Pietro Metastasio - Opera Omnia >>  Semiramide




 

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Dramma scritto dall'autore in Roma, ed ivi rappresentato, con musica del Vinci,
la prima volta nel teatro detto delle Dame, il carnevale dell'anno 1729.


ARGOMENTO

È noto per le storie che Semiramide ascalonita, di cui fu creduta madre una ninfa d'un fonte e nudrici le colombe, giunse ad esser consorte di Nino re degli Assiri; che dopo la morte di lui regnò in abito virile, facendosi credere il picciol Nino suo figliuolo, aiutata alla finzione dalla similitudine del volto e dalla strettezza colla quale vivevano non vedute le donne dell'Asia, e che, al fine riconosciuta per donna, fu confermata nel regno dai sudditi che ne avevano esperimentata la prudenza ed il valore.
L'azione principale del dramma è questo riconoscimento di Semiramide, al quale per dare occasione, e per togliere nel tempo istesso l'inverisimilitudine della favolosa origine di lei, si finge che fosse figlia di Vessore, re d'Egitto; che avesse un fratello chiamato Mirteo, educato da bambino nella corte di Zoroastro, re de' Battriani; che s'invaghisse di Scitalce, principe d'una parte dell'Indie, il quale capitò nella corte di Vessore col finto nome d'Idreno; che, non avendolo potuto ottenere in isposo dal padre, fuggisse seco; che questi nella notte istessa della fuga la ferisse e gettasse nel Nilo per una violenta gelosia fattagli concepire per tradimento da Sibari, suo finto amico e non creduto rivale; e che indi, sopravvivendo ella a questa sventura, peregrinasse sconosciuta, e le avvenisse poi quanto d'istorico si è accennato di sopra.
Il luogo, in cui si rappresenta l'azione, è Babilonia, dove concorrono diversi principi pretendenti al matrimonio di Tamiri, principessa ereditaria de' Battriani, tributaria di Semiramide, creduta Nino.
Il tempo è il giorno destinato da Tamiri alla scelta del suo sposo; la quale scelta, chiamando in Babilonia il concorso di molti principi stranieri, altri curiosi della pompa, altri desiderosi dell'acquisto, somministra una verisimile occasione di ritrovarsi Semiramide nel luogo istesso e nello stesso giorno col fratello Mirteo, coll'amante Scitalce e col traditore Sibari; e che da tale incontro nasca la necessità del di lei scoprimento.


INTERLOCUTORI

Semiramide in abito virile, sotto nome di Nino re degli Assiri, amante di Scitalce, conosciuto ed amato da lei antecedentemente nella corte d'Egitto come Idreno.
Mirteo principe reale d'Egitto, fratello di Semiramide, da lui non conosciuta, ed amante di Tamiri.
Ircano principe scita, amante di Tamiri.
Scitalce principe reale d'una parte delle Indie, creduto Idreno da Semiramide, pretensore di Tamiri ed amante di Semiramide.
Tamiri principessa reale de' Battriani, amante di Scitalce.
Sibari confidente ed amante occulto di Semiramide.



ATTO PRIMO

SCENA I

Gran portico del palazzo reale corrispondente alle sponde dell'Eufrate. Trono da un lato, alla sinistra del quale un sedile più basso per Tamiri. In faccia al suddetto trono tre altri sedili. Ara nel mezzo con simulacro di Belo, deità de' Caldei. Gran, ponte praticabile ornato di statue. Vista di tende e soldati su l'altra sponda.

Semiramide creduta Nino, con guardie; poi Sibari.

Semiramide - Olà, sappia Tamiri
Che i principi son pronti,
Che fuman l'are, che al solenne rito
Di già l'ora s'appressa,
Che il re l'attende. (ricevuto l'ordine, parte una guardia: nel mentre che parla Semiramide, esce Sibari, guardandola con meraviglia)

Sibari - (Io non m'inganno: è dessa).
Lascia che a' piedi tuoi... (s'inginocchia)

Semiramide - Sibari! (Oh dèi!
S'allontani ciascun. (le guardie si ritirano in lontano)
(Che incontro!) Sorgi.
Dall'Egitto in Assiria
Quale affar ti conduce?

Sibari - È noto altrove
Che la real Tamiri,
Dell'impero de' Battri unica erede,
Qui scegliendo lo sposo, oggi decide
L'ostinate contese
Che il volto suo, che il suo retaggio accese.
Sperai fra queste mura
Tutta l'Asia mirar; ma non sperai
In sembianza viril sul trono assiro
Di ritrovar la sospirata e pianta
Principessa d'Egitto
Semiramide.

Semiramide - Ah! taci: in questo luogo
Nino ciascun mi crede, e il palesarmi
Vita, regno ed onor potria costarmi.

Sibari - Che ascolto! È teco Idreno?
Che fa? dov'è?

Semiramide - Di quell'ingrato il nome
Non rammentarmi. Abbandonai con lui
La patria, il regno, il genitor, le nozze
Del monarca numida;
E pur, nol crederai, l'istesso Idreno,
Che m'indusse a fuggir, tentò svenarmi.

Sibari - Quando?

Semiramide - La notte istessa
Ch'io seco andai, del Nilo
Dalla pendente riva
Ei mi gettò ferita e semiviva.

Sibari - Ma la cagione?

Semiramide - Oh Dio!
La cagione io non so.

Sibari - (La so ben io).
Come restasti in vita?

Semiramide - Unica e lieve
Fu la ferita; e la selvosa sponda
Co' pieghevoli salci
La caduta scemò, mi tolse a morte.

Sibari - Qual fu poi la tua sorte?

Semiramide - In mille guise
Spoglia e nome cangiai;
Scorsi cittadi e selve;
Fra tende e fra capanne
Il brando strinsi, pascolai gli armenti:
Or felice, or meschina
Pastorella, guerriera e pellegrina;
Fin che il monarca assiro,
Fosse merito o sorte,
Del talamo real mi volle a parte.

Sibari - E all'estinto tuo sposo
Non successe nel regno il picciol Nino?

Semiramide - Il crede ognun: la somiglianza inganna
Del mio volto col suo.

Sibari - Ma come il soffre?

Semiramide - Effeminato e molle
Fu mia cura educarlo.

Sibari - (E quando spero
Miglior tempo a scoprirle i miei martìri?
Ardir). Sappi...

Semiramide - T'accheta: ecco Tamiri. (vedendo venir Tamiri)



SCENA II

Tamiri con sèguito, poi Scitalce, e detti.

Tamiri - Nino, deve al tuo zelo
Oggi l'Asia il riposo, io degli affetti
La libertà.

Semiramide - Ma Babilonia deve
Alla bellezza tua l'aspetto illustre
De' principi rivali. (una guardia va sul ponte, e accenna che vengano i principi)
Al fianco mio,
Principessa, t'assidi,
E i merti di ciascun senti e decidi.
(Semiramide va sul trono; Tamiri a sinistra nel sedile; Sibari è in piedi a destra. Intanto, preceduti dal suono di stromenti barbari, passano il ponte Mirteo, Ircano e Scitalce col loro sèguito: si fermano fuori del portico, e poi entrano l'un dopo l'altro, quando tocca loro a parlare)



SCENA III

Mirteo, Ircano, poi Scitalce, e detti.

Mirteo - Al tuo cenno, gran re, deposte l'armi,
Si presenta Mirteo.
L'Egitto...

Ircano - (a Mirteo, interrompendolo) Odi. La bella
Che fra noi si contende, è quella?

Mirteo - (ad Ircano) È quella
L'Egitto è il regno mio... (a Semiramide)

Ircano - (a Semiranide, interrompendo Mirteo)
Del Caucaso natio
Vien dal giogo selvoso
L'arbitro degli Sciti amante e sposo.

Mirteo - Ircano, a quel ch'io veggo,
Tu d'Assiria i costumi ancor non sai.

Ircano - Perchè?

Semiramide - Tacer tu dèi:
Parli il prence d'Egitto.

Ircano - In Assiria il parlar dunque è delitto? (si ritira indietro)

Mirteo - L'Egitto è il regno mio; sospiri e pianti,
Rispetto e fedeltà sono i miei vanti.

Semiramide - Siedi, principe, e spera: a lei, che adori,
Non è il tuo merto ascoso. (Mirteo va a sedere)
Qual ti sembra Mirteo? (piano a Tamiri)

Tamiri - (piano a Semiramide) Molle e noioso.

Semiramide - Or narra i pregi tuoi. (ad Ircano)

Ircano - Dunque, a vostro piacer...

Tamiri - (al medesimo) Parla, se vuoi.

Ircano - Si parli. A farmi noto
Basta affermar ch'io sono
L'opposto di colui. Sospiri e pianti
Non son pregi fra noi. Pregio allo Scita
È l'indurar la vita
Al caldo, al gel delle stagioni intere,
E domar, combattendo, uomini e fere.

Tamiri - Si vede.

Semiramide - Or siedi, Ircano. (Ircano va a sedere)
Qual ti sembra costui? (piano a Tamiri)

Tamiri - (piano a Semiramide) Barbaro e strano.

Semiramide - Venga Scitalce.

Sibari - (Oh stelle! io veggo Idreno!
Qual arrivo funesto!)

Semiramide - Sibari, oh Dio! questo è Scitalce? (piano a Sibari, vedendo Scitalce)

Sibari - È questo.

Semiramide - Sarà. (dopo averlo considerato)

Scitalce - (Numi, che volto!) Il re novello,
Ircano, dimmi, è quel ch'io miro?

Ircano - È quello.

Scitalce - Sarà. (dopo aver considerata Semiramide)

Semiramide - Prence, il tuo nome
Dunque è Scitalce?

Scitalce - Appunto.

Semiramide - (Qual voce!)

Scitalce - (Qual richiesta!
Io gelo).

Semiramide - (Io vengo meno).

Scitalce - (Semiramide è questa).

Semiramide - (È questi Idreno).
Fin dall'indico clima
Ancor tu vieni alla real Tamiri
Il tributo ad offrir de' tuoi sospiri?

Scitalce - Io... (Che dirò?) Se venni...
Non sperai... Mi credea... Ma veggo... (Oh dèi!)

Semiramide - (Si confonde il crudel su gli occhi miei).

Tamiri - Siedi, Scitalce. Il turbamento io credo
Figlio d'amor; nè a paragon d'ogni altro
Picciol merito è questo.

Scitalce - Ubbidisco. (si ritira lentamente verso il sedile)

Semiramide - (Infedel!)

Scitalce - (Sogno o son desto?)
Ma veramente è quegli
Il successor della corona assira? (ad Ircano)

Ircano - Non tel dissi?

Scitalce - Sarà. (siede)

Ircano - Questi delira.

Tamiri - Nino, perchè non chiedi (piano a Semiramide)
Qual mi sembri costui?

Semiramide - (piano a Tamiri) Perchè ravviso
In quel volto fallace
Segni d'infedeltà.

Tamiri - (piano a Semiramide) Ma pur mi piace.

Semiramide - (Oh gelosia!)

Ircano - Che più s'attende? È tempo
Che Tamiri decida.

Tamiri - Son pronta.

Semiramide - (Aimè!) Ma prima
Giurar si dee di tollerar con pace
La scelta d'un rivale. Al nume, all'ara
Principi, andate.

Mirteo - Ogni tuo cenno è legge. (s'alza e va all'ara)

Scitalce - (Son fuor di me). (fa lo stesso)

Semiramide - (Spergiuro!)

Mirteo - Io l'approvo. (Scitalce e Mirteo pongono la mano su l'ara, stando un per parte)

Scitalce - Io l'affermo.

Ircano - (s'alza, ma non parte dal suo luogo) Io l'assicuro.

Semiramide - Ircano, al nume, all'ara
Non t'avvicini?

Ircano - No; giurai, nè voglio
Seguir l'altrui costume.
Degli Sciti ecco l'ara ed ecco il nume. (ponendosi la mano al petto ed accennando la spada)

Tamiri - Io l'ardire d'Ircano,
Di Mirteo l'umiltà veggo ed ammiro;
Ma un non so che...

Semiramide - Sospendi
La scelta, o principessa.

Tamiri - Abbastanza pensai.

Ircano - Dunque favelli.

Semiramide - No, principi; v'attendo (s'alza, e seco tutti)
Entro la reggia all'oscurar del giorno:
Ivi a mensa festiva
Sarem compagni, e spiegherà Tamiri
Ivi il suo cor. Voi tollerate intanto
Il breve indugio.

Mirteo - Io non mi oppongo.

Ircano - Ed io
Mal soffro un re de' miei contenti avaro.

Semiramide - Desiato piacer giunge più caro.

Non so se più t'accendi (a Tamiri)
A questa o a quella face:
Ma pensaci, ma intendi;
Forse chi più ti piace
Più traditor sarà.
Avria lo stral d'Amore
Troppo soavi tempre,
Se la beltà del core
Corrispondesse sempre
Del volto alla beltà. (parte con Sibari)



SCENA IV

Tamiri, Mirteo, Ircano e Scitalce.

Scitalce - (Che vidi! che ascoltai!
Semiramide vive!
Ma non l'uccisi io stesso?
O sognavo in quel punto, o sogno adesso).

Tamiri - Sì pensoso, o Scitalce? Ami o non ami?
Sprezzi o brami i miei lacci?
Da lunge avvampi e da vicino agghiacci?

Scitalce - Perdonami, o Tamiri.
Se tu sapessi... Oh Dio!

Tamiri - Parla.

Scitalce - Se parlo,
Più confusa ti rendo.

Tamiri - O tutto mi palesa, o nulla intendo.

Scitalce - Vorrei spiegar l'affanno,
Nasconderlo vorrei;
E mentre i dubbi miei
Così crescendo vanno,
Tutto spiegar non oso,
Tutto non so tacer.
Sollecito, dubbioso
Penso, rammento e vedo;
E agli occhi miei non credo,
Non credo al mio pensier. (parte)



SCENA V

Tamiri, Mirteo, ed Ircano.

Tamiri - Più che ad ogni altro spiace
La dimora a Scitalce: ei pensa e tace.

Ircano - Non curar di quel folle.
Godi di tua ventura,
Che l'amor t'assicura oggi d'Ircano.
Non rispondi? Ne temi? Ecco la mano.

Mirteo - Che fai? Non ti rammenti
Il comando reale?

Ircano - E il re qual dritto
Ha di frapporre a' miei cortesi affetti
O limiti o dimore?

Tamiri - Che! Tu conosci amore? Il tuo piacere
È domar combattendo uomini e fere.

Ircano - È ver: ma il tuo sembiante
Non mi spiace però: godo in mirarti,
E curioso il guardo
Più dell'usato intorno a te s'arresta.

Tamiri - Gran sorte in ver del mio sembiante è questa!

Che quel cor, quel ciglio altero
Senta amor, goda in mirarmi,
Non lo credo, non lo spero;
Tu vuoi farmi insuperbir:
O pretendi, allor che torni
Ai selvaggi tuoi soggiorni,
Rammentar così per gioco
L'amoroso mio martìr. (parte)



SCENA VI

Ircano e Mirteo.

Ircano - La principessa udisti? Ella superba
Va degli affetti miei. Misero amante!
Ti sento sospirar, ti veggo afflitto.
Cangia, cangia desio;
E per consiglio mio torna in Egitto.

Mirteo - Mi fai pietà. La tua fiducia insana,
Il tuo rozzo parlar, con cui l'offendi,
Ti rinfaccia Tamiri; e non l'intendi.

Ircano - Dunque in diversa guisa i loro affetti
Qui trattano gli amanti? E quale è mai
Questo vostro d'amor leggiadro stile?

Mirteo - Con lingua più gentile
Qui si parla d'amor; qui con rispetto
Un bel volto si ammira;
Si tace, si sospira,
Si tollera, si pena,
L'amorosa catena
Si soffre volentier, benchè severa.

Ircano - E poi si ottien mercede?

Mirteo - E poi si spera.

Ircano - Miserabil mercè! No, d'involarti
Il pregio di gentil non ho desio.
Ciascun siegua il suo stile; io sieguo il mio. (parte)



SCENA VII

Mirteo solo.

Mirteo - Felice te, se puoi
Sopra gli affetti tuoi
Regnar così! Ma non è ver: se un giorno
Al par di me cadrai
In servitù d'una crudele e bella,
Sarai men franco e cangerai favella.

Bel piacer saria d'un core
Quel potere a suo talento,
Quando Amor gli dà tormento,
Ritornare in libertà.
Ma non lice; e vuole Amore
Che a soffrir l'alma s'avvezzi,
E che adori anche i disprezzi
D'una barbara beltà. (parte)



SCENA VIII

Orti pensili

Scitalce e Sibari.

Scitalce - Come! e tu non ravvisi
Semiramide in Nino? A me la scopre
Il girar de' suoi sguardi
Placidi al moto, il favellar, la voce,
La fronte, il labbro, e l'una e l'altra gota
Facile ad arrossir; ma, più d'ogni altro,
Il cor, che al noto aspetto
Subito torna a palpitarmi in petto.

Sibari - (Dèi, la conobbe). Ah no. Se fosse tale
Al germano Mirteo nota sarebbe.

Scitalce - No; chè bambino ei crebbe
Nella reggia de' Battri.

Sibari - In Asia ognuno
La crede estinta.

Scitalce - Ah, più d'ogni altro, amico,
Io crederlo dovrei. Tutto fu vero
Quanto svelasti a me. Nel luogo andai
Destinato da lei; venne l'infida;
Meco fuggì; ma poi
Non lungi dalla reggia
L'insidie ritrovai. Cinto d'armati
V'era il rivale...

Sibari - E il conoscesti? (con timore)

Scitalce - Almeno
Potrei sfogarmi in lui.

Sibari - (Torniamo a respirar: non sa ch'io fui).
Ma da tanti nemici
Chi ti salvò?

Scitalce - Fra l'ombre
Del bosco e della notte
Mi dileguai; ma prima
Del Nilo in su la sponda
L'empia trafissi e la balzai nell'onda.

Sibari - Aimè!

Scitalce - Da quel momento
Pace non so trovar. Sempre ho su gli occhi,
Sempre il tuo foglio, il mio schernito foco,
La sponda, il fiume, il tradimento, il loco.

Sibari - Il foglio mio! Forse lo serbi?

Scitalce - Il serbo
Per gloria tua, per mia difesa.

Sibari - Ah, pensa
Alla mia sicurezza. È qui Mirteo:
Potria per la germana
Vendicarsi con me.

Scitalce - Va pur sicuro:
A tutti il celerò. Ma corrisponda
Alla mia la tua fè: non dir che Idreno
In Egitto mi finsi.

Sibari - Io tel prometto.
Addio. (Torbido è il mare, il tempo è nero:
Bisogna in tanto rischio un gran nocchiero). (parte)



SCENA IX

Scitalce, Tamiri, indi Semiramide.

Scitalce - Chi sa? Forse il desio
Ingannar mi potrebbe. Al re si vada;
Si ritorni a veder... (in atto di partire)

Tamiri - Dove, Scitalce?

Scitalce - Al monarca d'Assiria.

Tamiri - Egli s'appressa:
Fermati.

Scitalce - (Oh Dio! Che dubitarne? È dessa). (vedendo Semiramide)

Tamiri - Signor, brama Scitalce
Teco parlar.

Semiramide - (Vorrà scoprirsi). Altrove
Piacciati, o principessa,
Portare il piè: tutta agli accenti suoi
Lascia la libertà.

Tamiri - Parto. (S'ei m'ami
Scorgi... Chiedi...)

Semiramide - (Va pur: so quel che brami). (Tamiri parte)
(Siam soli; or parlerà).

Scitalce - (Partì Tamiri;
Or con me si palesa).

Semiramide - (Il rossor lo ritarda).

Scitalce - (Teme quel cor fallace).

Semiramide - (Tace e mi guarda!)

Scitalce - (Ancor mi guarda e tace!)

Semiramide - Principe, tu non parli?
Impallidisci, avvampi, e sei confuso?

Scitalce - Signor, nel tuo sembiante
Una donna incostante,
Che in Egitto adorai,
Veder mi parve e mi turbò la mente:
Quella crudel mi figurai presente.

Semiramide - Tanto simile a Nino
Era dunque colei?

Scitalce - Simile tanto,
Che sotto un'altra spoglia
Quell'infida direi che in te si annida.

Semiramide - Se fu simile a me, non era infida.

Scitalce - Ah! menzognera, ingrata... (alterato)

Semiramide - Olà! Scitalce
Così meco ragiona?

Scitalce - Io m'ingannai: perdona (si ricompone)
Uno sfogo innocente;
Quella crudel mi figurai presente.

Semiramide - Pur, se avessi presente
Allo sguardo colei, come al pensiero,
Forse, chi sa? non ti vedrei sì fiero.

Scitalce - (Quale audacia! Comprenda
Al fin ch'io non la curo). Ah, se tu vuoi,
Questo mio core oppresso
Felice tornerà.

Semiramide - (Si scopre adesso).
Libero parla.

Scitalce - Oh Dio!
Troppo ardito sarei.

Semiramide - La tema è vana:
Parla; di me ti puoi fidar.

Scitalce - Vorrei
Pietosa a' miei martìri,
Mercè del tuo favor, render Tamiri.

Semiramide - (Oh ingrato! oh disleale!)

Scitalce - Ella è il mio foco;
Adoro il suo sembiante...

Semiramide - Non più. (Fingiam). Ti compatisco amante.
A parlar con Tamiri,
Ogni tua brama a secondar m'appresto.

Scitalce - Torna appunto Tamiri: il tempo è questo.

Semiramide - (Oh importuno ritorno!)

Scitalce - Or dir le puoi
Ch'è l'amor mio, ch'è il mio tormento estremo.

Semiramide - Allontanati e taci. (Io fingo e fremo). (Scitalce si ritira indietro)



SCENA X

Tamiri e detti.

Tamiri - Signor, quali predici
Venture all'amor mio?

Semiramide - Poco felici.
Sudai fin ora invano
Con Scitalce per te. Di lui ti scorda:
Non è degno d'amor.

Tamiri - Perchè?

Semiramide - Ti basti
Saper che non si trova
Il più perfido core, il più rubello.

Scitalce - Signor, parli di me? (avanzandosi)

Semiramide - Di te favello.

Scitalce - (E pure impallidisce!) (ritirandosi indietro)

Tamiri - E s'ei non m'ama,
Perchè si fa rivale
D'Ircano e di Mirteo? Chiedasi...

Semiramide - (arrestandola) Ah, ferma:
Non gli parlar, se la tua pace brami.

Tamiri - Ma la cagion?

Semiramide - Tu sei
Innocente in amore, ed egli ha l'arte
D'affascinar chi sue lusinghe ascolta.

Scitalce - Nino... (appressandosi)

Semiramide - Eh, taci una volta; (con impeto)
Non turbarci così.

Scitalce - Ma qui si tratta
Del mio riposo, e compatir tu dèi...

Tamiri - Ma, Scitalce, io vorrei
Chiaro intendere al fin quai son gli affetti
Che nascondi nel seno.

Scitalce - In seno ascondo
Un incendio per te: l'unico oggetto
Sei tu di mia costanza,
Il mio ben, l'idol mio, la mia speranza.

Semiramide - (Perfido!)

Tamiri - Io non intendo
Se siano i detti tuoi finti o veraci;
Eccedi e quando parli e quando taci.

Scitalce - Se intende sì poco
Che ho l'alma piagata,
Tu dille il mio foco, (a Semiramide)
Tu parla per me.
(Sospira l'ingrata,
Contenta non è).
Sai pur che l'adoro, (alla stessa)
Che peno, che moro,
Che tutta si fida
Quest'alma di te.
(Si turba l'infida,
Contenta non è). (parte)



SCENA XI

Semiramide e Tamiri.

Tamiri - Udisti il prence? Egli è diverso assai
Da quel che lo figuri.

Semiramide - Ah tu non sai
Quanto a fingere è avvezzo.

Tamiri - Pur non sembra così.

Semiramide - Di quel crudele
Non fidarti, o Tamiri: altro interesse
Non ho che il tuo riposo.

Tamiri - Io ben m'avvedo
Del zelo tuo; ma sì crudel nol credo.
Ei d'amor quasi delira,
E il tuo labbro lo condanna?
Ei mi guarda e poi sospira,
E tu vuoi che sia crudel?
Ma sia fido, ingrato sia:
So che piace all'alma mia;
E se piace allor che inganna,
Che sarà quando è fedel? (parte)



SCENA XII

Semiramide, poi Ircano e Mirteo.

Semiramide - Sarà dunque Scitalce
Sposo a Tamiri? E soffrirò che, ad onta
Del nostro affetto antico...
Principi, io vi predìco
Gran disastri in amor. Se pigri siete,
La destra di Tamiri
Scitalce usurperà. Correte a lei,
Ditele i vostri affanni,
Pietà chiedete, e, se pietà bramate,
Qualche stilla di pianto ancor versate.

Ircano - Non è sì vile Ircano.

Mirteo - A placar quell'ingrata il pianto è vano.

Semiramide - Ah, non è vano il pianto
L'altrui rigore a frangere:
Felice chi sa piangere
In faccia al caro ben!
Tutte nel sen le belle,
Tutte han pietoso il core;
E presto sente amore
Chi ha la pietà nel sen. (parte)



SCENA XIII

Ircano e Mirteo.

Mirteo - Che pensi, Ircano?

Ircano - Hai tu coraggio?

Mirteo - Il brando
Risponderà, quando tu voglia.

Ircano - Andiamo
L'importuno rivale
Uniti ad assalir. Pur che si vinca,
Lode al par del valor merta l'ingegno.

Mirteo - Sol d'un tuo pari il bel pensiero è degno. (parte)



SCENA XIV

Ircano solo.

Ircano - Quanti inventan costoro
Incomodi riguardi! Eh, ch'io non venni
Con essi a delirar. Tremi Scitalce;
La sua caduta è certa,
O frodi io tenti o violenza aperta.

Talor se il vento freme
Chiuso negli antri cupi,
Dalle radici estreme
Vedi ondeggiar le rupi,
E le smarrite belve
Le selve abbandonar.
Se poi della montagna
Esce dai varchi ignoti,
O va per la campagna
Struggendo i campi interi,
O dissipando i voti
De' pallidi nocchieri
Per l'agitato mar.


FINE DELL'ATTO PRIMO




ATTO SECONDO

SCENA I

Sala regia illuminata in tempo di notte. Varie credenze intorno con vasi trasparenti. Gran mensa imbandita nel mezzo con quattro sedili intorno ed una sedia in faccia.

Sibari e poi Ircanto con ispada nuda.

Sibari - Ministri, al re sia noto
Che già pronta è la mensa. (parte una guardia)
(E beva in questa
Scitalce la sua morte: è troppo il colpo
Necessario per me. Scoprir potrebbe
La sua voce, il mio scritto
Quanto Sibari un dì finse in Egitto).
Dove, signor? Qual ira (ad Ircano)
T'arma la destra?

Ircano - Io vuo' Scitalce estinto.
Additami dov'è.

Sibari - Ma che pretendi?

Ircano - In braccio alla sua sposa
Trafiggere il rival.

Sibari - Taci, se brami
Vederlo estinto: il tuo furor potrebbe
Scomporre un mio disegno.

Ircano - Io non t'intendo.
Corro a svenarlo, e poi
Mi spiegherai l'arcan. (in atto di partire)

Sibari - Senti. (Ah, conviene
Tutto scoprir). Poss'io di te fidarmi?

Ircano - Parla.

Sibari - Per odio antico
Scitalce è mio nemico; ed io... ma taci,
Preparai la sua morte.

Ircano - E come?

Sibari - È certo
Che Scitalce è lo sposo. A lui Tamiri
Dovrà, com'è costume,
Il primo nappo offrir: per opra mia
Questo sarà d'atro veleno infetto.

Ircano - Mi piace. E se m'inganni?

Sibari - (gli mostra un picciol vaso) Ecco il veleno:
Se nol porgo al rival, passami il seno.

Ircano - Saggio pensiero. Io, tel confesso, amico,
Te ne invidio l'onore.

Sibari - Il re s'appressa:
T'accheta.



SCENA II

Semiramide, Tamiri, Mirteo, Scitalce, seguìti da paggi e cavalieri, e detti.

Semiramide - Ecco, o Tamiri,
Dove gli altrui sospiri
Attendono da te premio e mercede.
(Io tremo e fingo).

Tamiri - Ogni misura eccede
La real pompa.

Mirteo - E nella reggia assira
Non s'introdusse mai
Con più fasto il piacere.

Semiramide - (a Scitalce) Al nuovo sposo
Io preparai la fortunata stanza,
Pegno dell'amor mio.

Scitalce - (Finge costanza).
Ah, se quello foss'io,
Chi più di me saria felice?

Semiramide - (Ingrato!)

Ircano - Come mai del tuo fato (a Scitalce)
Puoi dubitar? Saggia è Tamiri, e vede
Che il più degno tu sei.

Mirteo - Che ascolto! Ircano,
Chi mai ti rese umano?
Dov'è il tuo foco e l'impeto natio?

Ircano - Comincio, amico, ad erudirmi anch'io.

Tamiri - Così mi piaci.

Mirteo - È molto.

Scitalce - (a Tamiri ed a Semiramide) Io non intendo
Se da senno o per gioco
Parla così.

Ircano - (M'intenderai fra poco).

Semiramide - Più non si tardi. Ognuno
La mensa onori; e intanto
Misto risuoni a liete danze il canto.
(Dopo seduta nel mezzo Semiramide, siedono alla destra di lei Tamiri e poi Scitalce; alla sinistra Mirteo, poi Ircano: Sibari è in piedi appresso Ircano)


CORO

Il piacer, la gioia scenda,
Fidi sposi, al vostro cor:
Imeneo la face accenda,
La sua face accenda Amor.

PARTE DEL CORO

Fredda cura, atro sospetto
Non vi turbi e non v'offenda;
E d'intorno al regio letto
Con purissimo splendor

CORO

Imeneo la face accenda,
La sua face accenda Amor.

PARTE DEL CORO

Sorga poi prole felice,
Che ne' pregi ugual si renda
Alla bella genitrice,
All'invitto genitor.

CORO

Imeneo la face accenda,
La sua face accenda Amor

PARTE DEL CORO

E, se fia che amico nume
Lunga età non vi contenda,
A scaldar le fredde piume,
A destarne il primo ardor,

CORO

Imeneo la face accenda,
La sua face accenda Amor.

Semiramide - In lucido cristallo aureo liquore,
Sibari, a me si rechi.

Sibari - (Ardir, mio core). (va a prendere la tazza e vi pone destramente il veleno)

Ircano - (Il colpo è già vicino).

Semiramide - (Oh Dio! s'appressa
Il momento funesto).

Tamiri - (Che gioia!)

Scitalce - (Che sarà?)

Mirteo - (Che punto è questo!)

Sibari - Compìto è il cenno. (posa la sottocoppa con la tazza avanti a Semiramide, e va a lato d'Ircano)

Semiramide - Or prendi,
Tamiri, e scegli. (dà la tazza a Tamiri)
Il sospirato dono
Presenta a chi ti piace;
E goda quegli il grande acquisto in pace.

Tamiri - Principi, il dubbio, in cui fin or m'involse
L'uguaglianza de' merti,
Discioglie il genio, e non offende alcuno
Se al talano ed al trono
L'uno o l'altro solleva.
Ecco lo sposo e il re: Scitalce beva. (posa la tazza davanti a Scitalce)

Semiramide - (Io lo previdi).

Mirteo - (Oh sorte!)

Scitalce - (Ah, qual impegno!)

Sibari - (Or s'avvicina a morte).

Ircano - Via, Scitalce, che tardi? Il re tu sei.

Scitalce - (E deggio in faccia a lei
Annodarni a Tamiri?)

Tamiri - Egli è dubbioso ancora. (a Semiramide)

Semiramide - Al fin risolvi.

Scitalce - E Nino
Lo comanda a Scitalce?

Semiramide - Io non comando:
Fa il tuo dover.

Scitalce - Sì, lo farò. (L'ingrata
Si punisca così). D'ogni altro amore
Mi scordo in questo punto... (volendo bere, ma poi si arresta)
(Ah, non ho core).
Porgi a più degno oggetto
Il dono, o principessa: io non l'accetto. (posa la tazza sopra la mensa)

Tamiri - Come!

Sibari - (Oh sventura!)

Ircano - (a Scitalce) E lei ricusi, allora
Che al regno ti destina?
Non s'offende in tal guisa una regina.

Semiramide - Qual cura hai tu, se accetta
O se rifiuta il dono? (ad Ircano)

Mirteo - Lascialo in pace.

Ircano - (a Semiramide) Io sono
Difensor di Tamiri: e tu non devi (a Scitalce)
La tazza ricusar: prendila e bevi.

Tamiri - Principe, (ad Ircano) in van ti sdegni: ei col rifiuto
Non me, se stesso offende,
E al demerito suo giustizia rende.

Ircano - No, no; voglio ch'ei beva.

Tamiri - Eh! taci. Intanto,
Per degno premio al tuo cortese ardire,
L'offerta di mia mano
Ricevi tu con più giustizia, Ircano. (presenta la tazza ad Ircano)

Ircano - Io!

Tamiri - Sì. Con questo dono
Te destino al mio trono, all'amor mio.

Ircano - Sibari, che farò? (piano a Sibari)

Sibari - (piano ad Ircano) Mi perdo anch'io.

Tamiri - Perchè taci così? Forse tu ancora
Vuoi ricusarmi?

Ircano - No, non ti ricuso.
T'amo... Vorrei... Ma temo... (Io son confuso).

Semiramide - Principe, tu non devi
Un momento pensar: prendila e bevi.
Troppo il rispetto offendi
A Tamiri dovuto.

Mirteo - Ma parla.

Tamiri - Ma risolvi.

Ircano - Ho risoluto. (s'alza e prende la tazza)
Vada la tazza a terra. (getta la tazza)

Scitalce - E qual furore insano...

Ircano - Così riceve un tuo rifiuto Ircano.

Tamiri - Dunque ridotta io sono
A mendicar chi le mie nozze accetti?
Dunque per oltraggiarmi
In Assiria veniste? Il mio sembiante
È deforme a tal segno,
Che a farlo tollerar non basta un regno?

Semiramide - È giusta l'ira tua.

Mirteo - Dell'amor mio
Dovresti, o principessa...

Tamiri - (s'alza e seco tutti) Alcun d'amore
Più non mi parli. Io sono offesa, e voglio
Punito l'offensor; Scitalce mora.
Ei col primo rifiuto
Il mio dono avvilì. Chi sua mi brama,
A lui trafigga il petto:
Venga tinto di sangue, ed io l'accetto.

Tu mi disprezzi, ingrato: (a Scitalce)
Ma non andarne altero:
Trema d'aver mirato,
Superbo! il mio rossor.
Chi vuol di me l'impero,
Passi quel core indegno:
Voglio che sia lo sdegno
Foriero dell'amor. (parte)



SCENA III

Semiramide, Scitalce, Mirteo, Ircano e Sibari.

Semiramide - (Il mio bene è in periglio
Per essermi fedel).

Ircano - Scitalce, andiamo:
All'offesa Tamiri
Il dono offrir della tua testa io voglio.

Scitalce - Vengo; e di tanto orgoglio
Arrossir ti farò. (in atto di partire con Ircano)

Semiramide - (Stelle, che fia!)

Mirteo - Arrestatevi, olà; l'impresa è mia.

Ircano - Io primiero al cimento
Chiamai Scitalce.

Mirteo - Io difensor più giusto
Son di Tamiri.

Ircano - Ella di te non cura,
Nè mai ti scelse.

Mirteo - Ella ti sdegna, offesa
Dal tuo rifiuto.

Ircano - E tu pretendi...

Mirteo - E vuoi...

Scitalce - Tacete: è vano il contrastar fra voi.
A vendicar Tamiri
Venga Ircano, Mirteo, venga uno stuolo:
Solo io sarò; nè mi sgomento io solo. (in atto di partire)

Semiramide - Fermati. (Oh Dio!)

Scitalce - Che chiedi?

Semiramide - In questa reggia
Su gli occhi miei Tamiri
Il rifiuto soffrì: prima d'ogni altro
Io son l'offeso, e pria d'ogni altro io voglio
L'oltraggio vendicar. Qui prigioniero
Resti Scitalce, e qui deponga il brando.
Sibari, sia tuo peso
La custodia del reo.

Scitalce - Come!

Sibari - Che intendo!

Semiramide - (Così non mi paleso e lo difendo).

Scitalce - Ch'io ceda il brando mio!

Semiramide - Non più; così comando, il re son io.

Scitalce - Così comandi! E parli
A Scitalce così? Colpa sì grande
Ti sembra il mio rifiuto? Ah! troppo insulti
La sofferenza mia. Qui potrei farti
forse arrossire...

Semiramide - Olà, t'accheta e parti.

Scitalce - Ma qual perfidia è questa? Ove mi trovo?
Nella reggia d'Assiria o fra i deserti
Dell'inospita Libia? Udiste mai
Che fosse più fallace
Il Moro infido o l'Arabo rapace?
No, no: l'Arabo, il Moro
Han più idea di dovere;
Han più fede tra loro anche le fiere. (getta la spada)

Voi, che le mie vicende,
Voi, che i miei torti udite,
Fuggite, sì fuggite:
Qui legge non s'intende,
Qui fedeltà non v'è.
E puoi, tiranno, e puoi (a Semiramide)
Senza rossor mirarmi?
Qual fede avrà per voi
Chi non la serba a me? (parte con Sibari)



SCENA IV

Semiramide, Ircano eMirteo.

Semiramide - (Conoscerai fra poco
Che son pietosa e non crudel).

Mirteo - Perdona,
Signor, s'io troppo ardisco: il tuo comando
Scitalce a un punto e la mia speme oltraggia.

Ircano - Perchè mi si contende
Il trionfar di lui?

Semiramide - Chi mai t'intende?
Or Tamiri non curi, ed or la brami.

Mirteo - Ma tu l'ami o non l'ami?

Ircano - Nol so.

Semiramide - Se amavi allor, come in te nacque
D'un rifiuto il desio?

Ircano - Così mi piacque.

Mirteo - Se ti piacque così, perchè la pace
Or mi vieni a turbar?

Ircano - Così mi piace.

Mirteo - Strano piacer! Dell'amor mio ti fai
Rivale, Ircano, ed il perchè non sai?

Ircano - Quante richieste! Al fine
Che vorreste da me?

Semiramide - Da te vorrei
Ragion dell'opre tue.

Mirteo - Saper desio
Qual core in seno ascondi.

Semiramide - Spiegati.

Mirteo - Non tacer.

Semiramide - Parla.

Mirteo - Rispondi.

Ircano - Saper bramate
Tutto il mio core?
Non vi sdegnate;
Lo spiegherò.
Mi dà diletto
L'altrui dolore;
Perciò d'affetto
Cangiando vo.
Il genio è strano,
Lo veggo anch'io;
Ma tento in vano
Cangiar desio:
L'istesso Ircano
Sempre sarò. (parte)



SCENA V

Semiramide e Mirteo.

Mirteo - Vedi quanto son io
Sventurato in amor. Un tal rivale
A me si preferisce.

Semiramide - A tuo favore
Tutto farò. Ti bramerei felice.

Mirteo - Come goder mi lice
La tua pietà?

Semiramide - Ti maravigli, o prence,
Perchè il mio cor non vedi:
Va; più caro mi sei di quel che credi.

Mirteo - A te risorge accanto
La speme nel mio sen,
Come, dell'alba al pianto,
Sull'umido terren
Risorge il fiore.
Se guida mia si fa
L'amica tua pietà,
Non temo del mio ben
Tutto il rigore. (parte)



SCENA VI

Semiramide.

Semiramide - Di Scitalce il rifiuto
È una prova d'amor. Questa mi toglie
De' tradimenti suoi
L'immagine dal cor; questa risveglia
Le mie speranze, e questa
Mille teneri affetti in sen mi desta.
T'intendo, Amor: mi vai
La sua fè rammentando, e non gl'inganni.
Quanto facile è mai
Nelle felicità scordar gli affanni!

Il pastor, se torna aprile,
Non rammenta i giorni algenti;
Dall'ovile all'ombre usate
Riconduce i bianchi armenti,
E le avene abbandonate
Fa di nuovo risonar.
Il nocchier, placato il vento,
Più non teme o si scolora;
Ma contento in su la prora
Va cantando in faccia al mar. (parte col sèguito de' cavalieri e paggi)



SCENA VII

Appartamenti terreni

Ircano, trascinando a forza Sibari.

Ircano - Sieguimi; in van resisti.

Sibari - Ma che vuoi?

Ircano - Che a Tamiri
Discolpi il mio rifiuto.

Sibari - E come?

Ircano - A lei
Scoprendo il ver. Tu le dirai ch'io l'amo;
Che, per non ber la morte,
La ricusai; ch'era la tazza aspersa
Di nascosto velen: che tua la cura
Fu d'apprestarlo.

Sibari - E pubblicar vogliamo
Un delitto comun? Fra lor di colpa
Differenza non hanno
Chi meditò, chi favorì l'inganno.

Ircano - D'un desio di vendetta
Voglio esser reo, non d'un rifiuto. Andiamo.

Sibari - Senti. (Al riparo). Io parlerò, se vuoi;
Ma col parlar scompongo
Un'idea più felice.

Ircano - E qual?

Sibari - Non hai
Pronte tu su l'Eufrate a' cenni tuoi
Navi, seguaci ed armi?

Ircano - E ben, che giova?

Sibari - Ai reali giardini il fiume istesso
Bagna le mura, e si racchiude in quelli
Di Tamiri il soggiorno: ove tu voglia
Col soccorso de' tuoi
L'impresa assicurar, per tal sentiero
Rapir la sposa e a te recarla io spero.

Ircano - Dubbio è l'evento.

Sibari - Anzi sicuro. Ognuno
Sarà immerso nel sonno; a quest'insidia
Non vi è chi pensi; incustodito è il loco.

Ircano - Parmi che a poco a poco
Mi piaccia il tuo pensier; ma non vorrei..

Sibari - Eh dubitar non dèi; fidati. Io vado,
Mentre cresce la notte,
Il sito ad esplorar; tu co' più fidi
Dell'Eufrate alle sponde
Sollecito ti rendi.

Ircano - A momenti verrò: vanne e m'attendi.

Sibari - Vieni; chè in pochi istanti
Dell'idol tuo godrai,
E ogni rival farai
D'invidia impallidir.
Piangono i folli amanti
Per ammollire un core;
Per te non fece Amore
Le strade del martìr. (parte)



SCENA VIII

Ircano, Tamiri e poi Mirteo.

Ircano - Ah, non si perda un solo istante. Oh, come
Delusi rimarranno,
Se m'arride il destino,
E Scitalce e Mirteo, Tamiri e Nino! (in atto di partire)

Tamiri - Che si fa? che si pensa? Ancor non turba
Il valoroso Ircano,
Nè pur con la minaccia, i sonni al reo?

Ircano - Hai difensor più degno: ecco Mirteo. (partendo, addita ironicamente Mirteo che giunge)

Tamiri - Mirteo, son vendicata?
È punito Scitalce?

Mirteo - Egli di Nino
È prigionier: come assalirlo?

Tamiri - E Nino
Perchè l'imprigionò?

Mirteo - Perchè ti offese
Nella sua reggia; e vuole
Della sorte del reo
Che decida Tamiri.

Tamiri - Addio, Mirteo. (in atto di partire in fretta)

Mirteo - Dove?

Tamiri - A Nino. (come sopra)

Mirteo - Ah, sì presto,
Tiranna, m'abbandoni?

Tamiri - (impaziente) (Aimè!)

Mirteo - Lo veggo,
Nacqui infelice.

Tamiri - (come sopra) (Oh che importuno!)

Mirteo - Ascolta.
Non ho pace per te; de' miei sospiri
Tu sei l'unico oggetto...

Tamiri - Mirteo, cangia favella o cangia affetto.
Io tollerar non posso
Un querulo amator, che mi tormenti
Con assidui lamenti,
Che mai pago non sia, che sempre innanzi
Mesto mi venga, e che, tacendo ancora,
Con la fronte turbata
Mi rimproveri ognor ch'io sono ingrata.

L'eterne tue querele
Soffribili non sono:
Odiami, ti perdono,
Se amar mi vuoi così.
Co' pianti dell'aurora
Cominciano i tuoi pianti;
Nè son finiti ancora
Quando tramonta il dì. (parte)



SCENA IX

Mirteo, Semiramide e poi Sibari.

Mirteo - Più sventurato amante
Non v'è di me.

Semiramide - Nè giunge ancor? S'affretti
Scitalce. (verso la scena)

Mirteo - Ah, se sapessi,
Signor, quai torti io soffro...

Semiramide - Un'altra volta
Gli ascolterò: parti per ora.

Mirteo - Oh Dio!
Un solo istante...

Semiramide - E ben, che fu? Ti spiega;
Ma spedisciti.

Mirteo - Il fasto
Dell'ingrata Tamiri...

Sibari - (a Semiramide) Il prigioniero,
Signore, è qui.

Semiramide - Fa che s'appressi. (Sibari parte per eseguire il comando)

Mirteo - Il fasto...

Semiramide - Lasciami solo.

Mirteo - E udir non vuoi?

Semiramide - (con impazienza) Non posso.

Mirteo - Deh, per pietà...

Semiramide - (con impeto) Mirteo,
T'imposi di partir; basti. Cotesta
Tua soverchia premura è poco accorta.

Mirteo - Ah, per me la pietà nel mondo è morta! (parte)



SCENA X

Semiramide, Scitalce, Sibari.

Semiramide - Come mi balza in petto
Impaziente il cor! Più non poss'io
Con l'idol mio dissimular l'affetto.

Scitalce - Eccomi. A che mi chiedi?

Semiramide - (a Scitalce) Or lo saprai.
Sibari, t'allontana. (a Sibari, che parte)

Scitalce - A nuovi oltraggi
Vuoi forse espormi?

Semiramide - Oh Dio!
Non parliam più d'oltraggi. Io di tua fede
Tutto il valor conosco.
Di Tamiri il rifiuto
M'intenerì; mi fe' veder distinto
Che vero è l'amor tuo, che l'odio è finto.
Deh! non fingiamo più. Dimmi che vive
Nel petto di Scitalce il cor d'Idreno:
Io ti dirò che in seno
Vive del finto Nino
Semiramide tua; che per salvarti
Ti resi prigionier; ch'io fui l'istessa
Sempre per te, che ancor l'istessa io sono.
Pace, pace una volta; io ti perdono.

Scitalce - Mi perdoni! E qual fallo?
Forse i tuoi tradimenti?

Semiramide - Oh stelle! oh dèi!
I tradimenti miei! Dirlo tu puoi?
Tu puoi pensarlo?

Scitalce - Udite! Ella s'offende,
Come mai non avesse
Tentato il mio morir, com'io veduto
Non avessi il rival, come se alcuno
Non m'avesse avvertito il mio periglio!
Rivolgi altrove, o menzognera, il ciglio.

Semiramide - Che sento! E chi t'indusse
A credermi sì rea?

Scitalce - So che ti spiacque:
La tua frode svanì: dell'innocenza
I numi ebber pietà.

Semiramide - Quei numi istessi,
Se v'è giustizia in cielo,
Dell'innocenza mia facciano fede.
Io tradir l'idol mio! Tu fosti e sei
Luce degli occhi miei,
Del mio tenero cor tutta la cura.
Ah! se il mio labbro mente,
Di nuovo ingiustamente,
Come già fece Idreno,
Torni Scitalce a trapassarmi il seno.

Scitalce - Tu vorresti sedurmi un'altra volta.
Perfida, m'ingannasti:
Trionfane, e ti basti.
Più le lagrime tue forza non hanno.

Semiramide - In vero è un grande inganno
A uno straniero in braccio
Se stessa abbandonar, lasciar per lui
La patria e il genitore.
Se questo è inganno, e qual sarà l'amore?

Scitalce - Eh! ti conosco.

Semiramide - E mi deride! Udite
Se mostra de' suoi falli alcun rimorso!
Io priego, egli m'insulta;
Io tutta umìle, egli di sdegno acceso;
La colpevole io sembro, ed ei l'offeso.

Scitalce - No, no, la colpa è mia; pur troppo sento
Rimorso al cor; ma sai di che? D'un colpo
Che lieve fu, nè vendicommi allora.

Semiramide - Barbaro, non dolerti: hai tempo ancora.
Eccoti il ferro mio: da te non cerco
Difendermi, o crudel. Saziati, impiaga,
Passami il cor: già la tua mano apprese
Del ferirmi le vie. Mira: son queste
L'orme del tuo furor.

Scitalce - (Se più l'ascolto,
Mi scordo i torti miei).

Semiramide - Ti volgi altrove?
Riconoscile, ingrato, e poi mi svena.

Scitalce - Va, non ti credo.

Semiramide - Oh crudeltade!

Scitalce - Oh pena!

Semiramide - Crudel! morir mi vedi
E il mio dolor non credi?
E insulti il mio dolor?

Scitalce - Empia! mi sei palese,
E vanti ancor difese?
E vuoi tradirmi ancor?

Semiramide - Che crudeltà!

Scitalce - Che inganno!

A DUE - Che affanno è quel ch'io sento!
Sei nata per tormento,
Sei nato
Barbara, del mio cor.
Barbaro,
Qual astro in ciel splendea
Quel dì che un'alma rea
Seppe inspirarmi amor?


FINE DELL'ATTO SECONDO




ATTO TERZO

SCENA I

Campagna su le rive dell'Eufrate. Mura de' giardini reali da un lato,
con cancelli aperti. Navi nel fiume, che ardono.

Zuffa già incominciata fra le guardie assire e i soldati sciti, gli ultimi de' quali si disperdono inseguiti dagli altri: poi Ircano e Mirteo combattendo.
Il primo cade; l'altro gli guadagna la spada
.

Mirteo - Cedi il ferro, o t'uccido.

Ircano - Il ferro avrai,
Quand'io rimanga estinto.

Mirteo - Empio! vivrai, ma disarmato e vinto. (gli leva la spada)

Ircano - Astri nemici!

Mirteo - Assiri,
Al re lo Scita altero
Prigionier conducete.

Ircano - Io prigioniero!
Lacci ad Ircano! Ah, temerario! E sai
Chi son io?

Mirteo - Sì, io veggo: un vil tu sei
Senza onor, senza fede;
Che altro dover non vede
Che il suo piacer; che insidia le regine;
Che sol con le rapine,
Pregio de' traditori,
Sa meritar, sa contrastar gli amori.

Ircano - Quest'insolente oltraggio
Pagherai col tuo sangue.

Mirteo - Eh! di minacce
Tempo or non è. Grazia e pietade implora.

Ircano - Grazia e pietà! Farò tremarvi ancora.

In mezzo alle tempeste,
Scoglio battuto in mar
Da lungi fa tremar
Navi e nocchieri.
Fra l'onde più funeste
Lo scoglio tuo sarò,
E il fasto io frangerò
De' tuoi pensieri. (parte fra le guardie assire)



SCENA II

Mirteo, poi Sibari con ispada nuda.

Mirteo - Inutile furor!

Sibari - Mirteo, respira.
Tu il barbaro opprimesti: i suoi seguaci
Io dispersi e fugai. Salva è Tamiri:
Lode agli dèi. (rimette la spada)

Mirteo - Quanto ti deggio, amico!
Vieni al mio sen. Con l'opportuno avviso
Mi salvasti il mio ben. La trama indegna
A me rimasta ignota
Saria senza di te: godrebbe Ircano
Della sua colpa il frutto: io piangerei
Privo dell'idol mio.

Sibari - L'opre dovute
Alcun merto non hanno.

Mirteo - (Che fido cor!)

Sibari - (Che fortunato inganno!)

Mirteo - Ecco: un rival di meno
Per te mi trovo.

Sibari - Il tuo maggior nemico
Non ti è noto però.

Mirteo - Lo so: Scitalce
Funesto è all'amor mio.

Sibari - Solo all'amore?
Ah, Mirteo, nol conosci.

Mirteo - Io nol conosco?

Sibari - No. (S'irriti costui).

Mirteo - Chi dunque è mai?
Spiegati, non tacer.

Sibari - Scitalce è quello
Che col nome d'Idreno
Ti rapì la germana.

Mirteo - Oh dèi, che dici!
Donde, Sibari, il sai?

Sibari - Molto in Egitto
Ei mi fu noto. Io del real tuo padre
Era i custodi a regolare eletto,
Quando tu pargoletto
Crescevi in Battra a Zoroastro appresso.

Mirteo - Potresti errar.

Sibari - Non dubitarne: è desso.

Mirteo - Ah, non a caso il Cielo
Il reo mi guida innanzi. Il suo castigo
È mio dover. (in atto di partire)

Sibari - Dove t'affretti? Ascolta! (trattenendolo)
Regola almen lo sdegno.

Mirteo - Non soffre l'ira mia freno o ritegno.

In braccio a mille furie
Sento che l'alma freme:
Tutte le sento insieme,
Tutte d'intorno al cor.
Delle passate ingiurie
Quella l'idea mi desta;
L'odio fomenta questa
Del contrastato amor. (parte)



SCENA III

Sibari solo.

Sibari - Quell'ira ch'io destai
Molto giovar mi può. Scitalce estinto
Dal timor mi difende
Ch'ei palesi il mio foglio;
E di lei che m'accende,
Un inciampo mi toglie al letto, al soglio.
Questa dolce lusinga
Di delitto in delitto, oh Dio! mi guida.
Ma il rimorso or che giova?
Quando il primo è commesso,
Necessario diventa ogni altro eccesso.

Or che sciolta è già la prora,
Sol si pensi a navigar.
Quando fu nel porto ancora,
Era bello il dubitar. (parte)



SCENA IV

Gabinetti reali

Semiramide, una guardia, poi Scitalce.

Semiramide - Nol voglio udir: da questa reggia Ircano
Parta a momenti. Egli perdè nel vile
Tradimento intrapreso
Ogni ragione all'imeneo conteso.
Odi: Scitalce a me s'inoltri. (alla guardia, che parte)
Io tremo
Ripensando a Mirteo. Con quale orgoglio
Or mi parlò! Non è suo stil. Che avvenne?
Che vuol? Mi ravvisò? Principe, ah, siamo (a Scitalce, che giunge)
In gran periglio entrambi: ho gran sospetto
Che Mirteo ci conosca. Ai detti audaci,
All'insolito sdegno, alle minacce
Misteriose e tronche, io giurerei
Ch'ei ci scoprì. Per questi istanti a pena,
Ch'io parlo teco, a differir la pugna
Indussi il suo furor.

Scitalce - Rendimi il brando;
Lasciami dunque in libertà.

Semiramide - Vincendo,
Che giovi a me, quando ei mi scopra? Ah, pensa
Che all'estrema sventura
Io ridotta sarei.

Scitalce - Questa è tua cura.

Semiramide - Ma, se senza tuo danno
Tu potessi salvarmi,
Nol faresti, o crudel?

Scitalce - La tua salvezza
Non dipende da me.

Semiramide - Da te dipende.
Odimi sol.

Scitalce - Parla. (con disprezzo)

Semiramide - E che vuoi ch'io dica,
Se m'ascolti così? Fin ch'io ragiono,
Placa quell'ira, o caro;
Modera quel dispetto;
Prometti di tacer.

Scitalce - Parla: il prometto.

Semiramide - (M'assisti, Amor).

Scitalce - (Che mai può dirmi?)

Semiramide - Or senti:
Se la tua man mi porgi...

Scitalce - Che! la mia man?

Semiramide - Rammenta
Che dèi tacer. M'avanza
Molto ancor che spiegarti.

Scitalce - (Oh tolleranza!)

Semiramide - Se la tua man mi porgi,
Tutto in pace sarà. Vedrà Mirteo
Col felice imeneo
Giustificato in noi l'antico errore.
Più rivale in amore
Non gli sarà Scitalce. E quando uniti
Voi siate in amistà, l'armi d'Egitto,
Le forze del tuo regno, i miei fedeli,
Se ben scoperta io sono,
Saran bastanti a conservarci il trono.
Oh viver fortunato,
Oh dolce uscir di vita,
Con l'idol mio, col mio Scitalce unita!

Scitalce - (Se men la conoscessi,
Al certo io cederei).

Semiramide - Perchè non parli?

Scitalce - Promisi di tacer.

Semiramide - Tacesti assai:
È tempo di parlar.

Scitalce - Rendimi il brando:
Altro a dir non mi resta.

Semiramide - Non hai che dirmi! E la risposta è questa?

Scitalce - Vuoi dunque ch'io risponda? Odimi. Esposto
Degli uomini allo sdegno,
All'ira degli dèi,
Prima d'esserti sposo, esser vorrei.

Semiramide - E questa è la mercede,
Che rendi a tanto amore,
Anima senza legge e senza fede?
Tradita, disprezzata,
Ferita, abbandonata,
Mi scopro, ti perdono,
T'offro il talamo, il trono;
E non basta a placarti?
E a pietà non ti desti?
Qual tigre t'allattò? Dove nascesti?

Scitalce - E ancor con tanto orgoglio...

Semiramide - Taci: ingiurie novelle udir non voglio.
Custodi, olà: rendete
Il brando al prigionier. Libero sei:
Va pur dove ti guida
Il tuo cieco furor. Vanne, ma pensa
Ch'oggi, ridotta alla sventura estrema,
Vendicarmi saprò: pensaci e trema.

Fuggi dagli occhi miei,
Perfido, ingannator:
Ricordati che sei,
Che fosti un traditor,
Ch'io vivo ancora.
Misera! A chi serbai
Amore e fedeltà?
A un barbaro, che mai
Non dimostrò pietà,
Che vuol ch'io mora. (parte)



SCENA V

Scitalce, poi Tamiri.

Scitalce - Dove son! Che ascoltai! Tanta fermezza
Può mostrar chi tradisce? Oh dèi! Se mai
Ingannato io mi fossi?
Se mai fosse fedel? Se tanti oltraggi
Soffrisse a torto... Eh che son folle! Ah dunque
Maggior fede io dovrei
A' suoi detti prestar che agli occhi miei?
Risolviti, o Scitalce;
E detesta una volta i tuoi deliri.

Tamiri - Principe...

Scitalce - (risoluto) Al fin, Tamiri,
M'avveggo dell'error: teco un ingrato
So che fin ora io fui; ma più nol sono.
Concedimi, io t'imploro, il tuo perdono.

Tamiri - (Nino parlò per me). Tutto, o Scitalce,
Tutto mi scorderei; ma in te sospetto
Di qualche ardor primiero
Viva la fiamma ancor.

Scitalce - No, non è vero.

Tamiri - Finger tu puoi: nol crederò, se pria
La tua destra non stringo.

Scitalce - Ecco la destra mia: vedi s'io fingo.



SCENA VI

Mirteo e detti.

Mirteo - Così vieni a pugnar? Chi ti trattiene?
Più non sei prigionier. Libero il campo
Il re concede: a che tardar? Raccogli
Quegli spirti codardi.

Scitalce - Mirteo, per quanto io tardi,
Troppo sempre a tuo danno
Sollecito sarò.

Mirteo - Dunque si vada.

Tamiri - No, no; già tutto è in pace:
Che si pugni per me più non intendo.

Scitalce - Soddisfarlo convien. Prence, t'attendo.

Odi quel fasto? (a Tamiri)
Scorgi quel foco?
Tutto fra poco
Vedrai mancar.
Al gran contrasto
Vedersi appresso
Non è l'istesso
Che minacciar. (parte)



SCENA VII

Tamiri e Mirteo.

Tamiri - (S'impedisca il cimento;
Si voli al re). (in atto di partire)

Mirteo - Così mi lasci? Almeno
Guardami, ingrata, e parti.

Tamiri - Mirteo, non lusingarti: io ben conosco
Tutti i meriti tuoi; quanto io ti deggio,
In faccia al mondo intero
Sempre confesserò; saprò serbarti,
Perfin ch'io viva, un'amistà verace:
Ma Scitalce mi piace;
Sol per lui di catene ho cinto il core.

Mirteo - Ma la ragion?

Tamiri - Ma la ragione è amore.

D'un genio che m'accende,
Tu vuoi ragion da me?
Non ha ragione amore,
O, se ragione intende,
Subito amor non è.
Un amoroso foco
Non può spiegarsi mai.
Di' che lo sente poco
Chi ne ragiona assai,
Chi ti sa dir perchè. (parte)



SCENA VIII

Mirteo solo.

Mirteo - Or va, servi un'ingrata; il tuo riposo
Perdi per lei; consacra a' suoi voleri
Tutte le cure tue, tutti i pensieri:
Ecco con qual mercè
Poi si premia la fè di chi l'adora:
Diviene infida, e ne fa pompa ancora.

Sentirsi dire
Dal caro bene:
‘Ho cinto il core
D'altre catene',
Quest'è un martìre,
Quest'è un dolore,
Che un'alma fida
Soffrir non può.
Se la mia fede
Così l'affanna,
Perchè, tiranna,
M'innamorò? (parte)



SCENA IX

Anfiteatro con cancelli chiusi da' lati, e trono da una parte

Semiramide con guardie e popolo, Sibari ed Ircano.

Ircano - A forza io passerò: vuo' del cimento
Trovarmi a parte anch'io.

Semiramide - Così partisti?
Qual mai ragion sopra una man pretendi,
Che ricusasti?

Ircano - Io ricusai la morte:
Avvelenato il nappo
Sibari avea. Fu suo consiglio ancora
La tentata rapina. Egli è l'autore
D'ogni mio fallo.

Sibari - Ah, mentitor!

Ircano - Su gli occhi
Del tuo re questo acciar... (in atto di ferirlo)

Semiramide - Non più: per ora
Non voglio esaminar qual sia l'indegno.
Olà: si dia della battaglia il segno.

(Mentre Semiramide va sul trono, Ircano si ritira da un lato in faccia a lei. Sibari resta alla sinistra del trono. Suonano le trombe, s'aprono i cancelli, dal destro de' quali viene Mirteo, e dall'opposto Scitalce, ambedue senza spada, senza cimiero e senza manto)



SCENA ULTIMA

Mirteo, Scitalce, poi Tamiri e detti.

Mirteo - (Al traditore in faccia il sangue io sento
Agitar nelle vene). (guardando Scitalce)

Scitalce - (Io sento il core
Agitarsi nel petto in faccia a lei). (guardando Semiramide)

Semiramide - (Spettacolo funesto agli occhi miei!)

(Due capitani delle guardie presentano l'arme a Scitalce ed a Mirteo, e si ritirano presso i cancelli. Mentre Mirteo e Scitalce si muovono per combattere, esce frettolosa Tamiri)

Tamiri - Ah, fermati, Mirteo. Sai ch'io non voglio
Più vendetta da te.

Mirteo - Vendico i miei,
Non i tuoi torti. È un traditor costui:
Mentisce il nome, egli s'appella Idreno;
Egli la mia germana
Dall'Egitto rapì.

Sibari - (Stelle, che fia!)

Scitalce - Saprò, qualunque io sia...

Semiramide - Mirteo, t'inganni.

Mirteo - Nella reggia d'Egitto
Sibari lo conobbe; egli l'afferma.

Sibari - (Aimè)!

Scitalce - Che! mi tradisci, (a Sibari)
Perfido amico? È ver, mi finsi Idreno;
È ver, la tua germana
Là del Nilo alle sponde
Rapii, trafissi e la gittai nell'onde.

Mirteo - Empio! inumano!

Scitalce - (cava il foglio) In questo foglio veda
S'ella fu, s'io son reo.
Sibari lo vergò: leggi, Mirteo. (lo dà a Mirteo)

Sibari - (Tremo).

Semiramide - (Che foglio è quello?)

Mirteo - (legge) 'Amico Idreno,
Ad altro amante in seno
Semiramide tua porti tu stesso.
L'insidia è al Nilo appresso. Ella, che brama
Solo esporti al periglio
Di doverla rapir, ti finge amore:
Fugge con te, ma col disegno infame
Di privarti di vita
E poi trovarsi unita
A quello a cui la stringe il genio antico.
Vivi. Ha di te pietà Sibari amico'.

Semiramide - (Stelle, che inganno orrendo!)

Mirteo - Sibari, io non t'intendo. In questo foglio
Sei di Scitalce amico; e pur poc'anzi
Da me, lo sai, tu lo volevi oppresso.
Come amico e nemico
Di Scitalce esser può Sibari istesso?

Sibari - Allor... (Mi perdo). Io non credea... Parlai...

Mirteo - Perfido, ti confondi! Ah, Nino, è questi
Un traditor; da' labbri suoi si tragga
A forza il ver.

Semiramide - (Se qui a parlar l'astringo,
Al popolo ei mi scopre). In chiuso loco
Costui si porti; e sarà mia la cura
Che tutto ei sveli.

Sibari - A che portarmi altrove?
Qui parlerò.

Semiramide - No, vanne: i detti tuoi
Solo ascoltar vogl'io.

Scitalce - Perchè?

Mirteo - Resti.

Ircano - Si senta.

Sibari - Udite.

Semiramide - (Oh Dio!)

Sibari - Semiramide amai: lo tacqui. Intesi
L'amor suo con Scitalce: a lei concessi
Agio a fuggir. Quanto quel foglio afferma
Finsi per farla mia.

Scitalce - Fingesti! Io vidi
Pure il rival, vidi gli armati.

Sibari - Io fui
Che, mal noto fra l'ombre,
Sul Nilo v'attendea. Volli assalirti,
Vedendoti con lei;
Ma fra l'ombre in un tratto io vi perdei.

Scitalce - Ah, perfido! (Che feci!)

Sibari - Udite: ancora
Molto mi resta a dir.

Semiramide - Sibari, basta!

Ircano - No; pria si chiami autore
De' falli apposti a me.

Sibari - Tutti son miei.

Semiramide - Basta, non più!

Sibari - No, non mi basta.

Semiramide - (Oh dèi!)

Sibari - Già che perduto io sono,
Altri lieto non sia. Popoli, a voi
Scopro un inganno: aprite i lumi. Ingombra
Una femmina imbelle il vostro impero...

Semiramide - Taci. (È tempo d'ardir). Popoli, è vero: (s'alza in piedi sul trono)
Semiramide io son. Del figlio in vece
Regnai fin or, ma per giovarvi. Io tolsi
Del regno il freno ad una destra imbelle,
Non atta a moderarlo; io vi difesi
Dal nemico furor; d'eccelse mura
Babilonia adornai;
Coll'armi io dilatai
I regni dell'Assiria. Assiria istessa
Dica per me se mi provò fin ora,
Sotto spoglia fallace,
Ardita in guerra e moderata in pace.
Se sdegnate ubbidirmi, ecco depongo
Il serto mio. (depone la corona sul trono)
Non è lontano il figlio:
Dalla reggia vicina
Porti sul trono il piè.


CORO

Viva lieta, e sia regina
Chi fin or fu nostro re.

(Semiramide si ripone in capo la corona)

Mirteo - Ah, germana!

Semiramide - Ah, Mirteo! (scende dal trono ed abbraccia Mirteo)

Scitalce - Perdono, o cara:
Son reo... (s'inginocchia)

Semiramide - Sorgi, e t'assolva
Della mia destra il dono. (porge la mano a Scitalce)

Scitalce - Oh Dio! Tamiri,
Coll'idol mio sdegnato,
Io ti promisi amor...

Tamiri - Tolgano i numi
Ch'io turbi un sì bel nodo. In questa mano
Ecco il premio, Mirteo, da te bramato. (dà la mano a Mirteo)

Scitalce - Anima generosa!

Mirteo - Oh me beato!

Ircano - Lasciatemi svenar Sibari, e poi
Al Caucaso natio torno contento.

Semiramide - D'ogni esempio maggiori,
Principe, i casi miei vedi che sono: (ad Iracno)
Sia maggior d'ogni esempio anche il perdono.


CORO
Donna illustre, il Ciel destina
A te regni, imperi a te.
Viva lieta, e sia regina
Chi fin or fu nostro re.


Nel tempo del coro che termina l'opera, del suo ritornello e della sinfonia che precede la Licenza, tutta la scena si ricopre di dense nuvole, le quali, diradandosi poi a poco a poco, scopron nell'alto la luminosa reggia di Giove su le cinte dell'Olimpo, ed una porzione d'arcobaleno, che si perde nel basso .fra le nuvole, che circondan sempre le scoscese falde del monte. Si vede Giove assiso nel suo trono, nel più distinto luogo della reggia: all'intorno e sotto di lui Giunone, Venere, Pallade, Apollo, Marte, Mercurio, e la schiera degli dèi minori e de' Geni celesti, e la dea Iride a' suoi piedi in atto di riceverne un comando. Questa (quando già sia la scena al suo punto), levandosi rispettosamente, va a sedere in un leggiero carro tirato da pavoni, e già innanzi preparato sull'alto dell'arcobaleno; e, servendole di strada l'arco medesimo, scende velocemente al basso, dove, smontata dal carro, corteggiata da' Geni celesti, si avanza a pronunciare la seguente


LICENZA
Il giubilo festivo
Di questo giorno, a cui
Sì gran parte del mondo è debitrice
Di sua felicità, non è ristretto
Fra gli angusti confini, o gran Fernando,
Della terra e del mar. Là su l'Olimpo
Lo risenton gli dèi; ne è Giove a parte;
E dall'eccelsa sfera, ov'ei risplende,
Iride messaggiera a te ne scende.
Ed è ragion: Giove in Fernando onora
Un'immagine sua. Padre ei de' numi,
Tu il sei di tanti regni: astro funesto
Il suo seren non turba; e il tuo sereno
A turbar le sventure atte non sono.
Piovono dal suo trono
Sempre influssi benigni;
Sempre grazie dal tuo: Giove è nel cielo
Fra le schiere de' numi; e, fra le schiere
Di tante tue virtù più che reali,
Il lor Giove anche in terra hanno i mortali.

Immagine sì bella
Grata l'Iberia onori;
Ed in Fernando adori
La sua felicità.
Di sì propizia stella
Fin che scintilla il lume,
Padre, monarca e nume
Fernando a lei sarà.


EDIZIONE DI RIFERIMENTO: "Tutte le opere - Pietro Metastasio", a cura di B. Brunelli, volume I, Mondadori, Milano, 1954







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