento italiano e alla figura storica di Aldo Capitini, sara' una grande
opportunita' per dare voce al pensiero "non allineato" che rifiuta la logica
della guerra e quella del terrorismo con la stessa fermezza. Ma i "falchi"
pronti ad aggredire e strumentalizzare le "colombe" sono molti e ben
determinati. Esattamente 40 anni fa, il 24 settembre 1961, Aldo Capitini, il
"padre" della cultura nonviolenta italiana, apriva la strada che da Perugia
porta verso Assisi in nome della Pace, quella scritta con la maiuscola e ben
diversa da una semplice assenza di guerra. Racconta Capitini in un suo scritto
autobiografico: "Avevo visto, nei dopoguerra della mia vita, le domeniche nella
campagna frotte di donne vestite a lutto per causa delle guerre, sapevo di tanti
giovani ignoranti ed ignari mandati ad uccidere e a morire da un immediato
comando dall'alto, e volevo fare in modo che questo piu' non avvenisse, almeno
per la gente della terra a me piu' vicina. Come avrei potuto diffondere la
notizia che la pace e' in pericolo, come avrei potuto destare la consapevolezza
della gente piu' periferica, se non ricorrendo all'aiuto di altri e impostando
una manifestazione elementare come e' una marcia?". Nelle intenzioni del suo
fondatore i caratteri distintivi della marcia dovevano essere l'indipendenza dai
partiti e il pacifismo integrale degli organizzatori, il coinvolgimento delle
persone piu' lontane dall'informazione e dalla politica, la presentazione del
metodo nonviolento alle persone lontane o avverse e il legame della Marcia con
Francesco d'Assisi, definito da Capitini come "il santo italiano della
nonviolenza". Un'altra caratteristica della prima edizione della marcia era
l'assenza di bandiere o simboli di partito, richiesta fortemente dallo stesso
Capitini, quasi a presagire i numerosi tentativi di strumentalizzazione politica
del movimento nonviolento che si sono puntualmente verificate negli anni
successivi, fino alle piu' recenti edizioni della Marcia, dove uno spavaldo
Massimo D'Alema ha fatto una fugace apparizione nel 1999 a poche settimane di
distanza dai bombardamenti contro la Repubblica Federale di Jugoslavia,
suscitando lo sdegno dei sostenitori del "pacifismo integrale" richiesto da
Capitini. Dopo quell'episodio sembrava che il cammino fosse ormai in discesa, ma
i tragici avvenimenti relativi all'attentato negli Stati Uniti hanno reso ancora
piu' difficile il compito di chi vuole camminare a testa alta combattendo
contemporaneamente il terrorismo e la guerra come due facce di un'unica violenza
che non da' soluzioni, ma aggiunge solo nuovi orrori. Oggi la situazione e' piu'
che mai complessa, e la "Tavola della Pace", il cartello di associazioni
promotrici della marcia, ha davanti a se' uno scenario ricco di grandi
opportunita' ma costellato di altrettanti rischi. Il primo rischio e' quello
rappresentato dalla violenza di molti mezzi di informazione, sempre pronti ad
interpretare in chiave sensazionalistica qualunque dichiarazione, un
atteggiamento che contiene in se' il rischio di una autocensura o di un eccesso
di prudenza da parte di chi dovrebbe sostenere con coraggio posizioni "scomode"
come il ripudio della guerra, la condanna delle rappresaglie militari o la
necessaria distinzione tra gli interventi di polizia internazionale condotti dai
Caschi Blu Onu a nome dell'umanita' e le azioni di guerra della Nato realizzate
per conto di un'alleanza militare regionale che rappresenta meno di una ventina
di stati, posizioni rese ancora piu' impopolari dai venti di guerra che a
partire dall'11 settembre hanno attraversato il nostro Paese e il mondo intero.
Un altro rischio e' quello rappresentato dalla formula targata Bush "chi non e'
con noi e' con i terroristi", che ha costretto tutti i movimenti per la pace a
camminare in bilico tra la violenza della guerra e quella del terrorismo,
rischiando di essere additati come fiancheggiatori dell'integralismo islamico
armato solo per aver rifiutato il terribile sillogismo "bisogna fare qualcosa,
la guerra e' qualcosa, bisogna fare la guerra". E' per questo che oggi per dire
no alla violenza armata degli stati come risposta a quella dei gruppi estremisti
occorre una dose supplementare di coraggio, il coraggio di rischiare posizioni
impopolari che possono allontanare dal pacifismo una classe politica troppo
prudente, diplomatica e acritica, un'opinione pubblica che non ha ancora avuto
gli strumenti per approfondire le alternative all'opzione militare, un senso
comune smarrito che oggi recita come un mantra la parola d'ordine "guerra,
guerra, guerra". Il 14 ottobre la marcia ci dimostrera' se e' ancora possibile
essere pacifisti rifiutando la "realpolitik" dell'intervento armato in nome di
una lotta al terrorismo davvero efficace, condotta ad esempio attraverso
l'eliminazione dei paradisi fiscali e del segreto bancario sui flussi di denaro
transnazionali, se si puo' essere solidali con le vittime degli attentati senza
solidarizzare con la cultura dell'interventismo militare, se si possono
ricordare ancora, umilmente e rispettosamente, tutte le stragi silenziose
compiute dalla violenza strutturale di un modello di sviluppo che ogni anno
sacrifica sull'altare del progresso un numero di vittime ben superiore a quelle
del terrorismo, se si puo' chiedere ai nostri parlamentari di non votare
l'aumento del 15% alle spese militari previsto dalla prossima finanziaria, che
probabilmente sara' decisivo per fare bella figura all'interno dell'Alleanza
Atlantica, ma che con altrettanta probabilita' non cambiera' di una virgola le
carte sul tavolo della lotta al terrorismo, dove i giochi si decidono altrove e
non sul campo di battaglia. Questo aumento non indispensabile e' una piccola
voce nel bilancio dello stato, che potrebbe essere impiegata con piu' efficacia
per una lotta ad un altro tipo di "terrorismo", quello che costringe sei milioni
di italiani a vivere al di sotto della soglia di poverta'. Per la Tavola della
Pace la vera sfida da giocare nei 25 chilometri che uniscono Perugia ad Assisi
sara' quella di aggregare un gruppo di associazioni e di enti locali, che per
ovvie necessita' lavorano quotidianamente a contatto con il mondo della politica
e dei partiti, hanno legami e collegamenti con le istituzioni, sono costrette ad
interagire con la cultura del potere, e a volte vivono anche grazie a contributi
pubblici, cercando il coraggio necessario per risvegliare la coscienza del
potere, dei partiti e delle istituzioni, per superare la politica del palazzo ed
i suoi limiti con una proposta nuova, onesta, efficace e piu' forte, che nasce
dal basso. Il contesto di Perugia e di Assisi sara' la cornice ideale in cui la
societa' civile avra' l'occasione di sfidare le regole apparentemente
ineluttabili della politica internazionale con una prospettiva in cui la pace
non e' un "optional" o un interesse "di categoria", ma una necessita'
irrinunciabile per la sicurezza e il diritto alla vita di tutti, una concreta
alternativa alla logica militare, per sostenere una lotta al terrorismo che non
e' la bandiera di un'azione armata, ma un impegno concreto per combattere i
flussi criminali di denaro sporco, il narcotraffico, il disagio sociale della
droga, i paradisi fiscali di cui non beneficiano solo i terroristi ma anche
molti capi di stato e di governo, e che colpiscono le popolazioni e i paesi piu'
poveri, da cui provengono molti degli invitati all'"Assemblea dell'Onu dei
Popoli" che si svolgera' nei giorni che precedono la marcia. Un altro ambizioso
obiettivo da raggiungere in occasione della Perugia-Assisi sara' quello di
costringere i politici che faranno la loro apparizione in occasione della marcia
o dell'assemblea dell'Onu dei popoli ad un confronto rispettoso, ma serrato ed
implacabile, sui contenuti e sulle concrete proposte politiche contenute
nell'"appello" lanciato in occasione della Marcia, senza lasciare il benche'
minimo spiraglio a chi vuole raccogliere l'invito al dialogo solo per
strumentalizzare questo appuntamento forte della societa' civile, trasformandolo
in una semplice "passerella" politica dove fare sfoggio delle proprie capacita'
oratorie con alte dichiarazioni di principio, completamente slegate dal voto
nelle aule del parlamento. Indubbiamente tutte queste questioni ancora aperte
costituiscono un grosso fattore di rischio per le associazioni della "Tavola",
ma la grandezza della posta in gioco (la costruzione della pace a partire
dall'Italia), lo spessore delle iniziative "dal basso" proposte dalla societa'
civile mondiale nell'"Onu dei popoli" e le grandi speranze condivise da tutti
quelli che marceranno da Perugia ad Assisi, ci fanno dire che vale davvero la
pena di provarci, dimenticandosi per una volta dei propri interessi particolari
per cercare davvero di camminare insieme verso il bene comune. (Il seguente
articolo verra' pubblicato sul numero di ottobre della rivista "Altreconomia" -
www.altreconomia.it).
Informazioni sulla «Marcia per la pace»: www.krenet.it/a/mpace
MASSMEDIA e TAM TAM vari
PROGRAMMA
24 OTTOBRE
- ROMA. Ore 15-18.30. “Classici di domani.
Luoghi della narrativa italiana e straniera degli ultimi 30 anni.” Presso la
Casa delle Letterature dell’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di
Roma, Piazza dell'Orologio, 3 (per informazioni: tel. 06
68134697).
Incontro con cinque scrittori dominicani tradotti in italiano, presentati da Danilo Manera e Silvio Mignano. ; Interventi: Marcio Veloz Maggiolo, Cultura dominicana e meticciato culturale.; Manuel Llibre Otero, Temi ricorrenti e nuove visioni nella letteratura dominicana.; Rafael García Romero, Un posto nel panorama letterario dominicano attuale.; Ángela Hernández Núñez, Appunti sulla demiurgia: un approccio dominicano al racconto.; Proiezione di un video letterario di Luis Martín Gómez, che parlerà sul tema, Giornalismo e scrittura a Santo Domingo.; Alla presenza di Gianni Borgna, Assessore alle Politiche Culturali del Comune di Roma e Maria Ida Gaeta, responsabile della Casa delle Letterature.
- ROMA. Ore 19. Presentazione, a cura di Danilo Manera, della collana “Alfabeti” dell’editore Perosini, con i primi tre autori, i dominicani Ángela Hernández Núñez, Rafael García Romero e Marcio Veloz Maggiolo, nonché del romanzo di quest’ultimo Riti di cabaret, edito da Besa. Interviene Giorgio Gabanizza del MLAL. Presso l’Antica Libreria Croce, via Vittorio Emanuele 156-158 (per informazioni: tel. 06 68802269).
25 OTTOBRE
- COLOGNO MONZESE. Ore 21, Biblioteca Civica di Cologno Monzese, Piazza Mentana 1 (per informazioni: tel. 02 25308367). Serata letteraria dominicana con gli scrittori Marcio Veloz Maggiolo, Ángela Hernández Núñez, Rafael García Romero e Manuel Llibre Otero, presentati da Danilo Manera. Saluto di Mauro Madella, Assessore alla Cultura del Comune di Cologno Monzese. Proiezione dei video letterari di Luis Martín Gómez Otto narratori e la loro isola, A centinaia di metri da terra, Espresso Santo Domingo e Cafetera El Conde, commentati dall’autore. Rinfresco.
26 OTTOBRE
- MILANO. Ore 10-13: Convegno
Italo-Dominicano presso l’Università Statale di Milano, Sala di Rappresentanza
di via Festa del Perdono, con il saluto di Fabrizio Conca, Preside della Facoltà
di Lettere e Filosofia, e di Salvatore Carrubba, Assessore alla Cultura del
Comune di Milano.
Relazioni: Marcio Veloz Maggiolo, Italianos en la vida dominicana.; Ángela Hernández Núñez, Poetas dominicanas de los ‘80: desvío fundacional.; Rafael García Romero, La narrativa de Juan Bosch.; Manuel Llibre Otero, Escribir desde la provincia: Santiago y la costa norte.; Luis Martín Gómez, ¿Cuántos cuentos caben en una mochila? Pequeña antología de viaje.; Interventi di Gina Lagorio (scrittrice), Emilia Perassi (docente di letterature ispanoamericane) e Iñaki Abad (direttore dell’Istituto Cervantes di Milano).
- MILANO. Ore 18. Libreria Feltrinelli di Via Manzoni 12 (per informazioni: 02 76000386). Presentazione dei primi tre volumi della collana “Alfabeti” dell’editore Perosini, con gli autori dominicani Ángela Hernández Núñez, Rafael García Romero e Marcio Veloz Maggiolo, nonché del romanzo di quest’ultimo Riti di cabaret, edito da Besa, e dell’antologia I cactus non temono il vento. Racconti da Santo Domingo, edita da Feltrinelli, alla presenza degli autori in essa inclusi Luis Martín Gómez e Manuel Llibre Otero. Intervengono Danilo Manera, Franco Ceradini, Enrica Rosato del MLAL e le traduttrici.
- MILANO. Ore 21.30, presso CIGAIR, via Molino delle Armi 25. Serata su invito a cura del Consolato Generale della Repubblica Dominicana di Milano (per informazioni tel. 02 80509804) e dei Viaggi del Ventaglio: Parole e sapori dall’isola sognata. Musica dominicana e degustazione di sigari e rum dominicani, con un commento di Marcio Veloz Maggiolo e Danilo Manera.
27 OTTOBRE
- VERONA. Ore 17.30: Incontro con la letteratura dominicana nella Sala Arazzi di Palazzo Barbieri, Piazza Bra (per informazioni, tel. 045 8102105). Con il saluto di Michela Sironi, Sindaco di Verona, e di Enzo Melegari, presidente del Movimento Laici America Latina. Presentazione delle traduzioni italiane di narrativa dominicana attuale a cura di Susanna Regazzoni dell’Università di Venezia. Interventi di Marcio Veloz Maggiolo, Ángela Hernández Núñez e Rafael García Romero. Proiezione dei video letterari di Luis Martín Gómez A centinaia di metri da terra, Espresso Santo Domingo e Cafetera El Conde.
28 OTTOBRE
- Incontro del Viceministro della Cultura della Repubblica Dominicana Marcio Veloz Maggiolo con i responsabili del progetto “Un mare di sogni” per la diffusione della letteratura italiana in America Latina, con sede presso l’Arci Solidarietà di Cesena, nel quadro di iniziative di scambio culturale tra i due Paesi.
29 OTTOBRE
- VERONA. Ore 11. Rafael García Romero incontra gli studenti del Liceo Scientifico Statale “Primo Levi” di San Pietro in Cariano.
- MILANO. Ore 18: Incontro con la letteratura dominicana all’Istituto Cervantes, via Dante 12 (per informazioni: tel. 02 72023450), con letture di poesia dominicana dal n.89 della rivista “Resine” e di testi narrativi di Marcio Veloz Maggiolo da parte dell’autore. Ángela Hernández Núñez e Manuel Llibre Otero parleranno delle sfide attuali della letteratura dominicana. Proiezione di video letterari di Luis Martín Gómez. Intervengono Silvio Riolfo, Emilia Perassi e Danilo Manera. Con esposizione di libri dominicani.
30 OTTOBRE
- VERONA. Ore 10.30. Ángela Hernández Núñez e Rafael García Romero incontrano gli studenti dell’Istituto Tecnico “Marco Polo” di Verona.
- VERONA. Ore 12.30: conferenza stampa alla Libreria Rinascita, Corso Porta Borsari, 32 (per informazioni: tel. 045 594611) per il lancio della collana “Alfabeti”, con l’editore Pierluigi Perosini e gli autori Ángela Hernández Núñez e Rafael García Romero.
- GENOVA. Ore 17: conferenza di Marcio Veloz Maggiolo Antropologia per curiosi. I popoli originari dei Caraibi e la cultura taíno, con Danilo Manera e Ivana Borsotto, presso la Biblioteca Berio, Via del Seminario 16, con il saluto dell’Amministrazione Comunale e l’appoggio dell'Associazione degli Amici del Castello D'Albertis.
- SAN PIETRO IN CARIANO. Ore 21: serata presso la Sala Lonardi di via Bach a San Pietro in Cariano (per informazioni: tel. 045 6838187), a cura della Libera Università Popolare della Valpolicella, con letture di poesia dal n.89 della rivista “Resine” e dal n.162 della rivista “L’immaginazione” e di brani narrativi dai volumi editi da Perosini. Intervengono Ángela Hernández Núñez e Rafael García Romero, presentati da Carlo Baccini e Franco Ceradini.
PRIMO SALONE DELL'EDITORIA DI PACE IN ITALIA
Nell'ambito delle attivita' della "Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace", da qualche tempo e' stata avviata la realizzazione del "progetto Iride", formula tesa a racchiudere quelle attivita', iniziative e studi che piu' direttamente si riferiscono alle diverse realta' ed anime che formano anche in Italia e nel Veneto il "popolo della pace". Entro l'anno giungono a conclusione due iniziative che si annunciano di gran rilievo:
- La pubblicazione del primo Annuario di pace in Italia per l'editore Asterios di Trieste (si tratta di un volume di non meno di 400 pagine con cronologie, studi, analisi, redatte da un gruppo di studiosi e giornalisti italiani e con la collaborazione di testata quali "Internazionale" e " Nigrizia" e il sito storico del pacifismo italiano "Peacelink").
- La realizzazione del primo salone dell'editoria di pace in Italia, "Fondaco di Venezia" che si terra' l'8 e 9 dicembre 2001 presso il Fondaco dei Tedeschi a Rialto. Quest'ultima iniziativa e' possibile grazie alla collaborazione di Poste Italiane che ha dato la disponibilita' al pieno utilizzo espositivo del Fondaco dei Tedeschi, consentendo cosi' un percorso del tutto inedito anche per i visitatori residenti in Venezia. Il supporto tecnico ed organizzativo e' garantito da VeneziaFiere, che in citta' rappresenta l'operatore piu' affidabile per tali iniziative di fieristica di nicchia. L'Annuario sara' ovviamente presentato nella degna cornice del Fondaco di Venezia. Il bilancio complessivo dell'operazione - comprensiva del salone e dell'annuario- e' dell'ordine dei cento milioni di cui solo venti sono gia' stati destinati dalla Fondazione alla realizzazione dell'iniziativa. Nella piu' rosea delle previsioni - i restanti 70-80 milioni saranno coperti in larga misura dai proventi degli spazi acquistati dagli espositori - che appartengono quasi tutti ad una realta' produttiva dalle molte esposizioni (economiche) e dagli scarsi ricavi -, e in parte minima dai proventi della vendita dell'annuario. Contiamo che i tre Enti fondatori della Fondazione (Comune di Venezia, Provincia di Venezia, Regione Veneto) cui abbiamo chiesto sia il patrocinio sia un contributo straordinario per la realizzazione del progetto rispondano con la ragionevolezza loro consueta, ma allo stato attuale non abbiamo che una deliberazione dell'Amministrazione Provinciale ed una assicurazione formale dell'Amministrazione Comunale. Nel frattempo da parte di Poste italiane abbiamo avuto la conferma della concessione per la realizzazione dei primo salone dell'editoria di pace in Italia della sede del Fondaco dei Tedeschi, non invece quella - che pure avevamo loro proposto - di essere lo sponsor unico dell'insieme del progetto Iride. Di qui, anche con un certo affanno, la richiesta di sostenere l'iniziativa con una opera di sponsorizzazione, che - ma non siamo noi a doverlo dire - presenta piu' di un fondato motivo di interesse (novita', per certi aspetti, assoluta nel panorama italiano sia dell'annuario sia del salone dell'editoria di pace; novita' dell'uso di tutto il Fondaco dei Tedeschi come "naturale" spazio espositivo; qualita' del pubblico gia' interessato - il cosiddetto "popolo della pace"; le potenzialita' di acquisire una nuova fetta di pubblico locale data la familiarita' del Fondaco dei tedeschi ). Suggeriamo infine anche la formula della "sponsorizzazione", vale a dire il contributo per far parte del gruppo di sponsorizzatori. (Da Giovanni Benzoni, responsabile del "progetto Iride" per la Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace. Pubblicato sulla newsletter del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo nbawac@tin.it )
EGIN, MUSICA BASCA
Il gruppo musicale EGIN sta
preparando il tour autunno-invernale per la presentazione del cd di
autoproduzione "Storia Grama". Nel caso vi fosse un interessamento, siamo
disponibili per ogni tipo di informazione. Notizie in merito al gruppo le si
possono recuperare anche visitando il sito: http://digilander.iol.it/eginus . A
seguire trovate una breve presentazione sugli intenti culturali e musicali della
formazione.
Nati nel gennaio 1999, gli EGIN (in euskara, la lingua basca,
significa "fare, agire"), propongono una musica che, partendo dal rock, dallo
ska e dal drum'n'bass, si ispira alle tradizioni popolari e folk mondiali e di
Euskadi in particolare sfociando in una sorta di patchanka. Con all' attivo più
di 80 esibizioni live in centri sociali, circoli, feste di piazza e locali
italiani, gli EGIN hanno calcato palchi al fianco di Cantovivo, Gang, Daniele
Sepe, Amici di Roland, Magnaut Big Band, Li Barmenk, Figli di Guttuso e Sud
Sound Sistem. Attraverso la musica e ad altre attività culturali, gli EGIN si
propongono di diffondere valori quali diritti umani, rispetto ambientale,
antimilitarismo, obiezione di coscienza. EGIN suonano e cantano affinchè l' 80%
delle risorse mondiali non appartenga più solo al 20% della popolazione.
(eginherria@yahoo.it)
INFORMAZIONI, RIFLESSIONI & OPINIONI
La legge sulle rogatorie internazionali e la lotta alla pedofilia: dichiarazione della deputata Valpiana, della Commissione Parlamentare per l’Infanzia.
Nella scorsa legislatura abbiamo approvato una innovativa e sacrosanta legge contro lo sfruttamento sessuale dei minori che permette di processare, acquisire prove, punire i cosiddetti “turisti sessuali” per reati compiuti anche all’estero e le reti di pedofili che, attraverso siti internet con sedi all’estero, diffondono nel nostro Paese immagini di bambini orrendamente violati. Grazie a questa legge è stato possibile scoperchiare l’orrore e avviare tante indagini e tanti processi contro crimini che offendono, oltre ai corpi e alle menti dei bambini e bambine di tutto il mondo, la coscienza di ciascuno di noi. Alla giusta indignazione si sono allora aggiunte, soprattutto ad opera di esponenti di partiti di destra, inaccettabili proposte “giustizialiste” che invocavano addirittura la pena di morte o la castrazione chimica. Oggi questa stessa parte politica, diventata maggioranza, ha evidentemente dimenticato l’indignazione e, per coprire inconfessabili interessi personali e di parte, non ha esitato ad inserire nella ratifica dell’accordo Italia-Svizzera sull'assistenza giudiziaria in materia penale norme sull’acquisizione delle prove provenienti dall’estero che renderanno inutilizzabili i documenti acquisiti e quindi bloccheranno ben 36 processi per pedofilia. Da oggi sarà più difficile, se non impossibile, perseguire non solo i reati finanziari compiuti da importantissimi esponenti politici della maggioranza, ma, oltre al traffico internazionale di armi e di droga, al riciclaggio di denaro sporco, all’associazionismo mafioso, i reati più efferati e inaccettabili contro bambini e bambine usati per il piacere di adulti malati o deviati e da organizzazioni che, per profitto, sfruttano perversioni adulte e innocenza dei bambini. La testimonianza della bambina cambogiana usata come un giocattolo dai suoi aguzzini, le agghiaccianti intercettazioni internazionali di vergognose compravendite di neonati destinati all’usa e getta, se trasmesse prive di regolari timbri e modalità, saranno inutilizzabili lasciando andare liberi i loro torturatori. Una vergogna per la maggioranza parlamentare, per il governo, per il paese, per tutti gli elettori che, votando Berlusconi, non avrebbero certo pensato di essere trascinati in una simile infamia. Chiederò da subito al Ministro della Giustizia che la Commissione Infanzia possa essere informata sulle conseguenze di questa nuova legge sui processi per pedofilia già in corso e di creare un osservatorio permanente su quante indagini saranno impedite d’ora in avanti contro la pedofilia internazionale e ne terrò costantemente informati quei cittadini onesti che non accettano che bambini e bambine orrendamente violati vengano nuovamente “svenduti” per gli interessi del più forte. (Roma, 28 settembre 2001)
GLI ERETICI DELLA PACE
di FRANCESCO COMINA
Gli "eretici" sono scesi in piazza, ieri, oggi e domani
ancora sfileranno da soli, in gruppo, sventolando le loro bandiere con
l'arcobaleno della pace, dei diritti e della solidarieta' fra i popoli. Un loro
avversario li ha appena accusati. Sono loro i veri eretici dentro e fuori la
Chiesa - ha detto il consigliere di Berlusconi don Gianni Baget Bozzo, un prete
che ha cambiato molte bandiere prima di approdare alla fede neoliberale -, sono
loro che contestano lo status quo ad essere fuori pista, lontano dalla Verita'
espressa da questo sistema e - lo ha fatto intendere benissimo - da questo
governo. Forse pensava ai ragazzi di Genova, don Baget Bozzo, ai "deliri" di
piazza che ora tornano a contestare le ragioni di una guerra in un mondo diviso
fra "buoni" e "cattivi". Le stesse parole di Wojtyla fatte rimbombare
dall'Armenia: "No alla guerra, si' alla pace fra i popoli". Parole eretiche per
il Vaticano, che senza ascoltarle aveva, in un primo tempo, dato via libera
all'azione militare in Afghanistan, ma il giorno dopo il portavoce Navarro Valls
rammaricato era corso a rettificare: "Noi non abbiamo dato il via libera a
nessuna guerra...".
Ma gli eretici di Baget Bozzo si nascondono fra i poveri,
fra i diseredati, fra i derelitti della storia che egli non ha mai visto e mai
conosciuto (altre sono le sue frequentazioni). Sono suoi confratelli: don Oreste
Benzi, don Vinicio Albanesi, don Luigi Ciotti, don Antonio Mazzi, padre Alex
Zanotelli, mons. Luigi Bettazzi, mons. Loris Capovilla, mons. Giancarlo
Bregantini. Eretici e contestatori di un modello di sviluppo rinchiuso nelle
torri militarizzate del privilegio dove l'immagine di Cristo allevia la colpa di
non essere fuori, la' dove l'"eretico" di Nazareth ha vissuto e seminato il suo
"Vangelo della pace": "Ogni volta che entrate in una casa, dite pace a coloro
che trovate in quella casa". Ma se ci voltiamo indietro, la memoria si affolla
di questi eretici, che sono l'immagine viva della Chiesa. San Massimiliano,
patrono degli obiettori di coscienza. Nel terzo secolo, quando l'eresia
cristiana era perseguitata dal "sistema" imperiale, il soldato Massimiliano in
Africa disse ai suoi superiori: "Io non sparo, sono un credente". Fu processato
e mori' sulla croce, come il suo Maestro. Padre degli eretici pacifisti e
ambientalisti e' stato Francesco d'Assisi. La sua denuncia del "secolo", con il
rifiuto del mercato, ha trovato il suo senso fuori dalle mura di Assisi, nel
dissenso piu' scandaloso dell'emarginazione, "peccatore" fra i lebbrosi.
Qualcuno l'ha chiamato "folle". Baget Bozzo lo accorperebbe fra i cristiani
atavici senza senso. Eppure ha cambiato la storia. Dove arrivava portava la
pace. Quando gli eserciti si muovevano per liberare la Terra Santa dai musulmani
"infedeli" lui si intratteneva in rapporti di fraternita' con il sultano di
Damietta e questi lo riempiva di doni. Ancora oggi, davanti a Francesco credenti
e non credenti se ne stanno muti in ascolto e Assisi e' diventata una delle
citta' piu' cercate al mondo: da Dario Fo a Leonardo Boff, da Pasolini, che vi
medito' il suo Vangelo secondo Marco, a Guenther Grass. L'eresia ha spezzato il
cielo di Londra con il grido mortale di Tommaso Moro, ghigliottinato per essersi
opposto al suo Re. Il giureconsulto fedele, che aveva sognato Utopia come
societa' perfetta, non ha retto al potere dell'impero e lo ha rifiutato
radicalmente. E ancora, piu' avanti, l'eresia di Bartolome' de Las Casas in
centroamerica, il conquistatore convertito dagli indios, che ha combattuto una
lotta tenacissima contro la violenza del nuovo ordine neoliberista del mondo: un
ordine che ha ucciso, massacrato, schiacciato e denudato i popoli. I movimenti
per la pace e per i diritti, che sono scesi nelle piazze di Genova e che ora
scendono nelle strade delle citta' occidentali per dire no alla guerra, sono
quei movimenti che hanno ben presenti sullo sfondo i grandi "eretici" del nostro
tempo: Gandhi, Martin Luther King, Einstein, Dorothy Day, Luthuli. Conoscono la
persecuzione degli ebrei e dei liberi pensatori durante la seconda guerra
mondiale; leggono le memorie delle vittime, che non potevano rientrare
nell'ordine del sistema: Bonhoeffer, Simone Weil, Etty Hillesum, gli studenti
della Rosa Bianca, Josef Mayr-Nusser (tanto per fare solo pochi esempi di
sommersi), ma anche l'eresia di coloro che si sono sottratti alla girandola del
male, come il soldato altoatesino delle SS Leonhard Dallasega, che si e'
rifiutato di uccidere il parroco di Giazza don Domenico Mercante. Ancora sono
accompagnati dalle testimonianze di chi ha avuto l'ardire di contrastare
l'ingiustizia e la violenza dei sistemi dittatoriali in Brasile, Argentina,
Salvador, Messico, Uruguay, Paraguay, quel sistema del terrore che aveva chiari
e invadenti compromissioni con gli Usa. Ne sono morti a migliaia come ci
ricordano le cronache dei sopravvissuti. Eppure oggi la lezione non e' finita.
La guerra torna continuamente a minacciare il futuro dell'umanita', torna con il
profilo d'acciaio dei caccia, con gli slogans bellicosi della forza, con
l'individuazione del nemico da combattere, con la contrapposizione virtuale
delle civilta' secondo orchestrazioni gia' viste. In questo mondo vivono e
operano gli eretici pacifisti. Don Gianni Baget Bozzo li contrasta, mentre
cercano di scrivere pace sulle carte storte della guerra. Ma intanto sono loro a
segnarci la strada per il futuro, la strada del dialogo fra cristiani e Islam.
In barba a Baget Bozzo e al cardinale Biffi, otto eretici cristiani in Algeria
sono stati sgozzati. Ma le loro parole rimangono scolpite nel testamento
spirituale del priore trappista frere Christian: "Se mi capitasse un giorno di
cadere vittima del terrorismo, che sembra voler coinvolgere tutti gli stranieri
che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunita', la mia chiesa, la mia
famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese... E
anche a te, amico dell'ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Si',
anche per te voglio questo grazie e questo ad-Dio profilatosi con te. E che ci
sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio". [Questo articolo di Francesco Comina e' apparso su "Il
Mattino" di Bolzano; f.comina@ilmattinobz.it]
IL PAPA IN KAZAKHSTAN: CON LE NUOVE GENERAZIONI
Carissimi giovani! 1. Con grande gioia mi incontro con voi e vi ringrazio vivamente per questa cordiale accoglienza. Un saluto particolare rivolgo al Signor Rettore ed alle Autorità accademiche di questa recente e già prestigiosa Università. Il suo stesso nome, Eurasia, ne indica la peculiare missione, che è la stessa del vostro grande Paese posto come cerniera tra l'Europa e l'Asia: missione di collegamento tra due continenti, tra le rispettive culture e tradizioni, tra gruppi etnici diversi che vi si sono incontrati nel corso dei secoli. In realtà, il vostro è un Paese in cui la convivenza e l'armonia tra popoli differenti possono essere additate al mondo come segno eloquente della chiamata di tutti gli uomini a vivere insieme nella pace, nella conoscenza ed accoglienza reciproca, nella scoperta progressiva e nella valorizzazione delle tradizioni proprie di ciascuno. Il Kazakhstan è terra di incontro, di scambio, di novità; terra che stimola in ciascuno l'interesse per nuove scoperte e induce a vivere la differenza non come una minaccia ma come un arricchimento. È con questa consapevolezza, cari giovani, che rivolgo a ciascuno di voi il mio saluto. A tutti dico con cuore d'amico: la pace sia con voi, la pace ricolmi i vostri cuori! Sentitevi chiamati ad essere artefici di un mondo migliore. Siate operatori di pace, perché una società saldamente fondata sulla pace ha davanti a sé il futuro. 2. Preparando questo mio viaggio, mi sono domandato che cosa i giovani del Kazakhstan vorrebbero sentire dal Papa di Roma, che cosa vorrebbero chiedergli. Conosco i giovani e so che essi vanno alle questioni di fondo. Probabilmente la prima domanda che voi desiderereste pormi è questa: "Chi sono io secondo te, Papa Giovanni Paolo II, secondo il Vangelo che tu annunci? Qual è il senso della mia vita? Qual è il mio destino?". La mia risposta, cari giovani, è semplice, ma di enorme portata: Ecco, tu sei un pensiero di Dio, tu sei un palpito del cuore di Dio. Affermare questo è come dire che tu hai un valore in certo senso infinito, che tu conti per Dio nella tua irripetibile individualità. Voi capite allora, cari giovani, perché io mi accosto a voi, questa sera, con rispetto e trepidazione e vi guardo con grande affetto e fiducia. Sono lieto di incontrarmi con voi, discendenti del nobile popolo kazakhstano, fieri del vostro indomabile desiderio di libertà, sconfinato come la steppa in cui siete nati. Avete vicende diverse alle spalle, non prive di sofferenza. Siete qui seduti, l'uno accanto all'altro, e vi sentite amici, non perché avete dimenticato il male che c'è stato nella vostra storia, ma perché giustamente vi interessa di più il bene che potrete costruire insieme. Non c'è infatti vera riconciliazione, che non sfoci generosamente in un impegno comune. Siate consapevoli del valore unico che ciascuno di voi possiede e sappiate accettarvi nelle rispettive convinzioni, pur cercando assieme la verità piena. Il vostro Paese ha sperimentato la violenza mortificante dell'ideologia. Che non succeda a voi di essere ora preda della violenza non meno distruttrice del "nulla". Quale vuoto asfissiante, se nella vita non v'è nulla che conti, se non si crede a nulla! Il nulla è la negazione dell'infinito, che la vostra steppa sconfinata evoca con forza, di quell'Infinito a cui aspira in modo irresistibile il cuore dell'uomo. 3. Mi hanno detto che nella vostra bellissima lingua, il kazako, "ti amo" si dice: "mien siené jaksè korejmen", espressione che si può tradurre: "io ti guardo bene, ho su di te uno sguardo buono". L'amore dell'uomo, ma ancora prima l'amore stesso di Dio verso l'uomo e verso il creato nasce da uno sguardo buono, uno sguardo che fa vedere il bene e induce a fare il bene: "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona", è detto nella Bibbia (Gn 1, 31). Un tale sguardo permette di cogliere tutto il positivo che c'è nella realtà e conduce a considerare, al di là di un approccio superficiale, la bellezza e la ricchezza di ogni essere umano che ci si fa incontro. È spontaneo chiederci: "Che cosa rende bello e grande l'essere umano?". Ecco la risposta che vi propongo: ciò che rende grande l'essere umano è l'impronta di Dio che egli porta in sé. Secondo la parola della Bibbia, egli è creato "ad immagine e somiglianza di Dio" (cfr Gn 1, 26). Proprio per questo il cuore dell'uomo non è mai pago: vuole di meglio, vuole di più, vuole tutto. Nessuna realtà finita lo soddisfa e lo acqueta. Diceva Agostino d'Ippona, l'antico Padre della Chiesa: "Ci hai fatti, o Signore, per te e il nostro cuore è inquieto finché non trova pace in te" (Confes. 1, 1). Non scaturisce forse da questa stessa intuizione la domanda che il vostro grande pensatore e poeta Ahmed Jassavi più volte ripete nei suoi versi: "A che serve la vita, se non per essere donata, e donata all'Altissimo?". 4. Cari amici, questa parola di Ahmed Jassavi contiene in sé un grande messaggio. Richiama ciò che la tradizione religiosa qualifica come "vocazione". Dando la vita all'uomo, Dio gli affida un compito e attende da lui una risposta. Affermare che la vita dell'uomo, con le sue vicende, le sue gioie e i suoi dolori, ha come fine di "essere donata all'Altissimo", non costituisce diminuzione o rinuncia. È piuttosto la conferma dell'altissima dignità dell'essere umano: fatto ad immagine e somiglianza di Dio, egli è chiamato a divenire suo collaboratore nel trasmettere la vita e nel dominare la creazione (cfr Gn 1, 26-28). Il Papa di Roma è venuto per dirvi proprio questo: c'è un Dio che vi ha pensato e vi ha dato la vita. Egli vi ama personalmente e vi affida il mondo. È Lui che suscita in voi la sete di libertà e il desiderio di conoscere. Permettetemi di professare davanti a voi con umiltà e fierezza la fede dei cristiani: Gesù di Nazareth, Figlio di Dio fatto uomo duemila anni orsono, è venuto a rivelarci questa verità con la sua persona e il suo insegnamento. Solo nell'incontro con Lui, Verbo incarnato, l'uomo trova pienezza di autorealizzazione e di felicità. La religione stessa, senza un'esperienza di stupita scoperta e di comunione con il Figlio di Dio, fattosi nostro fratello, si riduce a una somma di principi sempre più ardui da capire e di regole sempre più difficili da sopportare. 5. Cari amici, voi intuite che nessuna realtà terrestre vi potrà soddisfare pienamente. Voi siete coscienti che l'apertura al mondo non è sufficiente a colmare la vostra sete di vita e che la libertà e la pace possono venire solo da un Altro, infinitamente più grande di voi, eppure a voi familiarmente vicino. Sappiate riconoscere di non essere i padroni di voi stessi, e apritevi a Colui che vi ha creati per amore e vuole fare di voi persone degne, libere e belle. Io vi incoraggio in questo atteggiamento di fiduciosa apertura: imparate ad ascoltare nel silenzio la voce di Dio, che parla nell'intimo di ciascuno; date basi solide e sicure alla costruzione dell'edificio della vostra vita; non abbiate paura dell'impegno e del sacrificio, che richiedono oggi un grande investimento di forze, ma che sono garanzia del successo di domani. Scoprirete la verità su voi stessi e nuovi orizzonti non cesseranno di aprirsi davanti a voi. Cari giovani, questo discorso vi può forse apparire inconsueto. Io ritengo invece che sia attuale ed essenziale per l'uomo moderno, che talvolta si illude di essere onnipotente, perché ha realizzato grandi progressi scientifici e riesce in qualche modo a controllare il complesso mondo tecnologico. Ma l'uomo ha un cuore: se l'intelligenza dirige le macchine, il cuore pulsa per la vita! Date al vostro cuore risorse vitali, permettete a Dio di entrare nella vostra esistenza: essa sarà allora rischiarata dalla sua luce divina. 6. Sono venuto a voi per incoraggiarvi. Siamo all'inizio di un nuovo millennio: è un'epoca importante per il mondo, perché nell'animo della gente si sta diffondendo la convinzione che non è possibile continuare a vivere così divisi. Purtroppo, se da un lato le comunicazioni divengono ogni giorno più facili, le differenze sono spesso avvertite in modo persino drammatico. Vi incoraggio a lavorare per un mondo più unito, e a farlo nel quotidiano della vita, portandovi il contributo creativo di un cuore rinnovato. Il vostro Paese conta su di voi e aspetta molto da voi per gli anni futuri: l'orientamento della vostra Nazione sarà quello che le imprimerete voi con le vostre scelte. Il Kazakhstan di domani avrà il vostro volto! Siate coraggiosi ed intrepidi, e non sarete delusi. Vi accompagnino la protezione e la benedizione dell'Altissimo, che invoco su ciascuno di voi, sui vostri cari e su tutta la vostra vita! Al termine dell'incontro, nel salutare i presenti, Giovanni Paolo II ha pronunciato queste parole in lingua italiana: Voglio esprimere la mia profonda riconoscenza per questo incontro con l'Università. L'Università è da sempre molto vicina a me. E sono tanto contento di trovarla qui, perché essa è fondamento della cultura nazionale e dello sviluppo nazionale. La cultura è il fondamento della identità di un popolo. Tante grazie!
L' 11 settembre dei terroristi hanno attaccato gli
Stati uniti in maniera senza precedenti e brutale, uccidendo migliaia di persone
innocenti, compresi i passeggeri e gli equipaggi di quattro aeroplani. Come
chiunque altro nel paese, sono in collera per questi attacchi e credo che debba
essere fatto tutto ciò che è necessario per portare i responsabili davanti alla
giustizia.
Dobbiamo evitare futuri attacchi di questo tipo. E' questo il
maggior obbligo dei nostri governi federali, statali e locali. In questo, siamo
uniti come nazione. Ogni nazione, gruppo o individuo che non comprenda questo
punto o creda che noi tollereremo degli attacchi illegali e incivili sbaglia di
grosso. La settimana scorsa, colma di dolore per coloro che sono rimasti uccisi
e feriti e di rabbia per coloro che avevano compiuto il crimine, ho affront ato
la solenne responsabilità di votare per autorizzare il paese a entrare in
guerra. Alcuni credono che la risoluzione sia stata solo simbolica, progettata
per mostrare la fermezza nazionale. Ma non ho potuto ignorare il fatto che abbia
fornito autorità esplicita, secondo la Risoluzione dei Poteri di Guerra e la
Costituzione, a scendere in guerra. Era un assegno in bianco per il presidente
per attaccare chiunque fosse coinvolto negli eventi dell'11 settembre -ovunque,
in qualsiasi paese, senza considerare la politica estera di lungo respiro della
nostra nazione, interessi economici e nazionali, e senza limite di tempo. Nel
concedere questi ampi poteri, il Congresso non si è dimostrato in grado di
capire le dimensioni della dichiarazione. Non potevo sostenere una tale
concessione di autorità al presidente per fare guerra: ritengo che metterà a
rischio altre vite innocenti.
Secondo la Costituzione, il presidente ha il
potere di proteggere la nazione da altri attacchi e per farlo ha mobilitato le
forze armate. Il Congresso avrebbe dovuto aspettare che i fatti venissero
presentati e poi avrebbe dovuto agire con piena conoscenza delle conseguenze
della nostra azione. Ho sentito migliaia dei miei elettori alla vigilia di
questo voto. Molti - la maggioranza - mi hanno consigliato controllo e prudenza,
esigendo di accertare i fatti e di assicurarsi che la violenza non generi
violenza. Capiscono le infinite conseguenze di una guerra affrettata, e li
ringrazio del loro sostegno. Altri ritengono che avrei dovuto approvare la
risoluzione -o per ragioni simboliche e geopolitiche, o perché credono veramente
che un'opzione militare sia inevitabile. Ma io non sono convinta che approvare
la risoluzione mantenga e protegga gli interessi statunitensi. Dobbiamo
sviluppare la nostra intelligenza e condurre quelli che hanno compiuto
quest'attentato alla giustizia. Dobbiamo mobilitarci e mantenere una coalizione
internazionale contro il terrorismo. Infine, abbiamo la possibilità di
dimostrare al mondo che le grandi potenze possono scegliere di combattere chi
vogliono, e che noi possiamo scegliere di evitare un'inutile azione militare
quando possiamo usare altre strade per porre rimedio ai nostri giustificati
dolori e per proteggere la nostra nazione. Dobbiamo rispondere, ma il carattere
della risposta determinerà per noi e per i nostri bambini il mondo che
erediteranno. Non discuto l'intenzione del presidente di liberare il mondo dal
terrorismo - ma abbiamo molti modi per raggiungere questo scopo, e misure che
generino ulteriori atti di terrore o che non si concentrino sulle fonti
dell'odio non aumentano la nostra sicurezza. Lo stesso segretario di stato Colin
Powell ha sottolineato, in maniera eloquente, che ci sono molti modi per
arrivare alle radici di questo problema - economiche, diplomatiche, legali e
politiche, e anche militari. Una corsa per lanciare questo precipitoso
contrattacco militare rappresenta un rischio troppo grande che altri uomini
innocenti, donne, bambini saranno uccisi. Non potrei votare una risoluzione che
credo possa portare a questo risultato. (Barbara Lee, democratica,
rappresenta il Nono Distretto del Congresso, che comprende Oakland, Berkeley e
Amameda Da Common Dreams News Center (traduzione di Camilla Lai))
Lungimiranza politica invece che rappresaglia.
Dichiarazione del Presidio della sezione tedesca di Pax Christi a proposito degli attacchi terroristici negli USA.
Dopo giorni di sgomento e incertezze in seguito agli attacchi
terroristici negli USA si rischia di perdere accortezza e lungimiranza politica.
Rileviamo una sorta di tristezza per la perdita di sicurezze e temiamo che
questo vada a scapito della reale partecipazione al dolore delle vittime. Non
può accadere che la nostra sicurezza venga legata a simboli di potere e denaro e
dalla paura scaturisca la disposizione alla violenza.
Gli attacchi
terroristici sono un crimine disumano. I colpevoli vanno trovati e puniti
secondo il diritto internazionale. Al terrorismo non si può rispondere con la
guerra. Laddove persone innocenti sono state vittime non possono altri innocenti
diventare vittime della rappresaglia. I valori di democrazia, libertà e diritti
umani rischiano di essere sotterrati da azioni militari. L’accertamento del caso
di sostegno reciproco secondo l’articolo 5 dell’alleanza atlantica non serve
molto. L’assistenza reciproca va organizzata politicamente e giuridicamente nel
quadro internazionale. Notiamo che la lotta al terrorismo in buona parte sta
emarginando la ricerca delle sue cause. Ma se non si riesce a superare
ingiustizie sociali, immiserimento e povertà, allora le umiliazioni ed
esclusioni che ne scaturiscono possono venire manipolate per motivare azioni
terroristiche. La sicurezza non si può costruire con mezzi militari, oggi come
mai finora; piuttosto va intesa soprattutto in senso sociale, culturale,
economico e politico. La sicurezza dei benestanti non si può raggiungere senza
assicurare l’esistenza di tutti gli uomini. La paternità degli atti terroristici
viene supposta nei cosiddetti ambienti islamisti. Notiamo che ciò porta a
sospettare indiscriminatamente delle persone di fede musulmana ed origine araba
e criminalizzarle. Una società democratica non può ammettere un tale razzismo.
Siamo consapevoli di quanto sia difficile resistere all’idea della vendetta e ci
sentiamo incoraggiati dalla dichiarazione della sezione statunitense di Pax
Christi: “Come persone di fede e seguaci del Gesù nonviolento, anche in questo
momento così cupo, dobbiamo essere pronti ad avere la forza di resistere
all’impulso della vendetta. Dobbiamo resistere all’istinto di demonizzare e
disumanizzare come ‘nemico’ un certo gruppo etnico.” Facciamo appello ai nostri
responsabili politici perché mostrino coraggio e lungimiranza e sfruttino il
loro peso per smorzare l’inasprimento della situazione politica mondiale. Bad
Vilbel, 17 settembre 2001. (fonte: Sergio Paronetto)
RITAGLI DI GIORNALE... da leggere
ESTERI (Corriere della Sera 27/9/01)
Il capo del Governo ha
confermato che l'Italia starà con gli alleati Berlusconi: «No a vittime civili».
Il presidente del Consiglio in visita a Berlino: «L'intervento militare deve
essere mirato. Occidente, civiltà superiore»
BERLINO - La reazione militare agli attentati dell'11 settembre
dovrà essere «un attacco ponderato e chirurgicamente mirato». Lo ha detto il
presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, a Berlino per il doppio incontro
con Putin e Schroeder. «Nessuno vuole vittime tra la popolazione civile» , ha
aggiunto il presidente del Consiglio, spiegando che su questo punto c'è «una
grande consapevolezza». «L'Italia - ha ribadito Berlusconi - starà insieme agli
Alleati, secondo quanto decideremo insieme».
«LA CIVILTA' OCCIDENTALE
CONQUISTERA' I POPOLI» - Il presidente del Consiglio ha poi aggiunto che
l'Occidente comunque è destinato a continuare ad «occidentalizzare e conquistare
i popoli». «L'ha fatto con il mondo comunista, l'ha fatto con una parte del
mondo islamico». Ma, ha sottolineato, c'è «un'altra parte ferma a 1400 anni fa».
E, da questo punto di vista, «dobbiamo essere consapevoli della superiorità e
della forza della nostra civiltà». «Credo che si debba essere convinti di
questo», ha detto ancora Berlusconi ricordando le «tante lotte, i tanti
contrasti, le controversie, le guerre, ma anche le conquiste della nostra
civiltà». Tra queste ha ricordato «le libere istituzioni e l'amore per la
libertà».(segnalazione: Redazione di RAGGIO)
Con questa lettera vogliamo richiamare la vostra attenzione su un
tentativo di speculazione edilizia che è in atto ai danni di un antico borgo
medioevale e del territorio circostante e, nel contempo, richiedere il vostro
appoggio e di altre associazioni che lavorano in difesa della storia, cultura e
del territorio, per eventuali iniziative atte a controbatterlo. Detto appoggio
può da subito manifestarsi in consigli, informazioni legali, indirizzi e
quant’altro possa rivelarsi utile a tal fine. Il borgo in questione è
Campo di Brenzone in provincia di Verona, sito di grande interesse storico ed
artistico, oggetto già nel 1998 di un convegno internazionale promosso dal
Comune di Brenzone, dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, dalla
Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici di Verona, Vicenza e Rovigo,
dal Politecnico di Milano e dall’Istituto Universitario di Architettura di
Venezia, con lo scopo di cercare delle soluzioni atte ad impedirne il crollo ed
a recuperarne le strutture. Campo è situato a circa 200 metri d’altitudine sulla
sponda veronese del Lago di Garda, alle pendici del Monte Baldo. Abbandonato da
parecchi anni dalla popolazione originaria, da più di vent’anni, ad intervalli
più o meno lunghi di tempo, è preso di mira da società immobiliari che
posseggono già il 40% del paese, e che tentano di specularci sopra
trasformandolo in un villaggetto turistico esclusivo dotato di ogni comfort. E
poiché nulla aguzza più l’ingegno quanto la puzza del denaro, per parecchi anni
si è tramato per realizzare l’eutanasia di questo paese, cercando tutte le
scappatoie legali, i consensi politici e i permessi possibili, ma naturalmente
senza quella trasparenza che un’operazione svolta in buona fede e per nobili
principi non avrebbe ragione di evitare. Si fa presente che circa 20 anni fa
un’altro tentativo fu vanificato da interventi di Italia Nostra e dalla
Soprintendenza ai Beni Culturali. Vi scriviamo ora poiché ultimamente le cose si
sono fatte, a quanto pare, molto serie. Una nuova immobiliare, forse prestanome
di altri personaggi non ben definiti, sta tentando di acquistare il resto del
paese per costruirvi miniappartamenti di lusso. Ora stanno contattando i singoli
proprietari proponendo acquisti o permute, premendo sul fatto che il primo passo
sarà l’urbanizzazione, interamente a spese dei proprietari, ad un prezzo così
alto da mettere in difficoltà chi invece vorrebbe tenersi la propria casa. La
faccenda in questo modo assume molto l’aspetto di un ricatto. Per aumentare lo
scompiglio, promettono a chi non vuole cedere la casa, porzioni della stessa
(miniappartamenti) completamente finite e senza ulteriori spese. Qui la cosa
diventa inestricabile visto che la Soprintendenza ai Beni Culturali dal 12
agosto 1994 ha posto Campo sotto tutela in base alla legge n° 1089 del 1° giugno
1939 per le cose di interesse artistico e storico, per cui non è permesso nessun
cambiamento sostanziale alla struttura medievale del paese come risulta
dall’allegato decreto. Secondo il portavoce dell’immobiliare, per loro questo
non è un problema perché già hanno un piano approvato dalla Soprintendenza di
Verona, cosa che a noi non risulta e che comunque non sarebbe legalmente
fattibile. A parte questo, comunque, l’urbanizzazione proposta, proprio perché
pensata in termini prettamente edilizi, andrebbe ad appesantire la già precaria
situazione ambientale dell’entroterra lacustre e sarebbe un passo decisivo per
la manipolazione di strutture architettoniche precedenti l’anno Mille,
trasformando l’ultimo paesino gardesano che ha mantenuto la sua struttura ed
atmosfera originarie di antica architettura rurale in una fortezza ad esclusivo
uso e consumo di pochi. Punto cruciale dell’intera faccenda resta, comunque,
quello della strada. Attualmente Campo è raggiungibile solo a piedi, con un
trattore o un piccolo fuoristrada, visto che l’unica via d’accesso è data da una
di quelle caratteristiche e ,purtroppo, poco protette strade in pietra (le
moline) che un tempo caratterizzavano tutta l’area baldense. Questo tuttavia non
impedisce a tre nuclei familiari di viverci stabilmente, nel rispetto del
territorio, svolgendovi le tipiche attività che da sempre lo hanno
contraddistinto: l’allevamento e la raccolta delle olive. E’ evidente che la
costruzione di una strada carreggiabile ed i conseguenti parcheggi per auto
significherebbe lo stravolgimento e la distruzione di tutto l’ambiente
circostante. Vi è poi il problema del castello, perché a Campo c’è un castello
addossato alle case di pietra. E’ un castello "sui generis" che risale a prima
dell’anno Mille e che nel corso dei secoli è stato manipolato e rimaneggiato,
cambiando destinazione d’uso più volte. Tuttavia, sempre castello resta.
Presenta una struttura massiccia all’esterno, mentre all’interno è un intrico di
stanze, stanzette, scale, passaggi e cortiletti che danno sulla stradina
principale che attraversa il borgo. Anche questo è proprietà dell’immobiliare
che sembra sia riuscita a farsi finanziare con fondi europei proprio per
recuperare questo castello che poi donerebbe (?) al comune di Brenzone, non
sappiamo per quali utilizzi ma, visti i personaggi ed i progetti, anche questo
lato della faccenda lascia alquanto perplessi e preoccupati. Per finire, a Campo
c’è una chiesetta. E’ un piccolo gioiello del 1200, semplicissima all’esterno,
con un meraviglioso cipresso dall’età imprecisata davanti all’entrata.
Internamente le sue pareti sono rivestite di affreschi recentemente restaurati.
Circolano voci che si vorrebbe abbattere il cipresso, che ora crea un’atmosfera
veramente poetica all’insieme del paesaggio, per costruire al suo posto un bel
traliccio di ferro con la funzione di campanile. Questo sarebbe un atto di pura
inciviltà oltre che di pessimo gusto. Ora, non si dice che la contrada
debba essere lasciata nell’abbandono e tanto meno che sia giusto lasciarla
crollare un pezzo alla volta, ma ci sono tanti modi per realizzare un recupero
serio, fatto alla luce del sole, nel rispetto assoluto di ciò che è rimasto e,
soprattutto, nel rispetto dello spirito del luogo che è uno spirito contadino,
semplice e privo di fronzoli. Oltre alla gente che ci abita stabilmente, vi sono
altre persone che ci vivono per alcuni periodi dell’anno ed altri ancora che
vengono a passeggiare proprio per trovare quella pace e tranquillità che ora, in
nome di interessi meschini, rischiano di essere cancellate per sempre. E’ un
luogo quindi, ancora vivo, dove sarebbe bello vedere come abitanti gente
semplice, piccoli artigiani e contadini, creando in questo modo una zona di
interesse culturale ed artistico. Certi del vostro interessamento aspettiamo
proposte e consigli o, semplicemente, messaggi di appoggio e solidarietà.
Naturalmente ci auguriamo che parecchia gente venga in futuro in vacanza sul
Lago di Garda e, inserendo una visita a Campo nel programma, possa ammirare la
bellezza e la suggestione di questo luogo. Per contatti ed altre informazioni:
renzosgan@libero.it (Fonte: Rete Lilliput VR
e Vincenzo Benciolini)
LA SOLA GUERRA GIUSTA E' AI PENSIERI DI MORTE
Quanto e cosa ha da dire oggi l’esperienza dei monaci del deserto, punto d’incontro tra la spiritualità d’Oriente e dell’Occidente? E’ stato questo il tema della prima sessione dell’VIII Convegno Ecumenico Internazionale di Spiritualità Ortodossa, dedicato a «San Giovanni Climaco e il Monte Sinai», organizzato dalla Comunità di Bose insieme al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, al Monastero di Santa Caterina del Sinai e all’Università di Torino. Vi hanno partecipato rappresentanti del mondo accademico, culturale e religioso dei paesi europei a tradizione ortodossa oltre che da Francia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Svizzera, Belgio e Italia. Numerosi i vescovi cattolici e ortodossi presenti, tra cui il cardinale Achille Silvestrini, mons. Marc Ouellet (Segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani), il metropolita d’Italia Ghennadios e il metropolita di Silyviria, Emilianos (Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli), i vescovi Eugenij di Verija e Basil di Sergievo (Patriarcato di Mosca), Serafim di Germania e Laurentiu di Caransebes (Patriarcato di Romania). Ha preso parte al convegno anche l’abate del monastero del Sinai, l’arcivescovo Damianos. Durante i lavori è stato approfondito in tutti i suoi aspetti il messaggio spirituale della «Scala al paradiso», capolavoro letterario del grande abate del Sinai, Giovanni Climaco, vissuto a cavallo tra VI e VII secolo. E’ un insegnamento sulle tappe della vita spirituale: ascolto della Parola di Dio e del fratello, lotta contro le passioni che dominano contro i nostri cuori e ci impediscono di vivere e di amare, e soprattutto approdo alla vera contemplazione, che non consiste nella fuga dal mondo, ma nell’amore per i fratelli reso possibile dall’umiltà e dal discernimento che si sviluppano mediante l’ascolto e la lotta spirituale. Tutti i convegnisti di Bose hanno allora concordato nel lanciare un appello all’umanità: non ha nessun senso scatenare le nostre passioni contro i “nemici”; non è questa la via cristiana, e in fin dei conti non è neppure una via capace di rendere più umana la vita degli uomini. Si tratta invece di apprendere con umiltà l’arte della carità, riconoscendo nel fratello, anche in quello più sfigurato dal peccato, uno di noi, uno che va ascoltato, capito, amato.
Sono pienamente convinto che le drammatiche ore che stiamo vivendo a seguito dei violentissimi e tragici attentati della settimana scorsa in territorio statunitense, possano ricevere qualche luce, qualche indicazione di senso dagli insegnamenti della grande tradizione patristica, comune all’oriente e all’occidente. Giovanni Climaco è stato un grandissimo conoscitore dei meandri del cuore umano: forse uno dei più grandi dell’antichità. Perché aveva capito che non vi è regola, non vi è norma, non vi è forza esteriore che possa davvero valere quanto l’autentica conversione del cuore. Sì, il cristianesimo è metànoia, conversione, giorno dopo giorno, come amavano ricordare i primi padri del deserto, insuperati maestri di spiritualità cristiana. Il nostro cuore, il nostro intimo, sono come il crogiolo in cui davvero tutto si decide, per la nostra vita, ma anche per quella di coloro che ci vivono accanto. Come l’ha chiamata padre John Chrissavghis, la vera spiritualità cristiana è una «spiritualità dell’imperfezione»: essa consiste nel prendere atto della nostra fragilità, della nostra precarietà, aprendoci dunque a Dio e agli altri. La salvezza viene sempre dall’altro: per questo alla radice dell’Evangelo, della fede cristiana, vi è l’ascolto – akoé – che inevitabilmente si declina in obbedienza – hypakoé. I monaci lo sanno, lo hanno sempre annunciato, e cercano di testimoniarlo con le loro povere vite. Prendere atto delle proprie debolezze e aprirsi agli altri: ecco la via della gioiosa tristezza di cui parla con grande intelligenza spirituale il venerabile igumeno Giovanni, vissuto nella penisola del Sinai tra il VI e il VII secolo della nostra era. E dall’ascolto, radice di tutto, nasce la possibilità di conoscere cosa arde nel cuore dell’altro, riconoscendosi peccatori come lui, e chiamati insieme a convertirci, a ritrovare la via della vita. Del resto, è lo stesso Spirito santo che annuncia nei nostri cuori e mediante il ministero della chiesa la remissione dei peccati, a essere l’unica vera fonte di comunione. Ma nessuno attinge alle energie dello Spirito, se non riconosce la propria debolezza! Allora lo Spirito che annuncia a noi il perdono, che ci indica la nostra vocazione di figli, ci porta a costruire nell’umiltà e nella mitezza legami d’amore e di pace che sono “contagiosi”. Sì, nella croce di Cristo suo Figlio, Dio Padre ha annunciato la grande forza della “debolezza” cristiana, lo straordinario potere di attrazione dell’umiltà di Dio: «Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). E questo è anche il volto storico con cui si è rivelata la verità cristiana come amava ricordare un grande monaco occidentale del XII secolo, Guigo il Certosino: «Nuda, crucique affixa adoranda est veritas». La Scala del paradiso, come è chiamato il cammino della vita spirituale da Climaco, è questa ed egli l’ha capita in profondità, e ha speso tutta la sua esistenza per annunciare la via regale dell’ascesi, della lotta per disciplinare e trasformare se stessi, che porta come suo frutto più maturo l’amore, un amore umile e contagioso. E la vera contemplazione della verità è nella pratica profonda, quotidiana e sincera dell’amore. Amatissimi fratelli e sorelle: non è la guerra contro gli altri la risposta più vera che i cristiani possono dare oggi al mondo, ma è piuttosto la guerra contro i pensieri di morte che si affacciano nel loro cuore, e che anche i cristiani spesso lasciano crescere e agire nel loro intimo. Per questo la divisione, l’odio tra i cristiani, non possono essere un problema marginale per le chiese: sono una radicale contraddizione alla loro comune missione; la chiesa non dovrebbe far altro che rispecchiare in tutta la sua esistenza il suo Signore e Maestro, colui che ha detto: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore». E’ venuto il tempo di smetterla di chiederci quale sia la vera via verso quel centro di tutto che per noi è Cristo, facendoci la guerra gli uni contro gli altri. Come ricordava infatti il vescovo Damianos, attuale igumeno del Monte Sinai: «Tutti siamo come sulla circonferenza di una ruota, al cui centro vi è Cristo, e ognuno di noi spesso ritiene o presume di avere la via più diretta per giungere a tale centro. Ma non importa tanto sapere chi ha più ragione: ciò che conta è che cerchiamo, nella via della santità, di avvicinarci al centro. Allora, in Cristo, quando Dio vorrà, ci sarà data la piena comunione tra i cristiani». E sarà una comunione contagiosa. Il santo igumeno del Sinai Giovanni è tornato allora a “parlarci” in questi giorni, anche per spronarci a un rinnovato incontro, che potrà avvenire solo nel perdono reciproco, nella presa d’atto che siamo l’unica chiesa di Gesù Cristo – come ha ricordato con coraggio il patriarca di Romania Teoctist nel suo messaggio cl Convegno -, una comunione di peccatori perdonati, chiamati ad annunciare la gioiosa tristezza della conversione cristiana, messaggio di speranza per tutto il mondo. E’ con questo spirito, con questo umile ma deciso appello, che vorremmo dire a tutti gli uomini che non esiste altro nemico che l’opacità del nostro cuore, la nostra opposizione ai pensieri di pace, lo spazio che concediamo ai pensieri di morte. (L’Unità, GIOVEDI’ 27 SETTEMBRE 2001)
SABATO 13
OTTOBRE 2001 A FIRENZE: VOLA ANCORA LA SPERANZA ECOLOGISTA E
NONVIOLENTA
Sono i giorni della pietà del Santo Padre. Dell’indulto e dell’amnistia in antitesi a pena e colpa: equazione facile per un carcere che separa e allontana ogni possibilità di riparazione. Si dissente ideologicamente sulla differenza sostanziale dei due eventuali benefici, poco importa l’alto messaggio del Papa e del problema a monte. Sono d’accordo sulla necessità del debito da pagare per il male fatto, altresì su una privazione della libertà che è certamente “responsabilità acquisita”, ma a qualcuno vorrei chiedere se per caso sa quanto gli anni di prigione fanno sentire ancora viva una persona? Vorrei domandare, a chi giudica e fa spallucce, se ha consapevolezza di un carcere che spersonalizza e annienta l'umanità che comunque ognuno di noi custodisce in sé? In questi giorni di sacro e profano, ho compreso quanto la società sia lontana dal conoscere e sapere cos'è il carcere e quali gli effetti di una pena fine a se stessa. Ho la sensazione che i films e i romanzi siano opzioni intellettuali assai più coinvolgenti, perché meno responsabilizzanti di una realtà che invece é sotto gli occhi di tutti. Una realtà carceraria ben diversa da quella raccontata, una dimensione, sì, di colpa, ma anche di ricerca di opportunità e occasioni per tentare una riparazione. Forse potrebbe essere salutare e ragionevole che prima di esser giudicato, il mondo carcerario fosse conosciuto attraverso una forma diretta ( questo non vuol dire che auguro la galera a qualcuno, intendo un'azione sociale che guardi davvero al carcere tutti i giorni, che controlli tutto ciò che all'interno accade o peggio non avviene). Conosciuto per quello che nella sostanza é, o meglio tenta disperatamente di non essere... permanendo nella sua solitudine e costrizione a vivere e riprodursi del e nel suo. Gli uomini liberi, con la loro logica del chi-sbaglia-paga- e del penitenziario ridotto a contenitore raccoglitutto, non tengono conto di una valutazione concreta del carcere; infatti prima o poi tutti escono, ma quali persone usciranno? Tanti uomini bambini, perché infantilizzati? Tanti uomini bomba, perché ancor più desocializzati? Nonostante questo pericolo e l'imperativo auspicato a risolvere-evolvere, inspiegabilmente emerge una nuova sottocultura politica che nega un vero ascolto e disattende il desiderio di conoscenza della società, la quale, confusa e impaurita, non intende farsi carico del carcere. Come se il reinserimento del detenuto non riguardasse nessuno ( o solamente l'Organizzazione Penitenziaria e chiaramente chi, in galera, è costretto a sopravvivere ), perché questo agglomerato umano é percepito come una strada di non ritorno. Questa impermeabilità é presumibile che non possa coincidere con una razionalizzazione dei problemi che ci investono tutti, per cui aumenta l'assenza di volontà e di intenzione a comprendere il mondo ( non solo del carcere ) in cui viviamo, privandoci della possibilità di contribuire quanto meno a migliorarlo. Sociologia carceraria? A me detenuto ( giustamente ) é chiesto di passare a una nuova scala di valori, a un nuovo modo di pensare, di fare, di agire, comunque tenendomi ancorato fino alle ginocchia nella privazione della mia dignità, tenendomi agganciato ad alcuni meccanismi perversi che creano regressione e non evoluzione. Con attori diversi, la stessa cosa intravedo all'esterno. Se mi fermo un attimo a pensare, mi pare di intuire che la società esige dai suoi componenti - costitutivamente, direi - sia comportamenti buoni che opere di bene e a tal proposito vorrebbe educare e formare nella sacralità di certi valori e modelli di riferimento. Scorgo d'altro canto che i valori d'èlite, i valori cardine più apprezzati di questa società sono e si rafforzano nell'efficienza, nel successo, nel profitto della cultura della competizione dove non esiste merito o possibilità per il secondo (accantonando l'altra cultura, quella della cooperazione per chi non ha più gambe per correre o é malato nell'anima). A prima vista potrebbero essere valori eccelsi, prioritari per chi crede nel progresso, ma scandagliando a fondo mi accorgo che da queste prerogative discendono i segni e gli effetti che sconvolgono non solo le generazioni giovani ( come furbescamente si analizza-grida per non pagare il dazio di tale eredità ), ma anche quelle più mature: dunque ne è coinvolta tutta la società. Qualcuno ha detto: "il carcere riflette la società in cui viviamo". ma la società non lo riconosce come una sua parte. In questo stato di cose, nel mio piccolo e sottovoce divengo voce protestataria; perché quand'anche vivessimo un momento di confusione, di smarrimento e disorientamento, ritengo che il ragionamento della separatezza e dell'isolamento sia il risultato di una ipocrisia interessata a mascherare altre colpe ( che certamente non giustificano le mie)...E dal momento che nessuno di noi è un alieno, ciò consiglierebbe più moderazione su questa scissione. Voci autorevoli si sforzano per indurre il sentire comune a riappropriarsi di quella morale irrinunciabile che è la coscienza; che io sia credente o meno, poco importa se per coscienza intendo il punto principale per la mia azione morale, nel ritrovare e ricostruire me stesso, nel rispetto di me stesso e degli altri, in forza di una scelta intima, dettata dalla responsabilità di una persona di sentirsi parte in causa, e parte che intende partecipare alla comune umanità. Inciampando, cadendo, rialzandomi, agisco perché conosco, agisco e intervengo, perché credo e sento nei valori che mi sono formato, per cui non esiste solamente il mio mondo, ma fors’anche quella solidarietà attiva che comporta il mettersi nei panni degli altri, persino di chi ha sbagliato. Ciò nella necessità di un ripensamento culturale che coinvolga tutti, nessuno escluso; anch'io dal di dentro, anch'io ristretto devo assumere la mia parte e lavorare insieme a tanti altri, in cerchi concentrici sempre più allargati, sempre più coinvolgenti. Solidarietà non significa restringere tutto ai buoni sentimenti, perché sebbene apprezzabili risulterebbero sterili. La solidarietà che dal carcere richiamiamo è la stessa che s'innalza silenziosa dalle periferie, dalle città, dal mondo a cui dobbiamo dare un senso. Solidarietà come ha inteso il Pontefice: nei gesti concreti e atti vissuti, anzi convissuti con gli altri. (11-7-2000 Pavia)
«Progetto Sorriso»
è l'iniziativa di cooperazione con il Ser.Co.Ba di San Salvador avviata un
anno fa a San Bonifacio (VR). Obiettivo: fornire aiuti materiali alle
popolazioni terremotate del Salvador e, in particolare, finanziare la fornitura
di materiale sanitario (multivitaminici) e per l'igiene personale. Per
INFORMAZIONI: progettosorriso@infinito.it . Per
versare il proprio contributo ricordiamo che è possibile utilizzare il
conto corrente postale di "Progetto Sorriso - El Salvador": ccp
numero 21008305 - intestato a: Amedeo Tosi - Chiara Terlizzi. Indirizzo:
località Praissola 74/b - 37047 San Bonifacio (Verona) - Causale del versamento:
"Progetto Sorriso". Progetto Sorriso invierà tempestivamente quanto
raccolto al gruppo di appoggio "Italia-Cuscatlan" di Turbigo (Milano),
incaricato per le operazioni bancarie.
altrePAROLE
L'umanita' non si raggiunge mai in solitudine. (Hannah Arendt)
L'integralismo, come il razzismo, non è un'opinione, è un delitto (KHALIDA MESSAOUDI)
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