"Una
collina in festa" - Centro Missionario dei Servi di Maria - IV° Festival
Missionario - 22-23 Settembre 2001: «PIANETA BAMBINI» a Bologna, Eremo di
Ronzano.
Programma:
SABATO 22 SETTEMBRE: Ore 16 Seminario di approfondimento sul tema: FIGLI DEL
BENESSERE E FIGLI DELLA POVERTA'. Relazionano: I bambini stranieri in Italia,
tra emarginazione e integrazione Miriam Traversi, CD/Lei Minori che delinquono:
punirli o rieducarli?Francesco Rosetti (magistrato). L'Eremo di Ronzano si trova
a Bologna, via Gaibola 18. Per prenotazioni e informazioni: tel. 051-581443 -
fax 051-333295. In caso di maltempo la festa avrà svolgimento al coperto.
DOMENICA 23 SETTEMBRE - Ore 9.30 Tavola rotonda sul tema: I DIRITTI DEI BAMBINI:
alla vita, all'ascolto, alla scuola, alla salute, al gioco…Partecipano:Rosetta
Mazzone (Avvocata);Esoh Elamè (Esperto educazione interculturale); Eustachio
Loperfido (Neuropsichiatra, presidente Associazione Casa sull'Albero); Maurizio
Millo (Magistrato); Giuseppe Stoppiglia (Presidente Macondo);Nishu Varma
(Scrittrice). Moderatore: Claudio Santini, giornalista. Ore 12.30 Eucaristia
Seguirà, per chi lo desidera, il pranzo. Nel pomeriggio: Stands: Centro
Missionario, Destinazione Chiapas, Emi, Commercio equo e solidale, Banca Etica,
Associazione Amici di Ronzano ecc. Spuntini e rinfresco (tigelle , vino, bibite,
gelati, caipirinha…) - Ore 16 Musiche e danze proposte dal complesso brasiliano
"Nelson Machado Trio".
Il 15 settembre del 1993 i fratelli Graviano, boss mafiosi del quartiere Brancaccio, e i loro killer, ponevano fine nel modo piu' crudele alla vita terrena di padre Pino Puglisi. Il Comitato Intercondominiale ancora oggi vuole essere testimone coerente di quella esperienza, svolta fianco a fianco al parroco di San Gaetano, anche attraverso il ricordo di quanto insieme abbiamo fatto in quel quartiere fortemente condizionato dal potere politico-mafioso, con il nostro sito web: www.angelfire.com/journal/puglisi Con l'approssimarsi della ricorrenza della sua morte ci sembra giusto rendervi partecipi della nostra volonta' di costituirci "parte civile" nei confronti dei Graviano e dei loro killer che il 29 giugno del 1993, due mesi e mezzo prima dell'omicidio di padre Puglisi, hanno dato fuoco alle porte delle abitazioni di tre componenti del nostro comitato (Romano, Guida, Martinez) per intimidirci ed indurci a porre termine al nostro impegno civile svolto con la collaborazione del nostro parroco. Presenteremo la nostra costituzione di "parte civile" in occasione del dibattimento processuale fissato per il 23 ottobre di quest'anno. Ci sembra il modo piu' giusto e coerente per ricordare e continuare il nostro impegno nel nome di padre Puglisi, un uomo che non ha esitato ad esporsi in prima persona per salvare noi. Il nostro sito web e' stato aggiornato in ragione anche di questi ultimi eventi (costituzione di parte civile) e chi lo vorra' potra' scaricare un video di circa 6 minuti che riguarda l'ultima messa di prima comunione officiata da padre Puglisi. [Ringraziamo Pino Martinez per questo intervento. Pino Martinez fa parte dell'Associazione Intercondominiale Quartiere Brancaccio, che prosegue a Palermo la lotta di don Giuseppe Puglisi. Per contatti: martingiusep@inwind.it Giuseppe Puglisi, sacerdote cattolico, dal 1990 alla guida della parrocchia di san Gaetano, nel quartiere Brancaccio di Palermo, un quartiere dominato dal potere mafioso. Dal 1990 al 1993 un impegno sereno e inflessibile per i diritti e la dignità per aiutare chi ha bisogno e promuovere la civile convivenza. La sera del 15 settembre 1993, mentre rincasava, con un colpo di pistola alla tempia un killer mafioso lo uccide. Opere su Giuseppe Puglisi: F. Anfossi, Puglisi. Un piccolo prete tra i grandi boss, Edizioni Paoline, Milano 1994; F. Deliziosi, 3 P . Padre Pino Puglisi. La vita e la pastorale del prete ucciso dalla mafia, Edizioni Paoline, Milano 1994; Saverio Lodato,Dall'altare contro la mafia. Inchiesta sulle chiese di frontiera, Rizzoli, Milano 1994. Segnaliamo anche i contributi (molto interessanti) pubblicati in "Una città per l'uomo", nel fascicolo 4/5 dell'ottobre 1994 e nel fascicolo 1/2 dell'aprile 1995] (Centro di ricerca per la pace)
«Cari giovani, sappiate dire no alla mediocrità»
È stato diffuso nei giorni scorsi il messaggio di
Giovanni Paolo II in vista della XVII Giornata mondiale della gioventù, che
verrà celebrata a Toronto nel luglio del 2002. Il tema scelto per l'appuntamento
nella città canadese, che ha raccolto l'eredità di Roma 2000, è la frase del
Vangelo di Matteo «Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del
mondo». A partire da qui il Papa invita i giovani a «evitare la mediocrità e il
conformismo» per fare davvero della fede una scelta capace di dare pienezza a
tutta l'esistenza.
"Voi siete il sale
della terra...
Voi siete la luce del mondo"
(Mt 5, 13-14)
Carissimi giovani!
1.
Nella mia memoria resta vivo il ricordo dei
momenti straordinari che abbiamo vissuto insieme a Roma, durante il Giubileo
dell'Anno 2000, allorché siete venuti in pellegrinaggio presso le tombe degli
Apostoli Pietro e Paolo. In lunghe file silenziose avete varcato la Porta Santa
e vi siete preparati a ricevere il sacramento della Riconciliazione; nella
veglia serale e nella Messa del mattino a Tor Vergata avete poi vissuto
un'esperienza spirituale ed ecclesiale intensa; rafforzati nella fede, avete
fatto ritorno a casa con la missione che vi ho affidato: divenire, in
quest'aurora del nuovo millennio, testimoni coraggiosi del Vangelo.
L'evento
della Giornata Mondiale della Gioventù è diventato ormai un momento importante
della vostra vita, come pure della vita della Chiesa. Vi invito dunque a
cominciare a prepararvi alla XVII edizione di questo grande evento, che vedrà la
sua celebrazione internazionale a Toronto, in Canada, nell'estate del prossimo
anno. Sarà una nuova occasione per incontrare Cristo, rendere testimonianza
della sua presenza nella società contemporanea e diventare costruttori della
«civiltà dell'amore e della verità».
2. «Voi siete il sale della terra... voi siete
la luce del mondo" (Mt 5,13-14): questo è il tema che ho scelto per la
prossima Giornata Mondiale della Gioventù. Le due immagini del sale e della luce
utilizzate da Gesù sono complementari e ricche di senso. Nell'antichità,
infatti, sale e luce erano ritenuti elementi essenziali della vita umana.
«Voi siete il sale della terra...». Una
delle funzioni primarie del sale, come ben si sa, è quella di condire, di dare
gusto e sapore agli alimenti. Quest'immagine ci ricorda che, mediante il
battesimo, tutto il nostro essere è stato profondamente trasformato, perché
«condito» con la vita nuova che viene da Cristo (cfr Rm 6,4). Il sale, grazie al quale
l'identità cristiana non si snatura, anche in un ambiente fortemente
secolarizzato, è la grazia battesimale che ci ha rigenerati, facendoci vivere in
Cristo e rendendoci capaci di rispondere alla sua chiamata ad «offrire i
[nostri] corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Rm 12,1).
Scrivendo ai cristiani di
Roma, san Paolo li esorta ad evidenziare chiaramente il loro modo diverso di
vivere e di pensare rispetto ai contemporanei: «Non conformatevi alla mentalità
di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter
discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2).
Per lungo tempo il sale è
stato anche il mezzo abitualmente usato per conservare gli alimenti. Come sale
della terra, siete chiamati a conservare la fede che avete ricevuto e a
trasmetterla intatta agli altri. La vostra generazione è posta con particolare
forza di fronte alla sfida di mantenere integro il deposito della fede (cfr 2 Ts 2,15; 1 Tm 6,20; 2 Tm 1,14).
Scoprite le vostre radici cristiane, imparate la storia della Chiesa,
approfondite la conoscenza dell'eredità spirituale che vi è stata trasmessa,
seguite i testimoni e i maestri che vi hanno preceduto! Solo restando fedeli ai
comandamenti di Dio, all'Alleanza che Cristo ha suggellato con il suo sangue
versato sulla Croce, potrete essere gli apostoli ed i testimoni del nuovo
millennio. È proprio della condizione umana e, in particolar modo, della
gioventù, cercare l'Assoluto, il senso e la pienezza dell'esistenza. Cari
giovani, nulla vi accontenti che stia al di sotto dei più alti ideali! Non
lasciatevi scoraggiare da coloro che, delusi dalla vita, sono diventati sordi ai
desideri più profondi e più autentici del loro cuore. Avete ragione di non
rassegnarvi a divertimenti insipidi, a mode passeggere ed a progetti riduttivi.
Se conservate grandi desideri per il Signore, saprete evitare la mediocrità e il
conformismo, così diffusi nella nostra società.
3. «Voi siete la luce del mondo...».
Per quanti da principio ascoltarono Gesù, come anche per noi, il simbolo della
luce evoca il desiderio di verità e la sete di giungere alla pienezza della
conoscenza, impressi nell'intimo di ogni essere umano. Quando la luce va
scemando o scompare del tutto, non si riesce più a distinguere la realtà
circostante. Nel cuore della notte ci si può sentire intimoriti ed insicuri, e
si attende allora con impazienza l'arrivo della luce dell'aurora. Cari giovani,
tocca a voi essere le sentinelle del mattino (cfr Is 21, 11-12) che annunciano
l'avvento del sole che è Cristo risorto!
La luce di cui Gesù ci parla nel
Vangelo è quella della fede, dono gratuito di Dio, che viene a illuminare il
cuore e a rischiarare l'intelligenza: «Dio che disse: "Rifulga la luce dalle
tenebre", rifulse anche nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza
della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo» (2 Cor 4,6). Ecco perché le parole di
Gesù assumono uno straordinario rilievo allorché spiega la sua identità e la sua
missione: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita» (Gv
8,12). L'incontro personale con Cristo illumina di luce nuova la vita, ci
incammina sulla buona strada e ci impegna ad essere suoi testimoni. Il nuovo
modo, che da Lui ci viene, di guardare al mondo e alle persone ci fa penetrare
più profondamente nel mistero della fede, che non è solo un insieme di enunciati
teorici da accogliere e ratificare con l'intelligenza, ma un'esperienza da
assimilare, una verità da vivere, il sale e la luce di tutta la realtà (cfr Veritatis splendor, 88).
Nel
contesto attuale di secolarizzazione, in cui molti dei nostri contemporanei
pensano e vivono come se Dio non esistesse o sono attratti da forme di
religiosità irrazionali, è necessario che proprio voi, cari giovani,
riaffermiate che la fede è una decisione personale che impegna tutta
l'esistenza. Il Vangelo sia il grande criterio che guida le scelte e gli
orientamenti della vostra vita! Diventerete così missionari con i gesti e le
parole e, dovunque lavoriate e viviate, sarete segni dell'amore di Dio,
testimoni credibili della presenza amorosa di Cristo. Non dimenticate: «Non si
accende una lucerna per metterla sotto il moggio» (Mt 5,15)!
Come il sale dà sapore al
cibo e la luce illumina le tenebre, così la santità dà senso pieno alla vita,
rendendola riflesso della gloria di Dio. Quanti santi, anche tra i giovani,
annovera la storia della Chiesa! Nel loro amore per Dio hanno fatto risplendere
le proprie virtù eroiche al cospetto del mondo, diventando modelli di vita che
la Chiesa ha additato all'imitazione di tutti. Tra i molti basti ricordare:
Agnese di Roma, Andreas di Phú Yên, Pedro Calungsod, Giuseppina Bakhita, Teresa
di Lisieux, Pier Giorgio Frassati, Marcel Callo, Francisco Castelló Aleu o
ancora Kateri Tekakwitha, la giovane irochese detta «il giglio dei Mohawks».
Prego il Dio tre volte santo che, per l'intercessione di questa folla immensa di
testimoni, vi renda santi, cari giovani, i santi del terzo millennio!
4. Carissimi, è tempo di prepararsi per
la XVII Giornata Mondiale della Gioventù. Vi rivolgo uno speciale invito a
leggere e ad approfondire la Lettera apostolica Novo millennio ineunte, che ho scritto
all'inizio dell'anno per accompagnare i battezzati in questa nuova tappa della
vita della Chiesa e degli uomini: «Un nuovo secolo, un nuovo millennio si aprono
alla luce di Cristo. Non tutti però vedono questa luce. Noi abbiamo il compito
stupendo di esserne il "riflesso"» (n.
54). Sì, è l'ora della missione! Nelle vostre diocesi e nelle vostre
parrocchie, nei vostri movimenti, associazioni e comunità il Cristo vi chiama,
la Chiesa vi accoglie come casa e scuola di comunione e di preghiera.
Approfondite lo studio della Parola di Dio e lasciate che essa illumini la
vostra mente ed il vostro cuore. Traete forza dalla grazia sacramentale della
Riconciliazione e dell'Eucarestia. Frequentate il Signore in quel «cuore a
cuore» che è l'adorazione eucaristica. Giorno dopo giorno, riceverete nuovo
slancio che vi consentirà di confortare coloro che soffrono e di portare la pace
al mondo. Sono tante le persone ferite dalla vita, escluse dallo sviluppo
economico, senza un tetto, una famiglia o un lavoro; molte si perdono dietro
false illusioni o hanno smarrito ogni speranza. Contemplando la luce che
risplende sul volto di Cristo risorto, imparate a vostra volta a vivere come
«figli della luce e figli del giorno» (1
Ts 5,5), manifestando a tutti che «il frutto della luce consiste in ogni
bontà, giustizia e verità» (Ef 5,9).
5. Cari giovani amici, per tutti coloro
che possono l'appuntamento è a Toronto! Nel cuore di una città multiculturale e
pluriconfessionale diremo l'unicità di Cristo Salvatore e l'universalità del
mistero di salvezza di cui la Chiesa è sacramento. Pregheremo per la piena
comunione tra i cristiani nella verità e nella carità, rispondendo all'invito
pressante del Signore che desidera ardentemente «che tutti siano una cosa sola»
(Gv 17,11).
Venite a far
risuonare nelle grandi arterie di Toronto l'annuncio gioioso di Cristo che ama
tutti gli uomini e porta a compimento ogni segno di bene, di bellezza e di
verità presente nella città umana. Venite a dire davanti al mondo la vostra
gioia di aver incontrato Cristo Gesù, il vostro desiderio di conoscerlo sempre
meglio, il vostro impegno di annunciarne il Vangelo di salvezza fino agli
estremi confini della terra! I vostri coetanei canadesi si preparano già ad
accogliervi con calore e grande ospitalità, insieme ai loro vescovi e alle
autorità civili. Per questo li ringrazio fin d'ora vivamente. Possa questa prima
Giornata Mondiale dei Giovani all'inizio del terzo millennio trasmettere a tutti
un messaggio di fede, di speranza e d'amore! La mia benedizione vi accompagna,
mentre a Maria, Madre della Chiesa, affido ciascuno di voi, la vostra vocazione
e la vostra missione. (segnalato da Francesca Aldegheri)
Berlusconate fiscali
Due noti "quotidiani marxisti leninisti" (il «Corriere della Sera» e il «Sole 24 Ore») evidenziano le incongurenze del governo Berlusconi. (segnalazioni di Paolo Veronese)
Non basta dire
tagliamo le tasse di Sanvatore
Bragantini
(Corriere della Sera, 6 settembre 2001) E' naturale che una maggioranza si dia da fare per attuare il proprio programma; è ancor più ovvio che ciò avvenga quando i seggi parlamentari a disposizione fanno pensare a una lunga durata della legislatura. C' è però un vincolo al quale la voglia di cambiamento, per quanto forte sia la maggioranza, si deve comunque attenere: il perseguimento dell' interesse generale. Se una corretta percezione di questo inducesse ad una revisione, essa dovrebbe avvenire, quali che siano state le promesse elettorali. Le prime mosse pratiche dell' esecutivo, invece, danno adito a alcuni dubbi. Sono numerosi gli esempi di questa sindrome, cioè di cambiamenti (già in atto o agitati nella discussione), dei quali non è affatto chiara l' utilità. Mi soffermerò su un solo aspetto, quello fiscale, dove è in arrivo una vera rivoluzione: dall' abolizione totale dell' imposta di successione (già praticamente annullata dalla maggioranza precedente), alla Tremonti bis, dalla graduale scomparsa dell' Irap, alla Dit, eccetera. Domanda semplice: è più importante, per le imprese come per i cittadini, pagare un po' di tasse in meno, oppure lavorare e vivere in un Paese nel quale l' amministrazione pubblica funziona bene, magari proprio grazie ad un uso saggio degli incassi fiscali? Un governo che intenda davvero privilegiare la «cultura del fare» deve curare al meglio il funzionamento dei meccanismi dell' amministrazione pubblica e non disfare tutto per principio: è possibile, anche statisticamente, che sia proprio tutto da buttare? Le scelte politiche sono certamente sovrane, ma esse vanno fatte sapendo che uno dei prerequisiti dello sviluppo economico è la stabilità del quadro di riferimento: le imprese non possono pianificare con un sistema normativo sempre in movimento. Eppure è proprio questo un antico vizio nostrano, se già Dante inveiva contro Firenze: «...che fai tanto sottili/provedimenti ch' a mezzo novembre/non giugne quel che tu d'ottobre fili». Agli imprenditori italiani non interessa tanto sapere se domani dovranno pagare le tasse come ha voluto Visco o come vorrà Tremonti, quanto non dover continuamente rifare i conti sconvolgendo le ipotesi base. E ciò a parte ogni considerazione sulla coerenza delle misure proposte con decenni di studi e discussioni, che non si possono semplicemente ignorare sol perché la maggioranza è «blindata»; mi riferisco anzitutto al capitale errore di chi pensa che la riduzione delle imposte generi tanta crescita da assorbire lo sconto fiscale (responsabile dei buchi di bilancio dell' era Reagan), ma anche alla cronica scarsità del capitale di rischio cui Dit e Irap intendevano rimediare, alla indispe nsabilità dell' imposta di successione in un sistema che si dica liberale, e infine alla tanto pubblicizzata rigidità nella struttura dell' offerta in Italia che, con la riedizione della «Tremonti», rischia di privilegiare oltre misura i produttori tedeschi di macchine utensili (o addirittura di auto), come da tempo predica, inascoltato, Marcello De Cecco. Se davvero così tanti vincoli frenano la nostra offerta industriale, rimuoviamoli, e solo dopo ridiamo fiato alla domanda, altrimenti arricch iremo solo la Renania-Westfalia, che non ci ringrazierà. Per restare alla prospettiva delle imprese in tema di tasse, una sforbiciata alle aliquote è assai meno importante di altre cose; per esempio, sapere se per le società quotate la definizione del carico fiscale potrà avvenire in due piuttosto che in cinque anni, o se il diritto d' interpello potrà funzionare bene. Su altri temi: alle imprese serve un sistema di infrastrutture di trasporto tali da ridurre la necessità di centri di stoccaggio dei prodotti, o poter contare sulla definizione rapida dei procedimenti civili o penali, in linea con i Paesi europei nostri principali concorrenti, e così via. Val bene la pena, allora, di lasciare immutata l'Irpeg se ciò consentisse questi benefici, che vogliono dire molto di più in termini di redditi. In sintesi, l' infrastruttura più importante di un Paese è la sua amministrazione pubblica: nella prospettiva di un' impresa che voglia pianificare il proprio sviluppo, è importante veder funzionare bene questa infrastruttura, assai più di quanto lo sia la possibile riduzione del carico fiscale (soprattutto se ci sono motivi per esprimere dubbi sulla sostenibilità, nel quadro europeo, di tale riduzione). Quando poi si osserva la cosa dal punto di vista degli interessi collettivi - che non coincidono necessariamente con quelli di una organizzazione sindacale chiamata Confindustria - il quadro è ancora più chiaro: la fibra civile di un Paese la si vede nel funzionamento delle sue strut ture collettive, in primis nel suo sistema di istruzione pubblica, non nel tasso marginale d' imposta. Certo, abbassare le tasse porta consensi nel breve periodo, mentre sarebbe impopolare e duro riuscire a migliorare l' infrastruttura pubblica come sopra definita. Ma è questo che serve al Paese, che non si può permettere gli errori del duo Reagan-Stockman col debito pubblico che si ritrova. C'è bisogno, invece, di incentivare in maniera strutturale e irreversibile le imprese italiane a restare tali, a non emigrare a Timisoara, dove le ragazze sembrano allegre, ma forse la certezza del diritto non è così granitica; c' è bisogno, soprattutto, di lavorare per far vivere tutti gli italiani, imprenditori e pensionati, studenti e artigiani, poveri e ricchi, in un Paese migliore.
DA DURBAN
UNA SPERANZA PER L'AFRICA
Ormai e' storia; il Sud
Africa sta tracciando la via maestra per ridare speranza al continente
africano e non solo. Non e' l'ennesima speranza ma e' realta' sorretta dai
fatti. Il percorso viene da lontano: da Gandhi, per esempio, che ha
iniziato qui le sue lotte di liberazione. E queste lotte sembrano non aver
avuto pausa: la sconfitta politica dell'apartheid, quella legale delle
multinazionali farmaceutiche ed ora l'abolizione totale di ogni forma di
razzismo con la richiesta di risarcimento degli orrori compiuti con
la schiavitu' ed il colonialismo. Quest'ultima richiesta viene dalla
Conferenza sul razzismo, promossa dalle Nazioni Unite, che sta avendo
luogo, in questi primi giorni di settembre, a Durban in Sud Africa.
In realta' la cosa ha avuto una modesta eco solo ora, in occasione di un
Meeting internazionale, ma e' stata accuratamente preparata dal 22 al 24
gennaio a Dakar - Senegal in occasione di una Conferenza promossa
dall'Organizzazione per l'Unita' Africana (OUA) sempre contro il razzismo.
Il documento finale, che ha trovato l'unanimita' dei capi di stato
africani, afferma che il mercato degli schiavi e' stato una tragedia senza
precedenti nella storia dell'umanita' e che si e' abbattuta
particolarmente contro l'Africa, e prosegue invitando la comunita'
internazionale a riconoscere pienamente le ingiustizie praticate dallo
schiavismo, dal colonialismo e dall'apartheid, tutte forme istituzionali
di violazione dei diritti fondamentali. Tra i moltissimi misfatti compiuti
dal colonialismo viene ricordata, tra le altre, l'occupazione belga del
Congo. Tra il 1880 ed il 1920 fu compiuto un vero e proprio olocausto nel
Congo con milioni di morti. Il documento di Dakar termina con la richiesta
di compensazione che secondo il diritto internazionale trova legittimita'
in un precedente caso di 200.000 ebrei schiavizzati dal regime nazista;
recentemente, i diretti o i discendenti, hanno avuto un qualche
risarcimento. Prima la schiavitu' e poi il colonialismo hanno, senza ombra
di dubbio, devastato la dignita' e l'economia continentale, ma solo gli
ingenui possono pensare che le colpe stanno tutte a nord del mar
Mediterraneo. Ancor oggi i dittatori presenti nella Regione dei Grandi
Laghi, solo per rimanere nell'esempio, compiono brutalita' non inferiori
agli ex-coloni. Uno di questi, Paul Kagame, autoproclamatosi Presidente
del Rwanda, capo delle forze armate e quant'altro, ha giustamente alzato
la voce a Durban contro le nazioni europee ree di aver diviso i popoli
africani. Il Belgio in particolare, afferma Kagame, ha responsabilita'
sino al genocidio rwandese del 1994. E' tutto vero ma non dimentichiamo
che il suo Rwanda sta partecipando, con gli alleati anglofoni, Burundi ed
Uganda, alla conquista della Repubblica Democratica del Congo,
causando una tragedia non inferiore al genocidio rwandese o ai massacri
perpetrati dai belgi. La sistematica violazione dei diritti umani nelle
prigioni rwandesi non ha eguali al mondo. Non solo. Kagame accusa l'Europa
ma si guarda bene dall'attaccare gli Stati Uniti ove e' stato preparato in
una Scuola Militare gia' soprannominata "fucina di dittatori". E' normale
che la richiesta di risarcimento non abbia trovato ne' astenuti ne'
contrari in sede OUA ma qui si ripropongono gli stessi problemi, in parte
risolti dalla buona legge italiana, pur essendo ancora in attesa di
applicazione, sulla cancellazione del debito estero. Quali Paesi devono
essere risarciti, a quanto ammonta il risarcimento, quali garanzie di
utilizzo del denaro; ed ancora: verra' favorito uno sviluppo umano
sostenibile, o un ennesimo commercio di armi e un arricchimento delle
classi dirigenti di alcuni Paesi africani che perpetuano un
neo-colonialismo? Il problema e' drammatico in quanto il 39% di questi
paesi e' governato da sistemi manifestamente antidemocratici. Una risposta
politica, questa volta, potrebbe arrivare indirettamente dal presidente
della Commissione Europea Romano Prodi. In occasione della consegna del
Premio Internazionale Viareggio Versilia affermo' che "Sostenere con
coraggio e con investimenti le classi dirigenti africane che mostrano
sensibilita' democratica e' un atto di lungimiranza politica. Impedire il
commercio delle armi pesanti e leggere con il Sud del Mondo e fermare le
"guerre canaglie" e' la via per scrivere un progetto di pace. Avviare
progetti che rimettano in piedi l'economia di questi paesi come il
programma "Everything but arms" (tutto eccetto le armi), che ha aperto in
modo unilaterale i nostri mercati alle produzioni provenienti dai 49 Paesi
piu' poveri del mondo, e' indicare la strada dello sviluppo e della pace".
Era impensabile, negli anni '80, durante gli anni della malacooperazione
italiana, sentire interventi cosi' puntuali. Ma il pericolo non e'
cessato. Di tutt'altro avviso, infatti, e' l'attuale Presidente della
Camera Pierferdinando Casini che in una intervista rilasciata al
sottoscritto, durante l'ultima edizione di "Civitas - Salone del
nonprofit", ha dichiarato di voler innanzitutto salvaguardare i posti di
lavoro in patria e che non e' all'ordine del giorno dell'attuale governo
un ridimensionamento dell'export di armi leggere. Eccezion fatta per gli
Stati nord-europei relativamente coinvolti nel periodo coloniale, dagli
altri Stati burocratici, protezionisti, ex-colonialisti, armati e sovrani
non c'e' da aspettarsi una politica unilaterale, e senza l'aiuto di altre
Organizzazioni sovranazionali sara' impensabile ogni forma di
compensazione, cancellazione del debito e di buona cooperazione allo
sviluppo. Cosa fare allora? Attraverso l'ONU che e' l'unico organismo
deputato a tale politica e che non casualmente ha promosso la Conferenza
di Durban, si puo' proseguire la proposta del presidente della Commissione
Europea aiutando subito i Paesi impoveriti che, secondo i diversi rapporti
ONU (dall'Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite al
Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Umano) dimostrano
un'attenzione democratica. Cancellare quindi il debito estero e fornire
credito o compensazione vincolata a soddisfare i bisogni essenziali delle
popolazioni. Per i Paesi in transizione si congelano semplicemente i fondi
che potrebbero essere utilizzati, nel frattempo, dalle stesse Agenzie e
Programmi ONU o regionali (OUA) di sviluppo umano e sostegno democratico.
E' impensabile aiutare oggi un paese come il Burundi che, attraverso una
estenuante trattativa diplomatica condotta da Nelson Mandela, sta
ipotizzando un percorso di pace. Se si fornisce a questo paese denaro
contante (cosa diversa e' se si cancella il suo debito estero) si rischia
di farlo cadere nell'ennesima ecatombe. L'Italia, come i suoi partner
europei, non deve ripetere gli errori del passato. L'affare Telecom
Serbska, per esempio, ha fornito denaro contante al dittatore Milosevic ed
ha permesso a costui di evitare una rivoluzione interna nell'ex-Jugoslavia
pagando le pensioni e stornando capitale per l'invasione del Kossovo. Per
la realizzazione di questi percorsi di "global justice", per usare un
termine di Enrico Peyretti, non c'e' altra via che il potenziamento di
organizzazioni sovranazionali democratiche che figurerebbero come "terza
parte" nel processo di condono del debito estero e di riparazione dei
danni provocati dallo schiavismo e dal colonialismo, terminando
quell'opera incompiuta iniziata nel dopoguerra che ha visto in parte la
decolonizzazione politica ma non quella economica. (Autore: Fabio Pipinato. Egli e' stato fino a poco
tempo fa direttore dell'eccellente sito di "Unimondo", ed e' attualmente
cooperante in
Africa) |
ZOOM ASSOCIAZIONI
DUE PAROLE
SUI QUACCHERI
di Davide
Melodia
Questo ramo
del Cristianesimo e' nato dalla intuizione e dalla operosita' di George Fox, fin
dal 1648, un anno dopo che egli aveva trovato la certezza che ogni creatura puo'
avere un diretto rapporto con Dio, sia perche' ha dentro di se' una scintilla
divina, sia perche' puo' coltivarla nella meditazione silenziosa del culto.
L'estrema semplicita' della formula religiosa della Societa' Religiosa degli
Amici, chiamati Quaccheri, cioe' "tremanti" (quakers) - epiteto dato in carcere
da un giudice a Fox, che gli aveva detto di "tremare di fronte alla parola di
Dio", ed anche perche' nei primi tempi la profonda intensita' della meditazione
portava alcuni fedeli a tremare - non poteva piacere ne' ai cattolici, con le
loro chiese solenni, la liturgia, i sacramenti, il sacerdozio, la gerachia
ecclesiastica, ne' ai protestanti, che pur con maggiore semplicita', erigono
chiese, e nel culto hanno inni, letture bibliche, preghiere, sermoni, e due
sacramenti. Per un rapporto diretto con Dio, secondi i quaccheri, tutto cio' non
e' assolutamente necessario. Di qui una persecuzione ingiustificata e
incredibile nel Vecchio Continente e nel Nuovo, portata avanti per oltre un
secolo, da cristiani verso cristiani. Ma da molto prima che le persecuzioni
avessero fine, i quaccheri hanno svolto, sempre e dovunque, un'opera
"filantropica" - oggi diremmo "sociale" - di grande respiro. Con una
sensibilita', una dedizione ed un tempismo straordinari, per oltre tre secoli,
anche lontano dalle loro comunita', in varie parti del Mondo, hanno portato il
verbo e i frutti della pace, della mediazione, della solidarieta',
dell'assistenza morale e materiale, della ricostruzione, dell'educazione,
arrivando nei luoghi dove la tensione puo' sfociare in conflitti aperti, per
impedirli, per renderli meno atroci, per ridare speranza. Dalla guerra di Crimea
alla guerra franco-prussiana, dalla guerra di Spagna alla prima e alla seconda
guerra mondiale, e dopo ciascuna, i libri bene informati di storia li trovano
affaccendati come e piu' della Croce Rossa, nel loro piccolo, a curare le ferite
piu' profonde di popolazioni senza speranza, Italia compresa. E' una Societa'
religiosa che coniuga il massimo di spiritualita' al massimo di attivita'
concreta di solidarieta' umana. Fatica ad esistere nei paesi latini, dove la
cultura e la mentalita' religiosa non si ritrova nel Culto Silenzioso quacchero
e in una serie di convegni di meditazione, di confronto e di lavoro, con una
organizzazione altrettanto semplice, fatta di comitati, di cento comitati, di
mille iniziative... Ma il suo messaggio, di pace e di fraternita', e la sua
originale ricerca del divino, questi passano, ed in Italia, dopo vari alti e
bassi, un gruppo solido esiste, a Bologna, e centinaia di quaccheri e
simpatizzanti sparpagliati nella penisola ci sono, e piu' di un sito e di e-mail
possono dare e danno informazioni a chi le chiede. Per ulteriori informazioni:
Cecilia Clementel, via L. Alberti 25, 40137 Bologna, tel. 051399965; Andrea
Guidotti, tel. 051306011; "Lettera Quacchera", Pier Cesare Bori, v. Angelelli
18, Bologna, tel. 0516237608, e-mail: bori@spbo.unibo.it; Davide Melodia: melody@libero.it; sito internet: www.quaker.org/Italia
UN VIAGGIO
NELL’INFERNO DELL’AIDS IN ZAMBIA La testimonianza dei giovani di «Chiama
l’Africa» di Fano: “ Zambia, una nazione da salvare”. Aperto un Centro Notturno di Pronto
Soccorso per bambini di strada.
Cinque giovani volontari (Nadir, Raffaella e Valeria di Fano, Cecilia e
Valentina di Pesaro) sono tornati dallo Zambia, dove hanno trascorso ventitre’
giorni davvero indimenticabili: tanta voglia di raccontare e di riferire quanto
hanno visto e vissuto per sensibilizzare anche altre persone sulla drammatica
situazione della popolazione zambiana. Nel primo periodo di soggiorno, a
Luanshya, il gruppo e’ stato ospite di Maria Pia Ruggeri, volontaria laica di
Carpegna, che vive e opera in Zambia dal 1995. “ Con lei- afferma Cecilia,
Facolta’ di Scienza dell’Educazione- ci e’ stato possibile toccare con mano le
tante situazioni di estrema indigenza, alle quali, Maria Pia, con grande tenacia
ed ammirevole impegno, cerca di provvedere con la costruzione di casette per le
famiglie piu’ povere, con i centri nutrizionali, con la scolarizzazione di circa
duemila bambini e con la distribuzione di viveri e generi di prima necessita’ a
chi e’ stato adottato a distanza dalle famiglie della nostra zona.” I giovani
hanno anche visitato varie missioni, piccole “oasi nel deserto” con scuole,
orfanotrofi, piccoli ospedali, centri nutrizionali ecc…. “ Con grande
piacere-ricorda Raffaella, Facolta’ Scienze Internazionali Diplomatiche - ho
potuto rivedere quasi tutti i bambini che sono stati ospitati, per interventi e
cure, negli anni passati dalle
famiglie fanesi. Tutti ricordano con affetto e con gratitudine quanti hanno
incontrato e conosciuto in Italia, in particolare le famiglie che li hanno
accolti e che ancora continuano a sostenerli con l’adozione a distanza. Qualcuno
di loro parla ancora italiano, mentre tutti vorrebbero tornare in Italia.” Nella
seconda parte del soggiorno sono stati ospiti di una casa famiglia della
Comunita’ Papa Giovanni XXIII di Rimini nella citta’ di Ndola dove e’ operante
da tre anni il progetto Rainbow, un programma di interventi umanitari a favore
di diecimila bambini e ragazzi orfani dell’AIDS. Un viaggio “missionario”, tra i
quartieri (compounds), dove migliaia e migliaia di famiglie vivono senza lavoro
e senza nessun sostentamento e la disperazione cresce soprattutto nei giovani
che non vedono nessuna prospettiva per il futuro. I dati dicono che lo Zambia e’
il Paese del mondo con piu’ orfani a causa dell’AIDS: sono piu’ di un milione e
mezzo su una popolazione di nove milioni e mezzo di abitanti, e dicono anche che
un adulto su cinque e’ ammalato di AIDS. “Avere l’AIDS significa morire nelle
proprie case-racconta Nadir, laureando in medicina- senza medicine e senza
assistenza fra atroci sofferenze. Anche negli ospedali gli scaffali dei
medicinali sono vuoti. Sta sparendo un’intera generazione, quella dai
venticinque ai quarant’anni, con un aumento vertiginoso di orfani”.In molte
famiglie zambiane una nonna si ritrova da sola ad accudire fino a quindici o
venti nipoti. Figli e figlie, nuore e generi sono morti di AIDS. L’AIDS nell
‘Africa subsahariana sta facendo strage della generazione adulta privando in
questo modo intere famiglie del necessario. “Ammirevole lo slancio con il quale
gli operatori della Papa Giovanni
-dice Valentina, Facolta’ di Comunicazioni Internazionali- portano avanti
le numerose attivita’: sostegno scolastico ai bambini piu’ poveri, scuola per
bambini portatori di handicap mentali, sostegno ai malati di AIDS, un’ azienda
agricola e una fabbrica di mattoni. Abbiamo avuto anche la fortuna e il piacere
di incontrare don Benzi, venuto in Zambia proprio nello stesso periodo”. Le
famiglie piu’ povere fanno fatica a prendersi cura degli orfani e per questa
ragione viene loro concesso un prestito per iniziare un’attivita’. Una
caratteristica tutta originale della comunita’ di don Benzi e’ la presenza in
mezzo ai ragazzi della discarica, ai ragazzi di strada.” Con gli operatori
sociali- riferisce Valeria laureanda in Psicologia - siamo stati, di notte, a
parlare con i bambini di strada che vivono in condizioni disperate: dormono
all’aperto coperti da qualche cartone, uno attaccato all’altro per proteggersi
dal freddo( in Zambia la temperatura di notte scende a zero gradi), dai cani randagi e da altri
pericoli”.Per questi orfani, gia’
in questo mese di agosto e’ stato avviato un Centro Notturno di Pronto Soccorso,
alla periferia di Ndola, in una casa
che potra’ ospitarne una cinquantina e alla quale sono destinati i
proventi raccolti dal comitato di Fano
Chiama l’Africa (tel.0721/865586) tramite l’iniziativa delle Bomboniere
della “Solidarieta’ e dalle donazioni di tante persone sensibili. A tutt’oggi e’ stata raggiunta la
considerevole somma di 60 milioni,importo necessario per affrontare la spesa
annuale per il funzionamento del Centro.
Data la gravissima emergenza dei tanti bambini di strada, i volontari
fanesi di Chiama l’Africa, incoraggiati da tanta generosita’, si propongono di
sostenere la Comunita’ Papa Giovanni XXIII anche per il progetto dell’apertura di un
altro Centro Notturno di Pronto Soccorso, per
cinquanta bambini, a Kytwe, sempre nella zona mineraria dello
Zambia. (fonte: Chiama l'Africa Fano info@chiamalafricafano.org )
«Progetto
Sorriso» è l'iniziativa di cooperazione con il Ser.Co.Ba di San Salvador
avviata un anno fa a San Bonifacio (VR). Obiettivo: fornire aiuti materiali alle
popolazioni terremotate del Salvador e, in particolare, finanziare la fornitura
di materiale sanitario (multivitaminici) e per l'igiene personale. Per
INFORMAZIONI: progettosorriso@infinito.it . Per
versare il proprio contributo ricordiamo che è possibile utilizzare il
conto corrente postale di "Progetto Sorriso - El Salvador": ccp
numero 21008305 - intestato a: Amedeo Tosi - Chiara Terlizzi. Indirizzo:
località Praissola 74/b - 37047 San Bonifacio (Verona) - Causale del versamento:
"Progetto Sorriso". Progetto Sorriso invierà tempestivamente quanto
raccolto al gruppo di appoggio "Italia-Cuscatlan" di Turbigo (Milano),
incaricato per le operazioni bancarie.
Liberare la libertà Mi
convinco sempre di più che una persona detenuta debba fare ricorso alle proprie
energie interiori per riuscire a vincersi e migliorarsi, ma ciò “ nonostante il
carcere“, diventando a nostra volta soggetti sociali attivi e non solamente
"larve”, né tanto meno rassegnandoci a essere “oggetti”. Questa riflessione
parte dalla constatazione che, nonostante la mia condizione di prigioniero, mi
ritengo comunque parte di un insieme, in quanto: sono, vivo, miglioro, perché
appunto parte di una ampia collettività. Senza ciò io stesso non sarei più. In
questo tempo d’impegno nella comunità “Casa del Giovane”, ho capito che è
proprio dall'esperienza che nasce la necessità di cercare ripetutamente dei
chiarimenti. La spinta a
mettersi in discussione, a rimettersi in gioco, per conoscere di più noi stessi
e gli altri, viene soprattutto dagli incontri e dal confronto che ne deriva. So
bene di non avere titoli nel mio
carniere, ma confidando nelle parole dapprima di Don Enzo e poi di Don
Franco: “Affrontare il cambiamento
è una necessità, come affrontarlo è una sfida per i comunitari e le comunità. Se
la comunità è un sistema chiuso gestirà i problemi del cambiamento e
dell’aggiornamento tentando di mantenere lo status quo ripiegandosi su stessa;
se invece è un sistema aperto diventa luogo di testimonianza”. Mi sovviene
un ulteriore convincimento. Il grande problema sul versante carcerario consiste nel
favorire e costruire una cultura nuova più consona allo spirito delle leggi e
delle norme, una cultura nuova che
permetta anche a chi vive a contatto diretto e quotidiano con il recluso, un
modo nuovo di concepire e mettere in pratica la propria professionalità e le
proprie responsabilità. Mi chiedo infatti se un carcere che risponde a
condizioni strettamente custodialistiche e prisonizzanti, non sia nell'effetto
antitetico allo spirito e alle attese della legge stessa. Altrettanto bene so
che è innanzitutto al detenuto che viene chiesto doverosamente di essere
all'altezza del servizio offerto ( e sarebbe bene intenderlo come una conquista
di coscienza e non solo come una mera possibilità statuale ), ma questa prigione
costantemente costretta a vivere
del suo, a rigenerarsi di una speranza pressochè spenta, rafforza la separazione
tra il carcere e la società. EPPURE IL CARCERE E’ SOCIETA’.
Io mi sento parte della società, da
essa provengo e ad essa intendo tornare, a fronte di decenni di carcere già
scontato. Per cui la società non può chiamarsi fuori, tanto meno considerare
questo perimetro un agglomerato o un corpo morto a lei estraneo, questo perché
lei stessa con i suoi squilibri, le sue ingiustizie e i disvalori, ne partorisce
le trasgressioni e le conseguenti devianze che comportano quel sovraffollamento
che tutti conosciamo. Perciò se io ritorno nella società non può esserci nessuna
separatezza, estraneità, affinché la società stessa si senta esentata dal dover
fare i conti con questa realtà Allora come può una società non sentirsi chiamata
in causa, non avere la consapevolezza che è suo preciso interesse occuparsi di
ciò che avviene dentro un carcere, perché, volenti o non volenti, esiste un dopo
e questo dopo positivo dipende da un durante solidale costruttivo e non
indifferente. Giugno 2001 Pavia
Migliaia
di persone, specialmente in Burundi, non conoscono ancora l'utilità degli
esercizi fisici. Fino ad oggi alcuni lasciano questi esercizi agli sportivi
(atleti, calciatori, ...) quelli che ne fanno una carriera in un certo
senso! Una cosa è certa: se voi siete spossati, qualche movimento che esige
certi sforzi fisici può distendervi e farvi sentire di colpo ringalluzziti. La
ginnastica in se è l'insieme degli esercizi fisici destinati a sciogliere o
sviluppare il corpo. La Gym Tonic è ritmata il che vuol dire che coloro che
praticano questo genere di esercizi fanno dei movimenti seguendo una musica
prescelta; è anche un'occasione di mettere il corpo intero al ritmo della danza
facendo anche dello sport come lo si dice spesso, è unire l'utile al
dilettevole. Prima di tutto voi mettete il vostro corpo in forma e poi
approfittate della musica che addolcisce i costumi. Se avete il fiatone quando
camminate, se volete sbarazzarvi di qualche chilo di troppo, di certi dolori,
pensate alla Gym Tonic che non richiede molto sforzo ma piuttosto la volontà di
far lavorare i propri muscoli senza ricorrere a grandi mezzi. Prendiamo
l'esempio sul numero di flessioni avanti che fate in un minuto, questo permette
di misurare la resistenza dei vostri muscoli addominali. E dei buoni
addominali sono una garanzia contro i dolori lombari e aiutano a mantenersi
dritti. Sapevate che delle gambe solide e una schiena sciolta sono una garanzia
contro i dolori lombari e le lussazioni? La forza dei muscoli delle vostre
braccia, delle vostre spalle e dei vostri pettorali contribuisce a un buon
portamento e permette di sollevare, di portare, di spingere e appoggiare senza
difficoltà. Gym Tonic, ecco il mezzo più semplice di misurare il funzionamento
del vostro cuore. La vostra resistenza e la vostra energia saranno tanto più
grandi quanto voi avrete un cuore vigoroso e ben funzionante. Sarete anche
meno soggetti alle diverse cardiopatie. La Gym Tonic è consigliata per gli
obesi. Un consiglio, per aiutarvi a perdere del peso, a condizionare il vostro
cuore e i vostri polmoni e a ridurre i rischi di malattie cardiovascolari.
Evidentemente potete scegliere lo sport che vi piacerà tale è il consiglio che
ho ricevuto da un medico generico tre anni fa quando soffrivo di una polmonite.
Da allora, ho scelto la Gym Tonic, questa può sembrare difficile all'inizio, ma
aiutandosi con l'abitudine, voi troverete la vostra cadenza in modo quasi
automatico. Non vi resta che provare e il vostro tono muscolare sarà al
top. E' una garanzia.
Kayuzi Josiane (n 3448)
Centre Jeunes
Kamenge
BP 500 - Bujumbura, Burundi
tel. (00257) 23 28 05 / fax (00257) 23
28 07
Site Web : www.cejeka.com
Vincenzo
Andraous è nato a Catania il 28-10-1954,
una figlia Yelenia che definisce la sua rivincita più grande, detenuto
nel carcere di Pavia, ristretto da ventotto anni e condannato all’ergastolo
“FINE PENA MAI”.
Da qualche tempo usufruisce di permessi premio e di lavoro esterno semilibertà
svolgendo attività di Tutor presso la Comunità “Casa Del Giovane “di Pavia.
E’impegnato in attività sociali e culturali con scuole, parrocchie, associazioni
e movimenti culturali. E’titolare di alcune rubriche mensili su riviste e
giornali, ha conseguito circa 80 premi letterari, pubblicando libri di poesia,
di saggistica sul carcere e la devianza, nonché la propria autobiografia. Ha
pubblicato: “Non mi inganno” edito da Ibiskos di Empoli; “Per una Principessa in
jeans” edito da Ibiskos di
Empoli; “Samarcanda” edito da
Cultura 2000 di Siracusa; “Avrei voluto sedurre la luna“ edito da Vicolo del
Pavone di Piacenza; “Carcere è società” edito da Vicolo del Pavone di Piacenza;
“Autobiografia di un assassino-dal buio alla rinascita” edito da Liberal di
Firenze; “Oltre il carcere” edito dal Centro Stampa della “Casa del Giovane” di
Pavia. “Oltre il carcere” è un libro che tenta di camminare sull’esperienza
dell’autore, senza per questo rimanere prigioniero della presunzione di
insegnare nulla a nessuno.Ci sono pagine che raccontano quanto avviene e spesso
non avviene all’interno del perimetro carcerario. Atteggiamenti e gesti che
vorrebbero provocare in ognuno un cambiamento per raggiungere secondo le proprie
capacità quella necessaria consapevolezza per rimediare alle ferite inferte alla
vita. Avamposti della memoria per i più giovani, sui rischi della trasgressione,
nell’affidarsi ai valori estremi delle passioni estreme, votate
all’annientamento. C’è il progetto di un percorso comunitario che può diventare
stile di vita al servizio degli altri, apprendendo l’arte dell’ascolto e della
promozione umana, attraverso l’impiego del sapere e del sentire, per una
rielaborazione delle proprie esperienze
vissute.
Mio caro
suddito, tuo Silvio
di STEFANO BENNI (Manifesto, 31 agosto
2001)
Caro suddito.
Sono passati pochi
mesi da quando mi hai eletto e sono costretto a darti un primo dolore. Tu lo sai
bene, non ti ho mai detto la verità e forse proprio per questo mi hai votato, ma
ora ti prego, leggi questa lettera come se fossi un altro, non più il tuo
adorabile pataccaro miliardario, ma un uomo sincero, perso nei difficili meandri
della politica (questa frase me l'ha scritta Pera). In questi mesi ho fatto una
scoperta assai deprimente. Ebbene sì, caro suddito, ho scoperto che il mondo è
cattivo, aziendalmente disorganizzato e, se non temessi di offendere il Collega
che lo ha creato, è un mondo tendenzialmente filo-comunista. Tutto ciò che
avviene in Italia e nel mondo va contro le mie intenzioni, le mie promesse, i
miei hobby e i miei piani, e una lunga serie di inconvenienti si abbatte sul mio
programma di governo. Io non sapevo, ad esempio, quanto fossero diffusi
inconvenienti come l'Aids, le carestie le guerre e soprattutto la fame nel
mondo. Evidentemente c'è alla base di tutto un problema di scarsa educazione.
Perché tre quarti del mondo ha fame e non fa nulla per ovviare a questo
fastidio, ad esempio andare al supermarket, o al ristorante, o telefonare a un
take-away di pizza? Perché se ne restano lì magri ed emaciati, creando imbarazzo
e disturbo a coloro che fame non hanno? Io ho spesso avuto fame, in questi anni,
ma non sono andato certo a chiedere vertici o provvedimenti, me la sono cavata
da solo o tutt'al più con l'aiuto di un cuoco. Cosa c'è che rende così urgente
questa storia della fame, quale particolare mi sfugge? Ma non solo questo duolo
mi travaglia (questa me l'ha scritta Urbani).
Un altro inconveniente che
rovina la mia serenità politica è quello dei "vertici". Io conoscevo questa
parola dai tempi della scuola, sapevo benissimo che il vertice è il punto del
triangolo dove si radunano più soldi, il vertice Fiat, il vertice Mediaset
eccetera. Ma adesso imparo che l'Italia deve ospitare un sacco di vertici in cui
non si guadagna niente. Quello della Nato, che conosco bene, e quello di una
certa Fao che credo sia una cosa mezza cinese. Ma io ne ho avuto abbastanza di
Genova. Anche se vi posso assicurare che la prossima volta non ci saranno
deputati di An nella sala operativa dei carabinieri, ma i carabinieri
lavoreranno direttamente nella sede di An. E questo movimento no-global non è
solo italiano, è un inconveniente mondiale, e mi sa che non molleranno neanche
se inventiamo cento bombe e cento grandi vecchi, stavolta hanno capito il
trucco. Perciò vertici non ne voglio più, se i potenti del mondo vogliono venire
ad Arcore io gli apro la mia villa, feste da ballo sì, buffet bipartisan sì,
Gasparri sul cubo sì, ma vertici no, costano troppo, i poliziotti si sbranano
tra loro, si incazzano i cittadini e ci può essere anche il piccolo
inconveniente di qualche morto. Se qualcuno mi parla ancora di vertici, io per
legittima difesa gli scardino il cranio a manganellate (questa me l'ha scritta
Fini). E poi, caro suddito, c'è la mafia. La fastidiosa, dispettosa, persistente
mafia. La mafia è come il Lipobay. Abbassa il tasso di disoccupazione ma provoca
leggeri effetti collaterali come omicidi, grassazioni, tangenti e giudici che
saltano in aria. Ma Lunardi ha ragione: bisogna conviverci, non bisogna
esagerare, i capitali mafiosi sempre soldi sono, ed è inutile teorizzare se son
puliti e sporchi, una legge dell'azienda dice: soldo guadagnato soldo
lavato. Perciò io avevo deciso di accettare la proposta Lunardi in tre
punti. A) appalti a metà tra governo e mafia, magari con contabilità diverse e
diversa applicazione del falso in bilancio. Ad esempio potremmo dividere il
ponte di Messina in due tranche. I cantieri dello Stato partono dalla Calabria,
la mafia dalla Sicilia, ci si incontra a metà, si scambiano i gagliardetti come
all'inizio delle partite di calcio e poi ognuno per la sua strada.
B) affitto
di tutti i piloni di cemento a Cosa Nostra per eventuale tumulazione di
avversari.
C) nuovi cartelli all'inizio di ogni galleria autostradale: si
prega di accendere i fari e di pagare il pedaggio ai due signori coi baffi che
troverete a metà del tunnel. Ma subito, sia nel mio governo sia
all'opposizione, mi hanno detto che non si poteva fare. Cosa ci posso fare io se
esiste un fenomeno endemico, una malattia territoriale, un inconveniente
psicosociale come la mafia? Io ogni anno vado in vacanza al sud, precisamente
alle isole Bermude, e lì nessuno lamenta della mafia. Allora, esiste davvero o
mi state prendendo in giro? Perché D'Alema non mi ha avvertito? E perché
Dell'Utri quando glielo chiedo si chiude in bagno? E' una congiura. Comprendi il
mio duolo, caro suddito elettore, questo è un mondo imperfetto, se fossi un
demiurgo (questa è di Casini) licenzierei tutti. In quanto al conflitto di
interessi, sono stufo di questa lagna. Si dice sempre: "è una persona con molti
interessi" per indicare una persona attiva, culturalmente vivace. E allora
perché questo non deve valere anche per me? Io giuro che non sapevo di avere
tutte quelle televisioni, mio fratello Paolo non mi aveva detto niente. Cosa ci
posso fare se a mia insaputa qualcuno compra la Mondadori? Che ne so io delle
sale cinematografiche, io al cinema non ci vado mai, ho la sala in casa. Beh,
sapete cosa vi dico? Non ho la minima intenzione di rinunciare a quei quattro
soldini che ho messo da parte e del conflitto di interessi me ne frego. Io mollo
tutto a Fini e Bossi, che per un posto in più ormai sono pronti a scambiarsi
doppiopetti, canottiere e anche i rispettivi partiti. Quando ho firmato quel
contratto, non sapevo che il mondo era un azienda piena di magagne. Voi mi avete
truffato, non io. Perciò non vi abbasso le tasse e zitti.
Ma io sono
generoso, modesto e trino. Perciò farò per voi qualcosa che non ho mai fatto
prima. Vi aprirò la password del mio cuore, vi confesserò qualcosa che non direi
a nessuna tonaca nera o toga rossa. Vi dirò, finalmente, come ho fatto i
soldi.
Lavoravo come pianista e cantante su una nave da crociera. Ero giovane
e ingenuo, cantavo anche canzoni comuniste come "Papaveri e papere", ma la mia
preferita era "La vita è un paradiso di bugie".
Una sera che ero
particolarmente stanco e triste, e il futuro mi appariva incerto, mi apparve un
uomo elegantissimo e di venerabile aspetto. Era Licio Gelli. Mi diede un
biglietto da visita a cui mi iscrissi, mi parlò del fastidioso inconveniente
della democrazia e prima di andarsene mi consegnò la mappa di un tesoro
sottomarino. Quella notte stessa mi buttai in mare trattenendo il fiato, scesi a
settecento metri di profondità, trovai uno scrigno pieno di gioielli, combattei
nell'ordine contro un sottomarino russo, un calamaro gigante e una cozza anomala
e dopo circa mezz'ora di apnea risalii sulla nave e da lì cominciò la mia
fortuna.
Ma già sento che non mi credete, anzi pensate che mi sia inventato
tutto. O ipocriti lettori, sudditi di merda, comunisti! Ebbene volete sapere la
verità? Analizzate bene il mio sorriso stereotipato, i miei fotomontaggi, il mio
linguaggio e i miei scatti d'astio. Scoprirete il mio segreto. Io amo i miei
dipendenti, i miei cortigiani, i miei elettori. Ma quando costoro perdono la
peculiare qualità di servirmi, mi diventano indifferenti. Ebbene sì, non
capisco, anzi disprezzo profondamente l'inconveniente del genere umano. La gente
non mi piace, il mondo non mi piace, tutto ciò che non va a mio pro mi prostra.
Non mi sentirete mai pronunciare con vera partecipazione o emozione la parola
"dolore". Il resto è silenzio (non ricordo se è un verso di Shakespeare o un
consiglio di Previti).
- FINE
-