La devozione al Sacro Cuore di Gesù

Non c’è nulla nella devozione al Sacro Cuore di Gesù, che non sia già contenuta in nuce nel Vangelo di San Giovanni, il privilegiato che poté davvero posare fisicamente il capo sul petto del Maestro durante la sua vita terrena e che restandogli sempre accanto, meritò l’onore di custodirne la Madre.

Che tale esperienza dovesse coincidere con un trattamento speciale è implicito non solo nei Vangeli, ma in tutta la tradizione proto cristiana, prendendo a fondamento il famoso passo episodio in cui Gesù investì della dignità papale Pietro, lasciando discosto Giovanni (Gv. 21, 19-23)

Da questo fatto e dalla sua eccezionale longevità, (morì ultra centenario) nacque la convinzione che l’amore e la confidenza nutrita nei confronti del Maestro costituissero una specie di canale privilegiato per giungere direttamente a Dio, indipendentemente dall’osservazione degli altri precetti. In realtà nulla giustifica questa convinzione negli scritti dell’Apostolo e soprattutto nel suo Vangelo, che giunge tardivo, dietro esplicita ed insistente domanda dei discepoli e vuol essere un approfondimento, non una modifica di quanto già affermato dai sinottici. Casomai l’amore per Cristo rappresenta un incentivo ad osservare più scrupolosamente le leggi, in modo da divenire appunto tempio vivente di quel Verbo che rappresenta l’unica luce del mondo, come spiega l’indimenticabile Prologo.

Per millecinquecento anni la devozione al Cuore come idealizzazione dell’Amore Divino restò dunque una realtà implicita alla vita mistica, che nessuno provò la necessità di promuovere come una pratica a se’ stante. Innumerevoli sono i riferimenti presenti in San Bernardo di Chiaravalle (990-1153), che tra l’altro introduce la simbologia della rosa rossa come trasfigurazione del sangue, mentre S.Ildegarde di Bingen (1098-1180) “vede” il Maestro e ne ha la consolante promessa della prossima nascita degli ordini Francescano e Domenicano, atti ad ostacolare il diffondersi delle eresie.

Nel XII sec. il centro di questa devozione è senza dubbio il monastero benedettino di Helfta, in Sassonia (Germania) con santa Lutgarda, Santa Matilde di Hackeborn, che lascia alle consorelle un piccolo diario delle sue esperienze mistiche, in cui compaiono delle preghiere al Sacro Cuore. Quasi certamente Dante si riferisce a lei quando parla di “Matelda”. Nello stesso monastero di Helfta giunge nel 1261 una bimba di cinque anni che mostra già una precoce inclinazione per la vita religiosa: Geltrude. Morirà agli inizi del nuovo secolo, dopo aver ricevuto le sacre stimmate. Con tutta la prudenza che la Chiesa consiglia di fronte alle rivelazioni private, va segnalato il fatto che la santa si intratteneva in sacre conversazioni con l’Evangelista Giovanni, a cui chiese perché non si rivelasse agli uomini quale porto sicuro fosse il Sacro Cuore di Gesù contro le insidie del peccato… le fu risposto che questa devozione era riservata agli ultimi tempi.

Ciò non impedisce una maturazione teologica della devozione stessa, che attraverso la predicazione degli ordini mendicanti francescano e domenicano diffonde anche fra i laici una spiritualità radicale. Si concretizza così una svolta: se fino allora il cristianesimo era stato trionfante, con lo sguardo fisso alla gloria del Cristo Risorto, ora si verifica una crescente attenzione all’Umanità del Redentore, alla sua vulnerabilità, dall’infanzia alla passione. Nascono così le pie pratiche del Presepio e della Via Crucis, innanzitutto come rappresentazioni collettive atte a far rivivere i grandi momenti della vita di Cristo, poi come devozioni domestiche, incrementando l’uso di quadri ed immagini sacre di vario tipo. Purtroppo l’arte sacra ed i suoi costi daranno scandalo a Lutero, che insorgerà contro la “banalizzazione” della fede ed insisterà per un più rigoroso ritorno alla Bibbia. La Chiesa Cattolica pur difendendo la tradizione si vedrà dunque costretta a disciplinarla, fissando i canoni delle rappresentazioni sacre e delle devozioni domestiche.

Apparentemente dunque la confidenza libera che aveva ispirato tanta fede laica negli ultimi due secoli veniva frenata, se non addirittura colpevolizzata.

Ma un’inaspettata reazione era nell’aria: di fronte alla paura del demonio, così come esplode con l’eresia luterana e le relative guerre di religione, quella “devozione al Sacro Cuore” che doveva consolare le anime negli ultimi tempi diventa finalmente un patrimonio universale.

Il teorizzatore fu san Giovanni Eudes, vissuto fra il 1601 ed il 1680, che si concentra sull’identificazione con l’Umanità del Verbo Incarnato, fino ad imitarne intenzioni, voleri e sentimenti.e naturalmente l’affetto per Maria. Il santo non avverte nessuna necessità di separare la vita contemplativa dall’impegno sociale, che era un po’ il vessillo delle chiese riformate. Al contrario invita a cercare proprio nella fiducia ai Sacri Cuori la forza per operare meglio nel mondo. Nel 1648 riesce ad ottenere l’approvazione di un Ufficio Liturgico ed una Messa scritti in onore del Sacro Cuore della Vergine, nel 1672 quelli del Cuore di Gesù. La principessa Francesca di Lorena, badessa delle benedettine di San Pietro a Montmartre, riesce a coinvolgere nella devozione vari membri della famiglia reale.

La sera del 27 dicembre 1673, festa di S. Giovanni Evangelista, Gesù in carne ed ossa appare a Margherita Maria, al secolo Alacoque, una giovane suora dell’ordine delle Visitandine di Paray, che in quel momento esercitava le funzioni d’aiuto infermiera. Il Maestro la invita a prendere il posto di San Giovanni durante l’Ultima Cena “il Mio Divino Cuore” dice “è così appassionato d’amore per gli uomini… che non potendo più racchiudere in se’ le fiamme della sua ardente carità, bisogna che le spanda… io ti ho scelta come un abisso d’indegnità e d’ignoranza per adempiere a questo grande disegno, affinché tutto sia fatto da me.”

Qualche giorno dopo la visione si ripete ancora, molto più impressionante: Gesù è seduto su un trono di fiamme, più raggiante del sole e trasparente come il cristallo, il suo cuore è circondato da una corona di spine simboleggianti le ferite inferte dai peccati e sormontato da una croce. Margherita contempla sconvolta e non osa far parola a nessuno con ciò che le accade.

Finalmente il primo venerdì dopo la festa del Corpus Domini, durante l’adorazione, Gesù rivela il suo progetto di salvezza: chiede la comunione riparatrice il primo venerdì di ogni mese ed un’ora di meditazione sull’agonia nell’orto dei Gezemani, ogni giovedì sera, tra le 23 e mezzanotte. Domenica 16 giugno 1675 fu chiesta una festa particolare per onorare il Suo cuore, il primo venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini, in quest’occasione si offriranno preghiere riparatrici per tutti gli oltraggi ricevuti nel Santissimo Sacramento dell’altare.

Margherita alterna stati di fiducioso abbandono a momenti di crudele depressione. Le comunioni frequenti e la libera meditazione personale non rientrano nello spirito della sua regola, in cui le ore sono scandite dagli impegni comunitari e come se non bastasse la sua delicata costituzione rende la superiora, Madre Saumaise, molto avara di permessi. Quando quest’ultima chiede un primo parere alle autorità ecclesiastiche di Paray il responso è scoraggiante: “nutrite meglio sorella Alacoque” le viene risposto “e le sue inquietudini spariranno!” Se fosse davvero vittima d’illusioni demoniache? Ed anche ammettendo la verità delle apparizioni, come conciliare il dovere dell’umiltà e del raccoglimento claustrale con il progetto di diffondere la nuova devozione nel mondo? L’eco delle guerre di religione non è ancora spento e la Borgogna è tanto più vicina a Ginevra che a Parigi! Nel marzo del 1675 giunge in qualità di confessore del convento il beato padre Claudio de la Colombière, superiore della comunità religiosa dei Gesuiti, che rassicura pienamente le suore sulla verità delle rivelazioni avute. Da questo momento la devozione è proposta con prudenza anche al mondo esterno, soprattutto ad opera dei Gesuiti, dato che la santa era in clausura e la sua salute resterà malferma per tutta la vita. Tutto quello che sappiamo di lei è ricavato dall’autobiografia realizzata dal 1685 al 1686 su consiglio di padre Ignazio Rolin, il gesuita che fu il suo direttore spirituale in quel periodo e dalle numerose lettere che la santa inviava a padre Claudio de la Colombière una volta che questi fu trasferito, nonché alle altre suore dell’ordine.

Le così dette “dodici promesse” del Sacro Cuore con cui fin dapprincipio si è sintetizzato il messaggio, sono tratte tutte appunto dall’epistolario della santa, perché nell’Autobiografia non ci sono consigli pratici:

ai devoti del mio Sacro Cuore darò tutte le grazie e gli aiuti necessari al loro stato (lett. 141)

stabilirò e manterrò la pace nelle loro famiglie (lett. 35)

li consolerò in tutte le loro afflizioni (lett. 141)

sarò per loro sicuro rifugio in vita e soprattutto nell’ora della morte (lett. 141)

spargerò abbondanti benedizioni su tutte le loro fatiche ed imprese (lett. 141)

i peccatori troveranno nel mio Cuore una inesauribile fonte di misericordia (lett. 132)

le anime tiepide diventeranno ferventi con la pratica di questa devozione (lett. 132)

le anime ferventi saliranno rapidamente ad un’alta perfezione (lett. 132)

la mia benedizione rimarrà nei luoghi in cui verrà esposta e venerata l’immagine del Sacro Cuore (lett. 35)

a tutti coloro che opereranno per la salvezza delle anime, darò le grazie per poter convertire i cuori più induriti (lett. 141)

le persone che diffonderanno questa devozione avranno i loro nomi scritti per sempre nel mio Cuore (lett. 141)

a tutti coloro che si comunicheranno nei primi venerdì di nove mesi consecutivi, darò la grazia della perseveranza finale e della salvezza eterna (lett. 86)

In particolare nella corrispondenza con Madre Saumaise, la sua prima superiora e confidente, dobbiamo i particolari più interessanti. A lei è diretta infatti la “lettera 86” in cui si parla della perseveranza finale, tema allora scottante nel fervore del confronto coi protestanti, e cosa anche più notevole dalla fine di febbraio al 28 agosto del 1689, si elabora appunto il testo di quello che potrebbe sembrare un vero e proprio messaggio di Gesù al re Sole: “quello che mi consola” dice appunto “è che spero che in cambio delle amarezze che questo Divino Cuore ha sofferto nei palazzi dei grandi con le ignominie della sua Passione, questa devozione ve lo farà ricevere con magnificenza… e quando io gli presento le mie piccole richieste, relative a tutti i dettagli che mi sembrano tanto difficili da realizzare, mi sembra di sentire queste parole: - Credi che io non possa farlo? Se tu credi vedrai la potenza del mio Cuore nella magnificenza del mio amore! –”

Fin qui potrebbe trattarsi più d’un desiderio della santa, che di una precisa rivelazione di Cristo… tuttavia in un'altra lettera il discorso si fa più preciso:

“… ecco le parole che ho inteso a proposito del nostro re: - Fai sapere al figlio primogenito del mio Sacro Cuore, che come la sua nascita temporale è stata ottenuta grazie alla devozione alla mia Santa Infanzia, allo stesso modo otterrà la nascita alla grazia ed alla gloria eterna attraverso la consacrazione che farà di se stesso al mio cuore adorabile, che vuole trionfare sul suo, e con la sua mediazione raggiungere quelli dei grandi della terra. Vuole regnare sul suo palazzo, essere dipinto sui suoi stendardi, stampato sulle insegne, per renderlo vincitore su tutti i nemici, abbattendo ai suoi piedi le teste orgogliose e superbe, per farlo trionfare su tutti i nemici della Santa Chiesa – Voi avrete motivo di ridere, mia buona Madre, della semplicità con cui scrivo tutto questo, ma seguo l’impulso che mi è stato dato nello stesso istante”

Questa seconda lettera dunque fa pensare ad una rivelazione specifica, che la santa s’affretta a scrivere per conservare il più possibile la memoria di quanto ha udito e più avanti, il 28 agosto, sarà ancora più precisa:

“il Padre Eterno volendo riparare alle amarezze ed all’angoscia che l’Adorabile Cuore del Suo Figlio divino ha sofferto nelle case dei principi della terra attraverso le umiliazioni e gli oltraggi della sua passione, vuole stabilire il suo impero nella corte del nostro grande monarca, di cui vuol servirsi per l’esecuzione del proprio disegno, che deve compiersi in tal modo: far costruire un edificio dove sarà sistemato un quadro del Sacro Cuore per ricevervi la consacrazione e gli omaggi del re e di tutta la corte. E per di più, volendo il Divino Cuore rendersi protettore e difensore della sua sacra persona contro tutti i suoi amici visibili ed invisibili, da cui vuole difenderlo, e mettere la sua salute al sicuro attraverso questo mezzo … l’ha scelto come suo fedele amico per far autorizzare la messa in suo onore dal Seggio Apostolico ed ottenere tutti gli altri privilegi che devono accompagnare questa devozione al Sacro Cuore, attraverso la quale vuole distribuire i tesori delle sue grazie di santificazione e di salute, spandendo con abbondanza le sue benedizioni su tutte le sue imprese, che farà riuscire a sua maggior gloria, garantendo una felice vittoria alle sue armate, per farle trionfare sulla malizia dei suoi nemici. Sarà dunque felice se prenderà gusto a questa devozione, che gli stabilirà un regno eterno d’onore e di gloria nel Sacro Cuore di Nostro Signore Gesù Cristo, il quale si prenderà cura d’elevarlo e di renderlo grande in Cielo davanti a Dio suo Padre, nella misura in cui questo grande monarca vorrà innalzarlo di fronte agli uomini dagli obbrobri e dall’annientamento che questo Divino Cuore ha sofferto, procurandogli gli onori, l’amore e la gloria che si aspetta…”

Come esecutori del piano suor Margherita indica Padre La Chaise e la superiora di Chaillot, contattata appunto dalla Saumaise.

Più tardi, il 15 settembre 1689 il piano torna in una lettera indirizzata invece a Padre Croiset, il gesuita che pubblicherà l’opera essenziale sulla devozione al Sacro Cuore:

“…c’è ancora un’altra cosa che mi preme… che questa devozione corra nei palazzi dei re e dei principi della terra… servirebbe di protezione alla persona del nostro re e potrebbe condurre alla gloria le sue armi, procurandogli grandi vittorie. Ma non è a me che spetta dirlo, bisogna lasciare agire la potenza di questo adorabile Cuore”

Il messaggio dunque c’era, ma per espressa volontà di Margherita non fu mai presentato in questi termini. Non si trattava d’un patto fra Dio ed il re, che garantisse la vittoria in cambio della consacrazione, quanto piuttosto la certezza, da parte della santa, che ogni tipo di grazia sarebbe giunta al re in cambio d’una libera e disinteressata devozione, volta solo a risarcire il Cuore di Gesù delle offese patite da parte dei peccatori.

Inutile dire che il re non aderì mai alla proposta, tutto fa pensare anzi che nessuno gliela illustrasse, per quanto padre La Chaise, indicato da Margherita nella sua lettera, fosse effettivamente il suo confessore dal 1675 al 1709 e conoscesse bene anche padre La Colombière, che egli stesso aveva inviato a Paray le Monial.

D’altra parte le sue vicende personali e familiari erano in quel momento ad un punto molto delicato. Sovrano assoluto ed arbitro d’Europa fino al 1684, il re aveva radunato la nobiltà nel famoso palazzo di Versailles, facendo dell’aristocrazia turbolenta d’un tempo una corte disciplinata: una convivenza di diecimila persone che seguivano un’etichetta rigorosa, interamente dominata dal re. In questo piccolo mondo a parte tuttavia le incomprensioni della coppia reale, la convivenza del re con una favorita che gli aveva dato ben sette figli e lo “scandalo dei veleni” una tenebrosa vicenda che aveva visto colpevoli i più alti dignitari della corte, aveva aperto grosse voragini.

La morte della regina, nel 1683, permise al re di sposare segretamente la devotissima Madame Maintenon e da allora condusse una vita austera e ritirata, dedicandosi a numerose opere pie. Rientra in questo nuovo orientamento della sua vita anche la revoca dell’editto di Nantes, nel 1685 e l’appoggio al re cattolico Giacomo II d’Inghilterra, accolto in Francia nel 1688, cui fece seguito lo sfortunato tentativo di restaurare il cattolicesimo sull’isola. Si tratta sempre e comunque di gesti gravi, ufficiali, lontani dall’abbandono mistico al Sacro Cuore suggerito da Margherita. La stessa Madame Maintenon, che a quattordici anni aveva lasciato il protestantesimo d’adozione per convertirsi alla religione cattolica, professava una fede severa, colta, attenta ai testi, che lasciava poco spazio ad una nuova forma di devozione e s’avvicinava in realtà più al Giansenismo che al cattolicesimo vero e proprio.

Con fine intuito Margherita, che pur non sapeva nulla della vita di corte, aveva colto l’immenso potenziale umano rappresentato da Versailles; se all’arido culto del Re Sole si fosse sostituito quello del Sacro Cuore le diecimila persone che vivevano nell’ozio si sarebbero veramente trasformate nei cittadini della Gerusalemme Celeste, ma nessuno poteva imporre un cambiamento del genere da fuori, doveva maturare da solo.

Purtroppo la gigantesca macchina che il re s’era costruito attorno per difendere il suo potere, finì per soffocarlo e l’eccezionale proposta che gli era stata fatta non giunse mai al suo orecchio!

A questo punto, poiché s’è parlato d’immagini e stendardi, è necessario aprire una parentesi, perché siamo abituati ad identificare il Sacro Cuore con l’ottocentesca immagine di Gesù a mezzo busto, col cuore in mano o dipinto sul petto. Ai tempi delle apparizioni una proposta del genere avrebbe sfiorato l’eresia. Di fronte alla serrata critica luterana le immagini sacre s’erano fatte molto ortodosse e soprattutto spoglie d’ogni concessione ai sensi. Margherita pensa di concentrare la devozione su un’immagine stilizzata del cuore stesso, atta a concentrare il pensiero sull’amore divino e sul sacrificio della croce.

La prima immagine a nostra disposizione rappresenta il Cuore del Salvatore davanti alla quale furono resi i primi omaggi collettivi, il 20 luglio 1685, per iniziativa delle Novizie nel giorno dell’onomastico della loro maestra. Le fanciulle volevano infatti fare una piccola festa terrena, ma Margherita disse che l’unico che la meritasse veramente era il Sacro Cuore. Le suore più anziane furono un po’ turbate dalla devozione improvvisata, che apparve un po’ troppo audace. In ogni caso si conserva l’immagine: un piccolo disegno a penna su carta probabilmente tracciato dalla santa stessa con una “matita copiativa”.

Rappresenta appunto l’immagine del Cuore sormontato da una croce, dalla sommità del quale sembrano scaturire delle fiamme: tre chiodi circondano la piaga centrale, che lascia sfuggire gocce di sangue ed acqua; in mezzo alla piaga è scritta la parola “Charitas”. Una larga corona di spine circonda il Cuore, ed i nomi della Santa Famiglia sono scritti tutt’intorno: in alto a sinistra Gesù, in mezzo Maria, a destra Giuseppe, in basso a sinistra Anna e a destra Gioacchino.

L’originale è attualmente conservato nel convento della visitazione di Torino, a cui il monastero di Paray lo cedette il 2 ottobre 1738. È stata più volte riprodotta ed è oggi una delle più diffuse.

L’11 gennaio 1686, circa sei mesi dopo, la madre Greyfié, superiora della visitazione di Semur, fece pervenire a margherita Maria una riproduzione miniata del quadro del Sacro Cuore venerato nel proprio monastero, (un quadro ad olio dipinto probabilmente da un pittore locale) accompagnata da dodici piccole immagini a penna: “… invio questo biglietto per posta, alla cara madre di Charolles, perché non stiate in pensiero, aspettando che io mi sia un po’ liberata del cumulo di documenti che devo fare per l’inizio dell’anno, dopodiché, mia cara bambina, io vi scriverò in lungo ed in largo, per quanto possa ricordare il tenore delle vostre lettere. Nell’attesa vedrete da quella che ho scritto alla Comunità a Capodanno come abbiamo solennizzato la festa presso l’oratorio dov’è il quadro del Sacro Cuore del Nostro Divino Salvatore, di cui v’invio un disegno in miniatura. Ho fatto fare una dozzina d’immaginette solo col Cuore divino, la piaga, la croce ed i tre chiodi, circondato dalla corona di spine, per fare un regalino alle nostre care sorelle” lettera dell’11 gennaio 1686 tratto da Vita ed Opere, Parigi, Poussielgue, 1867, vol. I

Margherita Maria le risponderà piena di gioia:

“…quando ho visto la rappresentazione dell’unico oggetto del nostro amore che m’avete inviato, m’è sembrato di cominciare una nuova vita […] non posso dire la consolazione che m’avete dato, tanto inviandomi la rappresentazione di questo amabile Cuore, quanto aiutandoci ad onorarlo con tutta la vostra comunità. Ciò mi procura una gioia mille volte maggiore che se mi donaste il possesso di tutti i tesori della terra” lettera XXXIV alla madre Greyfié di Semur (gennaio 1686) in Vita ed opere, vol. II

Ben presto seguirà una seconda lettera della madre Greyfié, datata 31 gennaio:

“ecco la lettera promessa attraverso il biglietto che vi aveva fatto pervenire la cara madre di Charolles, dove vi avevo rivelato ciò che provo per voi: amicizia, unione e fedeltà, in vista dell’unione dei nostri cuori con quello del nostro adorabile Maestro. Ho inviato delle immaginette per le vostre novizie ed ho immaginato che non vi dispiacerebbe averne una tutta per voi, da conservare sul vostro cuore. La troverete qui, con l’assicurazione che farò del mio meglio perché da parte mia, come da parte vostra ci sia l’impegno di diffondere la devozione al Cuore Sacro del nostro Salvatore, perché si senta amato ed onorato dai nostri amici ed amiche…” lettera del 31 gennaio 1686 alla madre Greyfié di Semur in Vita ed opere, vol. I.

La riproduzione della miniatura inviata dalla Madre Greyfié fu esposta da suor Maria Maddalena des Escures il 21 giugno 1686 su un piccolo altare improvvisato nel coro, invitando le suore a rendere omaggio al Sacro Cuore. Questa volta la sensibilità nei confronti della nuova devozione era cresciuta e tutta la Comunità rispose all’appello, tanto che dalla fine di quell’anno l’immagine fu sistemata in una piccola nicchia nella galleria del convento, nella scala che conduce alla torre del Noviziato. Questo piccolo oratorio sarà in pochi mesi decorato ed abbellito dalle novizie, ma la cosa più importante fu la sua apertura al pubblico, avvenuta il 7 settembre 1688 e solennizzata da una piccola processione popolare, organizzata dai sacerdoti di Paray le Monial. Purtroppo la miniatura andò perduta durante la Rivoluzione Francese.

Nel settembre del 1686 fu realizzata una nuova immagine, che fu inviata da Margherita Maria alla Madre Soudeilles di Moulins: “Mi fa grande piacere” scriveva “o cara Madre, fare una piccola rinuncia a vostro favore, inviandovi, con l’approvazione della nostra onorabilissima Madre, il libro del ritiro del Padre De La Colombière e due immagini del sacro Cuore di Nostro Signore Gesù Cristo che ci hanno regalato. La più grande è da mettere ai piedi del vostro Crocifisso, la più piccola potrete tenerla su di voi." Lettera n. 47 del 15 settembre 1686.

Solo la più grande delle immagini si è conservata: dipinta sulla velina, forma un tondo di 13 cm di diametro, dai margini ritagliati, al centro del quale si vede il Sacro Cuore circondato da otto piccole fiamme, trafitto da tre chiodi e sormontato da una croce, la piaga del Cuore Divino lascia scappare delle gocce di sangue e d’acqua che formano, a sinistra, una nuvola sanguinante. In mezzo alla piaga è scritta la parola “carità” in lettere d’oro. Intorno al Cuore una piccola corona a nodi intrecciati, poi una corona di spine. L’intreccio delle due corone forma dei cuori.

L'originale si trova oggi al monastero di Nevers. Per iniziativa di Padre Hamon si è fatta nel 1864 una cromolitografia di dimensioni ridotte, accompagnata dal fac-simile della “piccola consacrazione” a cura dell’editore M. Bouasse-Lebel a Parigi. Insieme all’immagine consevata a Torino è forse la più conosciuta.

Dal mese di marzo 1686 Margherita Maria invita la madre Saumaise, allora superiora del monastero di Dijon, di riprodurre in gran numero le immagini del Sacro Cuore: “… come voi siete stata la prima a cui Egli ha voluto che trasmettessi il suo desiderio ardente d’essere conosciuto, amato e glorificato dalle sue creature… io mi sento spinta a dirvi da parte Sua che desidera che voi facciate una tavola dell’immagine di questo Sacro Cuore affinché tutti quelli che vorranno rendergli omaggio possano averne delle immagini nelle loro case e di piccoline da portare addosso…” lettera XXXVI alla M. Saumaise inviata a Dijon il 2 marzo 1686.

Tutti. Margherita Maria era cosciente del fatto che la devozione fosse uscita dalla sfera del convento per diffondersi nel mondo… anche se forse ignorava l’aspetto di protezione concreta, quasi magica, che aveva assunto per le persone comuni.

Alla sua morte, avvenuta il 16 ottobre 1690, il convento su quasi invaso da frotte di devoti che chiedevano qualche suo oggetto personale in ricordo… e non si poté accontentare nessuno perché era vissuta nella più assoluta povertà, del tutto dimentica delle esigenze terrene. Parteciparono comunque tutti alla veglia ed al funerale, piangendo come per una pubblica calamità ed al processo del 1715 si raccontarono molti miracoli che la Santa aveva ottenuto per questa gente semplice con la sua intercessione.

La suora dell’ordine delle Visitandine di Paray che aveva visto il Sacro Cuore era ormai un personaggio famoso e la devozione da lei proposta era al centro dell’attenzione pubblica. Il 17 marzo 1744 la superiora della Visitazione di Paray, madre Marie-Hélène Coing, che tuttavia essendo entrata in convento nel 1691 non aveva mai conosciuto personalmente la santa, scrisse al vescovo di Sens: “…d’una predizione della nostra Venerabile Sorella Alacoque, che assicurava la vittoria se Sua Maestà avesse ordinato di mettere sulle proprie bandiere la rappresentazione del divino Cuore di Gesù…” dimenticando completamente quella volontà di riparazione che invece è l’anima del messaggio.

Dobbiamo dunque ai posteri, forse allo stesso vescovo di Sens, che tra l’altro fu un discreto biografo della Santa, la diffusione d’una versione sostanzialmente inesatta, che ha favorito un’interpretazione in chiave nazionalista. D’altra parte anche fuori dalla Francia la devozione si stava diffondendo con una netta connotazione magico-sentimentale, anche per la netta opposizione che incontrava nella sfera dei cristiani colti.

Particolarmente importante diventa perciò l’elaborazione del culto sviluppata a Marsiglia da una giovanissima religiosa dell’ordine della Visitazione, suor Anna Maddalena Remuzat, (1696-1730) che fu gratificata da visioni celesti e ricevette dal Gesù l’incarico di continuare la missione di Santa Margherita Maria Alacoque. Nel 1720 la suora, che aveva 24 anni, previde che una rovinosa epidemia di peste avrebbe colpito Marsiglia e quando il fatto si avverò disse alla propria superiora: “Madre, mi avete domandato di pregare Nostro Signore perché si degni di farci conoscere i motivi. Egli desidera che noi onoriamo il Suo Sacro Cuore per ottenere la fine della peste che ha devastato la città. Io l’ho pregato, prima della Comunione, di far uscire dal suo cuore adorabile una virtù che non guarisse solo i peccati dell’anima mia, ma che mi informasse della richiesta che l’ho obbligato a fare. Egli mi ha indicato che voleva purificare la chiesa di Marsiglia dagli errori del Giansenismo, che l’aveva infettata. In lui si scoprirà il suo cuore adorabile, fonte di ogni verità; egli domanda una festa solenne il giorno che Lui stesso ha scelto per onorare il Suo Sacro Cuore e che mentre attende che a Lui si renda questo onore, è necessario che ciascun fedele dedichi una preghiera per onorare il Sacro Cuore del Figlio di Dio. Tutti quelli che saranno devoti al Sacro Cuore non mancheranno mai dell’aiuto divino, perché mai mancherà di alimentare il nostro cuore del suo stesso amore” La superiora, convinta, ottenne l’attenzione del vescovo Belzunce, che nel 1720 consacrò la città al Sacro Cuore, stabilendone la festa il 1 novembre. La peste cessò immediatamente, ma il problema si ripresentò due anni dopo e la Remuzat disse che bisognava estendere la consacrazione all’intera diocesi; l’esempio fu seguito da molti altri vescovi e la peste cessò, come promesso.

 

Nel 1726, sull’onda di questi eventi, venne avanzata una nuova richiesta di approvazione del culto del Sacro Cuore. I vescovi di Marsiglia e Cracovia, ma anche i Re di Polonia e di Spagna, la patrocinarono presso la Santa Sede. L’anima del movimento era il gesuita Giuseppe de Gallifet ( 1663-1749) discepolo e successore di san Claudio de la Colombière, che aveva fondato la Confraternita del Sacro Cuore.

Purtroppo la Santa Sede preferì rinviare ogni decisione per timore d’urtare i sentimenti dei cattolici colti, ben rappresentati dal cardinale Prospero Lambertini, che vedevano in questa forma devozionale un ritorno a quell’irrazionalità sentimentale che aveva prestato il fianco a tante critiche. Anche il processo di canonizzazione della santa, iniziato nel 1715 alla presenza di una vera e propria folla di testimoni diretti, fu sospeso ed archiviato. Più tardi il cardinale fu eletto papa col nome di Benedetto XIV e si mantenne sostanzialmente fedele a questa linea, nonostante sia la regina di Francia, la pia Maria Leczinska (di origine polacca), che il patriarca di Lisbona lo sollecitassero a più riprese ad istituire la festa. A titolo d’accondiscendenza fu tuttavia donata alla regina una preziosa immagine del Cuore Divino. La regina Maria Leczinska convinse il Delfino (suo figlio) ad erigere a Versailles una cappella dedicata al Sacro Cuore, ma l’erede morì prima di salire al trono e la consacrazione stessa dovette attendere il 1773. Successivamente la principessa Maria Giuseppa di Sassonia trasmise questa devozione al figlio, il futuro Luigi XVI, ma questi indugiò incerto, senza prendere una decisione ufficiale. Nel 1789, un secolo esatto dal famoso messaggio al Re Sole, scoppiò la Rivoluzione Francese. Solo nel 1792, prigioniero dei rivoluzionari, il deposto Luigi XVI si ricordò della famosa promessa e si consacrò personalmente al Sacro Cuore, promettendo, in una lettera tuttora conservata, la famosa consacrazione del regno e la costruzione di una basilica se si fosse salvato… come disse Gesù stesso a Suor Lucia di Fatima era troppo tardi, la Francia fu devastata dalla Rivoluzione e tutti i religiosi dovettero ritirarsi a vita privata.

Si apre qui una dolorosa frattura fra ciò che poteva maturare un secolo prima e la realtà d’un re prigioniero. Dio resta sempre e comunque vicino ai suoi devoti e non nega a nessuno la Grazia personale, ma è del tutto evidente che una consacrazione pubblica presuppone un’autorità assoluta ormai inesistente. Il culto si diffonde dunque sempre più, ma come devozione personale e privata anche perché, in mancanza di una veste ufficiale, la pietà delle numerosissime confraternite del Sacro Cuore, pur articolandosi nei temi proposti da Margherita Maria (adorazione, ora santa il giovedì sera e comunione riparatrice nei primi venerdì del mese) si nutriva in realtà di testi medievali, sia pur riproposti dai Gesuiti, che essendo stati ideati in clausura mancavano di una dimensione sociale, anche se ora si accentuò l’aspetto riparatore. Il servo di Dio Pierre Picot de Clorivière (1736 – 1820) rifondò la Compagnia di Gesù e curò la formazione spirituale delle “vittime del Sacro Cuore” dedicate ad espiare i crimini della rivoluzione.

In quest’epoca infatti, dopo gli orrori della Rivoluzione Francese, la devozione viene proposta come sinonimo di un ritorno ai valori cristiani, che spesso si colorano di valenze politiche conservatrici. Inutile dire che queste pretese non hanno nessun fondamento dottrinale… anche se forse fan parte d’un disegno più vasto per portare gli ideali cristiani sulla bocca di tutti, anche di coloro che non sanno nulla di religione. Quel che è certo è che compare finalmente una dimensione sociale, sia pure un po’ populistica, come immediatamente faranno notare i detrattori. Ora la devozione al Sacro Cuore è decisamente una caratteristica dei laici, tanto che si lega alla consacrazione delle famiglie e dei luoghi di lavoro. Nel 1870, quando la Francia viene duramente sconfitta dalla Germania e crolla il Secondo Impero, sono proprio due laici: Legentil e Rohaul de Fleury a suggerire la costruzione di una grande basilica dedicata al culto del Sacro Cuore che rappresentasse un “voto nazionale” manifestando il desiderio del popolo francese di compiere quell’omaggio che i loro capi si erano rifiutati di rivolgere al Redentore. Nel gennaio del 1872 l’arcivescovo di Parigi, Monsignor Hippolite Guibert, autorizzò la raccolta di fondi per la costruzione della basilica riparatrice, stabilendone il luogo di costruzione sulla collina di Montmatre, appena fuori Parigi, dove furono uccisi i martiri cristiani francesi… ma anche la sede del convento benedettino che aveva diffuso la devozione del Sacro Cuore nella capitale. L’adesione fu rapida ed entusiasta: l’Assemblea Nazionale non era ancora dominata dalla maggioranza apertamente anticristiana che si formerà subito dopo, tanto che un piccolo gruppo di deputati si consacrò al Sacro Cuore sulla tomba di Margherita Maria Alacoque (all’epoca non era ancora santa) impegnadosi a promuovere la costruzione della basilica. Il 5 giugno 1891 l’imponente basilica del Sacro Cuore di Montmatre venne finalmente inaugurata; in essa venne stabilita la perpetua adorazione del Cuore Eucaristico di Gesù. Sul suo frontale venne incisa questa significativa iscrizione: "Sacratissimo Cordi Christi Jesu, Gallia poenitens et devota” (al Santissimo Cuore di Gesù Cristo, dedicato dalla Francia penitente e devota).

Nell’ottocento matura anche una nuova immagine: non più il cuore soltanto, ma Gesù rappresentato a mezzo busto, col cuore in mano o visibile al centro del petto, nonché statue di Cristo in piedi sul mondo definitivamente conquistato dal Suo Amore.

Il suo culto infatti è proposto soprattutto ai peccatori e rappresenta un valido strumento di salvezza, anche per chi non ha i mezzi o la salute di compiere grandi gesti: Madre Maria di Gesù Deluil-Martiny ha una parte importantissima nella diffusione della devozione fra i laici.

Nacque il 28 maggio 1841 venerdì pomeriggio alle tre ed è la pronipote di suor Anna Maddalena Remuzat. Portava un altro cognome perché discendeva dall’ava da parte di madre ed era la prima figlia di un avvocato di grido. Per la prima comunione fu condotta al monastero della sua ava, dove si conservava ancora con devozione di sapore medievale, il cuore della Venerabile, la salute non le permise di partecipare al ritiro di gruppo con le sue compagne ed il 22 dicembre 1853, finalmente guarita, fece la prima comunione tutta sola.

Il 29 gennaio successivo, festa di San Francesco di Sales, il vescovo Mazenod, amico di famiglia, le impartì il sacramento della cresima e profetizzò entusiasta alle suore: – Vedrete che avremo presto una santa Maria di Marsiglia! –

La città nel frattempo era profondamente mutata: vigeva il più acceso anticlericalismo, i Gesuiti erano tollerati a stento e la festa del Sacro Cuore non si celebrava quasi più. È evidente la speranza del vescovo di restaurare la devozione antica, ma non si trattava d’un percorso semplice! A diciassette anni la giovane fu ammessa con la sorella Amelia alla scuola della Ferrandière. Fece un ritiro col famoso Gesuita Bouchaud e cominciò a pensare di farsi religiosa, riuscì persino ad incontrare il famoso curato d’Ars… ma con sua grande meraviglia il santo le disse che avrebbe dovuto recitare ancora molti “Veni sancte” prima di conoscere la propria vocazione! Che succedeva? Che aveva visto il santo?

Appena partite le figlie madame Deluil-Martiny fu colta da un grave esaurimento nervoso; i medici dissero che l’ultima gravidanza l’aveva prostrata, inoltre la nonna paterna in breve tempo perse la vista e cominciò ad avere gravi difetti all’udito: Maria fu richiamata a casa ad assistere le ammalate. Era l’inizio di un lungo calvario: se la madre accanto a lei riacquistò la salute, morirono invece uno dopo l’altro, i parenti. La prima fu la sorella Clementina, affetta da un incurabile disturbo cardiaco, poi tutt’e due le nonne ed inaspettatamente il fratello Giulio s’ammalò tanto gravemente da non riuscire quasi a terminare gli studi; non restava che inviare in convento la piccola Margherita, perché rimanesse lontana da tante tristezze, mentre Maria restava sola a governate la casa e ad occuparsi dei genitori desolati.

Non si poteva più parlare di ritirarsi! Maria rivolse la sua devozione verso traguardi più laici: divenne una zelatrice delle Guardi d’Onore del Sacro Cuore. L’associazione, rivoluzionaria per l’epoca, nasceva da un’idea di Sr. Maria del S. Cuore (oggi Beata) monaca a Bourg: si trattava di creare una catena di anime adoranti che scegliendo un’ora di adorazione al giorno costituissero una specie di “servizio permanente” attorno all’Altare del Santissimo. Più persone entravano a far parte del gruppo e più l’adorazione aveva garanzie d’essere veramente ininterrotta. Ma come poteva una monaca di clausura raccogliere le adesioni che servivano per realizzare un’impresa del genere in una Francia sempre più laica ed anticlericale? Ed ecco entrare in gioco Maria, che divenne la Prima Zelatrice. Maria bussò alle porte di tutte le case religiose, parlò con tutti i parroci di Marsiglia e da lì la scintilla si sparse ovunque. Fece conoscere l'Opera a Vescovi e Cardinali fino ad arrivare alla fondazione ufficiale, nel 1863. L'opera non sarebbe mai riuscita a vincere gli ostacoli che la minacciavano senza il suo concorso attivo ed intelligente ed anche un’organizzazione attenta: nei primi tre anni di vita essa contava iscritti 78 Vescovi, più di 98.000 fedeli e l'erezione canonica in 25 diocesi.

Organizzò inoltre pellegrinaggi a Paray le Monial, la Salette e Nostra Signora della Guardia, proprio sopra Marsiglia, attività che poteva agevolmente condurre con sua madre ed infine difese per quanto poté la causa dei Gesuiti, coadiuvata dal padre avvocato. Quando i genitori le organizzarono un matrimonio spiegò tuttavia che non era interessata al progetto: la sua permanenza a casa era provvisoria. Fondamentalmente sognava ancora il convento. Ma quale? Gli anni passavano ed il semplice progetto di ritirarsi tra le visitandine, che veneravano la prozia le pareva sempre meno attuabile, anche perché l’avrebbe separata da un’attività forse anche più urgente in un mondo armato contro la Chiesa!

Scelta difficile. L’ultimo venerdì del 1866 conobbe padre Calège, un gesuita che sarebbe diventato il suo direttore spirituale. Per completare la sua formazione la indirizzò agli scritti di sant’Ignazio di Loyola e San Francesco di Sales, che Maria poteva leggere in casa propria, senza privare i suoi familiari del proprio sostegno… e ce n’era bisogno! Il 31 marzo 1867 anche la sorella Margherita moriva.

Dopo la disfatta di Napoleone III del 1870 Marsiglia cadde nelle mani degli anarchici. Il 25 settembre i Gesuiti di vennero arrestati ed il 10 ottobre, dopo un processo sommario, furono banditi dalla Francia. Ci volle tutta l’autorità e l’abilità professionale dell’avvocato Deluil-Martiny per trasformare la proscrizione in un semplice scioglimento dell’ordine. Padre Calège fu ospitato per otto lunghi mesi, un po’ a Marsiglia, un po’ nella loro casa di villeggiatura, alla Servianne. Parlare del Sacro Cuore di Gesù era sempre più difficile!

Nel settembre del 1872 Maria ed i suoi genitori sono invitati in Belgio, a Bruxelles, dove monsignor Van den Berghe la mette in contatto con alcune giovani devote come lei. Solo con l’anno nuovo padre Calège illustra alla famiglia il vero progetto: Maria fonderà un nuovo ordine di suore, con una regola ispirata alle attività condotte ed agli studi compiuti; per far questo deve stabilirsi a Berchem Les Anvers, dove non c’è opposizione ai Gesuiti e la nuova regola potrà essere elaborata in pace.

Naturalmente tornerà a casa ogni anno e resterà disponibile in ogni momento per eventuali emergenze… l’ascendente del buon padre è tale che dopo un’iniziale resistenza i genitori concedono la loro benedizione. Per la festa del Sacro Cuore del 20 giugno 1873 Sr. Maria di Gesù, che ha ricevuto il velo il giorno prima, è già nella sua nuova casa, con quattro postulanti ed altrettante religiose, rivestite dell’abito da lei stessa ideato: un semplice vestito di lana bianca, con un velo che scende appena sulle spalle ed una grande scapolare, sempre bianco, dove sono ricamati due cuori rossi circondati di spine. Perché due?

È la prima importante variazione introdotta da Maria.

I tempi sono troppo duri e noi siamo troppo deboli per poter avviare una vera devozione al Cuore di Gesù prescindendo dall’aiuto di Maria! Un cinquantennio più tardi le Apparizioni di Fatima confermeranno anche questa intuizione. Per la regola vera e propria bisogna aspettare ancora due anni. Ma è veramente un piccolo capolavoro: innanzi tutto l’obbedienza “ab cadaver” al Papa ed alla Chiesa, come voleva Ignazio di Loyola. La rinuncia alla propria volontà personale sostituisce gran parte delle austerità monastiche tradizionali, che secondo Maria sono troppo dure per la salute fragile dei contemporanei. Poi tutte le rivelazioni di Santa Margherita Maria Alacoque ed il suo programma d’amore e di riparazione fanno parte integrante della regola. Esposizione e culto dell’immagine di Gesù, ora santa, comunione riparatrice, adorazione perpetua, devozione del primo venerdì del mese, festa del Sacro Cuore sono attività abituali, per cui non solo le giovani consacrate possono praticare agevolmente la regola, ma anche i laici trovano nei loro conventi un punto sicuro d’appoggio per la loro devozione personale. Infine un’attenta imitazione della vita di Maria, associata perennemente al Sacrificio.

Il consenso che trova la nuova regola, non solo tra i religiosi, ma fra gli stessi laici che s’associano alle devozioni più importanti, è immenso.

Finalmente anche il vescovo di Marsiglia legge ed approva la regola ed il 25 febbraio del 1880 si gettano le fondamenta della nuova casa, che sorgerà in un terreno di proprietà dei Deluil-Martiny: la Servianne, un angolo di paradiso affacciato al mare, da cui si può contemplare il famoso santuario di Nostra Signora della Guardia!

Trova un posto speciale all’interno della nuova famiglia religiosa anche una piccola, ma significativa devozione: l’uso dello Scapolare del Cuore agonizzante di Gesù e del Cuore compassionevole di Maria suggerito direttamente da Gesù nel 1848 ad una santa persona, figlia spirituale di Padre Calage e più tardi di padre Roothan, Generale della Compagnia di Gesù. Il Divino Maestro le aveva rivelato che lo avrebbe impreziosito dei meriti delle sofferenze interiori dei Cuori di Gesù e di Maria e del suo Sangue Prezioso, facendone un antidoto sicuro contro lo scisma e le eresie degli ultimi tempi, sarebbe una difesa contro l’inferno; attirerebbe grandi grazie su coloro che lo porteranno con fede e pietà.

In qualità di Superiora delle Figlie del Cuore di Gesù le fu facile parlarne al vescovo di Marsiglia, monsignor Robert ed insieme lo fecero pervenire al Cardinale Mazella S.J., protettore della Società, il quale ne ottenne l’approvazione col Decreto del 4 aprile 1900.

Leggiamo dallo stesso decreto: “…lo Scapolare è formato, come d’uso, di due parti di lana bianca, tenute insieme da una fettuccia o cordoncino. Una di queste parti rappresenta due Cuori, quello di Gesù con le insegne proprie e quello di Maria Immacolata, trafitto da una spada. Sotto i due Cuori ci sono gli strumenti della Passione. L’altra parte dello Scapolare porta l’immagine della Santa Croce in stoffa rossa.”

Bisogna anzi rilevare che mentre l’approvazione era stata chiesta per le Figlie del Cuore di Gesù e per le persone aggregate al loro Istituto, il papa volle estenderla a tutti i fedeli della Sacra Congregazione dei Riti.

Un piccolo trionfo… ma suor Maria non doveva goderlo. Nel settembre del 1883 lascia Berchem per tornare a Marsiglia. Non si fa illusioni. Sa che le municipalità provvisorie si succedono, senza riuscire a ristabilire la pace. In una lettera del 10 gennaio aveva confidato alle consorelle che si offriva volentieri come vittima per salvare la sua città. La sua generosa offerta fu subito accolta. Il 27 febbraio un giovane anarchico le sparava e se l’opera poté continuare fu proprio grazie alla casa madre fondata in Belgio! Nel 1903 tutte le famiglie religiose furono espulse dalla Francia e papa Leone XIII assegnò loro una sede vicino a Porta Pia. Oggi le figlie del Sacro Cuore operano in tutt’Europa.

Quasi contemporanea è a Maria è la più famosa Santa Teresa del Bambin Gesù, nata il 2 gennaio del 1873, che percorre apparentemente una strada più convenzionale e riesce ad ottenere da papa Leone XIII il permesso d’entrare in monastero il 9 aprile 1888, poco dopo aver compiuto i quindici anni! Vi morirà il 30 settembre 1897, due anni dopo si raccoglieva già la documentazione sui primi miracoli, tanto che nel 1925 si procedeva già alla sua canonizzazione, di fronte ad una folla di 500.000 pellegrini accorsi in suo onore.

I suoi scritti propongono la via più semplice di tutte: una confidenza piena, completa, assoluta in Gesù e naturalmente nel materno appoggio di Maria. L’offerta di tutta la propria vita va rinnovata di giorno in giorno e non necessita, secondo la santa, di nessuna formazione particolare. Anzi si dichiara convinta che la cultura, per quanto ci si sforzi, sia sempre una grossa tentazione. Il maligno è sempre all’erta e si nasconde anche negli affetti più innocenti, nelle attività più umanitarie. Ma non bisogna farsi prendere dallo scoramento o da un eccesso di scrupolo… persino la pretesa di essere buoni può essere sotto sotto una tentazione.

La salvezza al contrario consiste proprio nella coscienza della propria assoluta incapacità di compiere il bene e quindi nell’abbandono a Gesù, proprio con l’atteggiamento di un bambino piccolo. Ma proprio perché siamo così piccoli e fragili è del tutto impensabile di poter instaurare da soli un contatto del genere.

La stessa fiducia umile dunque dev’essere rivolta alle autorità terrene, ben sapendo che Dio non può fare a meno di rispondere a chi lo chiama e che il modo più sicuro di percepire il suo volto è vederlo rispecchiato in coloro che ci circondano. Questo atteggiamento non va confuso con un vuoto sentimentalismo: Teresa, al contrario, è ben cosciente che le simpatie e le attrattive umane sono un ostacolo alla perfezione. Per questo consiglia di concentrarci sempre sulle difficoltà: se una persona ci è antipatica, un lavoro riesce male, un compito è gravoso, dobbiamo avere la certezza che proprio quella è la nostra croce.

Ma le modalità effettive di comportamento vanno chieste con umiltà all’autorità terrena: il padre, il confessore, la madre badessa… grave peccato di superbia sarebbe infatti aver la pretesa di “risolvere” la questione da soli, d’affrontare la difficoltà con un atteggiamento di sfida attiva. Non esistono difficoltà esterne. Solo nostri obbiettivi difetti d’adattamento. Bisogna dunque sforzarci di notare nella persona che ci è antipatica, nel compito che riesce male, nel lavoro che pesa, il riflesso dei nostri difetti e cercare di superarli con piccoli e gioiosi sacrifici.

Per quanto una creatura possa fare è sempre ben poco rispetto al potere di Dio.

Per quanto possa soffrire una persona non è nulla di fronte alla passione di Cristo.

La coscienza della nostra piccolezza deve aiutarci a progredire con fiducia.

Confessa candidamente d’aver desiderato tutto: visioni paradisiache, successi missionari, il dono della parola, un martirio glorioso… ed ammette di non saper fare, con le proprie forze, quasi nulla! La soluzione? Una sola: affidarsi all’Amore!

Il Cuore è il centro di tutti gli affetti, il motore di ogni azione.

Amare Gesù è già, di fatto, riposare sul Suo Cuore.

Essere al centro dell’azione.

Il carattere pubblico ed Ecumenico di questi pensieri fu subito intuito dalla Chiesa, che nominò Santa Teresa Dottore della Chiesa e le attribuì la protezione delle missioni. Ma questo cattolicesimo ottocentesco, finalmente in pace con se stesso dopo le aspre contestazioni dell’Illuminismo, doveva subire presto una nuova difficile prova: la Grande Guerra.

Il 26 novembre del 1916 una giovane francese, Claire Ferchaud (1896-1972) vede il Cuore di Cristo stritolato dalla Francia e sente un messaggio di salvezza: “ …ti comando di scrivere in mio nome a chi è al governo. L’immagine del mio cuore deve salvare la Francia. Tu la invierai a loro. Se la rispetteranno sarà la salvezza, se la pestano sotto i piedi le maledizioni del Cielo schiacceranno il popolo…” le autorità, inutile dirlo, tentennano, ma numerosi devoti decidono d’aiutare la veggente a diffondere il proprio messaggio: tredici milioni d’immagini del Sacro Cuore e centomila bandiere raggiungono il fronte e si diffondono fra le trincee come una specie di contagio.

Il 26 marzo 1917 a Paray le Monial si provvede alla benedizione solenne delle bandiere nazionali della Francia, Inghilterra, Belgio, Italia, Russia, Serbia, Romania, tutte con lo scudo del Sacro Cuore; la cerimonia si tiene nella Cappella della Visitazione, sopra le reliquie di Margherita Maria. Il cardinale Amette pronuncia la consacrazione dei soldati cattolici.

Dal maggio di quello stesso anno il diffondersi della notizia delle apparizioni di Fatima dona impulso al cattolicesimo e persino negli Stati Uniti si organizzano giornate di preghiera.

Ma con grande meraviglia di tutti la Francia si oppone nettamente a questa linea: a Lione la polizia perquisisce la libreria cattolica della vedova Paquet, requisisce tutte le insegne del Sacro Cuore e proibisce di procurarsene altre. Il 1 giugno i prefetti proibiscono l’applicazione dell’emblema del Sacro Cuore alle bandiere, il 7 il ministro della guerra, Painlevé proibisce attraverso una circolare la consacrazione dei soldati. La motivazione addotta è la neutralità religiosa attraverso la quale è possibile la collaborazione con paesi di fedi diverse.

I cattolici però non si fanno intimidire. Al fronte si fondano vere e proprie leghe per la circolazione clandestina di gagliardetti in speciali pacchi per biancheria e conserve, che i soldati richiedono avidamente, mentre a casa si consacrano le famiglie.

La basilica di Montmartre raccoglie tutte le testimonianze di miracoli che avvengono al fronte. Dopo la vittoria dal 16 al 19 ottobre 1919 si effettua una seconda consacrazione a cui sono presenti tutte le autorità religiose, anche se mancano quelle civili. Il 13 maggio 1920 papa Benedetto XV canonizza finalmente, nello stesso giorno, Margherita Maria Alacoque e Giovanna d’Arco. Il suo successore, Pio XI dedica alla devozione al Sacro Cuore l’enciclica “Miserentissimus Redemptor” che ne diffonde ormai la conoscenza in tutto il mondo cattolico.

Il 22 febbraio 1931 infine Gesù appare di nuovo a Suor Faustina Kowalska, nel convento di Plok, in Polonia, chiedendo espressamente di far dipingere la sua immagine esattamente come appariva e d’istituire la festa della Divina Misericordia, la prima domenica dopo Pasqua.

Con questa devozione di Cristo Risorto, in veste bianca, torniamo più che mai ad un cattolicesimo del cuore prima che della mente; un’immagine di Chi ci ha amato per primo, in cui confidare completamente, viene posta accanto a capezzale degli ammalati, mentre la coroncina della Misericordia, quanto mai ripetitiva e mnemonica, ripropone una preghiera semplice, priva di ogni ambizione intellettuale. La nuova data tuttavia suggerisce discretamente un “ritorno” ai tempi liturgici, sottolineando al massimo il valore della principale festa cristiana e quindi è un’offerta di dialogo anche a coloro che preferiscono fondare la propria fede sui testi.

 

 

 

 
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