(Parco Ferroviario di Verona - Porta Vescovo) 20, 21, 22 e 27, 28, 29 Luglio 2001
Klezmer Express 2001 è dedicato al fisarmonicista belga Martin Weinberg (1949-2001) Il festival di new klezmer e musica ebraica KLEZMER EXPRESS, dopo il successo dell'edizione precedente e dopo esser stato annoverato tra i tre più importanti festival italiani del genere assieme a quelli di Ancona e Torino, presenta la sua seconda edizione. Anche quest’anno, le serate veronesi intendono offrire una ricca panoramica della musica ebraica. Si raddoppia la programmazione dell’edizione passata, se ne mantiene lo spirito: il klezmer e, più in generale, la classica musica tradizionale ebraica esplorati e rivisitati dalle migliori formazioni attualmente esistenti a livello internazionale. Il Festival è organizzato dall'associazione culturale EXP che raccoglie un gruppo di operatori culturali attivo sul territorio veronese da più di dieci anni in ambito musicale, teatrale e del cinema, con l’obbiettivo di una programmazione di qualità e senza scopo di lucro, assolutamente innovativa nel contesto veronese. KLEZMER EXPRESS 2001 si terrà in due cicli di serate, dal 20 al 22 luglio e dal 27 al 29 luglio 2001, in un contesto suggestivo come il Parco Ferroviario di Porto San Pancrazio a Verona. Durante gli ultimi due finesettimana di luglio vedremo rivivere questo affascinante luogo urbano del passato, il complesso tardo-ottocentesco della stazione di Verona Porta Vescovo: parte di una preziosa struttura austroungarica, attualmente destinata a Museo Ferroviario. Ogni sera, come nell’edizione passata, potremo non solo assistere alla ricca proposta di musica internazionale dal vivo, ma anche bere e cenare in compagnia. Potremo gustare i mille sapori di una cucina vegetariana ispirata alla tradizione ebraica e del bacino del Mediterraneo e intrattenerci fino a tarda serata negli spazi del Parco, tra binari dismessi, carrozze ferroviarie d’epoca, locomotive a vapore e vecchie pensiline. Il programma di KLEZMER EXPRESS, anche quest’anno, è di tutto rispetto. Guest-star assoluta della presente edizione, sarà la performance - nella serata di sabato 28 luglio - dei Klezmatics, tra le più note e apprezzate formazioni della musica klezmer contemporanea americana. Guidati da Frank London e Lorin Sklamberg, i Klezmatics sono per gli appassionati il simbolo di quel klezmer che fonde le tradizioni askenazite con le influenze dell’avanguardia jazz più tipiche del nuovo continente. L’essenza è quella di una musica di festa, che celebra la natura estatica delle sonorità yiddish e crea sonorità di volta in volta riflessive, ballabili e liberatorie.Per informazioni:Tel. 338.9541799 (Thomas Simoncini) http://www.klez-exp.com - E-mail: info@klez-exp.com
PROGRAMMA
Venerdì 20 luglio - DI NAYE KAPELYE (Ungheria-U.s.a.) - Klezmer tradizionale.
Sabato 21 luglio - ZAKARYA (Francia) - Klezmer e Ricerca.
Domenica 22 luglio - SATLAH (Israele-U.s.a.) - Musica ebraica mediorientale d'avanguardia.
DI NAYE KAPELYE
(Ungheria-U.s.a.)
Bob Cohen: violino, mandolino, voce -
Christina Crowder: fisarmonica, voce - Gyula Kozma: basso, koboz - Ferenc
Pribojszki: dulcimero, clarinetto - Janos Bartha: clarinetto,
flauti
Il repertorio riflette
l'attenta ricerca di Bob Cohen condotta
tra anziani musicisti ebrei tuttora viventi nei
Carpazi e tra musicisti zingari che suonavano per le festività ebraiche
nell'est europeo prima e dopo
l’Olocausto. Di Naye
Kapelye presenta l'aspetto più vitale ed energico del klezmer, senza indugiare
nella nostalgia. Danze moldave, canti yiddish e brani
più estatici tipici della tradizione hasidica vi porteranno alla tavola del
rabbino e vi narreranno dei luoghi, delle emozioni, dei sapori e dei profumi di
una festa ebraica,.
ZAKARYA
(Francia) - Yves Weyh: fisarmonica - Pascal Gully: batteria - Gautier
Laurent: contrabbasso -
Alexandre Wimmer: chitarra
Zakarya nasce nel 1999 da un’idea bizzarra del
fisarmonicista Yves Weyh, ovvero riunire in un solo gruppo tre universi
differenti: la musica per le danze, la musica yiddish e
l’improvvisazione. I quattro giovani
musicisti di Strasburgo propongono composizioni originali energiche e dirette,
ludiche ed esilaranti che, sfidando tradizione e modernità, spingono i confini
della “Jewish Culture” verso orizzonti ritmici inaspettati. Il
quartetto, che si esibisce per la prima volta in Italia, ha al suo attivo un
album prodotto dall’etichetta Tzadik.
SATLAH (Israele-U.s.a.) - Danny Zamir:
sassofoni - Kevin Zubek: batteria
- Shanir Ezra Blumenkranz: contrabbasso
Sorprendente sintesi tra musica ebraico-mediorientale, jazz e avanguardia. Le influenze del giovanissimo sassofonista Danny Zamir, prodigio del contralto scoperto da John Zorn, spaziano da Ornette Coleman a Sonny Rollins pur mantenendo sempre una personale e fertile immaginazione melodica nell'ambito klezmer. Improvvisazione, caldi toni minori e campionamenti si rincorrono e fondono in melodie che indugiano a lungo nell'orecchio dell'ascoltatore. Il primo dei due album che il trio ha fatto uscire per la Tzadik annovera lo stesso John Zorn come ospite di eccezione.
PAUL BRODY'S TANGO TOY (Germania-U.s.a.) - Paul Brody: tromba - Andreas Schmidt: piano - Tomi Jordi: basso - Michael Griener: batteria
Klezmer sempre in primo piano, anche quando il
californiano Paul Brody accompagnato dalla sezione ritmica berlinese Tango Toy
non esita a tuffarsi nel groove di un jazz metropolitano post-moderno, nel
folklore, nel blues. Coerente intersezione tra musiche dell'est europeo,
ebraiche, afroamericane e occidentali.
Quando Paul Brody accosta la tromba alle labbra vengono poeticizzati in un unico
tono, vita, umorismo, esperienza e malinconia, in altre parole Brody suona la
sua tromba “come fosse un clarinetto ebraico”.
KLEZMATICS
(U.s.a.) - Frank London: tromba, tastiere - Lorin Sklamberg: fisarmonica, voce,
pianoforte - Matt Darriau: clarinetti -
David Licht: batteria - Paul Morrissett: basso, tsimbl - Steven
Greenman: violino
Tra i maggiori esponenti della musica klezmer
contemporanea americana, i Klezmatics si formano a New York City più di dieci
anni fa.
Gli
arrangiamenti di Frank London e la voce cristallina di Lorin Sklamberg sono
oramai il simbolo di quel klezmer che fonde le tradizioni askenazite con le
influenze dell’avanguardia jazz più tipiche del nuovo continente, senza perdere
però l’essenza di una musica di festa e di celebrazione. Evidenziando la natura
estatica delle sonorità yiddish, la popolare band offre allo spettatore una
musica di volta in volta riflessiva, ballabile e liberatoria.
Domenica 29 luglio
2001
ZAHAVA
SEEWALD & PSAMIM (Belgio) - Zahava Seewald: voce - Estelle Goldfarb: violino -
Tur: fisarmonica - Walter Poppeliers: contrabbasso
Canti yiddish d'origine popolare, canti religiosi hasidici, canti dei ghetti, melopee in ebraico antico e melodie klezmer. La voce della bruxellese Zahava Seewald è centrale, dolcemente accompagnata da fisarmonica, violino e contrabbasso. Un repertorio multiplo e poco conosciuto che ripercorre la canzone askenazita con un approccio musicale tenero e nostalgico, ricco di sobrietà e di emozioni tipiche della cultura ebraica dell'est europeo. Zahava Seewald ha all'attivo tre album usciti per la Sub Rosa ed uno, con l'ensemble Psamim, uscito per la Tzadik.
20 luglio 2001 - Verona - G8: Veglia di preghiera e di digiuno
MOMENTO DI PREGHIERA venerdì 20 luglio, alle ore 21, organizzato dal Centro Missionario Diocesano e da altri gruppi cattolici presso la chiesa di S. Nicolò (dietro l'Arena). (Per informazioni, il referente è il CMD tel. 045/8000167). «In occasione del G 8 di Genova: quando i “grandi” della terra si riuniscono ci convochiamo con i “piccoli” della terra per affermare: i diritti umani e il diritto allo sviluppo per tutti i popoli».(fonte:Centro Missionario Diocesano di Verona)
22 luglio 2001 - Verona - Le cene del Circolo Pink
Il Circolo Pink (centro di iniziativa e cultura gay e lesbica di Verona - Via Scrimiari, 7) organizza ogni altra domenica una cena: la prossima sara' domenica 22 Luglio 200, ore 20,30 (sarà richiesto un contributo di £ 20.000). Le cene permettono di raccogliere una parte dei soldi per pagare le spese che ogni mese il Circolo sostiene, così da poter offrire servizi ed una sede aperta quasi tutta la settimana. (fonte: Circolo Pink)
28 luglio 2001 - Verona - Circolo Pink in Festa
Sabato
28 luglio, alle ore 21, presso la sede del Circolo Pink (Via Scrimiari, 7 -
Verona), grande festa prima della chiusira estiva. Cena buffet e spettacolo del
gruppo Polyestere.spa.
dal 14 al 30 luglio 2001 - Selva di Progno (Campofontana) - I quadri di Alberto Dal Zovo
Alberto Dal Zovo, veneto di nascita e piemontese d'adozione, appartiene a quella tenace schiera di pittori che fanno della fantasia dei colori la loro filosofia esistenziale. L'artista esporrà le proprie opere presso la Sala Civica di Campofontana dal 14 al 30 luglio nei seguenti orari: 10-12 e 15-19.
PORTO ALEGRE SOCIAL FORUM (film)
PORTO ALEGRE SOCIAL FORUM. Un altro mondo è possibile, è l’unico documentario realizzato sul “Forum Social Mundial” svoltosi a Porto Alegre (Brasile) dal 25 al 30 gennaio 2001, in contemporanea e in contrapposizione al World Economic Forum di Davos (Svizzera), organizzato da 6 Organizzazioni Non Governative, dalla CUT (Confederazione sindacale brasiliana) e dal Movimento dei Sem Terra. La scelta di Porto Alegre non é casuale, la capitale del Rio Grande do Sul (estremo Sud del Brasile ai confini di Argentina e Uruguay), è, infatti, una sorta di laboratorio sociale dove da dodici anni si sperimenta nella pratica l’idea di una democrazia diretta e partecipata. Luogo ideale, quindi, per contenere e dare forma a tutte le diverse spinte che arrivano da un movimento spontaneo e fortemente motivato come quello nato a Seattle due anni fa.Attraverso una sorta di film-concerto entriamo dentro questo primo appuntamento organizzato del “Popolo di Seattle”, dove sono confluiti tutti coloro che, in un modo o nell’altro, criticano la globalizzazione neoliberista in uno spirito costruttivo e cercano di disegnare un quadro teorico e pratico in cui globalizzazione significhi un mondo aperto, meno disumano e più solidale. Attraverso numerose interviste (da Tarso Genro a Olivio Dutra, da Marta Matarazzo Suplicy a Lula, da Danielle Mitterand a Hebe de Bonafini, da Stedile a Bové, da Salgado al Vescovo Balduino, dal Premio Nobel per la pace Perez Esquivel ai delegati italiani a quelli cubani, ecc.) seguiamo il Forum ma conosciamo anche la realtà del Movimento dei Sem Terra del Rio Grande do Sul. Esperienze che si intrecciano con quelle dei contadini e quelle dei francescani di Nao Me Toque durante l'occupazione pacifica della filiale della multinazionale Monsanto, responsabile di sperimentare, illegalmente, in quello Stato, piantagioni transgeniche. La musica è il filo che lega la dimensione politica a quella artistica. La colonna sonora di Porto Alegre Social Forum è costituita, infatti, dai concerti organizzati dal Forum che hanno visto la presenza di artisti quali Eliades Ochoa y el Cuarteto Patria, Tom Zé, Lecy Brandao. Porto Alegre Social Forum è stato realizzato da Roberto Torelli che ha avuto come compagno di viaggio un grande cineasta, Paulo Cezar Saraceni ( tra i fondatori, negli anni sessanta, insieme a Glauber Rocha, del Cinema Novo brasiliano) e come guide gli italiani emigrati in questa terra.Il film si avvale, poi, di un altro importante contributo, quello di Antonio Tabucchi, scrittore profondamente legato alla lingua ed alla cultura portoghese. Attraverso i suoi testi e la sua voce la dimensione documentaristica del film si lega a una visione poetica del viaggio tra i Senza Terra del mondo. Le note di viaggio sono curate da Sergio Vecchio. Porto Alegre Social Forum, prodotto dalla Editrice Filef, presentato dalla FILEF (Federazione Italiana Lavoratori Emigranti e Famiglie), Associazione fondata da Carlo Levi nel 1967, è il primo documentario di una serie dal titolo “TERRE” che si propone di conoscere, da punti di vista “altri”, i Paesi dove sono approdati nel secolo scorso milioni di italiani migranti. La serie ha origine dall’amore di Carlo Levi per la terra e per chi la lavora e segna l’inizio delle celebrazioni del centenario della sua nascita. (FILEF (Federazione Italiana Lavoratori Emigranti e Famiglie), Presenta : Una produzionE: Roberto Torelli Editrice Filef Srl - a cura di Stefania Pieri, Rodolfo Ricci, Franco Cornero e Frate Orestes - «PORTO ALEGRE SOCIAL FORUM»... Un altro mondo è possibile - Regia : Roberto Torelli - con la guida di Paulo Cezar Saraceni - Commento di Antonio Tabucchi - Appunti di viaggio di Sergio Vecchio - Musiche : Lecy Brandao, Eliades Ochoa y el 'Cuarteto Patria', Gruppo Samba Restinga di Porto Alegre, Tom Zé - Operatori: Marco Miccadei, Victor Ochoa - Montaggio: Roberta Canepa Ufficio Stampa: Antonella Marra 3357706038).
L'
India aveva fatto una certa apertura alle sementi geneticamente modificate, ma il mese scorso, a sorpresa, le porte si sono chiuse. Il ministero dell'ambiente infatti ha negato la commercializzazione di una varietà di cotone sviluppato dalla Monsanto e dalla sua sussidiaria locale Mahyco (Maharashtra hybrid seed company). La decisione è stata presa perché non appaiono chiari benefici economici e restano delle incertezze rispetto alla sicurezza. Due mesi fa invece i ricercatori indiani del Dipartimento di biotecnologie lo avevano validato, suggerendone anzi la diffusione su larga scala.IL CIBO NON E' UNA MERCE
Gli agricoltori italiani saranno a Genova perché l’agricoltura è una risorsa per tutti, non dei padroni del mondo. E’ interesse di tutti i cittadini avere un sistema agricolo che produca cibo sicuro, valorizzi il territorio, riproduca le risorse naturali e sia diversificato, vitale e pieno di donne ed uomini al lavoro. Per questo è indispensabile un’alternativa al modello agricolo che si cerca di imporre a livello planetario, basato sulla furia produttivista e che ci consegna insicurezza alimentare, fame nel mondo, desertificazione o impoverimento di interi territori. Il cibo non è una merce, il lavoro della terra ha una funzione sociale che non può essere regolata dalla semplice competitività d’impresa che vorrebbe un’agricoltura dove il lavoro e la terra non vengono valorizzati. Nell’interesse di tutti i cittadini, della loro salute, del loro territorio, della giustizia sociale noi vogliamo un’agricoltura con agricoltori, dove prevalga il lavoro sugli investimenti; siamo contro la privatizzazione delle risorse, delle sementi, dell’acqua, siamo contro quanti vorrebbero imporre un gusto unico, omogeneo di un cibo sterile come strumento per rafforzare i monopoli delle multinazionali agroalimentari, siamo contro il tentativo di manipolare la vita e le risorse agricole con le tecniche transgeniche. Noi vogliamo un‘agricoltura contadina, perché questa ha una dimensione sociale basata sul lavoro, sulla solidarietà tra produttori e consumatori ma anche tra regioni e contadini del mondo, altrimenti le regioni più ricche e gli agricoltori più forti lederanno il diritto alla vita degli altri, e questa logica non ha futuro. Per nessuno.Ogni giorno in Europa chiudono seicento aziende agricole, entro quattro anni 750.000 lavoratori agricoli italiani corrono il rischio di scomparire piegati dalle scelte di chi predica la liberalizzazione economica e cerca di imporre un’agricoltura che esaurisce le risorse naturali, che trasforma il cibo in un pericolo per chi lo può comprare ed in un incubo per chi non vi può accedere restando nella fame, un’agricoltura basata sui monopoli, sul terrore della repressione nei Paesi più poveri e sulla illusione dell’efficacia di scelte antidemocratiche e antisociali dai costi pesantissimi per la salute, l’ambiente e il lavoro. Per questo saremo a Genova, per rivendicare con forza un’altra agricoltura che non sia governata dalle logiche della Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) ma da quelle – ci auguriamo più democratiche - dell’ONU, dove ad ogni Paese ed ad ogni popolo venga infine riconosciuto il diritto fondamentale alla sovranità alimentare sottraendo così l’agricoltura ed il cibo alle scelte irresponsabili dei sedicenti grandi del mondo. Per questo facciamo appello a tutto il mondo agricolo, alle strutture organizzate ed ai singoli, ai lavoratori della terra dipendenti ed autonomi, ai tecnici, ai lavoratori della filiera agroindustriale e di distribuzione perché siano con noi. Nell’interesse di tutti. (Coordinamento Nazionale per un’altra Agricoltura)
Hanno aderito
all’appello:
“Associazione Michele Mancino” - “Contadini! – Coalizione
per la difesa del lavoro contadino” (ARI – CROCEVIA) E’ possibile trovare il testo
dell’appello in:
http://www.hyperion.e-zine.it
Cosa leggono i lettori del "New York
Times" (Nyt) su ciò che avviene in medioriente? Quali sono i limiti entro cui si
sviluppa il discorso pubblico sul conflitto, sulle pagine di uno fra i più
prestigiosi quotidiani degli Stati Uniti? Come vedremo, a parte qualche rara
eccezione, dall'inizio dell'intifada 2000 ad oggi la linea editoriale del Nyt ha
dato un'interpretazione del conflitto basata sulle chiavi interpretative del
governo israeliano.
Ci sono alcune direttive portanti su cui è intessuta
l'architettura ideologica di questo conflitto; queste direttive portanti,
elementi strutturali del discorso pubblico sul medioriente in America, poggiano
pesantemente su ciò che la classe dirigente israeliana dice, su ciò che gli
ebrei americani pro-Israele desiderano leggere, e sullo stereotipo degli arabi
terroristi e selvaggi, contrapposto all'immagine degli ebrei sofferenti ma
orgogliosi e, soprattutto, capaci di "difendersi". "Chi ci tocca," diceva
l'ex-primo ministro Ekud Barak, "riceverà la giusta punizione. Nessuno deve
pensare di farla franca se attacca Israele". L'idea di Israele, protettore della
propria esistenza a qualsiasi costo, rappresenta una delle colonne portanti del
discorso sul medioriente. Un'altra direttiva è che Israele è in pericolo,
circondata da popoli nemici. Queste linee maestre definiscono e stabiliscono i
confini di ciò che può essere detto su Israele e i palestinesi. Esse
riecheggiano attraverso le pagine del giornale: dalle lettere al direttore agli
editoriali, dagli articoli d'opinione ai reportage. Deborah Sontag, una delle
corrispondenti da Gerusalemme del Nyt, di solito si limita ad indicare la
quantità di vittime palestinesi, delle quali solo raramente fornisce i nomi.
Alcuni esempi. Il 10 novembre scorso l'esercito israeliano ammazza un esponente
di Al Fatah, Hussein Obayat; il signor Obayat era alla guida della sua
autovettura quando venne colpito a morte. Due donne di mezza età, che si
trovavano nelle vicinanze, morirono nell'agguato. La giornalista spiega i motivi
per cui, secondo l'esercito israeliano, il sig. Obayat doveva morire, e accenna
di sfuggita, senza dare alcuna informazione dettagliata, alla morte delle due
passanti.
La mancanza di informazioni sui palestinesi che muoiono è la norma.
Il 16 novembre l'attenzione era tutta sulla morte di Leah Rabin, vedova di
Yitzhak. Nel frattempo, otto palestinesi venivano uccisi nella West Bank.
Thomas Friedman, mentre il numero di morti ammazzati tra i palestinesi saliva vertiginosamente, e dopo solo alcuni giorni dalla notizia secondo la quale la morte del 12enne Mohammed Al-Durrah era stata determinata da "fuoco amico," scriveva il 24 novembre (Senseless in Israel) che "i palestinesi si comportano come i ragazzini del liceo i quali, quando è finalmente giunto il momento di andare a ritirare il diploma di maturità, non si presentano ma, anzi, vogliono tornare a scuola [il riferimento è alle presunte offerte che Barak avrebbe fatto ad Arafat a Camp David, e che Arafat aveva rifiutato] ...i palestinesi-continua Friedman, sono come quegli attori sulla scena che non si sono accorti che il pubblico è andato via...ma se si aspettano che Israele si stanchi di sparargli addosso come ha fatto con i libanesi, si sbagliano di grosso. Gerusalemme non è il Libano del sud!". Non solo. Friedman non esprime alcuna condanna contro le uccisioni dei civili palestinesi. Ovviamente "Sparargli addosso" è addirittura una difesa sacrosanta, in quanto, appunto, Gerusalemme non è il Libano.
Dove affondano le radici di tanta ingiustiza nel rappresentare
i due lati del conflitto? Com' è possibile che i giornalisti del Nyt non siano
più obiettivi ed equilibrati? Un articolo di oltre dieci anni fa, apparso
proprio sul New York Times ai tempi della prima Intifada, può aiutarci a capire.
Nel 1989, Hal Wyner, inviato a Gerusalemme per un giornale tedesco, descriveva
così la situazione: "dopo un anno in Israele ne avevo già viste abbastanza e non
avevo più alcun dubbio sulla brutalità dell'esercito israeliano, sugli abusi e
la violenza gratuita contro i palestinesi. Ciò che mi colpì maggiormente,
comunque, fu il ruolo dei giornalisti...Per noi che lavoriamo nei territori, non
può esserci alcun dubbio: il problema piuttosto è come e cosa scrivere nei
nostri reportage...E' chiaro che, per quanto riguarda l'immagine di Israele nel
mondo, ogni descrizione veritiera di ciò che sta accadendo sarebbe estremamente
dannosa...ecco perché persino il giornalista piu indipendente generalmente fa
uno sforzo per sfumare i toni del proprio articolo... Nonostante ciò, molti
colleghi non ebrei vengono accusati di anti-semitismo. Mentre noi giornalisti
ebrei siamo accusati di auto-lesionismo. I miei lettori mi scrivono dicendomi
che sto favorendo coloro che odiano Israele...Ma i fatti parlano chiaro: di
solito la gente viene ammazzata a sangue freddo, uccisa a caso, menomata,
incarcerata senza processo, umiliata e massacrata da soldati che obbediscono a
degli ordini ben precisi...Per un giornalista, non dovrebbero esserci dubbi:
dovrebbe riportare ciò che avviene, come avviene...Ognuno faccia ciò che ritiene
giusto fare, ma, nel prendere la decisione di non riportare i fatti così come
sono, nessun giornalista potrà mai dire di non sapere come stanno realmente le
cose" (Israel Brutality, Press Timidity, 8 Ottobre 1989).
* Cinzia
Padovani è ricercatrice presso il centro di ricerca sui mass media, Facoltà di
Giornalismo e Comunicazioni di Massa, Università del Colorado a Boulder.
«Progetto Sorriso» è l'iniziativa di cooperazione avviata un anno fa a San Bonifacio. Per INFORMAZIONI: progettosorriso@infinito.it . Per versare il proprio contributo ricordiamo che è possibile utilizzare il conto corrente postale di "Progetto Sorriso - El Salvador": ccp numero 21008305 - intestato a: Amedeo Tosi - Chiara Terlizzi. Indirizzo: località Praissola 74/b - 37047 San Bonifacio (Verona) - Causale del versamento: "Progetto Sorriso". Progetto Sorriso invierà tempestivamente quanto raccolto al gruppo di appoggio "Italia-Cuscatlan" di Turbigo (Milano), incaricato per le operazioni bancarie.