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I SALMI
Bibliografia
essenziale
consigliata:
1) La Bibbia di Gerusalemme - EDB
2) Il libro dei salmi
- edizioni Paoline
Lettura di un libro tratto da una nota pastorale
della CEI "La
Bibbia nella vita della Chiesa" - EDB
Il Concilio Vaticano II° ha
coniato questa bella definizione del Salterio: "I salmi sono la voce
stessa della sposa (la Chiesa) che. parla al suo sposo (il Cristo)". I
salmi sono le parole che Dio ci ha insegnato per pregare e con le quali
Egli vuole essere pregato.
Dopo il concilio vaticano II°
c'è stata da parte dei laici la riscoperta del Salterio che è diventato
patrimonio del popolo di Dio (ricordiamo, ad esempio, la recita del.
"Salmo responsoriale" durante la S.Messa e la "Liturgia delle Ore").
I salmi, composti
dall'epoca di Davide fino a. quella dei Maccabei. sono un'opera.
poetica e mistica estremamente complicata e sono ricchi di concetti, di
nozioni teologiche e di frequenti simbolismi che a noi risultano spesso
estranei.
Talora, lo stesso salmo è staio rimaneggiato più
volte, tanto che gli studiosi
affermano che alcuni salmi
sono stati rielaborati anche 500 anni dopo la loro stesura primitiva.
con aggiunte o esclusioni di versetti.
Per una corretta comprensione
di quest'opera sarà opportuno ribadire, via via, alcuni concetti
teologici e conoscere usi e costumi di allora. Di particolare
importanza a questi fini sono stati gli studi compiuti a seguito di
scoperte archeologiche.
Suddivisione di massima dei 150 salmi (Salterio)
Una
curiosità: il Rosario (150 "Ave, Maria") è nato per sostituire la
recita dei 150 salmi e, perciò, è stato denominato "Il Salterio dei
poveri" o degli incolti.
Il termine "Salterio" deriva
dal greco "psaltérion" che significa "strumento musicale a corde.", la
cetra, che accompagnava. il canto; "Salmi" ha origine. da "psalmoi" -
sempre in greco - cioè "inni da cantare con musica".
Premettiamo che
nessuna suddivisione risulta soddisfacente.
Suddivisione secondo
1'ebraismo.
Cinque parti quanti sono i libri del Pentateuco:
I° Salmi 1 - 41
II° " " 42
- 72
III°
" " 73 - 89
IV° " " 90 - 106
V° " " 107 - 150
Ognuna di queste 5
sezioni termina con un salmo che si conclude con la frase: "Sia
benedetto il Signore, Dio d'Israele, da sempre e per sempre - Amen "
Il Pentateuco è la
Legge e i salmi sono la preghiera del popolo di Dio.
B -
Suddivisione di massima adottata da noi.
I° Salmi 1 - 41 : sono i
cosiddetti "Salmi di dialogo e di compresenza"
sono i "Salmi - io" e
i "Salmi - Jahve" nei quali entrano in dialogo io, persona che ho
composto il salmo, e Jahve
Sono chiamati "Salmi di
Davide'' perché a lui tradizionalmente attribuiti.
II° Salmi 42 - 49:
"Salmi dei figli di Core". Sono dei corali levitici, cioè cantati dai
Sacerdoti e hanno come centro Sion e il Tempio.
III° Salmi 50 e
73-83: attribuiti ad Asaf e sono connotati da un fortissimo
nazionalismo. "Salterio di Asaf".
IV° Salmi 84 - 89: "Salterio
di Jahve" in cui il protagonista. è il Signore. Nell'A.T. ci sono modi
diversi per indicare Dio. Il nome di Jahve non viene mai pronunciato
dagli Ebrei, perché; secondo la loro cultura, dire il nome significava
avere la piena conoscenza della persona. JHWH è il cosiddetto
tetragramma sacro; sono queste le quattro lettere sacre.
A proposito del
grande rispetto dovuto a Jahve, ricordiamo che il comandamento "Non
nominare il nome di Dio invano" significa che gli Ebrei non possono
pronunciare il Suo nome nemmeno pregando.
V° Salmi 51 - 72 e altri
(101, 103, 108, 109, 110, e da 138 145):
sono salmi sparsi e
contengono "lamentazioni" e anche una riflessione filosofica sul
progetto di Dio e sulla sua conoscenza del cuore umano.
Dal loro studio
scaturisce un approfondimento della conoscenza di Jahve attraverso la
sofferenza.
Lettura del Salmo 139: è un bell'esempio di questa
sezione. Nella liturgia cattolica questo salmo è stato mutilato perché
sono utilizzati soltanto gli ultimi 2 versetti (23 e 24).
VI° Salmi 93; 96-100
"Salmi di Jahvè; che regna
Jahve è il re dell'universo.
VII° Salmi
a) 113-118
b)135-13G
c) 146-150:"I tre Hallel",
ossia i tre gruppi di salmi di lode che costituiscono il cuore, il
vertice; del Salterio
"Hallel" (lode) è la parola iniziale del salmo-
Sappiamo che i salmi del gruppo
a) venivano letti a Pasqua;
b) erano recitati
alla conclusione della cena pasquale e nella celebrazione del sabato
nella sinagoga (il sabato è la Pasqua della settimana);
c) sono stati
inseriti nel Salterio dalla liturgia post-esilica.
VIII° Salmi 105-107:
costituiscono il "Credo storico d'Israele"
Sono 3 salmi che rendono in
versione poetica ciò che nell'Esodo è scritto in prosa.
IX° Salmi 11l e 112:
"Salmi alfabetici sapienziali''
Ciascuno di 22 righe. (ogni
versetto inizia , con una lettera diversa, seguendo l'ordine
dell'alfabeto ebraico.
X° Salmo 119: "Salmo alfabetico" - Ogni strofa,
molto lunga,
inizia con una lettera diversa secondo 1'ordine
dell'alfabeto greco.
XI° Salmi l20-134: "Salmi di ascensione al Tempio"
Di provenienza
liturgica, erano cantati dai pellegrini che entravano in Gerusalemme e
salivano al Tempio.
XII° Salmi 90,91,92,94,95,102,104,119, 137: sono i
"Salmi dispersi" o non inqudrati nelle precedenti categorie.
I titoli o
iscrizioni
Sono abbastanza misteriosi per noi. Dovrebbero
indicare:
1) il genere letterario;
2) le modalità di esecuzione
(strumento e canto);
3) 1'uso liturgico (soltanto alcuni).
Altri titoli fanno
riferimento alla situazione in cui è stato composto il salmo. Esempi:
"II Salmo di Davide quando fuggiva davanti al figlio Assalonne" (Salmo
3). Il Salmo 30 "Canto per la festa della Dedicazione del Tempio" è
liturgico.
Altro esempio : Salmo 4 - genere letterario :salmo
Modalità di
esecuzione : per strumenti a corda
Uso liturgico : Preghiera
della sera
Il maestro de1 coro è la persona a cui viene
affidata l'esecuzione del canto. Notiamo, per inciso, che il salmo è
diverso dall'inno
VI° Salmi 93; 96-100 "Salmi di Jahvè; che regna
Jahve è il re
dell'universo.
VII° Salmi
a) 113-118
b)135-13G
c) 146-150:"I tre Hallel", ossia i tre gruppi di salmi di lode che costituiscono il cuore, il vertice; del Salterio "Hallel" (lode) è la parola iniziale del salmo- Sappiamo che i salmi del gruppo
d) venivano letti a Pasqua;
e) erano recitati alla conclusione della cena pasquale e nella celebrazione del sabato nella sinagoga (il sabato è la Pasqua della settimana);
f) sono stati inseriti nel Salterio dalla liturgia post-esilica.
VIII° Salmi 105-107: costituiscono il "Credo storico d'Israele"
Sono 3 salmi che rendono in versione poetica ciò che nell'Esodo è scritto in prosa.
IX° Salmi 11l e 112: "Salmi alfabetici sapienziali''
Ciascuno di 22 righe. (ogni versetto inizia , con una lettera diversa, seguendo l'ordine dell'alfabeto ebraico.
X° Salmo 119: "Salmo alfabetico" - Ogni strofa, molto lunga,
inizia con una lettera diversa secondo 1'ordine dell'alfabeto greco.
XI° Salmi l20-134: "Salmi di ascensione al Tempio"
Di provenienza liturgica, erano cantati dai pellegrini che entravano in Gerusalemme e salivano al Tempio.
XII° Salmi 90,91,92,94,95,102,104,119, 137: sono i "Salmi dispersi" o non inquadrati nelle precedenti categorie.
Un
autore dice: "I salmi sono la nostra autobiografia umana e spirituale,
la fusione fra il divino e l'umano, a volte collisione, a volte
confronto, a volte abbraccio". (questa frase dovrebbe essere il
sottofondo per la lettura personale del Salterio nel quale ci sono
sempre due protagonisti: L'UOMO E DIO.
Io mi pongo davanti a Lui e
uso queste parole e Dio ora mi risponde con queste altre parole.
La
teologia del libro dei Salmi
Per i loro grandi
contenuti i salmi sono un compendio di tutta la teologia dell'Antico
Testamento. I salmi, però, non sono dei brani in cui teoricamente è
stata elaborata una teologia e, neppure un trattato di teologia ben
strutturato perché sono il frutto dell'esperienza umana. Infatti
prendono origine da una malattia, da una sofferenza da un tradimento,
da una vittoria, da una grazia ricevuta.....
Dio non è presentato in modo
sistematico, ma come si rivelava in ciascun momento dell'esistenza
umana. I salmi cantano i1 Dio dell'Alleanza, che entra in comunicazione
con l'uomo trattandolo come un alleato, il Dio della storia - non
quello asettico e lontano - che si fa storia di un popolo e storia
personale. Dio entra nella mia storia. I salmi ci presentano il Dio
vicino che diventerà l'Emmanule, il "Dio con noi".
Questo concetto ci
guida a una lettura cristocentrica del Salterio. Teniamo nuovamente
presente che non c'è nei salmi una teologia sistematica, ma vi sono
tanti elementi utili per avere 1'affresco di Dio.
Uno dei contenuti più
importanti, quasi un filo conduttore, è il passaggio graduale nella
concezione della vita che passa dallo sheol (una sorta di catalessi, di
sonno profondo) fino ad arrivare all'intuizione di una vita autentica
oltre la morte.
Sono concetti espressi, più che altro, attraverso i
simboli.
Lettura del Salmo I6 "II Signore, mia parte di
eredità". Soffermiamoci sui vv. 10 e 11. Qui, siamo quasi alla
risurrezione.
I principali eventi
storici del popolo ebraico
Presentazione del
prospetto storico e annotazioni.
La storia del popolo
d'Israele si inserisce nel contesto più ampio della storia dei popoli
mediterranei.
Nell'ultima fascia del prospetto, che ha per
argomento "I libri della Bibbia nella storia", sono annotate le date
approssimative della loro composizione. Per i salmi si parte dal 486
per arrivare al 429 a.C., poco prima del periodo ellenistico.
Ovviamente, si tratta di una collocazione storica di massima. Infatti,
pare proprio che l'estensione e la rielaborazione di questa opera
spazino dall'epoca di Salomone (970 a.C.) fino al secolo prima di
Cristo perché i salmi accompagnano la maggior parte della storia
d'Israele.
Alcune date riportate sono particolarmente
significative come quelle che riguardano l'esodo e il periodo della
monarchia.
1) nel 933 a.C. il regno unitario di Salomone si
divide e si costituiscono il regno d'Israele, al nord, con capitale
Samaria; il regno di Giuda, al sud, con capitale Gerusalemme.
2) Nel 721 a.C. il
regno d'Israele viene distrutto dagli Assiri. E' l'epoca di formazione
di grandi libri profetici e, anche, di alcune tradizioni del Pentateuco
(tradizioni eloiste e deuteronomiste).
3) 587-538: date
fondamemtali. Sono i 51 anni dell'esiliio dei Giudei in Babilonia e
costituiscono il periodo più significativo della spiritualità del
popolo d'Israele.
4) 70 a.C. , anno della distruzione di Gerusalemme,
da parte di Tito. Da quel momento, essendo venuto a mancare il tempio,
assumerà grande importanza la sinagoga
5) 6-8 a.C., data presumibile
della nascita di Cristo.
Quale concezione di Dio è presente nei salmi?
La teologia
del Salterio non è riassumibile in poche parole. I salmi sono
espressione di emozioni; potremmo dire che sono parole dell'uomo che
inveisce, loda, prega, chiede. Ossia Dio è visto attraverso le emozioni
dell'uomo.
Ogni salmo ha la sua diversa sottolineatura di Dio.
Il Salterio è una composizione liturgica, cioè i salmi non sono stati
composti per la meditazione personale, ma nascono per l'uso liturgico,
assembleare, comunitario. Ogni salmo, anche il più
personale, ha sempre
una dimensione comunitaria perché è voce di un popolo e non di un
singolo.
E' bene sottolineare che il contesto normale per la
proclamazione dei salmi è la liturgia e che quando si legge un salmo si
è sempre nella dimensione della Chiesa.
Il simbolismo del
Salterio
I salmi sono ricchi di immagini e, quindi, è
importante capire quali simbolismi sono presenti in esse.
I simbolismi sono
riuniti in 4,grandi gruppi:
due verticali; uno verso
l'alto e uno verso il basso
due orizzontali; uno che usa
simboli umani e uno che usa simboli cosmici.
Analizziamo i vari gruppi.
A) I° verticale:
simbolismo teologico; verso Dio. Tutto ciò che richiama l'altitudine
viene usato per spiegare Dio ( monti, tuoni, fuoco che sale verso
l'alto, le ali degli uccelli e tutto ciò che esprime altezza e
movimento verso l'alto) quando troviamo questi simbolismi abbiamo
solitamente l'idea del Dio-eroe potente in battaglia; del Dio del
tuono, del Dio che combatte contro i suoi nemici, ossia del Signore
degli eserciti.
Il salmista descrive Jahvè attraverso ciò che è più
usuale.
I salmi sono vicinissimi alle parabole evangeliche
perché sono la voce di un popolo che vive concretamente.
Spesso nei salmi c'è
la descrizione dell'organismo di Dio, quasi una visione antropomorfa di
una persona ( braccio, mano, cuore, occhi, orecchio…) che ha una sua
psicologia (commozione di Dio, ira, arrabbiatura,…..).
Tutto questo
appartiene alla dimensione verticale e i simboli ci descrivono ciò che
Dio è secondo il salmista.
B)I° orizzontale: simbolismo
antropologico, cioè umano. In questa dimensione sono presenti diversi
elementi:
a) ci sono dei paragoni che tengono
presenti gli animali, ma servono a descrivere l'uomo (la cerva,
l'aquila, il mulo, ecc…). Si tratta, chiaramente di un simbolismo
antropologico;
b) paragoni tolti dal mondo vegetale (l'albero
secco confrontato con l'albero verde; l'erba che il mattino è verde e
la sera è già falciata e dissecca - come l'uomo -; ecc...);
c) paragoni presi
dalla vita comune, come la pigiatura; simbolismi tratti dall'organismo
umano (carne, ossa...) che non spiegano Dio, ma l'uomo.
C) II° orizzontale :
simboIismo cosmoIogico.
C'è Dio, c'è il cosmo
creatura di Dio.
Al contrario di tutte le religioni dell'epoca, gli
ebrei non vedono nel cosmo una sorta di panteismo (cioè ogni cosa è
emanazione di Dio, ha quasi un'anima).
Per loro le cose sono solo
creature di Dio, e ci parlano di Lui e non hanno in sé una parte di Dio
(vedere la differenza con le religioni egiziana e babilonese).
In questo simbolismo
ci sono elementi che qualificano il creato, cioè l'esistenza, e il suo
opposto, cioè il nulla
II creato è cosa bella, mentre il nulla è cosa
spaventosa, come il leviatan (il mostro marino per eccellenza).
D) II° verticale :
simbolismo verso il basso, infernale.
Esiste il cielo, al lato
opposto ci sono gli inferi, lo sheol. All'inizio del pensiero ebraico
lo sheol è il regno delle ombre, simboleggiato soprattutto dal
sepolcro, che è buio. Spesso è considerato il nemico da combattere come
il leone o il cacciatore, la malattia o la notte, che sono simboli che
richiamano la fine di tutto, appunto lo sheol.
Ulteriore classificazione dei salmi in famiglie
E' una classificazione di
massima, perché suddividere i salmi in modo categorico è impossibile.
1- La famiglia
innica, degli inni esprime l'esigenza di lodare chi sta sopra di noi.
Tutto il Salterio è innico se consideriamo i salmi come un moto del
cuore e non come un genere letterario.
La struttura: 1) invito alla
preghiera;
2) contenuto che esprime alcune idee su
Dio;
3) conclusione che riprende, quasi sempre, l'invitatorio
Gli inni si dividono
in:
a)
inni alla creazione vista come una manifestazione di Dio. L'uomo può
dal creato arrivare a Dio.
Oltre alla creazione, anche
la storia stessa è manifestazione della potenza del Signore. Ricordiamo
i grandi inni sul passaggio del Mar Rosso, ad esempio. Jahvè entra in
comunicazione con l'uomo. Altro esempio: nel Salmo 97 l'invitatorio e
la conclusione si richiamano sul tema della gioia.. E' un inno alla
creazione e gli elementi del creato rendono lode a Dio;
b) inni di Sion, che
sono la celebrazione della. Città Santa e del Tempio, visto come un
cosmo in piccolo.
II Salmo 84 è di pellegrinaggio, cioè uno dei canti
tipici dei pellegrini che si recano in Terra Santa - Lettura Salmo 84 -
La conclusione e 1'invitatorio si richiamano : nel Tempio di Dio c'è
posto per tutti;
c) inni di Jahve - Re della regalità.
Vi prevalgono la lode
di Jahve e la raffigurazione del suo regno eterno. Lettura Salmo 93.
2 - Famiglia delle
suppliche. Molti salmi sono delle suppliche e cantano la tragedia del
dolore e della sofferenza causati dal nemico (malattia, peccato,
rimorso, senso della lontananza da Dio, sconfitta. militare, ingiusta
accusa..). Per questo le suppliche sono uno degli elementi più
importanti del Salterio. Nei salmi i protagonisti sono due : io e Dio,
che qui è in veste di accusato. Molto spesso nelle suppliche c'è la
tragicità di una situazione che era. felice poco prima e adesso è
disastrosa. E questo paragone aumenta la sofferenza, ma, pur nella
tragicità, le suppliche si aprono sempre alla speranza in un futuro in
cui lo sdegno di Dio finirà.
Ecco perché la preghiera
cristiana. deve essere quella dei salmi : noi cristiani dobbiamo avere
sempre la speranza.
Le suppliche si dividono in :
a) personali;
b) comunitarie, cioè;
suppliche ufficiali della nazione intera colpita dall'abbandono di Dio.
Molti di questi salmi sono infatti, propi dell'esilio e terminano con
la speranza e con essi tutta la nazione d'Israele chiede al Signore il
perdono e la pietà.
Annotazioni: alcuni salmi sono citati in diverse
famiglie, altri sono talmente compositi da non rientrare in nessuna di
esse.
FAMIGLIA INNICA
Inni alla creazione: 29/ 18 /
68/ 77 / 144 A /97/136 / 149 /8 / 104/ 19 A/ 33/ 100/ 111/ 113/ 114/
135/ 117/ 145/ 146/ 147/ 148/ 150/
Inni di Sion: 46/ 48/ 76/ 84/
87/ 122/ 132/ 137/
Inni di YAWE'-Re 93/ 96/94/ 97/ 98/ 99/ 10/47/
FAMIGLIA
DELLE SUPPLICHE
Suppliche personali 3/ 5/ 6/ 7/
13/17/22/25/26/28/31/35/38/39/42/43/51/
54/55/56/57/59/61/63/64/69/71/86/88/102/109/130/140/ 141/142/143/
Suppliche
comunitarie: 44/60/74/79/80/83/85/89/90/123/137/
FAMIGLIA
DELLA FIDUCIA E DEL RINGRAZIAMENTO
Fiducia:
4/11/15/23/27/46/62/7.25/131/
Ringraziamento:
40/41/52/92/107/116/138/
FAMIGLIA DEI SALMI REGALI
Salmi di
intronizzazione: 2/72/110/ Preghiere del Re: 7/144 A/
Preghiere per il Re:
21/61/72/84/89/132/
Preghiere in onore del Re: 20/21/45/89/101/132
FAMIGLIA
LITURGICA
Salmi d'ingresso: 15/24/
Requisitorie:
50/78/81/95/75/82/
Salmi di pellegrinaggio 95/24/84/122/
FAMIGLIA
SAPIENZIALE
1/14/37/49/53/73/91/112/119/127/128/133/139/
FAMIGLIA
STORICA
78/105/106/136/111/114/135/
TAVOLE CRONOLOGICHE
ABRAMO
ISACCO E GIACOBBE
I PADRI E I
PATRIARCHI
Migrazione di Abramo da Ur dei Caldei (Gn 12)Isacco
Figlio di Abramo(Gn 21)Giacobbe figlio di Isacco (Gn 25) 1850
a.C.circa1750 a.C.circa Grande sviluppo della civiltà babilonese sotto
Hammurabi
GLI EBREI IN EGITTO
Storia di Giuseppe
figlio di Giacobbe, e i suoi fratelli in Egitto(Gn 30,37)Migrazione del
clan patriarcale di Giacobbe verso il sud, fino in Egitto (Gn 46)Morte
di Giacobbe (Gn 50) e di GiuseppeIn Egitto oppressione del popolo
ebraicoNuove ondate di genocidio e di oppressione nei confronti degli
ebrei (Es 2,4)400 anni di schiavitù in Egitto 1750 a.C.circa1650
a.C.circa1560 a.C.circa1500 a.C.circa1450 a.C.circa1370-52 a.C.circa
Gli hyksos ("i signori stranieri") invadono l'EgittoGli hyksos cacciati
dall'EgittoSviluppo della civiltà minoicaA Creta declino della civiltà
minoicaIn Egitto, tentativo monoteista di Amenofi IV (Akhenaton)
L'ESODO
DALL'EGITTO
Esodo degli Ebrei dall'Egitto sotto la guida di
Mosè per mano di JHWH (Es 12)Peregrinazione di circa 40 anni nel
deserto del Sinai (Gn 15,22ss)Morte di Mosè (Dt 34): gli succede Giosuè
(Dt 34)Giosuè conduce gli Ebrei nella terra di Canaan (Palestina) (Gs
1-12) e la conquista combattendo contro i cananei e i filistei
1292-1250 a.C.1280 a.C. circa1250-1225 a.C. circaprima del 1200 a.C.
circa1200 a.C. circa Ramses II (1304-1238) forse è il faraone
dell'esodoApogeo degli ittiti a scapito dell'EgittoGuerra di Troia
PERIODO
DEI GIUDICI (1200-1025 a.C. circa)
I giudici (=capi), scelti da
JHWH guidano gli ebrei a difendersi dai cananei e filistei 1200-1300
a.C. circa I filistei occupano la costa nord di Cannan
LA
MONARCHIA (1030-933 a.C. circa)
Regno di SaulRegno di
DavidConquista di GerusalemmeRegno di SalomoneCostruzione del
tempioDivisione del regno, Israele al nord con capitale Samaria, Giuda
al sud con capitale GerusalemmeIl regno di Israele è distrutto dagli
assiriGiosia re di Giuda (640-609 a.C.) opera la riforma religiosa
sulla base del deuteronomioNabucodonosor, re dei babilonesi, distrugge
Gerusalemme e deporta i giudei in Babilonia51 anni di esilio dei giudei
in Babilonia 1030-1010 a.C. circa1010-970 a.C. circa970-933 a.C.
circa933 a.C753 a.C. circa (scritti: Am, Os, Is 1-39)721 a.C650 a.C
(scritti: Sof)612 a.C (scritti: Naum, Ger)600-587 a.C(scritti:
Ez,Ab,Gs,Gd,1-2Sam,1-2Re,Lam)587-538 a.C539 a.C Fondazione di
RomaI medi e i babilonesi distruggono Ninive, capitale dell'AssiriaIl
re persiano Ciro II conquista babilonia
DOMINAZIONE
PERSAINA (538-333 a.C.)
Ciro II, con un editto (Esd
1,1-4), libera i giudei che ritornano in palestina Lo scriba Esdra
porta da Babilonia "il libro della Legge di Mosè" (Ne 8,1) che tutto il
popolo accetta come normativoRicostruzione del tempio di Gerusalemme;
celebrazione della pasqua (Esd 5,1-6,22) 538 a.C (scritti: Is
40-66)(scritti: Ag, Zc 1-8)520-515 a.C(scritti:
Sap,Pr,Gb,Ct,Sir,Qo)486-429 a.C(scritti: Sal,Ml,abd, redazione finale
Torah, Gn,Es,Lv,Nm,Dt) La Grecia di Pericle
PERIODO ELLENISTICO (333-63 a.C.)
333 a.C (scritti:
Ne, Esd, 1-2Cr)300-200 a.C. (scritti: Rt,Gio,Est,Gdt,Gl,Tb200-100 a.C(
scritti: Zc 9-14, Bar, Dn, 1-2Mac) Alessandro Magno conquista il Medio
Oriente e la Palestina
PERIODO ROMANO (63
a.C. - ……..d.C.)
Nascita di Gesù 6337-429
a.C.-4 d.C7a.C. circa6 d.C.14-37 d.C.18-36 d.C.26-36 d.C.30 d.C. circa
Pompeo conquista GerusalemmeErode il Grande, alleato dei romani, regna
sulla Palestina (Mt 2)Augusto Imperatore dei romaniLa Palestina diventa
provincia romana con il nome di GiudeaTiberio imperatore dei
romaniCaifa sommo sacerdote (Gv 11,49)Pilato governatore romano della
PalestinaGesù di Nazaret, passione morte e resurrezione
3. FAMIGLIA DELLA FIDUCIA E DEL RINGRAZIAMENTO:
a) Fiducia - Di per sé è
difficile da definire, perché in tutti i salmi è diffusa la fiducia in
Jahvè. Sovente il credente non chiede nulla di particolare, ma esprime
una marcata fiducia in Dio. E' molto tenue la demarcazione fra la
dimensione personale e quella comunitaria perché la fede biblica è
sempre comunitaria (Jahvè salva il suo popolo). Per chiarire meglio il
concetto potrei pregare: "Io, o Signore, spero in Te per noi". Fonte
certa della fiducia è la fedeltà di Dio. Quindi: "Io mi fido di Te, o
Signore perché sei fedele".
b) Ringraziamento - Sono
salmi espressione di riconoscenza per un dono ricevuto e sono così
detti perché in essi si passa dall'esposizione di una situazione
tragica alla certezza dell'esaudimento. Il Signore mi esaudisce non per
i miei meriti, ma perché Egli è misericordioso (la concezione della
Croce). Alcuni di questi salmi sono personali, altri comunitari.
4. FAMIGLIA DEI SALMI
REGALI
Riguardano
il Re, sono salmi importantissimi e sono da ricollegare a 2 Samuele, 7
che è un brano messianico per eccellenza, in cui si manifesta il
messianismo regale che vede il Messia come un Re concreto discendente
da Davide. Il testo in ebraico gioca su due significati dello stesso
termine "casa": I) edificio 2) discendenza.
I primi salmi elencati nel
prospetto sono di intronizzazione, ma una volta finita la discendenza
davidica l'attesa diventa escatologica.
5. FAMIGLIA LITURGICA
Vi sono compresi
salmi cantati nelle diverse feste oppure originati da un festa.
a) Salmi d'ingresso:
contengono le condizioni necessarie, come la fedeltà al decalogo, per
entrare nel Tempio alla presenza del Signore. E' richiesta,
soprattutto, la purezza di cuore che non è un atteggiamento esteriore.
Infatti questi salmi solitamente esprimono l'esigenza dei sacrifici
esteriori, ma anche del cuore contrito e umiliato.
b) Salmi
requisitorie: riecheggiano un processo in cui, di solito, l'uomo e
Jahvè entrano in contrasto e, spesso, Dio è l'accusato considerato
bisognoso di essere difeso.
c) Salmi di pellegrinaggio:
sono molto belli ed erano cantati dai pellegrini che salivano al
Tempio.
Appunti III^ lezione
6. FAMIGLIA SAPIENZIALE
Vi appartengono salmi
diffusi in tutto il Salterio. Ne fanno parte i cosiddetti "Salmi
alfabetici" che sono strutturati in modo da essere facilmente; imparati
a memoria.
7. FAMIGLIA STORICA
Comprende salmi che rievocano
i grandi doni di Dio e le vicende della storia del popolo d'Israele
guidato dal Signore.
SALMO 1
a) Lettura di varie
versioni. Commento
Una digressione: lettura, Atti degli Apostoli 13,
33 ("Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato") e salmo 2, versetto 7
("Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato").
Molto spesso il salmo 1 e il
salmo 2 venivano letti. come un unico componimento, tanto che i Codici
occidentali invece di indicare "del salmo 2" citano "del salmo 1".
Entrambi i salmi parlano di una stessa realtà, il Re, ma sotto due
diversi aspetti e, cioè, il primo dice come dovrebbe essere il re,
mentre il secondo ci porta più direttamente nel contesto del re-messia
che dovrà venire.
Il testo ebraico del salmo 1 inizia con la prima
lettera dell'alfabeto ebraico (alef) e termina con l'ultima (tau) come
a significare che vi è racchiuso tutto l'alfabeto, tutta la parola,
tutta l'esperienza più preziosa d'Israele. E' uno dei salmi che
celebrano la Torah, la Legge. Ed è anche uno dei salmi sapienziali
composti dal saggio che scruta le due vie. L'esperienza insegna che ci
sono i giusti e gli empi. Il saggio pensa e si chiede: è meglio stare
con gli uni o con gli altri?; chi è l'empio e chi è il giusto?
E ancora: il giusto
che soffre perché soffre? Il giusto che muore soffrendo avrà una
ricompensa nell'altra vita? E' questo il cammino della sapienza che si
riflette sull'esperienza. il sapiente risolve questi quesiti
riportandoli a Dio.
Alcuni studiosi hanno interpretato il salmo l. come
liturgico, da cantare nella "Festa del rinnovo dell'alleanza", ma non è
possibile l'aggancio a una ricorrenza della cui esistenza non si è
certi. Si tratta, piuttosto, di un salmo sapienziale che contiene
l'invito ad aderire alla Legge del Signore.
E' quasi un avvertimento per
chi si accinge a leggere il Salterio; è come una di quelle frasi che
erano scritte sui frontoni dei templi antichi. Colui che vi entrava
doveva cercare di metterla in pratica. Questo salmo parla della bontà
di Jahvè che ci offre due vie per permetterci di esercitare la nostra
libertà.
b) Struttura del Salmo 1
vv 1, 2, 3 - Contengono il
ritratto del giusto costruito in negativo e successivamente in positivo
e, per ultimo, con un simbolismo ("l'albero piantato lungo corsi
d'acqua").
vv 4-6 - Ritratto dell'ernpio con un simbolismo
("la pula che il vento disperde"), una negazione ("non reggeranno gli
empi nel giudizio") e, infine, con una antitesi ("la via degli empi
andrà in rovina").
La struttura di questo salmo non è simmetrica e il
linguaggio non è eccellente ed è carico di simbolismi.
1) Il I° simbolismo è
quello delle due vie e ci richiama: a) la tentazione b) la libertà
2) Il II° simbolismo
è quello dell'albero (vedi Geremia 17, 7-8) che simboleggia il giusto,
ma anche la Torah, linfa vitale dell'albero stesso. Notiamo che il
simbolismo arboreo era molto usato.
3) Il III° simbolismo:
agricolo. la pula che il vento disperde viene citata dopo l'albero che
dà 1'idea della solidità.
4) IV° simbolismo:
giudiziario. V. 5 la. voce verbale "non reggeranno" va letta anche "
non potranno alzarsi nel giudizio", cioè "non potranno parlare in
giudizio in propria difesa"
5) V° simbolismo:
quantitativo. All'inizio del salmo gli empi erano i più numerosi,
mentre alla fine i giusti diverranno tanti.
6) VI° simbolismo: temporale.
Ci sono due concezioni del tempo:
a) Il tempo lineare, quello
normale, con le stagioni che si susseguono;
b) Il tempo circolare e
perfetto: "la legge del. Signore, la sua legge medita giorno e notte",
cioè continuamente.
Il tempo lineare fa pensare alla vita terrena,
quello circolare alla vita eterna
7 ) VII° simbolismo: cosmico.
Entrano in gioco i vari elementi che compongono il cosmo.
Rileggiamo i vv 1-3:
contengono il ritratto del giusto e iniziano con una beatitudine, un
macarismo (dal greco macaria). Nell'Antico testamento i macarismi sono
di due tipi:
1) sapienziale
2) spirituale, ma anche
liturgico
In questi primi tre versetti sembrerebbe contenuto
un macarismo liturgico (teologico).
Esempi di macarismo
sapienziale: Prov. 3,13; Qoelet 10,17
Esempio di macarismo più
spirituale e liturgico: salmo 2, 12 Esempio di macarismo più
spirituale: salmo 32, 1 e 2
La beatitudine con cui inizia
il salmo 1 non nasce dall'ubbidienza meccanica a un comando, ma
dall'amore per Dio e per la sua legge. Nel caso di esecuzione
pedissequa degli ordini di Jahvè l'uomo diventerebbe un fariseo.
L'amore del fedele per Dio scaturisce dall'amore di Dio per il fedele.
La felicità consiste nell'amare e nell'essere amato. Il Salterio inizia
con una beatitudine e già ci sentiamo nella dimensione dell'amore.
SALMO 1
IL. CANTO D'INGRESSO AL SALTERlO:
DUE VIE, DUE DESTINI
Assemblea di
empi / è un male per loro stessi, / un male per il mondo. / Assemblea
di giusti / è un bene per loro stessi, / un bene per il mondo. /
Dispersione di empi / è un beneficio per loro stessi, / un beneficio
per il mondo. / Dispersione dei giusti / è un male per loro stessi, /
una disgrazia per il mondo. (Talmud, Sanhedrln 71a).
1 Beato
l'uomo che non entra in riunione coi malvagi ,
non indugia sulla via
dei peccatori,
non siede nel consesso dei diffamatori
2 AI contrario: nella
legge di Jahweh trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e
notte.
3
Sarà come un albero trapiantato presso un canale
che dà frutto nella
sua stagione
e il cui fogliame non appassisce mai.
Tutte le sue opere
avranno successo.
4 Non così i malvagi, non così!
AI contrario: saranno
come pula che il vento disperde.
5 Perciò non potranno i
malvagi alzarsi nel giudizio,
né i peccatori nell'assemblea
dei giusti.
6 Jahweh, infatti, ama la via dei giusti ,
ma quella dei malvagi
andrà in rovina.
Analisi del Salmo 1
La struttura è divisa
in due parti:
I vv. 1-3 e Il-vv. 4-6
La prima parte termina con il
simbolo dell'albero, indice di solidità, mentre la seconda inizia con
il simbolo della pula, indice di una cosa leggera, preda del vento.
I PARTE SALMO 1
v. 1 - La beatitudine
iniziale non è solo legata all'esecuzione di un ordine, ma è la
risposta d'amore all'invito di Dio. Non siamo beati quando ci
comportiamo da servi, ma quando ci comportiamo da figli. Questa è già
un'interpretazione spirituale.
w. 1-3 - I ritratti - Tema:
il credente, il sapiente deve separarsi nettamente dal mondo dei
malvagi. Il brano inizia con la loro descrizione. Per la Bibbia gli
empi sono i nemici di Dio che insidiano i suoi fedeli e la fede; i
peccatori sono coloro che hanno sbagliato bersaglio, che hanno fallito
nella vita. Gli stolti sono:
a) le persone che beffeggiano
Dio;
b)
i diffamatori che seminano la zizzania e suscitano la discordia.
La classificazione
dell'uomo beato avviene attraverso tre verbi:
1) non segue;
2) non
indugia;
3) non siede in compagnia .
1) "non segue": il
termine ebraico significa "seguire in modo curioso". Il termine
"consiglio" significa anche "direttiva".
L'uomo saggio non deve farsi
tentare da coloro che insidiano i fedeli di Dio ,
2) "non indugia":
letteralmente in ebraico "stare ritto ad ascoltare", cioè è un
cominciare ad ascoltare seriamente.
"La via" è in senso traslato
"la vita" o "la scelta di vita". L'uomo non deve stare fermo ad
ascoltare, non può assolutamente aderire alla vita di coloro che; hanno
sbagliato bersaglio;
3) "non siede" ovvero "non condivide abitualmente e
totalmente". In senso traslato "la prassi", "la mentalità del gruppo".
(percorso inverso:
incuriosito ascolta e aderisce alla fede).
L'uomo saggio non aderisce a
queste tre scelte di vita perché "si compiace della legge del Signore".
Il
Salmo I inizia con la prima lettera dell'alfabeto ebraico e termina con
1'ultima, quasi fosse un riassunto della rivelazione di Jahvè. Ci dice
che 1'elemento principale su cui appoggia il giusto è la Torah e ciò
dovrebbe anche significare che la legge umana è buona soltanto se è
emanazione della legge divina.
La Torah per gli ebrei non è
l'elenco di una serie di imposizioni, ma il più grande dono di Dio agli
uomini. E' l'espressione dell'amore del Signore e non va seguita
esteriormente, ma con il cuore. E' una rivelazione divina che ci porta
la gioia, non certo l'oppressione. Dovremmo guardare attentamente il
sentimento che suscita in noi siamo nel giusto se la legge di Dio
suscita la gioia. A questo proposito il miglior commento al Salmo 1 è
il Salmo 119 ("Elogio della legge divina"). Concludendo: il tema della
Torah è legato al tema della gioia (v. 2). Proseguiamo nell'analisi del
v. 2 - "la sua legge medita giorno e notte"..
"Medita" ossia "mormora a
bassa voce" (dall'ebraico), ma non semplicemente parlando, bensì
pensando a ciò che sta mormorando. Gli ebrei non pregano mai
mentalmente, quanto meno sussurrano, e si muovono con tutto il corpo.
Tutto l'essere partecipa alla preghiera perché è preso dalla Torah nel
tempo perfetto (cerchio chiuso - giorno e notte). Il saggio diventa
egli stesso Torah, ovvero - per noi cristiani - Vangelo. La nostra
legge è il discorso della montagna (Mt 5, 6, 7) perché in esso si
realizza il contenuto del Salmo 1. Accanto al concetto di "colui che
mormora" c'è quello dell'adesione totale. Per l'ebreo lo studio della
Torah era già preghiera e viceversa. Per la teologia dogmatica
cristiana è importante lo studio dei salmi che serve a farci pregare
meglio.
v. 3 "sarà come albero piantato lungo corsi
d'acqua" (primo paragone).
L'albero nella Bibbia è il
segno della. solidità; è normalmente contrapposto all'erba e richiama
1'immagine della durevolezza. L'acqua dà la vita. Gesù è l'acqua viva
(Gv. 4 - Gesù e la Samaritana) per la vita eterna. Ricordiamo che
1'acqua che ci ha rigenerato nel Battesimo è contrapposta sempre, nella
Bibbia all'aridità dell'uomo e dell'albero secco (il tamerisco della
steppa e del deserto).
La traduzione esatta del termine ebraico che
corrisponde a "piantato'' è in realtà trapiantato. Ciò significa che si
prende una pianta dal vivaio e la si trapianta in terra per farla
crescere. Il vivaio è irrigato dall'amore di Dio, la Legge; è vita che
dà la vita. "......darà frutto a suo tempo....": l'uomo innestato nel
terreno irrigato dall'amore divino darà frutto quando il Signore vorrà.
"..... riusciranno tutte le sue opere" significa che la retribuzione
delle azioni dell'uomo avviene sulla terra, cioè durante la nostra vita
terrena. Questo principio si scontrerà frontalmente con l'esperienza
negativa delle vicende umane e da qui nascerà, gradualmente, l'idea
della retribuzione nell'altra vita.
II parte del Salmo 1
vv. 4-5-6 - La pula è
un materiale leggerissimo e il vento che la disperde ci richiama
biblicamente l'immagine del giudizio di Dio. Questo tema è espresso
molto esplicitamente: "non reggeranno gli empi nel giudizio". Nel primo
Antico Testamento Jahvè giudica qui sulla terra, oggi, nella vita; in
seguito - e poi nel cristianesimo - il giudizio divino entra in una
visione escatologica, ossia avverrà alla fine dei tempi. Nella II parte
del salmo la situazione è cambiata: ora i giusti sono tanti, sono loro
l'assemblea (al contrario dell'inizio del brano).
Ultimo versetto: "Il
Signore veglia sul cammino dei giusti" - sarebbe meglio tradurre "Il
Signore conosce il cammino dei giusti"; nel senso biblico più pieno:
"il Signore ama". Dio prova entusiasmo e tenerezza perché è un Dio
geloso. Infine: "ma la via degli empi andrà in rovina" perché è
abbandonata dal Signore che conosce quella dei giusti. Andrà in rovina
l'uomo che si sarà messo volontariamente fuori dalla sua via.
Questo salmo è
suscettibile di grandi aperture verso il cristianesimo, se ne
approfondiamo i suoi vari significati. Interpretazione cristologica:
quell'uomo gíusto è Gesù Cristo che non ha condiviso il peccato, ma è
andato con i peccatori (notare la differenza tra l'ebreo e il cristiano
nell'episodio della peccatrice. Interpretazione cristiana: a noi, da
sempre vengono proposte due vie per una libera scelta. Dal punto di
vista cristiano l'albero della vita richiama la croce. Il Salmo 1 è il
compendio di tutta la Bibbia che per essere ben pregata deve essere
conosciuta. Lettura del Salmo 2 secondo la. versione della Bibbia di
Gerusalemme.
SALMO 2
'IL CARME DEL RE-MESSIA:
TU SEI MIO FIGLlO
II trono
eterno promesso a David è caduto nel nulla tremila anni fa, ma è vero
che durante tremila anni, fatto senza confronti nella storia, non è
venuta mai del tutto meno la speranza di un messia davidico destinato a
regnare per sempre. Israele è stato tante e tante volte calpestato, ma
nessun popolo ha avuto la sua lunga e vivissima vita. Gesù è morto
sulla croce come tante migliaia di schiavi, ma da venti secoli il mondo
non ha potuto cancellarne del tutto l'immagine.
(Ouinzio S., Dalla
gola del leone, Milano 1980, pp. 11-12).
1 Perché le nazioni
congiurano
e i popoli tramano cose vane?
2 Perché si
organizzano i re della terra
e i principi si riuniscono in
segreto
contro Jahweh e contro il suo Consacrato?
3 "Spezziamo i loro
legami,
gettiamo via il loro giogo!"
4 Colui che è assiso
nei cieli ne ride,
Jahweh si fa beffe di loro.
5 Allora parla ad
essi nella sua ira ,
li sgomenta nel suo furore:
6 "lo però ho
insediato il mio re'
sul Sion, il mio santo monte".
7 Proclamerò il
decreto di Jahweh
che a mio riguardo disse: Tu sei mio figlio;
oggi ti ho generato.
8 Chiedi a me e ti
darò in eredità le nazioni
e in dominio le estremità
della terra.
9 Li spezzerai con scettro di ferro,
li frantumerai come
ceramica di vasaio!
10 E dunque, o re, riflettete con impegno,
lasciatevi
correggere, o potenti della terra,
" servite Jahweh con timore ,
baciategli
i piedi con tremore
12 perché non s'adiri e non smarriate la via!
La sua ira, infatti,
s'infiamma rapidamente.
Beato chi in lui si rifugia!
IL
SALMO 2
Lettura del salmo 2 nella traduzione della Bibbia
di Gerusalemme e in un'altra versione. l salmi l e 2 mancano del titolo
tanto che alcuni interpreti antichi e alcuni codici occidentali del
Nuovo Testamento riportano il salmo 2 citandolo come parte del salmo 1.
COMMENTO
GENERALE
Il Salmo 2 è uno dei più belli anche se appare di
difficile comprensione. Esce infatti dai nostri schemi mentali,, perché
da noi manca la monarchia e da ani non ci sono più state guerre. Molti.
:Padri della Chiesa l'hanno definito "Il canto del Natale di Cristo" -
e, perciò, andrebbe letto e meditato nel giorno di Natale -.
Innanzitutto, in
teoria, il salmo 1 potrebbe essere unito al salmo 2 perché il primo ci
presenta la Torah (e la via che deve seguire il giusto) e il secondo ci
presenta il motore del (giudaismo, il Messia, che ci spinge
all'incontro con Dio. Nel Cristianesimo al posto della Torah ci. sono
il Vangelo e I'eucarestia e, anziché l'attesa del Messia Giudaico, c'è
l'incontro con Gesù Cristo.
Questi due primi salmi ci
danno la chiave d'interpretazione di tutto il Salterio e della storia
d'lsraele (la Torah, l'infedeltà d'Israele, la speranza, ecc.).
Il salmo due è
"regale" perché ci parla del re e, in particolare, del rito
d'incoronazione -. tipicamente orientale -. Sarebbe interessante e
utile a questo proposito annotare le situazioni parallele delle civiltà
dell'epoca.
vv 1-3
E' descritta la tipica
situazione di interregno, cioè il periodo che intercorre tra la morte
del re e l'incoronazione del suo successore. In questo lasso di tempo
manca un potere effettivo e forte e di conseguenza i re vassalli, che
fino ad allora erano stati sottomessi, congiurano e si ribellano. Il
salmo ci presenta lo statuto teologico della monarchia in Israele, che
non ha origine divina, ma è semplicemente legittimata da Jahvè. E
notiamo una diversità notevolissima rispetto ai regni circostanti, come
ad es. l'Egitto.
Il faraone Amenofi IV, che impose l'abbandono del
culto delle divinità tradizionali in favore della venerazione del disco
solare, unico creatore e conservatore del mondo, e che introdusse in
Egitto questo particolare tipo di monoteismo (che durerà solo fino alla
sua morte), si proclamava "figlio del dio-sole" (AKENATON).
Una curiosità: in un
rapporto del governatore della Palestina, inviato a questo faraone,
compare per la prima volta il nome di Betlemme (1350 a.C: circa).
Il re, quindi, nelle
monarchie dell'epoca, circostanti a Israele, era considerato figlio
della divinità e. aveva perciò origine divina. Tra 1'altro, questo
processo di ".Divinizzazione" è presente anche in Roma, per .es: con la
Gens Julia, che una volta giunta al potere, si fa attribuire origini
divine. Per gli ebrei i1 re era solamente il luogotenente di Jahvè,
cioè il garante visibile e il custode della sua Legge. La figura del re
era molto avversata dai profeti e i singoli monarchi erano il loro
bersaglio perché si comportavano da
prostituiti, da malvagi e da
corruttori del popolo. Si fa strada La convinzione che il re ideale,
come lo vuole Jahvè, arriverà soltanto alla fine dei tempi: ecco il
messianismo escatologico. Alla fine dei tempi cioè si realizzerà il
disegno divino: ci sarà il Consacrato, I'Unto, il vero Messia.
STRUTTURA DEL SALMO 2
vv.
1-3 la rivolta dei re vassalli.
I protagonisti sono sempre
tre: il Re, il Messia, i re della terra.
w.. 4-G Una solenne
dichiarazione di Jahvè. Anche in questi versetti vi sono sempre gli
stessi tre personaggi.
w. 7-9 La dichiarazione del sovrano
w. 10-12 la
sottomissione dei re vassalli, dei re della terra al Signore.
I SIMBOLISMI
Sono due:
a) Uno orizzontale,
che ha il suo esatto opposto in quello verticale. La dimensione
orizzontale va dai re della terra contro il Messia e dal Messia contro
i re della terra. Ma questo stesso movimento è anche verticale, perché
dietro il Messia c'è Jahvè e quando il Messia vince i re della terra è
in realtà Jahvè che li vince;
b) l'altro, antropomorfico:
Jahvè è rappresentato con caratteristiche e comportamenti umani quali
il riso, l'ira e il furore. Il riso di Dio e la sua parola sono
efficaci, mentre il riso di Sara. - che fa eco a quello di Abramo - è
un riso ironico, beffardo, quando le viene annunciato che avrebbe avuto
un figlio. E il figlio si chiamerà Isacco che significa "Dio ha
sorriso".
La promessa di Jahvè si è realizzata. Se Dio ride,
significa che ha già provveduto.
COMMENTO vv. 1-3
Siamo di fronte alla
situazione storica difficile dell'interregno. l vassalli ribelli non si
rendono conto che stanno combattendo, in realtà, contro Dio. Già
dall'inizio si comprende che tutto ciò che costoro vanno tramando è
cosa vana e inutile. C'è L'affermazione, in negativo, della potenza di
Jahvè. Si va insinuando l'idea che gli uomini si possono ribellare a
Dio (vedi il peccato originale e l'orgoglio di Saul). E' vero: ci sono
i re e i loro sudditi che congiurano contro Dio, ma essi non
prevarranno.
Dal salmo 2 scaturisce l'idea, che per il
cristianesimo si realizza in Gesù che la luogotenenza di Dio, cioè
l'agire al posto di. Dio, non si esaurisca nella discendenza davidica.
Gli ebrei attenevano e ancora attendono il vero discendente di Davide,
il Messia.
ANALISI DEI vv 1-2
Soffermiamo la nostra
attenzione sulle seguenti voci verbali:
1) congiurano: partecipano ad
un consiglio, a una riunione segreta, ma nel senso compiere un atto non
giusto;'
2) cospirano: è la traduzione dello stesso verbo di
sal. l, 2 (medita), cioè mormorare a bassa voce con la sottolineatura
della partecipazione dell'intelletto a un progetto;
3) insorgono, da
insorgere: significa esattamente "assumere la posizione prestabilita"
(simbolismo militare). Questa posizione; manifesta il disegno di
qualcuno che va contro il progetto di Dio;
4) congiurano: vedere punto 1
)
Queste azioni sono contro il progetto di Dio e
contro il Suo consacrato (il Messia) il quale diventa colui che sulla
terra realizza il regno di Jahvè. Chi combatte Jahvè non può che
combattere il suo Messia e chi combatte il Messia combatte anche Jahvè.
Per noi cristiani la Chiesa è all'inizio della manifestazione del
Regno, che non si esaurirà in essa, ma si realizzerà pienamente alla
fine dei tempi e riguarderà tutta l'umanità. La Chiesa opererà affinché
questo Regno si renda visibile. Ecco la nostra attesa.
v. 3 Si realizzano i
piani segreti
Quante volte abbiamo sentito Dio come un padrone
che ci opprimeva, ci legava; quanti giovani rivendicano la loro
libertà!... Come assomigliano gli uomini ai re della terra che si
ribellano( vediil peccato originale). "Spezziamo le loro catene"
significa "spezzare il giogo". E'questo, il gesto simbolico del
vassallo che si ribella proprio perché il giogo è indizio di
sottomissione. Il programma dei ribelli è chiiaramente la denuncia di
un trattato di vassallaggio.
w. 4-6
Notare la
contrapposizione fra quanto è scritto nei vv. l-3 e in questi: là ci
sono la congiura e la cospirazione, che avvengono in segreto, mentre
qui abbiamo la luce, la chiarezza, la trasparenza.
Jahvè non mormora,
parla e appare nella sua maestà confrontandosi con la pochezza dei
congiurati. Il Signore vede i congiurati e non riesce a fare di meglio
che sorridere di loro. Secondo un'interpretazione del salmo si
tratterebbe di un sorriso di compatimento o di amarezza o di delusione
per gli sforzi dell'uomo. Viene anche alla mente Gesù che sorride; a
Giuda nel Getzemani e lo chiama amico. Invece questi versetti sono
l'espressione della manifestazione di onnipotenza di Jahvè che sa di
vincere.
L'ira e il furore divini provocano il terrore e
spaventano i ribelli. Dio dice:
"Io l'ho costituito mio
sovrano
sul Sion mio santo monte".
Jahvè è il vero
sovrano il vero protagonista della storia.
vv. 7-9
Il v. 7 è citato,
caso unico, due volte dal Concilio Vaticano II. E'' Jahvè l'autore del
decreto, Lui che parla al re e che lo prende sotto la sua protezione
elevandolo alla dignità divina. " Annunzierò " da
"safar" che significa
"proclamare solennemente. L'elemento centrale di questi versetti è il
decreto del Signore, l'attoufficiale di intronizzazione.
Si noti che tra i
popoli confinanti con Israele, per esempio tra i Cananei, il re
all'atto dell'incoronazione non avrebbe mai potuto affermare: "
Egli, Baal, mi ha detto " tu sei mio figlio, oggi ti ho
generato" ", ma avrebbe parlato in prima persona dicendo: " io sono
stato generato da Baal".
Questa espressione significa
generazione diretta dalla divinità, mentre il decreto di Jahvè, che si
esprime " tu sei mio figlio, oggi ti ho generato" significa soltanto
una filiazione adottiva e non una filiazione sin dall'origine.
Il re in Israele non
è neppure, come in Mesopotamia, il tramite fra Dio e l'uomo, ma è
soltanto il custode della Legge. Semmai un intermediario tra Dio e
l'uomo è il profeta, colui che parla al posto di Dio. Assistiamo qui
alla smitizzazione del monarca e comprendiamo meglio perché gli ebrei
si fossero opposti all'introduzione nel Tempio della statua
dell'imperatore romano inteso come divinità. Jahvè resta totalmente
trascendente, altissimo, irraggiungibile. Non potremo mai vederlo
attraverso quegli uomini, i re della terra. Il sovrano, né da vivo né
da morto, non potrà essere elevato ad un rango superiore a quello degli
altri uomini.
La monarchia per Israele è esclusivamente una
esigenza politica e l'approvazione divina è data in base alla risposta
di fedeltà del re. Ecco la sorte dei sovrani malvagi e infedeli: Dio ha
tolto loro la sua investitura teologica. L'unico re al quale Jahvè ha
perdonato è Davide.
VALENZA ATTUALE DEI
SALMI
I salmi, composti tanti secoli addietro, hanno
tutta la loro valenza anche oggi. Non è il re il solo figlio di Jahvè;
nell'Antico Testamento risulta evidente che; il figlio primogenito è il
popolo e il re è uno del popolo.
v. 7 "Oggi" è il giorno
dell'intronizzazione, non il giorno della nascita e va letto nella
categoria del memoriale come la Messa, che è ricordo di un fatto
accaduto duemila ami fa. E' un avvenimento reso presente adesso, oggi.,
quando stiamo celebrando la Messa, ma è proiettato verso l'eternità.
v.8 Sono
espressi i doni di Dio.
Il v. 9 indica la promessa
della vittoria che avverrà per mezzo di Jahvè.
SALMO 2
(continuazione)
vv 10-12
Il vero protagonista
non è il re, ma Jahvè stesso. "E' ora": espressione che indica un
evento importante che esige una risposta concreta da parte dell'uomo.
E' un invito ad essere saggi, ad istruirsi. e sottintende anche
l'attesa di una risposta. L'appello di Jahvè sollecita a capire: e ad
accogliere il progetto divino sulla storia: è inutile ribellarsi a Dio
che, prima o poi, vince. Chi è saggio e ha potere: deve rendersi conto
che non si può sfidare il Signore.
"Istruitevi": letteralmente
andrebbe tradotto "riflettete".
"Riflettere" è un verbo che:
nella Bibbia allude all; capacità di penetrare in profondità negli
avvenimenti per cogliere il progetto di Jahvè su di noi. Quante volte
agiamo come se Lui non esistesse o ci domandiamo dov'è il nostro Dio!.
E' questo l'interrogativo terribile che si sono posti gli ebrei
nell'olocausto. Le risposte sono state molteplici come, ad esempio,
quella di Primo Levi: c'è stata Auschwitz e, quindi, Dio non c'è;
oppure la soluzione; di WIESEL: proprio perché c'è stata Auschwitz Dio
c'è.
"Istruitevi"
suona come un invito ad accettare la correzione, a riconoscere di avere
sbagliato mettendoci contro il Signore.
LETTURA DEI VV 10 E 11 IN
UN'ALTRA VERSIONE CHE PRESENTA QUALCHE DIVERSITA'
"E dunque, o re,
riflettete con impegno,
lasciatevi
correggere, o potenti della terra;
servite Jahvè con
timore
baciategli
i piedi con tremore"
"Servite" in questo caso è un termine tecnico del
culto e significa: non mettetevi soltanto a disposizione di Jahvè, ma
servitelo in modo totale, rendetegli il culto. Riflettiamo sulla
differenza tra "servire" e "rendere culto" e pensiamo alla scena del
giudizio finale narrata nel Vangelo di Matteo (25, 40 e seg.) quando
Gesù dice: "ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi
miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me". Ma i giusti non
l'avevano compreso tanto che gli rispondono: "Signore, quando mai ti
abbiamo visto affamato..."
E' gente che ha fatto del
bene a qualcuno senza sapere di averlo fatta direttamente a Dio. Il
salmista usando la voce verbale "servite" diventa intransigente, quasi
a dire che non basta fare del bene in generale, ma che è necessario
rendere culto al Signore, riconoscere che è Dio. Nel prologo del
Vangelo di Giovanni è ben chiaro che l'autogiudizio consiste
nell'accogliere: o meno il Figlio di Dio. “ Chi non lo accoglie è già
giudicato.
Inoltre, "servire" indica l'atto dell'adorazione
nel Tempio che sottintende:
1) il timore per la
trascendenza di Jahvè (è un Dio irraggiungibile);
2) l'amore che nasce
dalla Sua vicinanza. Il Creatore dell'universo si è fatto amare.
Ricordiamoci di questi due elementi, di questi due stati d'animo quando
adoriamo: tremore e timore davanti alla grandezza di Dio e, nello
stesso tempo, amore profondissimo per Lui che è così vicino a noi:
"Servite Jahvè con timore": è un richiamare quasi un tremore che nasce
però dalla gioia.
"baciategli i piedi con tremore"
Baciare i piedi di
Jahvè. Significato letterale: ritenere che quella persona, quell'essere
a cui baciamo i piedi è infinitamente superiore a noi.. (Tale gesto era
molto comune in Oriente;). In questo caso è ben evidente che si devono
baciare i piedi non al re della terra, ma solco a Jahvè. In proposito
la storia ci narra che Caligola aveva introdotto questo gesto di
omaggio all'imperatore romano come preludio alla sua divinizzazione.
Ultimo versetto:
"Beato chi in lui si rifugia", secondo alcuni studiosi è frutto di
un'aggiunta successiva. La conclusione del salmo si apre; ad una
beatitudine, così come il salmo 1 che inizia con "Beato l'uomo che non
segue il consiglio degli empi".
INTERPRE'TAZIONE CRISTIANA
E' questo il "Salmo
del Natale del Signore". Il Messia di cui si parla è Cristo il Re, il
personaggio al quale verrà dato il possesso delle nazioni. A Lui si
inchineranno i re della Terra. In Lui c'è l'identificazione tra il
Messia e il figlio di Dio non più adottivo, ma generato dal seno del
Padre. Riandiamo al prologo del Vangelo di Giovanni (1, 1-18).
SALMO
7
"Preghiera del giusto perseguitato
v. 1 Lamento che
Davide rivolse al Signore per le parole di Cus il Beniaminita.
Appartiene alla
"Famiglia delle suppliche", mentre il salmo 1 :fa parte della "Famiglia
sapienziale" e il salmo 2 appartiene alla "Famiglia regale". Lettura
del salmo 7 secondo la Bibbia di Gerusalemme.
Lettura di un'altra versione:
v.
2 "Jahvè, mio Dio, in te mi rifugio:
salvami e liberami da chi mi
perseguita,
v. 3 perché non mi mangi come un leone,
non mi sbrani senza
che nessuno mi salvi".
COMMENTO
v. 1 Sottotitolo
Lettura e
illustrazione di 2 Samuele 18, 9 e seguenti: la morte di la morte di
Assalonne che viene inquadrata nella. sconfitta delle sue truppe. Ioab,
generale di Davide, uccide Assalonne nonostante I'ordine contrario del
suo re ("Trattatemi con riguardo il giovane Assalonne!" 2 Sam. 18,5
"Salvatemi il giovane
Assalonne!" .18,12)
Kush potrebbe essere uno schiavo-messaggero etiope
(letteralmente "Kushita" da Kush che era il nome dell'Etiopia).
"Beniaminita farebbe pensare alla tribù di Beniamino, la stessa di
Saul, avversa a Davide. Non si è trovato nella Bibbia alcun riscontro
alla "perscecuzione" subita da Davide da parte di Kush. Comunque, dal
testo del salmo si evince che ci si trova in un momento altamente
drammatico.
GENERE LETTERARIO: SUPPLICA
Si distinguono tre
elementi:
1) un lamento individuale o supplica;
2) un giuramento
d'innocenza (elemento dominante del salmo);
3) una liturgia che
rappresenta il giudizio di Dio sugli uomini.
Soffermiamoci sul secondo
elemento
Il "giuramento d'innocenza"'. si pronuncia nel
Tempio alla presenza di un sacerdote e consiste nell'invocare il
giudizio di Dio ed è detto anche "ordalia". Nel caso pratico quando
l'inchiesta non riusciva a stabilire quale dei due contendenti avesse
ragione, l'accusato chiamava il Signore a testimone della sua
innocenza. Importante era che alla fine di tale processo si potesse
emanare una sentenza suggellata dal giudizio di Jahvè, che è un giudice
giusto. Lo stesso S. Francesco aveva sfidato il sultano a sottoporsi al
giudizio divino, ottenendone però un rifiuto.
In questo salmo è espressa la
"legge del taglione": Tu, o Signore, se sei buono mi devi salvare, se
sono malvagio mi devi punire. Occhio per occhio, dente per dente. E',
tutto sommato, una legge positiva, intelligente: la reazione è
proporzionata all'offesa.
STRUTTURA DEL SALMO
vv. 2 - 3: la
supplica;
vv. 4 - G: il giuramento d'innocenza;
vv. 7 - 14: la grande
assemblea divina;
vv. .15 - 17: mia riflessione sapienziale sul male
e sull'empio;
v. 18 . la conclusione sullo stile della supplica.
La parte più
difficile del. salmo è costituita dai versetti 7 -14 e manifesta
diversi stili di composizione.
SIMBOLISMI
1) Simbolismo
giuridico: è fondamentale perché la ambientazione del salmo è
tipicamente processuale. Il Signore stesso assiso sul trono richiama
subito il simbolismo militare: Dio non è solo giudice, ma anche un
generale che dispone di un esercito per fare rispettare le sue
sentenze. Il salmista qui non parla di armi cosmiche, come i fulmini,
ma di armi umane.
2) Simbolismo teriomorfo: quello proprio
dell'animale feroce, che è rappresentato in questo caso dal leone che
sbrana. Tale simbolismo richiama l'avversario nel processo o il nemico
nelle azioni militari, cioè il male stesso. Il leone può significare il
male, un nemico concreto che: può essere sia esterne sia interno
all'uomo.
3) Simbolismo venatorio: della caccia (w. 13, 14 e
seg.). con l'aiuto del Signore;, raffigurato come un guerriero e un
arciere implacabile, l'empio cadrà nella fossa approntala per catturare
il giusto
4) Simbolismo materno: usato in negativo. L'empio
partorisce la menzogna (v. 15)
5) Simbolismo infernale:
Secondo alcuni studiosi "la polvere" (v.6) richiama l'inconsistenza, il
disonore, le tenebre, lo sheol..
ANALISI DEL SALMO
Il salmo inizia con
un'espressione altamente drammatica: ``Signore mio Dio in te mi
rifugio". "Azar" in ebraico non significa soltanto un rifugiarsi
genericamente in Dio, ma chiedere asilo nel Tempio. (E' da tenere
presente che il diritto d'asilo esisteva fino a un passato abbastanza
recente nelle chiese e nei conventi e colui che riusciva a rifugiarsi
nel Tempio aveva diritto alla tregua da parte dei nemici).
Ora, quest'uomo entra
nel Tempio perché sa che il rifugio che Jahvè gli offre nella sua casa
è solido e concreto. Ne deriva una prima considerazione: l'importanza
di recarsi a pregare in chiesa perché questa dà l'idea concreta dello
spazio di Dio. Nel Duomo di Como il soffitto dipinto d'azzurro e d'oro
zecchino richiama il cielo e, quindi, la casa di Dio.
Nella Bibbia di
Gerusalemme entrambi i verbi del v. 3 vengono tradotti con "sbranare".
Invece il primo verbo andrebbe tradotto "squartare", mentre il secondo
significa anche "rapire". Allora, se, stando a un'interpretazione
simbolica il leone rappresenta il male, è accettabile anche il termine
"rapire".
vv. 4 - 6. Secondo la tradizione precedentemente
trascritta (e diversa da quella della Bibbia di Gerusalemme) al v. 6
anziché "onore" si legge "fegato". Per i Semiti questo era I'organo dei
sentimenti e dei pensieri. Nei vv 4 - 6 si notano due parti:
1) la confessione dei
peccati non commessi (confessione in negativo);
2) l'automaledizione
(se ho agito male il nemico mi insegua e trascini nella polvere il mio
"fegato")
In, pratica si tratta del "giuramento d'innocenza":
io non ho commesso nessuno dei peccati accusati; se dovessi averli
commessi invocherei su di me la vendetta divina. E' un atteggiamento
tipico dell'uomo.
In questo giuramento è evidenziato, molto bene la
"legge del taglione" che esigeva che si rendesse bene per il bene e
male per il male.
v. 5
"Se a torto ho spogliato i
miei avversari". La voce verbale del v. 5 ha più significati in ebraico
, come "spogliare" od "opprimere" ovvero "liberare" o "risparmiare".
Nella logica del salmo 7 "spogliare" significa "se ho ecceduto nella
spogliazione dei miei avversari"; però sarcebbe meglio tradurre "se a
torto ho liberato o risparmiato i miei avversari", cioè con il secondo
significato. Chiaramente è il clima della legge del taglione, ossia
quella della retribuzione terrena.
"Trascini nella polvere il
mio fegato"
Per gli ebrei l'essere umano è unitario perché il
corpo è inscindibile dall'anima e ha una funzione importantissima nella
preghiera, tanto è vero che ancora oggi gli stessi pregano muovendo
tutto il corpo. E' tutta intera la persona che prega il Signore. Nel
caso di menzogna, quindi, è tutto l'essere umano che viene distrutto.
A proposito del
termine "fegato" (in ebraico) c'è tutto un gioco di parole:
Kabod è la gloria,
Kebed è il fegato,
che per gli ebrei è appunto la sede e l'origine delle emozioni più
autentiche di gioia e di dolore
(Nello stesso salmo [v. l0]
costituiscono sede di tali emozioni anche il cuore: e i reni). La
diversità di interpretazione della parola è dovuta al fatto che la
traduzione. (Kabod e Kebed) dipende dalla libera vocalizzazione di
alcuni termini, considerato che l'ebraico antico è privo di vocali.
Alcuni testi hanno vocalizzato e ottenuto Kabod, altri Kebed.
Se vogliamo
spiritualizzare il testo leggiamo "Kabod", gloria; se teniamo presenti:
la versione più: aderente al contesto drammatico del salmo è opportuno
tradurre "Kebed", fegato.
SALMO 7
IL
GIURAMENTO
D'UN INNOCENTE PERSEGUITATO: SORGl, JAHWEH! .
1 Làmento.
Di Davide. Quando egli cantò a Jahweh a
causa delle parole di Kus il
Beniaminita.
2 Jahweh, mio Dio, in te mi rifugio:
salvami da
chi mi perseguita e liberami,
3 perché egli non mi laceri
come un leone,
non mi sbrani senza che alcuno mi liberi.
4
Jahweh, mio Dio, se ho commesso una colpa,
se c'è iniquità sulle mie
mani;
5
se ho ripagato il mio amico col male,
se ho spogliato a torto i
miei nemici,
6 l'avversario mi insegua e mi raggiunga,
calpesti a terra la
mia ,vita
e trascini nella polvere il mio fegato. .
7 Sorgi, Jahweh, nel
tuo sdegno ,
levati contro il furore dei nemici,
svegliati,
o Dio mio, e ordina il giudizio!
8 L'assemblea dei popoli ti
circondi;
dall'alto siediti contro di essa!
9 Giudica i popoli,
Jahwéh,
e giudica me secondo la mia giustizia, Jahweh,
secondo la mia
innocenza, Altissimo!
10 Poni fine al male degli empi,
rendi stabile il
giusto,
tu che scruti reni e cuore, Dio giusto!
11 II mio scudo è
l'Altissimo Jahweh ,
che salva i retti di cuore.
12 Dio è giudice
giusto,
Dio ogni giorno s'adira.
13 Ecco, torna ad affilare la
spada,
a
tendere e a puntare il suo arco.
14 Si prepara strumenti di
morte,
arroventa
le sue frecce.
15 Ecco, l'empio produce iniquità,
concepisce
malizia, partorisce menzogna.
16 Scava un pozzo profondo
e cade nella fossa
che ha fatto.
17 La sua malizia ricade sul suo capo, la sua
violenza gli piomba sulla testa.
18 Loderò Jahweh per la sua
giustizia,
canterò il nome di Jahweh Altissimo.
SALMO
7 - CONTINUAZIONE
Lettura ed esame della parte
centrale del salmo: w. 7-14.
Anzitutto, dopo un breve
preludio, leggiamo una serie notevole di appellativi divini,
Dio è chiamato in
diversi modi. E' il Dio della fedeltà dell'alleanza, il "mio Dio", il
giudice giusto, l'Altissimo, l'Eccelso.
Molto interessante è
l'appellativo "l'Altissimo" che si pone in parallelo con "il Signore",
il Dio del sacerdote Melchisedek che nella Bibbia (Genesi 14,18) è
definito appunto "sacerdote del Dio Altissimo".
E poi abbiamo un Dio
trascendente, che è lontano, inarrivabile, irraggiungibile e, però,
nello stesso tempo è "elohim saddiq", il "Dio giusto", e "elohim safet
saddiq", il Dio giudice giusto.
Tutti questi titoli vogliono
dirci che Jahve è Dio potente, grande, irraggiungibile, ma non lontano
da noi, perché entra nelle vicende unane per giudicarle. Dio è un
mistero che noi non possiamo spiegare, ma che entra nella nostra vita.
Se leggiamo
attentamente i salini, scopriamo che tutto 1' Antico Testamento è una
preparazione alla venuta di Gesù, al Dio fatto uomo. E' bene
sottolineare che nell'A.T. c'è già la percezione di questo evento.
La venuta di Gesù
Cristo è la visibilizzazione del nostro Dio, giudice giusto, che entra
nella storia dell'uomo. Egli segue le vicende umane nell'evolversi
della storia: è il Signore della storia.
L'intervento di Jahve è
espresso in due modi.
1 ) positivo: Dio prende le difese del giusto ~
2) negativo: Dio pone
fine al male che compiono gli empi.
Quindi 1' attenzione è a
favore del giusto e a sfavore dell'empio. E come fa il Signore a
giudicare in modo giusto? Dio è onnisciente e vede nel cuore, cosa che
1' uomo non può fare. Il suo sguardo perfora ogni schermo ipocrita.
v.10 "tu che provi
mente e cuore, Dio giusto".
L'altra versione del v.10
recita: "Poni fine al male degli empi, rendi stabile il giusto,
tu che scruti reni e
cuore, Dio giusto!"
Nella versione della Bibbia di Gerusalemme anziché
"reni e cuore" leggiamo "mente e cuore". Con il termine "mente" abbiamo
l'astrazione di ciò che significano per gli ebrei i vari organi interni
(cuore, reni e fegato).
, Il cuore per gli ebrei è
l'uomo stesso che "vede, sente, parla, odia, ringrazia, ripara
s'insuperbisce"; è "
1'organo" che presiede ad ogni funzione, ad ogni sentimento. Tutto
è nel cuore. Se si
colpisce il cuore la persona muore. Dal cuore spaccato di Cristo, però,
nasce la vita.
Ricordiamo in Gv. 19,34 il significato del sangue e
dell'acqua che escono dal cuore di Gesù crocifisso. II sacrificio della
vita di Gesù, dell'agnello offerto per la salvezza del mondo, è il
sangue; il simbolo dello Spirito, della sua fecondità spirituale, è 1'
acqua.
I
reni indicano le passioni, le emozioni più superficiali, gli istinti;
il fegato indica le passioni e i sentimenti più profondi. II cuore è la
ragione, la coscienza, il sentimento. ma nel senso più alto del
termine. Allora qui vediamo che i vari organi non hanno solo una
funzione fisiologica, ma anche spirituale.
I1 v.12 si conclude con 1'
espressione "ogni giorno si accende il suo sdegno", cioè la
sua ira.
L'ira di Jahve darà
la possibilità di sistemare tutto ciò che era stato messo fuori posto,
perché non si tratta di un comportamento passeggero, ma, secondo il
salmo 7, di un atteggiamento costante ("ognigiorno"). Il Signore
punisce con, la sua ira per tutto il tempo necessario per riuscire a
ristabilire il giusto e a punire 1' iniquo. E' 1' ira di un Dio tenace,
persecutore. Infatti da questo salmo esce 1'immagine di Jahve giudice,
ma anche di un Dio che ci perseguita con la sua grazia.
Riassumendo, in
questi versetti ci sono gli appellativi di Dio, di un Dio che
ristabilisce le cose al loro posto. Alla fine 1'ira e la costanza di
Jahve permettono di riportare il giusto al suo giusto posto.
vv.15-18
-lettura
Vi è accennato il tema dell'autoretribuzione.
L'empio cade vittima delle sue stesse trame, che si ritorceranno contro
di lui. Egli raccoglie ciò che ha seminato. Sarebbe perciò quasi
superfluo 1' intervento di Dio, se Dio non ci fosse.
C'è corrispondenza
con uno dei versetti più belli del Magnificat "ha disperso i superbi
nei pensieri del loro cuore". La traduzione esatta è: "ha disperso i
superbi attraverso i pensieri del loro cuore". Sono gli stessi loro
pensieri che disperdono i superbi.
Secondo 1' interpretazione
cristiana il peccatore si autopunisce nel momento stesso in cui
commette il peccato. Tutto ciò che il salmo espone porta alla quiete,
alla gioia, a un Dio che dice: abbandonati a me e io verrò a
difenderti.
v.l8 - "Loderò il Signore per la sua giustizia e
canterò il nome di Dio, 1' Altissimo.".
La giustizia di Dio è quella
che salva e, allora, ciò che conta veramente è la fiducia in Lui. Diamo
1' interpretazione cristiana: il protagonista è Gesù, il giusto
calunniato, il giusto che è costretto a ricorrere al giudizio di Dio.
E, per quanto
riguarda il discepolo: quale è la giustizia che Dio chiede a noi?
Abbiamo la risposta nei capitoli 5,6,7 del Vangelo di Matteo.
SALMO 8
Lettura del salmo secondo la Bibbia di Gerusalemme
e secondo un'altra versione (allegata). E' un inno alla creazione. E'
una delle composizioni più belle del salterio e andrebbe letto d'estate
sotto il cielo stellato.
Commento.
Nel salmo 8 c'è un
mirabile intreccio tra Dio, 1' uomo e il cosmo, le tre realtà supreme.
Teniamo presente che nella Bibbia non c è una vera e propria
trattazione cosmica; 1'universo è visto in modo .semplice: è una
creatura di Dio e, quindi, tutto ciò che esiste nel cosmo è creazione
divina. A tale proposito vanno letti Genesi 1,2,3 che sono capitoli
sapienziali (specialmente il 2 e il 3) come il salmo. Il cosmo
solitamente è visto come una creatura di cui Jahve si serve per salvare
o punire 1'uomo. Dio con le sue folgori incenerisce gli empi, apre il
mare per far passare il . suo popolo e poi lo richiude per sommergere
gli egiziani. Il cosmo non è una realtà mutica indipendente dal
creatore, ma una realtà soggetta a Dio che la usa secondo i suoi scopi.
E' importante questo concetto per capire la differenza grandissima fra
la religione ebraica e tutte le altre religioni circostanti dell'epoca.
Si tratta della demitizzazione del cosmo.
Nel salmo si accenna anche al
rapporto gerarchico tra queste tre realtà: Dio, cosmo, uomo.
Paradossalmente 1'essere più piccolo, più insignificante -1'uomo- si
colloca al secondo posto, subito dopo Dio, nella scala gerarchica.
Colui che viene esaltato non è 1' uomo, perché il protagonista,
1'attore principale del salmo è Jahve. Di fronte al Creatore e alla sua
grandezza scaturisce la domanda tipicamente sapienziale: perché 1'uomo
è dominatore della terra, perché è grande di fronte al creato? La
risposta sarà: 1'uomo è grande perché Jahve è grande.
La struttura del
salmo 8.
E' molto semplice. Ci sono due antifone: una
all'inizio e un'altra, uguale, alla fine. del salmo. Costituiscono come
due parentesi (acclamazione al nome) una delle quali viene aperta e
1'altra chiusa per contenere lo scopo del salmo che è quello di lodare
e di magnificare il nome di Dio.
Schema.
Antifona d'inclusione
(v.2°): acclamazione al nome
A- Prima scena cosmica: 1'
onnipotenza divina e 1' uomo (vv 2b-5)
B- Seconda scena cosmica: il
potere umano e Dio (vv. 6-9)
Antifona d'inclusione (v.
10): acclamazione al Nome
La prima scena cosmica (I°
movimento) ha. per protagonisti 1' universo e 1' uomo (2b-5); la
seconda scena (II° movimento) ha, al contrario, come protagonisti 1-
uomo e 1'universo (vv 6-9). Potremmo racchiudere queste due parti con
una parentesi graffa e
scrivere a lato, in verticale, .Jahve. Il I°
movimento va dal creato all' uomo, il II° movimento dall' uomo al
creato, ma dietro tutto c'è Jahve che unisce le due parti. Jahve è l'
inizio e la fine.
I simbolismi.
l ) Simbolismo
cosmico, ossia le immagini cosmiche, come il cielo, la terra e il mare,
con due movimenti verticali: uno che sale (uomo-universo) e uno che
scende (universo-uomo).
2) Simbolismo splendore-onore
con altre immagini. In questo salmo le caratteristiche di .Jahve
partecipate al re sono estese ad ogni uomo. Ciascuno di noi partecipa
allo splendore e all' onore di Dio. Scopriamo, così, che gli uomini
hanno la stessa dignità di fronte a Dio. Ogni uomo, in quanto tale, è
uguale agli altri e ha la loro stessa dignità. Sono dà rifuggire, però,
le aberrazioni che considerano gli esseri umani tutti uguali, ma in
senso deteriore.
3) Simbolismo somatico, immagine del corpo
applicati, a Dio e all' uomo. E' bello notare che di Jalme sono citate
le dita, le mani; dell' uomo la bocca e i piedi.
4) Simbolismo
dinamico. In questo salmo sono citate otto azioni di Jahve: sei sono
rivolte all' uomo e due all' universo (creato). Siamo partecipi dell'
atteggiamento di Dio che non è certamente di riposo: Dio è movimento
continuo, non riposa.
5) Tipologia umana. Riguarda la fragilità dell'
uomo con immagini tipiche dell'umanità: i fanciulli, i lattanti e,
nello stesso tempo, i vendicatori, la gente cattiva, i nemici.
6) Simbolismo del
Nome, la simbologia del nome di Jahve.
Il "Nome" è la persona stessa
di Dio annunciata e proclamata in tutto il creato.
Il nome è la
tentazione dell' umanità che erige la torre di Babele con 1' intento di
costruirsi il "Nome" che sia antagonista di quello di Dio.
Nei versetti 2 e 10
si legge "Signore nostro" che è 1'appellativo solenne e regale per
eccellenza (in ebraico "adonénú"). Ma, poi, nei vv2-9, al nome di Jahve
è unito quello dell' uomo non più nel contrasto del peccato. I due non
sono più antagonisti: uno, Jahve, rende grande 1' altro; 1' uomo con la
sua opera rende sempre più visibile :la grandezza di Dio.
Analisi del salmo 8
v.1 "Al maestro di
coro. Sul canto: "I torchi". Salmo di Davide".
Il salmo fa
riferimento a Davide come a un patronato ideale, ma alcuni elementi
presenti nel testo fanno ritenere che sia stato composto in epoca molto
antica, forse fra il X° e il VI° secolo a.C.
"I torchi" traduce il termine
ebraico "su gittit", ossia l'arpa, la cetra. La parola ebraica indica
un' arpa tipica dei Filistei, che veniva costruita nella città di
Davide. Potrebbe, perciò, essere un' indicazione per eseguire, per
cantare il salmo 8 accompagnandosi con tale strumento.
Secondo un' altra
interpretazione potrebbe trattarsi di una melodia filistea. Alcuni
studiosi mettono in relazione questa ipotesi con Davide, perché il re
aveva una guardia del corpo composta da soldati filistei.
Una terza
interpretazione fa risalire "torchio" a "gat". In questo caso si
potrebbe trattare di un canto rituale, un canto per la vendemmia.
Sappiamo che i gesti più importanti dell' uomo, secondo I' alternarsi
delle stagioni, diventavano quasi dei riti religiosi, come avveniva per
la vendemmia e la mietitura, ed erano accompagnati da canti rituali. In
tal modo i gesti rituali dell' uomo diventavano religiosi.
v.2b e v.10: le due
antifone uguali (il tratto iniziale e il tratto finale della grande
parentesi). In questi versetti, in questa lode c'è il coinvolgimento di
tutta la terra perchè si parla di qualche cosa di totale. L' idea è
chiara: tutti gli uomini, tutta la terra devono avere la possibilità di
riconoscere, lodare e magnificare Jahve. II salmista, certamente, non
pensa che gli egiziani e i babilonesi lodando la propria divintà
proclamino la lode di Jahve. Teniamo ben presente che non è valida 1'
idea, oggi assai diffusa in certi ambienti, che chiunque veneri un
qualsiasi "dio" veneri il nome di Cristo.
Leggiamo il cap. 1 della
Lettera di S. Paolo ai Romani, in modo particolare (vv. 20-23)
soffermiamoci sul brano che parla dei pagani che potrebbero
tranquillamente arrivare a Dio attravero le opere dell' universo, del
creato, ma sono vittime della cecità e non solo non arrivano a Lui, ma
fanno diventare loro divinità le opere stesse del Creatore.
Questi due versetti
(2b e 10) sono molto importanti: si deve attribuire la lode a Jahve ,
mai all' uomo.
vv. 2b-5
Lettura di due versioni.
Risulta ben evidente la diversità dei versetti 2b e 3 nelle due
traduzioni, perchè il testo originale è molto corrotto, e, quindi, può
dare adito a varie interpretazioni.
v. 2b "la tua maestà vorrei
cantare lassù nei cieli". Le due parole fondamentali su cui si regge
questo versetto sono:
1 ) tenah, che significa "rendere culto";
2) aser, che potrebbe
anche essere letto "sir" (cantare)
Alcuni studiosi leggono
assieme questi due termini ottenendo il significato "vorrei adorare",
altri "vorrei cantare". Quest'ultima è anche una scelta di assonanza
perchè le parole del v. 2b richiamano le parole ebraiche del salmo
precedente (7,18).
v_.3 "Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi
la tua potenza..."
Altra traduzione: "balbettando come fanciullo e
lattante!..."
Soffermiamoci sui bimbi e sui lattanti, persone
deboli che possiamo intendere in senso reale; piccoli che non possono
ancora parlare, che sono fragili e deboli. Jahve anche attraverso la
loro bocca può essere lodato. Questa espressione, al contrario, può
essere intesa in senso spirituale e allora ci rifacciamo al vangelo di
Matteo (11,25), a Gesù che dice: "Ti benedico, o Padre, Signore del
cielo e della terra, perchè hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti
e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli". Oppure a quando Gesù
dice che chiunque si farà piccolo come i bambini entrerà nel Regno dei
cieli. E' 1' infanzia spirituale. La persona umile, consapevole della
sua fragilità è quella che, più del1e altre, ha la possibilità di
entrare nel Regno dei cieli, di abbandonarsi nelle braccia di Dio.
..
SALMO 8
IL
CANTO DI DI0 CREATORE E DELL'UOMO,
CAPOLAVORO DEL CREATO
' Al maestro .del
coro. Sulla ghittea. Salmo. Di Davide.
2a O Jahweh, nostro Signore,
quant'è glorioso il.
tuo Nome
su tutta la terra!
2b La tua maestà vorrei
cantare lassù nei cieli
3 balbettando come fanciullo
e !attante!
Hai gettato le basi di un baluardo a causa dei tuoi
oppositori,
per ridurre al silenzio il nemico e il vendicatore.
4
Certo, quando guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e gli astri
che tu hai fissato,
5 che cos'è mai l'uomo perché te ne ricordi,
l'essere umano perché
te ne curi?
6 Eppure I'hai fatto poco meno di un dio,
l'hai coronato di
gloria e di magnificenza,
7 I'hai reso signore
sull'opera delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi
piedi:
8
tutti i greggi e gli armenti,
tutte le bestie della steppa,
9
gli uccelli del cielo e i pesci de! mare,
sì, tutto quanto solca le vie
delle acque!
10 O Jahweh, nostro Signore,
quant'è glorioso il
tuo Nome
su tutta la terra!
Salmo 8 - continuazione
Riprendiamo il
commento al salmo 8, v.3 nel quale si parla di bimbi e lattanti.
Guardiamo alle
riprese evangeliche del salmo, soprattutto di questa. parte e
rileggiamo Mt 11,25 e 21,15-16: il Vangelo è rivelato non ai forti e ai
potenti, ma ai semplici. I bimbi e i lattanti fanno da contrasto con
un'altra categoria di persone: gli avversari, i nemici e i ribelli. I
bimbi e i lattanti accolgono il Signore e lo lodano; quegli altri che
solitamente sono adulti, non lo accolgono.
Facciamo una precisazione
terminologica Il testo ebraico tradotto letteralmente va letto
"oppositori, nemici e vendicatori" (anziché "ribelli").
Che significato hanno
queste parole?
Gli oppositori e i nemici sono coloro che si
oppongono a Dio, mentre i vendicatori si arrogano un diritto che è
tipico del Signore: La. vendetta. appartiene a Dio.
I vendicatori sono
dei superbi che escludono a tal punto il Signore da pensare di mettersi
al suo posto, tanto da prendersi i diritti tipici di Dio. Questa.
affermazione è carica. di conseguenze pratiche: come intendere, per
esempio, la pena..
Perché lo Stato infligge una pena? Per vendicarci
oppure per un altro motivo? Quando noi giudichiamo un'altra, persona
non ci arroghiamo per caso un giudizio che di Dio?
V. 3b
"affermi la. tua
potenza";
altra traduzione "Hai gettato le basi di un
baluardo"
Letteralmente: "hai posto le fondamenta. di un
bastione, una fortezza".
II salmista dice che Jahve ha
messo le basi e ha costruito il firmamento. Nella concezione ebraica il
firmamento è una specie di calotta che è situata fra la terra. e il
cielo e non permette alle acque superiori di comunicare con quelle
inferiori e ricoprire così la terra facendo tornare il caos che c'era.
prima della creazione.
Allora, Dio ha posto il firmamento per dire che i
suoi nemici, i suoi oppositori e i suoi vendicatori non potranno mai
arrivare fino a lui.
Qualcuno ha visto in questa. concezione come nemici
e avversari le creature mitiche, ad esempio, Leviatan oppure Behemot,
che non erano altro che il coccodrillo e l'ippopotamo, figure mostruose
che vengono mitizzate e che sono gli avversari dell'uomo e di Dio e che
poi per astrazione sono identificate con il male. Behemot e Leviatan ne
sono la personificazione. Non per niente Satana. nel racconto del
peccato originale é identificato con un serpente.
Dal brano si può dare
questa. interpretazione: Dio crea un baluardo che è il firmamento e
tale baluardo non può essere mai superato dai suoi nemici.
_V.4 ,
"gli astri" sono
fissati, cioè sono resi stabili da Jahve. Con il v.4 comincia
l'esaltazione di Dio perché questo è il vero motivo di fondo del salmo.
Un
Dio talmente grande che con le sue opere. fa. un lavoro di cesello. Il
creatore è così potente. che per fare delle cose tanto perfette gli
bastano le dita
Non commuoviamoci contemplando il cielo stellato,
ma. commuoviamoci davanti a Dio che l'ha creato con le sue dita,
davanti alla sua potenza. e alla sua delicatezza.
V.5
"che cos'è l'uomo
perché te ne ricordi"
Il verbo "ricordarsi" è importantissimo, perché è
uno dei verbi essenziali della. Bibbia. Ci dice. la storicità di Dio e
nello stesso tempo è alla base della fede umana.. Pensiamo
all'Eucarestia, "fate questo in memoria di me", che è il ricordo di
Gesù Cristo, è la. base della nostra fede.
Se Cristo non avesse
pronunciato quelle parole non avremmo avuto I'Eucarestia, non ci
sarebbe stata la Chiesa. Che cosa è l'uomo? L'uomo è "enos".
Vorrebbe dire
letteralmente "realtà malata," e significa la fragilità e la debolezza
umana
L'altra
parola: "figlio dell'uomo" ("ben' adam") ci richiama la. terra
("adamah") perché "adam" (Adamo) appunto, è tratto dalla terra. ~
Anche qui appare la
fragilità. Si vede come il salmista. ci tiene a sottolineare che I'uomo
è una realtà. malata, fragile, fatta di terra,.
V.5b
"...perché te ne
curi?"
"Curare"
significa "visitare, sorvegliare, provare sollecitudine e
preoccupazione". Dio prova sollecitudine per I'uomo; è sempre
protagonista.
Allora, se Jahve è così grande e cesella con le
dita l'universo e si prende cura dell'uomo, le sorprese possono essere
tante, come quella che arriva subito dopo, "Eppure l'hai fatto poco
meno degli angeli". (v.6)
V.6a
C'è una questione:
nel testo ebraico leggiamo "elohim" che alcuni intendono (come nella,
Bibbia di Gerusalemme) come delle creature superiori, quelle che stanno
tra Dio e l'uomo, gli angeli, appunto.
Secondo altri studiosi
questa, interpretazione non è valida, perché si tratta del salmo della
onnipotenza. e della grandezza di Jahve e della piccolezza dell'uomo.
Non ha quindi senso introdurre un altro termine di paragone con l'uomo.
Costoro vedono "elohim" come un plurale maiestatis, di Dio, e allora.
la traduzione sarebbe: "eppure l'hai fatto poco meno di un Dio".
Questa seconda
versione pare rispetti meglio il contesto del salmo.
V.6b
"di gloria e di
onore" sarebbe: " di gloria e di splendore".
Le due parole "gloria e
splendore" sono attributi solo di Dio e sono usate per l'incoronazione
del monarca Infatti le parole "lo hai coronato: gli hai dato potere"
fanno parte del rito d'incoronazione. Potremmo quasi dire che sono dei
termini tecnici per questa grande liturgia d'incoronazione.
L'uomo, tutti gli
uomini sono pari al re perché Dio li ha. incoronati re dell'universo.
Può sembrare che la figura del re venga così ulteriormente smitizzata
perché anche tutti gli altri uomini sono uguali davanti a Dio. Ogni
uomo è re e Dio gli ha dato un immenso potere su tutto l'universo.
Tutti gli uomini hanno la stessa dignità.
L'uomo, allora, é il Signore
dell'universo, ma di un'opera. non sua Da ciò deriva la responsabilità
umana. L'universo è dato in gestione all'uomo, ma. è Dio che l'ha.
cesellato con le sue dita. Quindi c'è una. visione ben precisa
dell'uomo e dell'universo: l'uomo è il signore di una cosa non sua. La.
potenza. dell'uomo non è assoluta, non è neppure basata. sui suoi
sforzi perché gli è data. prima di tutto da Dio.
Interpretazione
cristiana: quest'uomo è Cristo, è lui il nuovo Adamo, l'uomo per
eccellenza, che ricompone in sé tutto il creato distruggendo le
conseguenze del peccato.
SALMO 15
"L'ospite del Signore". Salmo di Davide.
Lettura del salmo
nella versione della Bibbia di Gerusalemme e secondo il testo allegato.
Iniziamo
a conoscere i salmi composti per la liturgia, detti anche "salmi
liturgici" o "salmi d'ingresso':
Introduzione
Il salmo 15 è una
"liturgia d'ingresso". Si tratta di un termine tecnico. Il pellegrino
per entrare nel tempio doveva avere 1'animo purificato. Nel commento al
salmo 1 si è detto che tale salmo era come 1' iscrizione posta sul
frontale dei tempi (o ai loro ingressi), che invitava alla
purificazione coloro che vi entravano. Queste iscrizioni riassumevano
1' atteggiamento da tenere prima di entrare nel tempio.
E' un atteggiamento
che potremmo chiamare, con un termine a noi più usuale, "atto
penitenziale". Si tratta di un gesto che anche noi compiamo all'inizio
della Messa ("Confesso a Dio onnipotente... "), che precede, quindi, la
celebrazione vera e propria del rito.
In questo senso il salmo 15 è
"atto penitenziale".
L'accesso al tempio di Gerusalemme richiedeva
innanzitutto la purità esteriore, che si estendeva anche alle persone.
Infatti un muro di separazione impediva ai pagani, i cosi detti
"Gentili", di entrare nell'area sacra del tempio di Erode. Ciò è
confermato dal ritrovamento tra i ruderi di questo tempio di lastre di
marmo con scritte contenenti la minaccia della pena di morte per i
trasgressori.
La purità esteriore, legata all'osservanza di
determinate pratiche, diventa però, grazie soprattutto all'opera dei
profeti, sempre più esigenza di intimità interiore.
A Dio interessa il
cuore dell'uomo, la sua purezza. Si manifesta quella legge scritta nei
cuori che sarà portata a compimento da Gesù.
La base per 1' esame di
coscienza (noi nel confiteor diciamo che "abbiamo peccato in pensieri,
parole, opere ed omissioni... ") di ogni ebreo che entrava nel tempio
era il testo del Decalogo, cioè il testo dell'Alleanza tra Dio e
Israele (Es. 20).
E' questo 1'atto che il buon ebreo doveva compiere
prima di presentarsi davanti alla gloria del Signore nel tempio.
Ora, il salino 15,
con .tutte le sue norme molto concrete, evidenzia che liturgia e vita,
preghiera ed esistenza non devono mai essere separate.
Un cristiano che si
limita soltanto ad andare a Messa alla domenica non è m buon cristiano,
perché la pratica del culto non può essere separata dalle opere. Ci
sarebbe
una frattura grandissima fra la sua preghiera
(liturgia) e la sua vita (esistenza). Su questo tema insistono
moltissimo i profeti (Is. 33,14-16, Mic. 6,6-8).
Il contenuto del
salmo ci induce a non avere una visione magica della liturgia e della
preghiera; il salmista, cioè, ci vuole inculcare il concetto che la
liturgia senza la vita è vuota e che la vita prende anima e consistenza
dalla preghiera.
Altra caratteristica del salmo 15 è la concisione.
in un'epoca in cui si tendeva a moltiplicare i precetti (erano ben 613)
il salmista cerca di accentrarli, di ridurli a pochi. Era, questa,
anche la tendenza dei profeti. Ad esempio per Michea i precetti erano
tre: pietà, amore, umiltà.
E, soprattutto, questa era la
tendenza di Gesù, il quale quando gli viene chiesto quale sia il
comandamento più importante della Legge risponde che il precetto è uno
solo: ama Dio e ama il prossimo.
Il brano ci mette già di
fronte al tentativo di arrivare al "cuore" della Legge, che è 1'amore.
E' 1' unico comandamento che conta. Il salmo 15 rientra nel processo di
passaggio dalla dispersione (613 precetti) unità (un solo precetto).
Struttura
V.1
Contiene una domanda
e sono possibili due interpretazioni:
a) è la domanda che il fedele
rivolge al sacerdote e la parte seguente del salmo è la relativa
risposta.
b) è la domanda del sacerdote ai fedeli e il resto
del salmo è la risposta degli stessi fedeli al sacerdote.
Sembra più plausibile
la prima interpretazione.
v.2 Esprime tre condizioni
generali.
v.3 Esprime tre condizioni "orizzontali" per il
prossimo.
v.4 Esprime tre condizioni "verticali" per il
prossimo.
v.5 a b
Indica due condizioni
economico-giuridiche.
v.5 c d .
Il versetto finale riprende
il primo. Indica il risultato che consegue chi avrà osservato tutte le
prescrizioni contenute nel salmo.
La parte centrale del salmo,
più che poetica, sembra catechetica (insegnamento) o addirittura
giuridica (un canone del diritto canonico).
I simbolismi. .
I simbolismi non sono
molti, proprio perché è un salmo catechetico-giuridico e non profetico.
a)
Il più, presente è il simbolismo di tipo sacrale che è legato al
tempio, visto come una tenda come una montagna) in cui abita il Signore
(v.1 ).
La tenda ricorda la "tenda del convegno" durante
l'Esodo, mentre la montagna evoca la stabilità del tempio.
b) Un altro
simbolismo è ricavato da "dimorare" e da "fermarsi": è il simbolismo
dell' ospitalità. "Dimorare" si può tradurre anche con "piantare la
tenda". Si parte da Lui idea di instabilità, perché la tenda è
instabile, perché chi pianta la tenda è un nomade che non ha un posto
fisso nel quale stare. Però anche questo simbolo di instabilità (tipico
del pellegrino) arriva a fermarsi in uri simbolo di stabilità finale.
L'ospite è colui che,
prima o poi, se ne andrà. E` il pellegrino per eccellenza che entra nel
tempio per pregare, per incontrare il suo Signore; poi esce e torna ai
suoi fratelli. Ecco il simbolismo dell'ospite, che dà 1'idea di qualche
cosa che, comunque, non è stabile. Tutto questo è espresso attraverso i
due verbi "dimorare e fermarsi che
però, partono da una
situazione di instabilità (dimorare nelle tende).
Commento.
v.l
E' un verso che
esprime il camminare verso Dio, il giungere agli atri del Signore. Qui
sostiamo, ma ci aspetta un altro cammino. Ma c'è un ulteriore
differenza si amava da un lungo cammino non solo stanchi fisicamente,
ma anche interiormente ( "venite.a me voi tutti che siete affaticati e
oppressi..."). Chi è arrivato stanco sosta e quando riparte è solido,
riposato, ha ritrovato la sua stabilità. La gloria del Signore lo ha
.rinforzato. Così dovremmo vivere la nostra Messa: arriviamo stanchi e
demotivati, veniamo ristorati e usciamo solidi, costruiti sulla roccia.
Il
pellegrino va al tempio, ma alla fine dimora anche, non nel senso di
abitare nel tempio ma nel senso che presso di lui il Signore ha preso
dimora stabile.
E' uno scambio: tu vai nel tempio, incontri il
Signore, rimani un po' e quel Dio che hai incontrato dimora stabilmente
in te. Così è nella Comunione.
vv.2-5b: il corpo centrale.
Si ha un linguaggio
molto essenziale, tipico dei profeti.
E' importante sottolineare
che gli atti indicati in questi versetti non si debbono compiere al
momento dell' ingresso al tempio; piuttosto sono comportamenti che
devono rappresentare una dimensione permanente della vita del.
credente, una mentalità. Ci accorgeremo che questi atteggiamenti hanno
tutti una valenza comunitaria.
La nostra non può essere una
fede intimistica (io e il mio Dio) ma il nostro rapporto con Dio vale
proprio in quanto ci sono li altri (vedere la I° lettera di Gv.). Se
non si vive in una dimensione comunitaria non si può nemmeno amare il
Signore.. E' opportuno ripetere che la fede dell' ebreo, prima, e del
cristiano, poi, non è intimistica,
ma sempre comunitaria.
Paradossalmente 1' eremita che odia il mondo sarà sempre un pessimo
eremita; 1' eremita che ama il mondo sarà sempre un ottimo eremita.
Allora la fede deve essere sempre sbilanciata, con entusiasmo, verso il
prossimo.
II corpo centrale del salmo l5 è un insieme di
precetti in positivo e in negativo. Il salmista ci dice che non è
sufficiente non fare del male (precetti in negativo), ma che bisogna
fare del bene (precetti in positivo).
v.2
Possiamo affermare che la
prima proposta ("Chi cammina con integrità") accomuna e condiziona
tutte le altre. "Integrità" in ebraico indica il cerchio, che è
sinonimo di perfezione, di completezza e si può, quindi, tradurre con
il termine "perfezione". Ci richiama la frase di Gesù "Siate
perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste".
Seconda proposta:
"chi pratica la giustizia". Per un ebreo osservante significa mettere .
in pratica la legge, la Torah, la parola di Dio, cioè vivere 1'
Alleanza e soprattutto il Decalogo (=le dieci parole). Per il cristiano
invece vuol dire vivere 1' Eucarestia che è Parola fatta Carne, vivere
il rituale della nuova alleanza ("Fate questo in memoria di me").
Concretamente, nella vita, significa collaborare con il Signore nell'
edificazione del suo regno. Allora la giustizia diventa indispensabile
per varcare degnamente le porte del tempio che sono le porte della
giustizia (Salmo 118).
Terza proposta: "chi dice la
verità dal cuore".
Sembra introdurre la legge scritta nel cuore. Tutta
la persona deve aderire alla verità, al Signore.
v.3
Ci presenta 3
condizioni orizzontali nei confronti del prossimo: io-il prossimo. Ecco
il valore comunitario. "Sulla sua lingua non v'è calunnia": quarta
proposta. Non devo diffamare, perchè se lo faccio inserisco una
debolezza nella comunità, creo delle divisioni. Quinta proposta: "al
suo prossimo non fa del male". Non recare danno agli altri. "Ama il
prossimo tuo come te stesso", amatevi gli uni gli altri come io ho
amato voi" .
Sesta proposta: "e non lancia insulti al suo
vicino". Vogliamo ricordare che i salmi sono stati composti in ma
società in cui si parlava e si ascoltava; ma si leggeva pochissimo.
Notiamo che ben due di queste tre proposte sono incentrate sulla parola
(IV° e VI°). Per 1' uomo antico la parola è efficace, lascia il segno..
E'
da evidenziare che finora manca 1' elencazione dei peccati più gravi,
come 1'omicidio e l'adulterio. Sembra scontato che il fedele che si
presenta al tempio non abbia commesso peccati così gravi.
v.4
"Ai suoi occhi è
spregevole il riprovato, ma onora chi teme Jahweh".
Prescrizioni
verticali per il prossimo. Sono "verticali" perchè riguardano sempre il
prossimo ma, da uri ulteriore analisi, questi impegni risultano assunti
davanti a Dio. Settima proposta: "il riprovato" è colui che Dio ha
escluso. Secondo questa proposta il giusto si schiera con i giusti,
cioè con coloro che Jahve approva. Si intuisce il rischio dell'
integralismo, pericolo presente anche in alcuni movimenti ecclesiastici
contemporanei.
Ottava
proposta: "ma onora chi teme Jahve". Ritroviamo la "legge del taglione"
(sono bravo con chi è bravo), ampiamente superata dal cristianesimo.
"Timore" non ha il
significato che intendiamo noi. La paura, intesa biblicamente, è
1'insieme dei sentimenti che deve avere 1' uomo davanti a Dio. C' è il
timore, c' è il rispetto, ma c'è anche 1' amore, la comunione.
Nona prescrizione:
"se ha giurato a proprio danno...". Ecco il giuramento che trova
immutabilità e stabilità nel fatto che è stato formulato davanti a Dio.
_v.5
"Non presta denaro ad usura..."
due condizioni
economico-giuridiche.
Decima prescrizione; L' usura è un peccato
condannato severamente dalla Chiesa, che è stata sempre contraria agli
usurai, tanto è vero che nel Medio Evo questo tipo di prestito era
praticato soltanto dagli ebrei. Il sistema bancario fu visto all'
inizio con estremo sospetto dalla Chiesa. Il padre di S. Francesco
stava iniziando a prestare denaro con interesse quando il figlio decise
di andarsene da casa. A quei tempi questa pratica era severamente
condannata. Nel mondo circostante ad Israele, all' epoca in cui è stato
composto il salmo 15, 1' usura era assai diffusa, quasi
istituzionalizzata a livello giuridico. Per esempio, in Mesopotamia era
praticato un tasso fino al 50%, mentre gli Aramei ammettevano un
interesse massimo del 50% sui prestiti in denaro e fino al 100% su
quelli in grano. In Israele tale prassi non era molto diffusa e i
profeti si scagliavano contro gli usurai.
"Non si lascia corrompere a
danno dell' innocente".
Undicesima proposta. Il
versetto sembra scritto oggi. E' una piaga che affiora sovente e ci
sono molti testi biblici che ne parlano come: Es. 23,8; Deut. 10,17;
Ezech. 22,12; Prov. 17,23 e Is. 1,23 (lettura).
Il problema della
corruzione della magistratura era di attualità nella Bibbia. .I giudici
che ricevevano compensi davano sempre ragione al forte e torto al
debole. Il giusto, invece, abbraccia la causa dell' innocente senza
incentivi monetari. Il molo del giudice giusto avrebbe dovuto essere
soprattutto quello del re.
"chi agisce in questo modo
non sarà mai smosso". Il salmista riprende 1' ideale di stabilità: solo
chi starà ancorato al tempio, a Dio, non sarà mai "smosso". Il giusto
non è fondato sulla sabbia ma sulla roccia (Mt. 7,24-27), come la
presenza del Signore è radicata sulla rupe di Gerusalemme e dà
stabilità a Israele.
SALMO 15 (14) ,
L'OSPITE DI JAHWEH E IL SUO . DECALOGO
Sappiamo, o mio fratello, che
è folle estrarre i sensi dei precetti del salmo, lasciandone uno o
I'altro alla sua libertà. Si tratta di una collana di perle infilate:
se ne liberiamo una sola, il legame è spezzato ed esse fuggono tutte.
Disciplinali tutti e ciascuno aiuterà gli altri. “II bene genera il
bene, la trasgressione partorisce trasgressione recitano i dottori.
(Bahya Ibn Paquda,
mistico ebreo dell'XI sec., I doveri del cuore):
Salmo. Di
Davide
1
0 Jahweh, chi potrà dimorare nella tua tenda
chi potrà fermarsi sulla tua
santa montagna?
2Chi cammina con integrità,
chi pratica la
giustizia,
chi dice la verità dal cuore.
3Sulla sua lingua non
v'è calunnia,
al suo prossimo non fa de) male
e non lancia insulti
al suo vicino.
4 Ai suoi occhi è spregevole il riprovato
ma onora chi teme
Jahweh.
Se ha giurato a proprio danno, non esita,
5 non presta denaro
ad usura,
non si lascia corrompere a danno dell'innocente.
Chi agisce in questo
modo
non
sarà mai smosso.
SALMO16
Lettura del
salmo nella versione della Bibbia di Gerusalemme e secondo un altro
testo (allegato). Individuazione delle differenze.
Sembra che la
versione C.E.I. sia molto più poetica dell'altra. In alcuni punti, fra
i due testi ci sono divergenze così rilevanti da poter cambiare in
parte il senso del salmo, tanto da far pensare che possa averlo scritto
un levita oppure una persona con un'altra fisionomia
, appartenente cioè
ad ma diversa cerchia di fedeli.
Innanzi. tutto è una
composizione il cui testo è giunto a noi molto rovinato; è resa,
perciò, difficile la ricostruzione dell'originale.
E' un salmo composito
e si presta ad essere considerato un inno, una meditazione, un dialogo;
infatti tutte queste tendenze sono presenti nella composizione stessa.
L'inno potrebbe essere persino liturgico, la meditazione sapienziale e
il dialogo un salmo di. supplica. E' indubbiamente un'opera complessa
e, comunque, si tratta di uno dei pochissimi salmi che hanno
un'impronta mistica. Infatti, se si considera che i salmi in generale
sono componimenti che muovono da una realtà ben concreta e che il
fedele di solito li usa per ottenere una realtà altrettanto concreta,
si constata con stupore che in questo caso il salmista non chiede
nulla.
Dalla
lettura dei versetti appare, piuttosto, non il Dio di adesso, ma quello
che noi. riusciremo a possedere nel futuro. Il salmo 16 trova la sua
origine e la sua conclusione in Dio. " Dio è il Dio giusto" potrebbe
essere il titolo del salmo stesso. Ed è facile ricordare qui la
preghiera di S. Teresa d'Avila ( una persona che si è "persa" in Dio):
" Nulla manca a chi possiede Dio: Lui solo gli basta". Siamo nel campo
della mistica. Quindi, 1'amicizia con Dio, la gioia del credere, la
comunione piena con Lui sono le tematiche importanti di questa stupenda
composizione, breve, ma ricchissima di concetti.
Epoca di
composizione del salmo 16
Alcuni studiosi ritengono che
sia stato scritto molto anticamente, all'epoca dei primi re; secondo
altri nel periodo del "post-esilio" babilonese, perchè vi sono espressi
concetti che troviamo anche nel libro di Geremia; per altri, ancora,
nell'epoca dei Maccabei (che difesero la fede jahvista dagli attacchi
di Antioco V° Epifane il quale voleva ellenizzare Israele).
Era, quest'ultima,
l'epoca in cui sorse il movimento degli Asidei, dall'ebraico Hasidim (i
pii,), che secondo alcuni studiosi furono i precursori dei farisei, i
quali ponevano Dio al di sopra di ogni cosa mediante la concreta
applicazione della Legge giudaica (l'osservanza della. legge prima di
tutta).
I farisei sono coloro che Antioco V° Epifane
sgomina con facilità perchè, dopo essersi ritirati nel deserto,
applicano in maniera talmente rigorosa la Iegge da lasciarsi sterminare
per non combattere in giorno di sabato.
Attualmente per quanto
concerne l'epoca di composizione del salmo 16 sussistono due ipotesi
a) secondo alcuni
studiosi la spiritualità insita in questo testo è tipicamente
sacerdotale, quella cioè di un appartenente alla tribù di Levi, e,
quindi, il salmo è collocabile verso la fine della monarchia,
all'incirca al tempo di Giosia, quando si realizza la grande riforma
deuteronomica. In quel periodo, durante gli scavi del Tempio, vennero
ritrovati alcuni rotoli dimenticati contenenti il testo del
Deuteronomio e comunque molte regole ad esso riconducibili.
Da tale scoperta
prende inizio la riforma con la radicalizzazione dello jahvismo, fatto
ben visto dai profeti perchè il Dio espresso dalla Legge veniva posto
al di sopra di ogni altra cosa. Si può presumere che ci si trovi.
nell'epoca di poco precedente all'esilio babilonese;
b) secondo altri
esperti potrebbe trattarsi in modo specifico della professione di fede
di un cananeo, quindi di un adoratore di idoli, che si è convertito
allo jahvismo. (Rinuncia agli idoli e professioni di fede in Jahve.)
Il salmo è
comunemente :conosciuto come la preghiera di un sacerdote, di un levita
che professa tutta la sua fiducia in Jahve. Potremmo dire che è un
salmo di abbandono.
Le difficoltà preannuncìate all'inizio della
lezione sono dovute alla diversa traduzione del v.3 (vedere i due
testi. presi in esame). Ciò è causato dal significato che assume nelle
due versioni l parola ebraica "leqedósim" che in entrambe è tradotto
con "i santi".
Infatti, nella Bibbia di. Gerusalemme è scritto:
"Per i santi, che sono sulla terra", mentre nell'altro testo: "Ai santi
diffusi nel paese". ll termine ebraico "leqedosim", tradotto, appunto,
con "i. santi", nella Bibbia compare spesso per indicare invece "gli
idoli" (ved. Osea 12,.1; Is. 57,8; I Sam. 2,2).
Lettura di :Isaia 57,
8.
In
questo brano, che è contro l'idolatria, il profeta parla degli idoli,
di "coloro con i quali amavi trescare. E' un'espressione che si
potrebbe tradurre secondo l'antica versione del salmo "hai patteggiato
con i "santi" (gli "idoli", in realtà) con i quali andavi a trescare"
Proseguiamo nella
lettura e incontriamo i nobili, i principi, "uomini nobili", secondo la
traduzione C.E.I; "i potenti ", secondo l'altra versione.
l'appellativo "
principe " era allora riservato a "Baal-Hadad", spesso chiamato "adr"
(= principe, potente, magnifico), che era la principale divinità
cananea. S. Paolo per defìnire "satana" usa sovente l'espressione
"principe di questo mondo" (1. Corinzi 2,6-8)
Se ritorniamo al punto b)
vediamo che per il convertito cananeo (supposto autore del salmo) i"
santi" sono gli "idoli" e gli "uomini nobili" sono i "principi" e, in
particolare, Baal.
E', comunque, preferibile la prima interpretazione
(punto a) per la quale il salmo 16 sarebbe opera di un levita, di un
sacerdote che proclama la sua fiducia in Dio.
Se diamo alla composizione,
alla lettura, un senso spirituale possiamo dire che gli idoli sono
tutte quelle piccole cose che ci distolgono da Jahve; non occorrerebbe,
così, pensare a Baal.
I simbolismi:
l . Simbologia somatica (del
corpo) là dove si parla di reni, cuore, volto, fegato,ecc.
2. Simbologia
giuridica: "sta alla mia destra", cioè, siede accanto a me. Di solito
sedevano uno accanto all'altro il difensore e l'imputato.
3. Simbologia
militare: "destra". Ia mano destra veniva usata per maneggiare l'arma
la 2°e la 3°
simbologia sono collegate tra loro.
4. Simbologia spaziale, che;
riguarda lo spazio ed è evidente in modo particolare nel "sentiero
della vita" che si conclude solo apparentemente nello "sheol", nella
fossa, nel sepolcro, ma che stando all'ultimo versetto sembra in realtà
continuare oltre.
Sulla base degli ultimi versetti qualcuna ritiene
il salmo di epoca maccabaica, cioè composto in un periodo in cui l'idea
della risurrezione si stava decisamente affermando.
5. Simbologia della
terra che ha, prima di tutta, aspetti teologici perchè per gli ebrei la
terra è oggetto della promessa di Jahve.Perciò la terra per un ebreo ha
sempre un significato diverso da quello corrente. Si comprende così
perchè alla fine del secolo sia nato il movimento sionista: gli ebrei
dovevano tornare alla loro terra non per la comune esigenza di
possedere un territorio, bensì perchè si trattava di attuare una
promessa di Jahve.Non siamo fedeli al Signore se lasciamo che una sua
promessa non venga realizzata. E' questa la valenza della terra per un
ebreo.
Significativo
è l'episodio del re malvagio Acab che chiede di. acquistare la vigna di
Nabot, il quale però si rilìuta di vendere la terra dei suoi padri
perchè rappresenta una promessa di Jahve. Qui si tratta non del
possesso della terra sulla quale noi viviamo, ma della `terra vera"
quella celeste. La "terra vera" è Jahve.
Pensiamo all'Eucarestia. Come
é bello andare a Messa in un paese di cui non si conosce la lingua,
perchè in tal modo ci si accorge che il Signore che viene celebrato in
più posti è sempre lo stesso Signore! Un cristiano, ovunque vada, è
sempre a casa sua..
Nel salmo 16 troviamo cinque espressioni molto
belle, molto significative, che ci parlano del
rapporto
terra-,Jahve.
il "lotto".
"Íl Signore è mia parte di
eredità" andrebbe tradotto "lotto di eredità". Il lotto era un
appezzamento di terreno che veniva assegnato alla tribù e, in seguito,
ad ogni famiglia ebraica al momento dell'arrivo nella terra promessa.
Dalla lottizzazione era stata esclusa la tribù di Levi (i leviti ) che
non potevano possedere territori nè alcunchè di stabile, dal punto di.
vista terreno per due motivi:
a) per evitare che i
sacerdoti fossero coinvolti in questioni politiche e territoriali;
b) (motivo legato al
precedente) per consentire alla tribù di Levi (i leviti, i sacerdoti)
di avere la funzione di garante di tutte le tribù di fronte al culto.
In pratica i garanti della pace fra tutte le tribù erano i. sacerdoti
che attraverso la liturgia riferivano a Dio sul lavoro svolto dalle
tribù stesse.
Il "calice".
E;' segno dell'ospitalità
amorosa di Jahve al suo fedele. .Era Dio che porgeva .il calice, cosi
come - dal punto di. vista strettamente umano- è colui che riceve in
casa propria che offre all'ospite la coppa. Nell'ultima cena chi offre
il calice? E' Gesù il padrone di casa, è l'ospite inteso alla latina
(per i romani, infatti, l'ospite è colui. che ospita e non colui che
viene ospitato).
La "sorte".
Il termine ha Io stesso
significato di oggi ed era l'estrazione che si. Faceva di solito con i
dadi oppure con dei bastoncini di varia lunghezza e voleva significare
che il giudizio su una questione difficile veniva lasciata a Jahve.
La sorte, soprattutto
per quanto riguarda la terra, diventava importante dal punto di vista
sociale perchè evitava discussioni e guerre.
Ancora oggi, di fronte ai
nemici, gli israeliti hanno l'esigenza di restare uniti per non
soccombere. Infatti, se leggiamo l'Antico Testamento, vediamo che
generalmente gli ebrei tendono tutti a conservare l'unità del popolo.
Ben sappiamo che anche attualmente gli ebrei ricchi che vivono
all'estero Israele e coloro che risiedono in questo Stato cercano la
coesione per poter fare fronte ai nemici.
Le "corde".
Sono delle
cordicelle, strumento per la misurazione e per la lottizzazione dei
terreni.
L' "eredità".
In questo caso è Dio stesso
l'eredità, che né tignola né ruggine; possono corrompere.
STRUTTURA
DEL SALMO
E' molto semplice.
v. 1 : antifona introduttiva.
I^
parte: vv.2-6. E' suddivisa in tre parti:
- confessione positiva (il sì
a Jahve) v.2
- confessione negativa (il no degli idoli) vv.3-4
- confessione
nuovamente positiva (il sì a Jahve) vv. 5-6
Tale struttura è valida per
la versione allegata del salmo.
Secondo la tradizione della
Bibbia di Gerusalemme, invece, le tre confessioni sono tutte positive e
cioè:
-
a Jahve;
- a coloro che camminano con Jahve (i santi e i
nobili);
- ancora a Jahve.
II^ parte,: vv.7-11. E'
regolata da tre movimenti; 1. La benedizione (" benedico Jahve") : v.
7;
2.
il cammino che porta al sepolcro: vv.8-10 ; 3. il cammino che conduce
alla vita: v. 11
Qui c'è l'interpretazione cristiana che si ripete a
tutti i funerali, perchè noi sappiamo che il cammino non termina nella
fossa del cimitero dato che la vita non è finita, ma continua. Il salmo
ci parla della nostra esistenza: la vita terrena è solo la prima parte
dell'esistenza umana.
Ecco perchè questo componimento ha avuto tanta
fortuna anche presso i cristiani. Lo vedremo più volte citato nel Nuovo
Testamento, perchè è il salmo che più di altri apre la strada alla
concezione teologica cristiana.
Commento
v.1. E' la sintesi
di. tutto il salmo e rispecchia la nostra vita. Notiamo un duplice
movimento: a) da una parte Dio protegge .il fedele (movimento
discendente);
b) dall'altra, il fedele si affida totalmente a Dio
(movimento ascendente).
Questo salmo, potremmo quasi
dire, ci descrive la Messa o qualsiasi Sacramento, perchè è il punto di
incontro tra la grazia di Dio che scende ( quindi il Signore che opera
) e l'uomo che attinge alla grazia e rende culto al Signore.
vv.2-6 (I° parie).
Dio che ci ha dato la vita non è solo la fonte dalla quale proviene il
bene, ma è "il bene", è "l'unico bene"
Questo principio ha molte
conseguenze: ad esempio, gli stessi doni che Dio ci ha concesso, come
la vita, non sono dei fini ultimi. da realizzare. La vita che il
Signore ci ha donato non conta nulla al suo cospetto tanto è vero che
posso sacrificarla per Lui.
Sottolineiamo che tutto ciò
che proviene da Dio non é Dio. Smascheriamo, così, tanti discorsi
paganeggianti che sentiamo fare. Per il salmista l'unico vero bene è
Jahve.
Ricordiamo
l'esempio di S. Teresa d'Avila, monaca di clausura per vent'anni, che
cambiò il suo stile di vita per una banale esperienza. Lei stessa
commentò il fatto dicendo che aveva ritenuto per tanti anni che Dio
fosse l'essere più importante della sua vita, ma in quel momento capì
che Dio era l'unico bene.
SALMO 16 (15)
IL CANTO DELLA MISTICA:
SENZA DI TE NON HO
GIOIA
Una volta lo spirito di Baalshem era così abbattuto
che gli sembrava di non aver parte del mondo futuro. Allora disse a se
stesso: "Se amo Dio, che bisogno ho di un mondo futuro? ". (Buber M.,
Racconti chassidici, Milano 1979, p. 96).
Che egli sia il tuo Dio
unico: / senza di lui non c'è per te gioia... / Tu sei il mio tutto, il
mio unico. / In ogni pietra è te che io vedo, / nella mia anima non c'è
più angoscia. /
(Tukaram, poeta indù).
Miktam Di
Davide.
Proteggimi, o Dio, in te io confido!
2 Ho detto: Jahweh,
Signore, sei tu il mio bene ,
sopra di te non c'è nessuno!
3 Ai “santi” diffusi
nel paese,
ai “potenti” andava tutto il mio favore.
4 Sono numerose le
pene di chi segue un dio straniero.
Ma io non verserò più le loro
libazioni di sangue,
sulle labbra non metterò più il loro nome.
5 Jahweh è la
porzione attribuitami e il mio calice,
tu custodisci la mia sorte.
6 Le corde della
misurazione sono cadute su un luogo delizioso,
sì, è splendida la
mia eredità.
7 Benedico Jahweh che mi ha dato consiglio ,
anche di notte
istruisce i miei reni.
8 Io pongo sempre innanzi a me Jahweh,
sta alla mia destra
non posso vacillare.
9 Per questo gioisce il mio cuore ed esulta il mio
fegato
anche
la mia carne abita al sicuro,
10 perché non abbandonerai la
mia vita nello sheol,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
11 Mi mostrerai il
sentiero della vita,
gioia piena davanti al tuo volto,
delizia alla tua
destra per sempre.
SALMO 16 - CONTINUAZIONE
vv.3 e 4. Le due
traduzioni sono in parte differenti.
"Ai santi diffusi nel paese,
ai potenti andava
tutto il mio favore".
"Santi" e "potenti" sono i due termini usati per
indicare gli idoli.
Il testo del v. 3 è molto controverso. Sembra ormai
accertato che il salmo sia il canto del levita, della persona
consacrata a Dio, di un appartenente alla tribù di Levi che non detiene
né terra né altre ricchezze, ma che possiede soltanto il Signore.
Sarebbe inverosimile
credere che un appartenente alla categoria sacerdotale avesse potuto
convertirsi dal culto degli idoli stranieri a quello di Jahve. Quindi è
preferibile accettare il testo della Bibbia di Gerusalemme secondo il
quale i "santi" e i "nobili" sono le persone con cui si accompagna il
levita, il consacrato a Dio.
Lettura del v. 4 nelle due
versioni.
Nonostante alcune differenze formali, la sostanza
delle due traduzioni coincide. In ogni caso qui si parla dell'idolatria
(venerazione degli dei stranieri). Una delle caratteristiche dell'
idolatria è la "libazione di sangue", cioè il sacrificio umano cruento,
soprattutto di bambini. A tale proposito ricordiamo che la narrazione
del mancato sacrificio di Isacco (Gen. 22) è considerata un brano
polemico nei confronti degli appartenenti alle religioni idolatriche
dei paesi circostanti a Israele, per le quali il sacrificio umano era
un fatto normalissimo. Il popolo israelita ha sempre visto il
sacrificio umano come il segno della tirannia degli idoli. L' uomo è
talmente schiavo dell' idolatria da uccidere i suoi figli per dare
soddisfazione agli idoli assetati di sangue.
Ricordiamo a tale proposito
il caso di un re famoso, uno dei più empi, il re Acaz che aveva
sacrificato i suoi figli per ingraziarsi i Baal (Cronache 2/28).
Un altro famoso
sacrificio umano nella Bibbia riguarda la città di Gerico che,
distrutta, non avrebbe più dovuta ,essere ricostruita. Fu, invece,
riedificata ad opera di due personaggi malvagi con il sacrificio di
fondazione; cioè con l'immolazione di bambini sui cui cadaveri veniva
costruito il torrione o la porta principale delle mura. Nell'antichità,
presso i Cananei, questa prassi era considerata normale, tanto che
nelle scoperte archeologiche è possibile cogliere l'evoluzione di tale
deplorevole abitudine. Infatti sotto le- mura di edifici databili
alcuni secoli dopo i fatti sopra citati, si sono ritrovate le anfore
funerarie vuote; senza lo scheletro dei bambini. Si tratta
probabilmente del retaggio di quel sacrificio umano diventato in
seguito solo simbolico.
Israele ha sempre combattuto
contro questa mentalità. Per Jahve non esistono sacrifici umani.
v. 4c: "sulle labbra
non metterò più il loro nome". E' 1' invocazione. Solitamente aveva due
scopi: 1) la richiesta di aiuto; 2) la lode.
"Nome". Il nome per gli ebrei
indicava la persona concreta e, quindi, pronunciare il nome della
divinità era come dare loro consistenza (perciò anche il nome di Jahve
indica Jahve stesso, la sua persona). Ecco perchè, per sommo rispetto,
non si pronuncia mai il nome di Dio.
Allora colui che non è
idolatra rifugge dai sacrifici cruenti umani e non pronuncia il nome di
quelle false divinità.
vv. 5-6.
Lettura della versione della
Bibbia di Gerusalemme. La terra è considerata in tutta la sua
importanza anche perchè manca (il levita non possiede alcun bene
materiale). E' Jahve che prende il posto della terra: "Il Signore è mia
parte di eredità".
v.6: "Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi,
è magnifica la mia eredità". E' sempre sottinteso che tale eredità è
Jahve.
Il
salmista in questi versetti ci vuol dire che la terra è uno degli
elementi fondamentali della spiritualità e della religione ebraiche.
Ecco perchè per gli ebrei lo Stato di Israele, cioè "la terra dei
Padri", è tanto importante.
Ma c'è qualche cosa di più
importante della terra ed è il possesso di Jahve. La tribù di Levi, che
non detiene la terra, è la più felice di tutte perchè possiede il
Signore.
Qui si sta preparando la terra messianica: noi
possederemo completamente Jahve quando saremo nell'aldilà. Allora la
terra sfuma nel suo significato concreto, per diventare sempre di più
un luogo di speranza in cui si vedrà Dio faccia a faccia.
In questo senso il
salmo 16 canta 1' attesa, la speranza. E' la ricerca di Dio che durerà
fino al termine della nostra vita. Leggendo questa composizione
dovremmo sentirci protesi verso il Signore.
v.7.
Lettura delle due
versioni.
E' un versetto importante perchè ci dà 1'idea della
continuità che ha nel tempo 1'insegnamento di Jahve, il quale ci
istruisce ininterrottamente, senza pause. Se ascoltiamo la sua parola
percorriamo sicuramente la via giusta.
Il "consiglio" di Jahve è
sempre finalizzato alla piena comunione con lui.
v.8.
Notiamo il simbolismo
militare o giuridico (il difensore nei processi sta alla destra
dell'imputato; nello schieramento di battaglia il soldato che difende
una persona è collocato alla sua destra. E, sempre nella battaglia, la
spada è impugnata dalla mano destra).
Dio è presenza protettiva,
perchè non si accontenta di guardarci da lontano, ma si rende presente
quasi fisicamente alla nostra destra per impedirci di vacillare.
Leggiamo allora il versetto 8 in senso spirituale: la fede non risolve,
non cancella i nostri problemi, ma aiuta ad affrontarli tenendo nella
mano destra la spada di Jahve. Pensiamo al significato di questo salmo
per il popolo di Israele che da millenni è perseguitato: chi ha alla
sua destra il Signore non può vacillare, tanto che non solo può
resistere ai nemici, ma anche attaccarli e vincerli. Ecco la
spiritualità ebraica: Jahve è alla mia destra, non posso vacillare.
Anche noi cristiani dovremmo riscoprire una grande fiducia in Dio per
rimanere saldi nella fede.
v.9.
Quando Jahve è alla
mia destra non solo lo spirito, ma anche il mio corpo è nella pace,
nella serenità e nella gioia.
Abbiamo, a tale proposito,
1'esempio di padre Turoldo che, saputo di essere ammalato di cancro
("quel drago che mangia il mio corpo"), ha dimostrato in un bellissimo
libro di poesie di avere una grande fede. Diceva, infatti, di non
temere quel drago che mangiava il suo corpo perchè era con Dio.
Ecco, allora, che le
caratteristiche tipiche del credente sono la fiducia, la sicurezza e la
gioia.
vv.
10-11.
Siamo
all'apice del salmo e i versetti 10 e 11 non avrebbero quasi bisogno di
commento.
Secondo una certa interpretazione questo salmo
segna il superamento dello sheol, perchè dopo la morte c' è "gioia
piena nella tua presenza; dolcezza senza fine alla tua destra". E' 1'
interpretazione più valida e più bella. Secondo altri, invece, il v. 11
riguarderebbe soltanto la vita terrena, perchè se una persona possiede
il Signore adesso, in questa vita, allora è "gioia piena e dolcezza
senza fine".
Possono coesistere benissimo entrambe le
interpretazioni.
Si sfaterebbero così tante opinioni come, ad
esempio, quella secondo la quale il cristiano deve soffrire nella vita
terrena per gioire nell' aldilà. Ma noi dobbiamo già essere contenti.
Ciò non vuole dire che il cristiano non debba soffrire e non prendere
su di sé i dolori del mondo, ma significa che egli deve rimanere,
nonostante tutto, nella "gioia piena e nella dolcezza senza fine''.
Il nostro è il Dio
della speranza, di quella virtù che ci aiuta ad andare avanti con
serenità, perchè sappiamo di poter contare sempre proprio su di lui.
Il linguaggio degli
ultimi due versetti è liturgico e potrebbe indicare una teofania (la
manifestazione di Dio), ovviamente molto più delicata di quella
avvenuta con Mosè (ricordiamo i tuoni, il fuoco, ecc...), quasi come
quella con Elia, quando il Signore si manifestò con un venticello.
Quasi sempre noi ci aspettiamo un Dio che arriva dal cielo con potenza,
e, invece, Egli si manifesta quotidianamente senza bisogno di grandi
teofanie.
"alla tua destra" (v.11). Noi cristiani pensiamo a
Gesù Cristo assiso alla destra del Padre. Il salmo è, prima di tutto,
cristocentrico
Quando leggiamo un salmo dovremmo chiederci:
1 ) che cosa mi dice
di Gesù Cristo?
2) che cosa mi dice di Dio?
3) Che cosa dice di
me, del discepolo, e della comunità (cioè della chiesa)?
A lungo andare
diventa un errore pregare i salmi ripiegati su noi stessi, perchè il
giusto cammino della preghiera dei salmi deve avvenire in questo
ordine:
1 ) Gesù Cristo
2) Dio
3) Noi, per ultimi.
Ricordiamoci di
questa scala di priorità anche quando ci rechiamo in chiesa per
I'Adorazione Eucaristica.
SALMO 22
La lettura del salmo 22 deve essere fatta tenendo
presenti i corrispondenti racconti della passione e della resurrezione
nei quattro vangeli (consueta lettura della composizione nella
traduzione della Bibbia di Gerusalemme e nella versione allegata).
Il salmo si divide
nettamente in due parti: la prima parte è la supplica di un orante
disperato, proprio senza speranza, abbandonato da tutti (''Dio mio, Dio
mio, perchè mi hai abbandonato?");
la seconda parte è l' inno di
colui che ha trovato la felicità della salvezza e che, oramai in pace,
ringrazia Jahve.
Potremmo dire che il salmo 22 descrive lo stato d'
animo di una persona disperata che ha la forza di chiedere aiuto al
Signore, il quale la esaudisce. L' orante, poi, proclama la salvezza
ricevuta con un grande inno di lode e di ringraziamento.
Pascal vede in questa
composizione il volto di Cristo "in agonia sino alla fine del mondo".
E' il salmo di Cristo oggi, più che il salmo di Cristo quando era sulla
croce ,
2000 anni fa. Ma se è vero che il mistero pasquale
si perpetua nella Messa, allora è vero che anche l' angoscia di Cristo
si perpetua oggi. Il salmista esprime la sofferenza del Cristo pur
glorioso che anche oggi soffre con la Chiesa per tutta l' umanità.
Allora Cristo è in agonia sino alla fine del mondo.
Le tre sezioni del
salmo:
1)
vv. 2-22 : la supplica;
2) vv. 23-27 : l'inno di
ringraziamento
3) vv. 28-32 : l'inno messianico a Jahve.
SALMO 22 (21 )
GRIDO DI PASSIONE E
DI GLORIA:
DIO MIO. PERCHÉ MI HAI ABBANDONATO?
1 AI maestro
del coro. Sull'aria “Cerva dell'aurora”.
Salmo. Di Davide.
2 Dio mio Dio mio,
perché mi hai abbandonato?
Lontano, dalla mia salvezza
sono le parole del mio lamento!
3 Dio mio, grido di giorno ma
tu non rispondi,
di notte. non ho mai silenzio.
4 Tu sei santo
e siedi in mezzo alle
lodi di Israele.
5 In te hanno confidato i nostri padri,
hanno confidato e tu
li hai posti in salvo.
6 A te gridarono e furono liberati ,
hanno confidato e non
restarono delusi.
7 lo invece sono un verme, non un uomo,
un rifiuto dell'uomo,
lo sprezzo del popolo.
8 Chiunque mi vede, mi schernisce,
storce le labbra,
scuote il capo:
9 "Si è affidato a Jahweh? Lo liberi lui,
lo scampi lui, perché
in lui s'è compiaciuto!".
10Sei tu che mi hai estratto
dal grembo materno,
mi hai protetto fin dal seno di mia madre;
11 a te mi sono
appoggiato fin dalle viscere materne,
dal grembo di mia madre tu
sei il mio Dio.
12 Non stare lontano da me,
perché I'angustia è
vicina
e
non vi è chi aiuti.
13 Numerosi tori mi circondano,
tori di Basan mi
assediano.
14 Spalancano contro di me le loro fauci
leoni che sbranano e
ruggiscono.
15 Come acqua sono versato, le mie ossa si sono
dissolte,
il mio cuore è come cera, mi si fonde tra le
viscere.
16 Il mio vigore inaridisce come coccio,
la mia lingua s'è
incollata al palato, su polvere di morte mi hai deposto!
17 " Cani mi
circondano,
una banda di malvagi mi cinge,
le mie mani e i miei
piedi sono legati.
18 Posso contare tutte le mie ossa.
Essi mi osservano, mi
guardano,
19 spartiscono le mie vesti,
sul mio mantello
hanno gettato le sorti
20 Ma tu, Jahweh, non stare lontano,
tu, mia forza,
affrettati in mio aiuto!
21 Libera dalla spada la mia
vita,
dalle
zampe del. cane il mio unico bene!
22 Salvami dalla bocca del
leone e dalle corna dei bufali!
Mi hai esaudito!
23 Annunzierò il tuo
nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea:
24 "Voi che temete
Jahweh, lodatelo ,
tutta la stirpe di Giacobbe gli dia gloria,
lo tema tutta la
stirpe di Israele!
25 Egli infatti non ha disprezzato e non ha
sdegnato la miseria del povero,
non gli ha nascosto il volto,
quando
lo invocava, l'ha ascoltato”.
26 Tu sei la mia lode nella
grande assemblea,
adempirò i miei voti davanti a quelli che ti
temono.
27 I poveri mangeranno e si sazieranno,
quelli che lo cercano
loderanno Jahweh:
viva il loro cuore per sempre!
28Tutte le estremità
della terra
si ricordino e si convertano a Jahweh,
tutte le famiglie dei
popoli
si
prostrino davanti a lui.
29 Poiché è a Jahweh che
appartiene la regalità,
è lui che domina sui popoli.
30 A lui solo si
prostreranno quanti dormono negli inferi,
davanti a lui si curveranno
quanti sono scesi nella polvere,
il cui essere non è più in
vita
31
La mia discendenza gli renderà culto,
parlerà del Signore alla
generazione che viene,
32 annunzierà la sua salvezza
al popolo che deve
nascere ancora: “Ecco I'opera di Jahweh!”.
SALMO 22 CONTINUAZIONE
Confronto del salmo 22 con i
racconti della passione di Gesù. Notiamo che la maggiore corrispondenza
nei riferimenti e nelle citazioni si trova nel Vangelo di Matteo, che
si rivolge ad una comunità di ebrei convertita. E' un vangelo ricco di
citazioni veterotestamentarie, perché l'evangelista vuole dimostrare ai
cristiani provenienti dall'ebraismo che Gesù porta a compimento le
profezie dell'antico Testamento.
Anche Giovanni, pur facendo
pochissime citazioni dell'A.T., in realtà riprende quanto detto dai
profeti e dai salmisti. Qualche studioso addirittura sostiene che il
canovaccio della narrazione della passione in Giovanni sia proprio il
salmo 22. Potremmo dire che questo racconto giovanneo sia la versione
in prosa del nostro salmo.
Ricordiamo come lo scorso
anno studiando il quarto Vangelo abbiamo letto tanti brani profetici
senza che mai fosse citata la fonte.
Richiamiamo la suddivisione
di massima del salmo:
1^ parte: supplica;
2^ parte: ringraziamento;
3^ parte: apertura
messianica.
Ci soffermiamo brevemente sulla seconda parte
(vv.23-27) in cui il ringraziamento al Signore diventa corale,
liturgico.
Segue la lettura dei versetti.
Nei vv. 23-27
incontriamo il termine assemblea che è la comunità degli eletti.
Questa seconda parte
ha una introduzione nel v.23. Segue un canto liturgico eseguito
dall'assemblea (vv.24 e 25) poi un intervento del solista (v.26);
infine, il cosiddetto " sacrificio di comunione", cioè il sacrificio di
ringraziamento che veniva offerto al Signore il quale aveva esaudito le
richieste.
La seconda parte del ringraziamento costituisce un
salto nell'interno de salmo. Prima il credente chiede; poi
all'esaudimento della richiesta personale fa seguire una liturgia di
ringraziamento alla quale partecipa tutta l'assemblea.
Alcuni studiosi
interpretano in senso comunitario questa composizione che non è
proclamata dal singolo sofferente perché è il popolo tutto che soffre.
Vorremmo dire che è il salmo della sofferenza dell'ebreo di sempre,
dell'ebreo perseguitato.
Se questo è il salmo del
popolo, allora la sua seconda parte è comunitaria, come il dolore di un
singolo membro è sentimento di tutta la comunità. Nei versetti che
stiamo considerando vi è un'assemblea che loda (il coro) intervallata
dalla voce dell'orante (il solista).
Mentre qualche interprete
sostiene che il salmo 22 è di tutto il popolo, altri invece ipotizzano
che il protagonista possa essere il re che coinvolge tutta l'assemblea
nella lode di ringraziamento. E' un'ipotesi con scarso seguito. Per
altri studiosi questo salmo sarebbe di un orante che diventa un modello
per tutti coloro che soffrono. In tal senso si potrebbe dire che è il
salmo del sofferente, ma non del disperato.
Nella rilettura
neotestamentaria il nostro salmo si riallaccia ad alcuni brani
importantissimi dell'Antico Testamento, come ad esmpio quello che parla
del " servo sofferente< di Jahve" (vedere Isaia). Il Messia non
è un re, ma colui che soffre e si addossa, come un capro espiatorio,
tutti i peccati per i quali muore nella sofferenza.
I simbolismi
sono numerosi.
1- simbolismo spaziale.
E' lo spazio della lontananza
perché Dio è lontano e ciò comporta nel credente , nel sofferente,
l'angoscia che porta all'interrogativo: perché non ci sei? Qui si vede
l'attualità del salmo 22.
2- Simbolismo temporale.
Sono il giorno e la
notte che danno il senso della completezza del tempo( quasi una
dimensione circolare del tempo).
Dio è lontano giorno e notte:
ecco i tempi lunghi del signore.
3- Simbolismo zoomorfo.
Prende spunto dagli
animali: toro, bufalo, leoni, cani e vermi. A proposito di questi
ultimi ricordiamo come S. Francesco quando incontrava sul suo cammino
un verme non lo calpestava perché quell'essere strisciante per terra
gli ricordava il salmo 22 e, quindi, l'estrema umiliazione subita da
Gesù nella passione.
4- Simbolo venatorio.
Ricorda la caccia nella quale
l'orante è visto come la preda ferita.
5- Simbolo giuridico.
E' contenuto nel
versetto 19. Infatti la spogliazione delle vesti era l'atto giuridico
che si compiva quando la persona moriva. In pratica la prima divisione
dei beni del defunto era proprio quella che riguardava le vesti.
6- Simbolo somatico.
E' il simbolismo del
nostro corpo, come nei vv. 15-16-17. La morte si diffonde nelle membra
come una piovra che prende tutto l'organismo. E' la morte che dipende
dall'acqua, sia dalla sua sovrabbondanza ( diluvio è morte) sia dalla
sua carenza (siccità è morte). La gola riarsa evoca la polverizzazione
dell'individuo e porta alla morte, alla tomba, allo sheol.
STRUTTURA
DEL SALMO
La prima parte (vv. 2-22) comprende:
A. apertura
drammatica (vv 2 e 3) in cui prevale la domanda: perché sei lontano?
B. primo movimento
(vv. 4-12) nel quale per colui che prega c'è un contrasto fra la
lontananza e la vicinanza di Jahve. Per questo motivo l'angoscia
dell'orante può anche aumentare;
C. secondo movimento (vv.
13-19): entrano in campo le varie belve e lo sfacelo fisico d colui che
prega;
D.
conclusione (vv.20-22): " non ti allontanare!". Ecco allora la speranza
(" tu mi libererai da queste belve") e poi la vicinanza di Dio. Per il
credente comincia a farsi un po' di luce.
La seconda parte (vv.23-27):
il ringraziamento.
Si distingue:
a. apertura (v.23): il
solista orante;
b. canto orale (vv.24 e 25);
c. canto del solista
(v 26);
d. sacrificio finale (v.27) al quale partecipano,
ed è importante, i poveri. Per noi cristiani i poveri potrebbero anche
essere intesi nel senso stretto del termine. Chiediamoci se alla nostra
Eucarestia partecipano i poveri ovvero se hanno un ruolo importante.
Rispondiamo affermando che nella messa tutti i preseti hanno pari
dignità e che il momento della carità vissuta è l'Offertorio che
coincide con la raccolta delle offerte che dovrebbero essere destinate
ai bisognosi della comunità. Dobbiamo considerare che le vere ricchezze
della Chiesa sono i poveri.
La terza parte (vv.28-32):
inno cosmico di ringraziamento a Jahve re universale.
Vi si riconoscono:
A. la proclamazione
della regalità di Jahve (v. 29);
B. il canto cosmico a Jahve
re (vv.28, 30-32)
COMMENTO
vv.2-3
Nel grido della prima
riga c'è il violento contrasto tra l'aggettivo possessivo "mio", tra il
" Dio mio", un Dio che sento totalmente mio e la sua lontananza. Ecco
la drammaticità dell'apertura del salmo: un misto tra la sottintesa
professione di fede ("Dio mio") e l'angoscia che nasce dal non
sperimentare concretamente la presenza di Dio ("perché mi hai
abbandonato").
Il lamento riguarda non solo lo spazio ("sei
lontano"), ma anche il tempo (" di giorno e di notte"). Si tratta della
lontananza più dura e totale, del silenzio più assoluto da parte del
Signore. Che dire dell'inizio del salmo gridato da Gesù sella Croce:
"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Il versetto rispecchia
il sentimento di Gesù-uomo:
è un lamento che non si
esaurisce in sé, ma che si apre alla speranza e alla professione di
fede in Dio che è re e domina su tutte le nazioni.
Ricordiamo la
conuetudine ebraica secondo la quale citando l'inizio del salmo si
penssa all'intera composizione.
vv.4-12
Ci sono alcune
difficoltà di interpretazione del v.4. Nella Bibbia di Gerusalemme
leggiamo "Eppure tu abiti la santa dimora". Si tratta
dell'interpretazione dei settanta e di S. Gerolamo ed è senz'altro la
più bella. Dio non è da lodare, ma è lui stesso la lode d'Israele,
Jahve è l'origine, la causa, il fine della lode, e quindi, della
liturgia. Ecco perché anche durante la Messa funebre si deve lodare e
ringraziare il Signore. I salmi costituiscono il modo più alto per
lodarlo: ricordiamo che sono la stessa parola di Jahve.
La Chiesa, illuminata
dallo Spirito Santo, ci porta a partecipare alla grande liturgia di
lode il cui vertice è la messa che è supplica, lode, ringraziamento e
invocazione.
Anche il papa ricordava ai giovni nell'incontro di
Como che la Messa, pur così breve, è mirabile e completa e che dobbiamo
viverla come il più grande miracolo di ogni giorno, perché è
il dono più grande della Chiesa ai fedeli.
La Messa è nata nelle prime
comunità cristiane. Vi si leggevano l'Antico Testamento, alcuni brani
della vita di Gesù e si condivideva il pane. Rea l'agape fraterna che
prevedeva essenzialmente due momenti:
a) la Cena del Signore
(Eucarestia).
b) la raccolta del cibo da offrire ai poveri della
comunità.
La celebrazione si concludeva con un banchetto.
In base ai luoghi in
cui vivevano le comunità, vennero successivamente composti dei testi di
lode con la consacrazione, la procedura per l'invocazione dello Spirito
Santo e la liturgia della parola. Da ciò ebbero origine i vari riti
che, comunque, prevedono sempre la liturgia della parola, l'invocazione
dello Spirito Santo e la Consacrazione.
Anche oggi i testi dei
differenti riti vengono predisposti dalle varie diocesi e sottoposti
all'approvazione della "Congregazione per il culto". Tutti ricordiamo
che in Lombardia il "rito ambrosiano", quello della diocesi di Milano,
è difforme dal "rito romano". Fino al 1700 circa a Como si seguiva il
"rito patriarchino" ( del Patriarcato di Acquileia ) in
contrapposizione al rito praticato a Milano.
Salmo 22 - continuazione
vv. 5-6: lettura
In questa strofa
troviamo l'elemento tipico della fede di Israele (che diventa anche
nostro): il ricordo di ciò che Dio ha operato. La fiducia che noi
adesso abbiamo nel Signore si appoggia sulle grandi opere salvifiche
passate. E sono tanti i testi profetici che si basano proprio su
questo, come la liberazione dalla schiavitù in Egitto, la manna, la
Legge e la conquista della terra promessa.
Se Dio mi ha già aiutato
tante volte non può abbandonarmi oggi e in futuro.
Allora l'intervento
che il salmista invoca ha una solida garanzia di esaudimento nella
fedeltà salvifica divina.
vv. 7-9: lettura
E' il culmine del
dramma. Questi versetti richiamano alcuni brani del "Servo di Jahve" (e
in particolare Is. 52, 13 e 53, 12) nei quali si trova descritta
l'abiezione a cui è ridotto l'orante. Le sventure hanno ridotto il
salmista al livello del verme strisciante nella polvere.
Purtroppo, le
sventure del giusto sono per il non-credente un motivo per continuare a
negare l'esistenza di Dio e un motivo di scherno nei confronti del
credente e, quindi, per quest'ultimo fonte di ulteriore sofferenza.
Quando il credente
soffre, gli altri proprio in quel momento lo osservano e attendono la
sua testimonianza. Molti di noi hanno notato come la testimonianza
positiva nella prova scuota i non-credenti o, quanto meno, faccia
sorgere un dubbio o porre la domanda: perché succede tutto questo?
Se rileggiamo i brani
della passione del Signore ritroviamo le stesse espressioni del nostro
salmo: sono le parole pronunciate dalla gente che assiste alla
crocifissione di Gesù. Ecco la forza della Croce: Cristo che può (è
Dio!) scendere dalla croce, non scende; può liberarsi, ma non si
libera. Egli accetta liberamente la sua passione. In proposito
ricordiamo l'episodio di Pietro che nell'orto del Getsemani colpisce
con la spada un servo del sommo sacerdote e viene apostrofato da Gesù
con le parole (Mt 26, 53-54) "Pensi forse che io non possa pregare il
Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli? Ma
come allora si adempirebbero le Scritture,...?"
vv. 10-12
I versetti evocano
alcuni brani biblici come Is. 44, 2; Ger. 1, 5; Gal. 1,15.
Dio non si limita a
conoscerci al momento della nascita, perché ci ha formato nel grembo
materno. Si tratta di un'intimità profonda fra Dio e il credente. E
allora: come può il Signore che mi ama così tanto abbandonarmi proprio
adesso? Non può avermi creato per l'infelicità!
Diceva S. Ignazio di
Loyola quando parlava dei vari spiriti: ricordati che quando sei in uno
spirito di desolazione non devi disperare, perché verrà lo spirito di
consolazione; nello stesso tempo quando sei in uno spirito di
consolazione non pensare che duri sempre, perché verrà lo spirito di
desolazione.
Questo pensiero ci aiuta ad essere molto
equilibrati, perché la nostra vita è un alternarsi di momenti più o
meno favorevoli, e ad essere sereni sempre, perché Dio c'é. Tutto
passa, ma Dio resta.
I vv. 10 e 11 sono frutto della pace e della
comunione profonde presenti nel passato del salmista: "dal grembo di
mia madre tu sei il mio Dio". Non c'è stato neppure un momento in cui
il salmista e il Signore siano stati distanti.
Il simbolo della
nascita è bellissimo anche perchè sottolinea la grandezza di Dio che ha
operato quasi come una levatrice. Se tutto ciò è vero la drammatica
situazione attuale dell'orante è totalmente inspiegabile, se vista con
occhio umano.
v. 19: la speranza comincia a prendere corpo.
vv.13-19 E' la
descrizione dell'attuale, penosa situazione del credente; si awale dei
simboli molto belli, ma ampollosi.
Entrano in scena i tori di
Basan, che era una regione transgiordanica famosa per i suoi pascoli e
suoi allevamenti del bestiame. I tori sono simbolo della forza violenta
e in Amos 4,1 le vacche sottolineano lo spirito gaudente delle donne di
Samaria.
ll toro ha una forza tremenda e può essere simbolo
della violenza dei nemici, ma, anche, segno della potenza divina o di
quella regale. Secondo la logica degli estremi, questo animale
simboleggia le forze del bene e le forze del male.
Il leone non ha la
forza brutale del toro, è un avversario più nobile e tende agguati a
prede scelte fra gli animali più belli (non è uno sciacallo).
Nel v.16 irrompe il
concetto di morte e qui si coglie anche la volontà di Dio: "su polvere
di morte mi hai deposto". I nemici sono stati uno strumento, un
tramite, per umiliare l'orante. Molto spesso il Signore è inflessibile
con le persone alle quali chiede tanto: toglie loro tutto ciò che può
costituire sicurezza umana. E' l'epopea di Giobbe. Dio tira la corda
fino al punto di rottura, ma, quando gli si chiede umilmente,
insistentemente aiuto, tutto cambia (per le persone che "camminano"
nella fede è una normale esperienza spirituale).
v. 17 : "un branco di
cani mi circonda".
Un'annotazione importante: per gli ebrei i cani
erano animali impuri e aggressivi.
ll termine "cane" è passato a
designare i prostituti sacri e le prostitute sacre ( "cani" e "cagne")
dei culti cananei. Ancora oggi nell'induismo esistono le prostitute
sacre:
Per
gli ebrei essere colpiti da cani era motivo di ignominia e di disonore.
"hanno
forato" (v.17c) ha nella versione originale vari significati: legare,
scavare, lacerare e indica, comunque, una enorme sofferenza anche
fisica.
Il v.18 ha una particolarità: "Essi mi guardano"
deriva dal verbo "ra'ah" che significa "guardare divertendosi". Sono
ancora le persone di prima, cioè i persecutori, i non credenti (v.8) a
godere delle sofferenze del protagonista.
vv. 20-22: lettura
Si riprendono in
chiave diversa tutti i simboli degli animali comparsi nei versetti
precedenti. Ora Dio vince tutti, non ci sono problemi.
v.21b: "dalle unghie
del cane la mia vita..."
Qui "vita" è espresso con
"nefesh" e significa l'intero essere. Dio salva tutta la persona (anima
e corpo).
Il nostro corpo è destinato alla risurrezione ed è
per questo motivo che nei funerali cristiani con l'incensazione si
rende onore al corpo umano nel quale c'è un alito di vita immortale.
Quel corpo vivrà perché è tempio dello Spirito Santo.
vv. 23-27: lettura
Siamo in una grande
liturgia di lode; Dio si prende finalmente cura del credente,
dell'orante.
Si rileggano con attenzione il "Magnificat" e,
prima ancora, il "Cantico di Anna" la madre di Samuele.
Ecco, il Signore
interviene a favore dei poveri e degli umili.
Questo è il salmo del giusto
che è stato esaudito e che non può trattenersi dal cantare per sempre
la sua lode a Jahve.
"Lodate", "lode", "loderanno".
Per la prima volta
compare il verbo "halal" (=lodare) la cui radice significa "splendore",
"luce accecante". E' la luce di Dio che raggiunge l'uomo e lo avvolge.
La luce vera è Jahve.
V.
23: "Annunzierò" ~. "loderò"
Annunziare e lodare sono le
due grandi funzioni della liturgia. La Messa è, di per se stessa,
catechesi. La liturgia è già annunzio. Infatti, ecco l'annuncio
esplicito dopo la Consacrazione: "Annunciamo la tua morte, o Signore, e
proclamiamo la tua resurrezione...".
w. 24-25
L' assemblea che
partecipa alla liturgia è formata dai poveri I " poveri di Jahve", gli
"anawim" che non sono tanto i poveri in senso materiale, ma più che
altro coloro che, pur umiliati, hanno una grande fiducia in Dio e sono
presenti al banchetto di comunione tra Jahve, l'offerente e tutti gli
altri. E' l'immagine della Messa.
La liturgia si concludeva con
il sacrificio di comunione che consisteva nel mangiare la parte non
bruciata delle carni che l'offerente aveva portato per il Signore.
Della vittima offerta, infatti, venivano normalmente bruciate le
interiora e le carni grasse, mentre il resto dell'animale era consumato
dai sacerdoti, dall'offerente, dai suoi familiari e dalle altre persone
presenti al rito.
Nell'olocausto, invece, la vittima veniva
completamente bruciata perchè totalmente destinata a Dio.
Il banchetto di
comunione ci richiama la classica immagine biblica della gioia, della
contentezza, dell'allegria, della felicità.
vv. 28-32: lettura
Qui si allargano gli
orizzonti: è una lode cosmica con la partecipazione di tutte le
nazioni.
Davanti a Jahve "si prostreranno quanti dormono
sotto terra" e si piegano "quanti discendono nella polvere".
"E io vivrò per
(lui". Se mettiamo in bocca a Gesù questo salmo capiamo che si sta
parlando della risurrezione. Allora. nel v. 30 I'espressione "E io
vivrò per lui" ( tratta dalla traduzione dei LXX, può avere due
significati:
a) vivrò grazie a lui (la causa della mia vita)
b) vivrò per piacere
a lui (il fine della mia vita).
Questa non è soltanto la lode
di tutti i popoli sparsi sulla terra, ma di tutte le generazioni; lode
infinita(significato spaziale) o eterna (significato temporale).
Qui c'è la Messa che
è memoriale del passato, del presente e del futuro. perchè ogni Messa
ha in sè tutte e tre queste funzioni. Allora, è un profumo di eternità
che respiriamo nella Messa.
Concludiamo dicendo che il
salmo 22 ci invita a ripensare a tutte le opere che il Signore ha fatto
per noi.
SALMO 23
"II buon
pastore" - SaImo.Di Davide.
Lettura del notissimo salmo
nelle due consueto versioni.
Alcuni riferimentio biblici:
1 Ezechiele 34;
2 Giovanni I0 (iI
celeberrimo brano del buon pastore);
3- Geremia 23,1-7: lettura.
Quest'ultimo brano
costituisce il più importante riferimento biblico al salmo ed è
interessante notare come il Signore si assuma il ruolo del buon pastore
in sostituzione di coloro che hanno abbandonato il gregge.
Le parole chiave, le
più importanti del salmo 23, sono contenute nel v. 4: "tu sei con me" e
sono poste nel testo ebraico esattamente al centro della composizione,
che si preannuncia come un salmo di fiducia. E' un testo semplicissimo,
quasi scarno, che raggiunge. però i vertici della poesia.
Secondo alcuni
studiosi il salmo riunisce in sé l'aspetto culturale, l'esperienza
quotidiana e l'esperienza di fede. Se "tu sei con me", o Signore,
allora tu sei "il mio pastore".
I simboli
Sono due
molto semplici
1- il pastore, che in questo salma é Dio. Il
simbolo é un mezzo per parlare di Lui.
II pastore, per il semita, è
anzitutto un compagno di viaggio, è colui che costantemente cammina
insieme al suo gregge con il quale condivide tutti i rischi (belve e
ladri compresi).
In Gv. 10 si nota iI contrasto fra il pastore serio
e il mercenario. Il vero pastore è colui che sa dove andare, che
conosce la via e, quindi, guida il suo gregge lungo il sentiero più
agevole, più sicuro.
Anche in Michea 5 e in Zaccaria 13 la figura del
buon pastore diventa connotaziane del Messia, ossia dell'inviata di Dio
che pascerà il suo gregge. II Signore é il pastore supremo e, se anche
a volte delega altri, rímane sempre iI pastore per eccellenza.
2- L'ospite, inteso
alla latina, ossia la persona che ospita.
Nel nastro salmo l'ospitalità
è opulenta; è la tipica, cordialissima ospitalità orientale di
quell'epoca. Un significativo esempio di questa accoglienza s trova
espressa nell'episodio di Abramo che accoglie gli angeli alla quercia
di Mamre. Possiamo, inoltre, rileggere I'episodio di Lot, a Sodoma,
quando difende gli angeli ospiti dagli aggressori, ai quali offre le
figlie piuttosto che dissacrare l'ospitalità concessa.
Questo concetto
dell'ospitalità corrisponde al diritto d'asilo, rimasto valido per
molti secoli nei luoghi sacri. Ecco, allora, che diventa ovvio il
cammino indicato nel salmo aII'israelita: iI luogo più sicuro al quale
approdare non può essere che il Tempio.
Struttura del salmo
I parte (vv. 1-4):
``il canto del pastore'', così suddivisa:
a) v. 1a: dichiarazione di
fede;
b)
v. 1b e 3a: descrizione pastorale di una sosta, di un momento di
tranquillità;
c) 3b - 4c: descrizione di cammino del gregge che
si rimette in marcia;
d) 4d: un'altra dichiarazione di fede.
II parte (vv. 5-6):
"il canto dell'ospite":
a) v. 5a: dichiarazione di
fede;
b)
vv. 5b - 5d: descrizione dell'ospitalità in generale;
c) v. 6: descrizione
dell'ospitalità specifica e sacra (quella del Tempio)
Commento
I parte - vv. 1-4.
"Il canto del pastore"
V.1 - Grande professione di fede: `'Il Signore è il
mio pastore"; ed io ci credo!
vv. 2 -3a: descrizione di una
sosta del gregge in cui domina proprio l'atmosfera del riposo.
Bisogna considerare
che nei luoghi descritti dal salmista non si trovano ricchi pascoli;
l'acqua é scarsa. Ecco,. perciò, la straordinarietà della prima scena:
il pascolo è verdeggiante e l'acqua è abbondante. Per una società
nomade, infatti, due elementi chiave sono l'acqua e il foraggio per il
gregge e per il pastore.
La professione di fede nasce
dalle opere di Dio. La. fiducia in Jahve, come già dicevamo nel
commento ai salmi precedenti, si basa sulle opere divine. Io riconosco
che il Signore è sempre stato presente nella mia vita (una volta mi. ha
condotto ai pascoli erbosi, un'altra volta ad acque tranquille) e per
questo io adesso faccio la mia professione di fede.
"Acque tranquille".
La traduzione esatta del termine ebraico corrispondente è "acque di
riposo''. Nella Bibbia la parola "riposo'' non ha il nostro significato
corrente, ma è sinonimo di "shalom'', pace, che qui assume la
connotazione di dono di Dio. La pace non è solo l'assenza di guerra, ma
anche serenità profonda. "Riposo" è sinonimo di pace globale.
E' una pace sempre
legata al dono della terra promessa; come dire: avrai la tua pace,
quando avrai la tua terra. E' quasi un pegno per il futuro dell'ebreo
di sempre.
Secondo una nostra interpretazione la pace a cui
noi aneliamo è quella dell'aldilà (la nostra terra promessa). Leggiamo
il salmo 95: l'uomo si allontana dalla pace con il peccato perché si
rompe l'alleanza. con Dio. In questo caso l'uomo perde la sua serenità
e il suo riposo e non riesce ad entrate nella dimensione divina, :nella
benevolenza. del Signore.
v.3
Nella versione allegata, al
posto di "Mi rinfranca" è scritto "Mi restituisce la vita".
Indubbiamente è più valida questa seconda versione, che evidenzia
"vita", ossia "nefes", che significa la persona viva nella sua
interezza. Potremmo così leggere; "Mi reintegra totalmente nel mio
essere persona". La pace di Dio mi dà la possibilità di realizzarmi
pienamente.
W.3b-4
E' la descrizione del cammino
del gregge attraverso la strada giusta. II Signore, mio pastore, mi
guida per il cammino moralmente giusto. Infatti, se io seguo Dio non
andrò mai sulla strada dell'empio (salmo 1 ) che è la strada del
peccato.
"per amore del suo nome". Il nome rimanda alla
realtà stessa di Dio. Il Nuovo Testamento ci dice che Dio è amore, che
l'amore ha in sé stesso la sua ricompensa perchè è gratuito. Il Signore
ci ama sempre ugualmente perchè trova in sé le ragioni dell'amore.
(quindi per un cristiano la misura dell'arnore è quella stessa di Dio
che ama anche l'essere più spregevole, proprio perchè - vale la pena di
ripeterlo - il suo amore trova in se stesso la propria ricompensa.
Il nome evoca anche
"l'onore" di Dio e, insieme, la sua "glorificazione" universale davanti
a tutte le nazioni. Guidando il suo popolo e salvandolo il Signore
glorica sé stesso. Se l'uomo non fosse succube del peccato capirebbe
che Jahve è degno di. essere glorificato.
La "valle oscura" costituisce
un grave pericolo per le insidie dei dirupi, dei briganti, ecc.. Ma, se
passiamo oltre il simbolo, scopriamo che si tratta non di una valle
oscura, ma di una realtà infernale, dello "sheol", dell'assenza della
luce di Dio. E l'essere l buio può significare il trovarsi in una
situazione difficile di cui non vediamo l'uscita. Potremmo paragonare
la valle oscura alle varie tempeste della vita. Però, o Signore, io non
ho paura perchè tu sei con me. Anche qui abbiamo la professione di
fede.
Ricordiamo
che S. Francesco di Sales, quando parla della "Santa indifferenza",
sostiene che ciò che conta per noi è fare la volontà di Dio,
consapevoli del suo amore.
V.4b
L'immagine della
sicurezza è rafforzata da "bastone" e "vincastro".
Il bastone era l'arma
del pastore, forse un randello corto e pesante; arma di difesa che in
Michea 7,14 assume anche il valore di scettro di Dio e, per
assimilazione, di scettro del re, simbolo della regalità divina. Il
bastone esprime il simbolo della difesa.
Il "vincastro" in origine era
un ramo lungo e ricurvo che serviva essenzialmente per guidare il
gregge. E' espressione della guida sicura del gregge.
Il gregge quando
riposa è nella pace e quando si sposta non teme nulla perchè è difeso
dal bastone e guidato dal vincastro.
II^ parte - vv. 5 - 6: il
canto dell'ospite
La nuova immagine non è molto difforme dalla prima.
Il cammino del gregge, nella mente del pastore, ha una meta ben precisa
: la tenda, la casa dell'ospite. E' molto bella la descrizione
dell'ospitalità tipicamente orientale.
Il vocabolo ebraico tradotto
con "mensa" (v.5) indica invece "pelle", che nella civiltà beduina
viene stesa per terra e sulla quale si apparecchia il pranzo.
Nella descrizione
dettagliata della squisita ospitalità rileviamo due elementi:
1 - "cospargi di olio
il mio capo" (v.5c).
Il significato dell'olio è molteplice. E', ad
esempio, l'olio odoroso con cui l'atleta si spalma i muscoli per
tonificarli ed indica, quasi, il diffondersi dell'energia di Dio
(vedere nel cristianesimo l'amministrazione dei Sacramenti con il
crisma).
L'olio è anche medicinale (vedere l'episodio del
buon samaritano che medica le ferite con l'olio); è segno di salute,
quindi. Non tralasciamo di ricordare le virtù cosmetiche dato che
l'olio protegge la pelle dal sole cocente d'oriente e rende lucido il
volto. Possiamo trovare un'allusione allo splendore, alla gioia.
Nel Nuovo Testamento
una peccatrice versa l'olio sui piedi di Gesù come omaggio, mentre
Maria usa dell'unguento costoso come quello adoperato per cospargere i
cadaveri (segno della passione).
2 - "Il mio calice trabocca".
Il
calice, la coppa evoca in sé l'immagine della pienezza, della sete
estinta.
Ai lati della mensa ci sono i nemici, sia in senso
reale che in senso figurato (il peccato, i demoni). Sono, però,
impotenti. (v.5b)
Il gregge ha per meta la casa nella quale
l'ospitalità è totale: si tratta, ovviamente, della casa del Signore,
del Tempio. (v.6)
La "bontà" e la "fedeltà" amorosa di Dio sono le
virtù tipiche dell'alleanza, sono le realtà che conducono il gregge (il
fedele) fino al Tempio.
L'amore divino ci precede
sempre e, allora, le due realtà, caratteristiche del Dio buono e del
Dio fedele, diventano l'equivalente liturgico del vero pastore.
"Mi saranno compagne"
(v.6)
E'
mal tradotto un verbo ebraico che non significa solo vicinanza o
compagnia, ma "guidare con sollecitudine". In Gv. 10 leggiamo che il
pastore arriva a dare la vita per il suo gregge, così come Cristo ha
dato la vita per noi.
Nel v: 6c incontriamo "abiterò". Qui sorge una
questione spinosa, perchè nel testo masoretico (dei masoreti, teologi e
glottologi che avevano vocalizzato il testo ebraico della Bibbia) si
legge "ritornerò". Allora, il nostro sarebbe un salmo di pellegrinaggio
e il gregge;
rappresenterebbe il popolo in movimento (durante
una festa di pellegrinaggio verso il Tempio. Là si trovano la pienezza
della gioia e l'ospitalità totale.
Se accettiamo "abiterò"
sottintendiamo, invece, un desiderio profondo di non staccarci dal
Tempio, di restare almeno con cuore attaccati alla casa di Dio e alla
pace che ne deriva. Questa seconda interpretazione è di Gran lunga
preferita oggi e suffragata dai salmi 27 e 91, per cui non si tratta di
un salmo di pellegrinaggio, ma di cammino verso Dio, nostra meta. il
fedele riconosce in Jahve il suo pastore e con lui realizza la
comunione più profonda.
Interpretazioni del salmo
1 - Interpretazione
storica: si tratta del canto composto da Davide dopo che era stato
consacrato da Samuele con l'olio regale. E' un'interpretazione oggi non
più condivisa.
2 - Interpretazioni dei Padri della Chiesa:
a) è il salmo della
Chiesa che cammina sotto la guida di Cristo verso Dio; b) è; il canto
del singolo fedele che cammina verso il suo Signore;
b) è il salmo che
parla degli spiriti beati in paradiso.
SALMO 23 (22)
" CANTO DEL
PASTORE E DELL'OSPITE:
... PERCHÉ TU SEI CON ME"
1 Salmo. Di Davide.
Jahweh è il mio
pastore,
non manco di nulla.
2 Su pascoli erbosi mi fa
riposare,
mi guida ad acque tranquille.
3 Mi restituisce la
vita ,
mi
conduce per il .giusto cammino,
per amore del suo nome.
4 Dovessi anche
passare per la valle più oscura,
non temerei alcun male,
perché tu sei con me:
il tuo bastone e il tuo vincastro sono il mio
sostegno.
5 Tu .imbandisci davanti a me una mensa
sotto gli occhi .dei
miei avversari.
Ungi di olio il mio capo,
la mia coppa trabocca.
6 Certo, bontà e
fedeltà mi accompagneranno
tutti i giorni della mia vita
e
abiterò nella casa di Jahweh
per lunghissimi giorni.
SALMO 36
"Malizia del peccatore e bontà di Dio"
Lettura del salmo
nella versione della Bibbia di Gerusalemme e nell'altra allegata.
E' un salmo molto
bello, perché descrive l'umanità nei suoi estremi di malizia e di
bontà. Il salmista presenta l'empio che si pone in contrasto con Dio.
L'avversario
dell'empio non è mai l'altro uomo che egli vorrebbe calpestare, ma è
sempre il Signore perché contro di lui l'empio agisce.
L'uomo che compie il
male, nel momento stesso in cui si mette contro Dio è già sconfitto. La
malizia umana non potrà mai vincere la bontà divina.
Evidenziamo che anche
in questo salmo la vittoria spetta a Jahve e alla sua bontà.
Dal punto di vista
letterale e stilistico si tratta di un salmo molto libero, non
riconducibile a una famiglia ben precisa.
STRUTTURA DEL SALMO
vv.3-5
Si inizia con una
tipica tematica sapienziale che fa apparire il salmo come appartenente
alla "famiglia sapienziale".
Infatti contiene un'analisi
pessimistica della malvagità umana che porta all'ingiustizia.
Sono temi cari alla
sapienza, come il chiedersi il perché del male e dell'ingiustizia nel
mondo. A questo proposito abbiamo ben presente il libro per eccellenza
su questo argomento, il Qoèlet, che inizia con "Vanità delle vanità..".
vv.
6-11
Il
salmo cambia decisamente tono e diventa un inno ( dovrebbe quindi
appartenere alla "famiglia innica" che canta la giustizia divina). Si
snoda un grande inno in onore del Dio giusto.
Nei versetti centrali
risaltano la gioia e la pace e gli attributi divini che sono evidenti
nel v. 6 "fedeltà
amorosa " e " fedeltà costante";
nel v. 7 "giustizia
salvifica" e " giudizio secondo diritto";
nel v. 8 " fedeltà amorosa" e
" rifugio sicuro".
Sottolineiamo, poi, quei simboli che in oriente
sono molto importanti:
"cibo" e " acqua" nel v.9
"vita" e "luce" nel v.10
" fedeltà amorosa" e
" giustizia che porta alla salvezza" nel v.11.
vv.12-13
Cambia ancora lo
stile e il salmo diventa "supplica" rivolta alla giustizia
divina, certezza del suo intervento.
I SIMBOLI
1) SIMBOLISMO
SPAZIALE di cui il salmista si serve per dirci alcune cose . E' il
classico schema quaternario ( quattro elementi): cieli, nubi, monti,
abisso.
I cieli e le nubi richiamano una dimensione
verticale verso l'alto; i monti e l'abisso una dimensione verticale
verso il basso.
I monti, che sono la tradizionale residenza di
Jahve il quale domina tutto l'orizzonte, danno anche l'idea della
dimensione orizzontale.
Lo schema quaternario ci
richiama i quattro elementi dei quali è composto il mondo oppure, ad
esempio, i quattro punti cardinali.
E' un salmo che ci dà l'idea
della concretezza, della totalità dell'amore di Dio.
Elenchiamo i quattro
termini tecnici ai quali abbiamo già accennato:
a) hesed=fedeltà
amorosa;
b) sedaqah=giustizia salvifica;
c) mispat=giudizio
secondo il diritto
d) emunah=fedeltà costante.
Sono quattro grandi
attributi divini che troveremo spesso nei salmi.
Allora Dio è il
tutto, è la pienezza e il creato forma un'armonia piena, totale,
In proposito è facile
ricordare Genesi 1, quando si annota di fronte ad ogni opera della
creazione " Dio vide che….era cosa buona"; per non parlare della
creazione dell'uomo, davanti al quale il Signore vide che era cosa
molto buona.
In questo salmo , allora, intravediamo quasi un
dimensione edenica ( da Eden) in contrapposizione con le immagini
pessimistiche collegate al male.
II) SIMBOLISMO
DELL'ABBONDANZA (rivedere la seconda parte del salmo 23, "il canto
dell'ospite") che viene descritta soprattutto nei vv. 8-11 con immagini
stupende per un popolo stanziato in una zona stepposa e desertica.
L'aggettivo "
preziosa " ( in ebraico jaqar) che nel v. 8 denota l'incomparabilità,
qualche cosa di infinitamente più grande di ciò che noi possiamo
esprimere, cioè la grazia di Dio.
Nel v.9 è significativa
l'espressione " si saziano dell'abbondanza della sua casa". La
traduzione letterale sarebbe " si saziano col grasso della tua casa".
Una annotazione
importante: nella società semitica il grasso non viene mai scartato,
perché ritenuto la parte migliore, il segno dell'abbondanza e
della gioia. Perciò le parti grasse delle vittime erano riservate a
Jahve nei sacrifici di comunione, anche come simbolo dell'abbondanza.
Non per nulla tutte
le pecore più redditizie in Palestina erano quelle dalla coda lunga,
piena di grasso; code che costituivano il boccone più prelibato
riservato al re.
Nello stesso versetto si canta l'abbondanza delle
acque, rappresentatate dal torrente. Potremmo rileggere Ez.47, un brano
profetico molto bello, che parla delle acque che escono dal Tempio, che
formano prima un ruscello, poi un torrente, poi un fiume immenso che va
ad irrigare la valle del Mar Morto e la rende fertile.
Ecco l'abbondanza di
un'acqua che non soltanto scorre, ma riporta ala vita. Viene spontaneo,
allora, pensare al nostro battesimo e all'episodio della donna
samaritana al pozzo (Gv.4).
Nella Bibbia l'acqua
simboleggi anche la sapienza che rende saggia la persona;
cioè la sapienza divina che irrora l'uomo, tutti gli uomini che sanno
accogliere il messaggio divino. Potremmo anche richiamare l'Eden (il
paradiso terrestre che si supponeva collocato nella Mesopotamia,
circondato da quattro fiumi, tra i quali il Tigri e L'Eufrate). L'Eden
è un'immagine del passato, ma proiettata nel futuro (escatologia).
Quando sgorgherà
l'acqua viva ci srà il paradiso di cui l'Eden era solo l'immagine.
III)
SIMBOLISMO: LE IMMAGINI DELL'INTIMITA'
Il rifugio, ovvero in ebraico
"hasah".
v.8 "si rifugiano" ha una valenza quasi militare.
Richiama la sicurezza di un castello, di una rocca e, quindi, della
rocca per eccellenza: il tempio di Gerusalemme ( e, poi, la Chiesa).
" Si rifugiano gli
uomini all'ombra delle tue ali". Le ali sono un simbolo frequentemente
usato nella Bibbia con riferimento a due uccelli in particolare:
l'aquila e la chioccia.
In Mt. 23,37 Gesù dice
"…quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli ......, corne una
gallina raccoglie i pulcini sotto le ali ..."
Le ali danno un senso di
protezione, come le ali dei due Cherubini che si univano quasi a dare
protezione all'Arca dell'alleanza.
INTERPRETAZIONE DEL SALMO
Nei primi versetti
del nostro salmo si parla dell'ateismo biblico che in pratica consiste:
nel vivere senza curarsi di Dio.
Secondo l'ateo biblico non
sussiste il problema di negare l'esistenza di Jahve; perchè tanto egli
non agisce e lascia l'uomo abbandonato a se stesso.
Da tale atteggiamento
discendono conseguenze terribili perché l'uomo si comporta da padrone,
da prepotente e da violento.
Purtroppo è una concezione
non solo biblica ma anche moderna.
Infatti oggi nessuno più
costruisce, come nel secolo scorso, sistemi filosofici per negare
l'esistenza di Dio, perché non interessa il fatto che Egli esista o
meno.
Dio
non rientra negli interessi dell'uomo moderno.
COMMENTO
Iettura vv. 2-5.
v.2 - "parla il
peccato"
Traduzione letterale: "nel cuore dell'empio c'é
l'oracolo del peccato."
L'uso del termine "oracolo"
comporta uno stravolgimento di ciò che di solito la Bibbia adopera per
definire la parola del Signore. Infatti "oracolo" è usato qui a
proposito del peccato, che diventa così quasi una persona, la divinità
dell'uomo empio, il quale non riconosce la rnaestà di Jahve, è idolatra
(adora gli idoli) e non possiede altro dio che il peccato.
Il peccatore non ha "
timor di Dio", che non è la paura di Dio, ma un atteggiamento religioso
globale; è l'insieme dei sentimenti che l'uomo prova davanti al
Signore.
V. 3
Risulta di difficile
interpretazione a causa del testo piuttosto corrotto. Altra versione
rispetto alla Bibbia di Gerusalemme:
"Egli adula troppo se stesso
per poter trovare la sua colpa e detestarla".
Teniamo valido il nostro
testo ("Poichè egli si illude con se stesso"). Il peccatore al centro)
della sua vita pone il peccato e l'illusione di se stesso (come se il
proprio io fosse un idolo). L'empio crede che ogni colpa, ogni peccato,
sia un torto fatto a se stesso perchè non riconosce Dio.
II mondo del
peccatore è chiuso, perchè egli non riesce a riconoscere la sua colpa e
!a ricerca del peccato è una pura illusione per un essere ripiegato su
se stesso. Se trovasse le sue colpe, l'empio dovrebbe fare i conti con
il Signore.
V.4
"Vane e menzognere sono le
sue parole"
Nella civiltà antica risulta importantissima la
parola che dovrebbe essere il segno, l'espressione di ciò che è dentro
di noi. A questo proposito Gesù non si stancava mai di tacciare di
ipocrisia i farisei, perché le loro parole non corrispondevano ai
sentimenti del loro cuore.
Ecco, il peccatore non riesce
a creare unità tra parola e cuore perché le sue parole sono inique e
fallaci, cioè "menzognere". Il v.4 sostanzialmente significa, che senza
Dio è impossibile compiere il bene. il peccatore, ripiegato su sé
stesso, è incapace di intrecciare relazioni autentiche sia perché non è
illuminato dal signore, sia perché ha scelto come sua divinità il
peccato.
v.5
"iniquità trama sul suo
giacilio"
il" letto" o " giaciglio" su cui l'empio sviluppa
le sue macchinazioni può avere due significati:
1) simbolo
cristologico ( richiama la notte che a sua volta richiama il peccato);
2) simbolo
psicologico ( nella Bibbia esprime spesso l'intimità, i sentimenti più
profondi di una persona).
3) L'empio è costante e
ostinato nel male e ciò impedisce la sua conversione.
vv.6-11
Ci introduciamo nel
mistero dell'amore divino.
v.6
ALCUNE SOTTOLINEATURE
a) GRAZIA= hesed,
parola che ritorna nel grande Halle (salmo136), tradotta con . " perché
eterna è la tua misericordia".
La traduzione più appropriata
potrebbe essere in questo caso: " fedeltà amorosa". E' la fedeltà
All'alleanza, prerogativa principale di Jahve.
Infatti Dio è fedele
in eterno.
Teniamo presenti altri significati di "hesed":
"tenerezza, grazia, e
bontà";
b) "emet" o "emunah" (fede) da cui deriva la parola
"amen" che significa: così è, in verità. Esprime il senso di una
sicurezza, di una stabilità. Dio è stabile.
Se l'empio è costante nel
peccato, il Signore è costante nella fedeltà e nell'amore. Viene
spontaneo il parallelo con il mondo di oggi, sempre alla ricerca di
certezze. Se noi cristiani vogliamo rendere un servizio autentico al
mondo di oggi, dobbiamo dare la certezza di Dio.
v.7
ALTRE DUE PAROLE DA
CONSIDERARE:
a) GIUSTIZIA=seda/pah, ossia " la giustizia di Dio"
o, anche, "provvidenza salvifica di Dio".
Dio si manifesta nelle sue
opere di salvezza: è giusto perché è provvidente;
b)
GIUDIZIO=mispat, ossia il governo che il Signore esercita su tutto il
creato.
E' l'alleanza stipulata con tutta la nazione (come
narra il primo capitolo della Genesi) e che successivamente si
approfondisce con altre alleanze (Noè, Abramo, Mosè, ecc. sino al
singolo fedele).
vv 8-10
Qui. ci sono i simboli
dell'abbondanza , di cui si è già detto, che ci richiamano le immagini
della pace interiore e totale e della gioia del fedele.
v.11
Vengono ripresi i
termini di grazia e di giustizia ed è tratteggiato il ritratto del
credente, ossia di colui che:
l. conosce Dio ( conoscenza
biblica ed esperienza intima e profonda del Signore);
2. è retto di cuore
(secondo la Bibbia la rettitudine è propria di chi nella sua condotta
di vita si ispira alla Torah.).
vv. 12-13
E' la supplica finale
alla giustizia divina perchè Dio protegga efficacemente il suo fedele
dal malvagio.
"non mi raggiunga il piede dei superbi…".
Questo desiderio,
come vediamo spesso nei salmi, si basa sulle opere divine: io chiedo al
Signore
di disperde i superbi perché l'ha fatto altre volte.
Le opere di salvezza
fondano la nostra speranza futura
La sconfitta dell'empio è una
certezza storica, anche se non sempre nella ,Bibbia; questa
affermazione risponde a vcerità. Può capitare, infatti, che il malvagio
sia apparentemente trionfante (libri sapienziali) e muoia senza
punizione. Se il giusto e il peccatore finiscono entrambi nello "sheol"
non risulta vera l'affermazione della certezza della sconfitta
dell'empio.
Da questa riflessione si sviluppa, infatti, l'idea
della resurrezione e della retribuzione, nell'aldilà. La nostra
speranza nella resurrezione si fonda sull'opera storica del Signore,
che ha fatto risorgere Gesù.
In questo modo possiamo
affermare che Dio ha sempre trionfato.
vv. 8-11
Un'ultima annotazione
interessante:
questi versetti vengono recitati ancora oggi
dall'officiante durante il rito per l'imposizione del "manto della
preghiera" (talled) al ragazzo ebreo di circa 12-13 anni, che diventa
così a pieno titolo religiosamente adulto.
SALMO 36(35)
L'ATEO
E IL CREDENTÉ:
QUANTO È PREZIOSA LA TUA GRAZIA!
L'argomentazione
speculativa, non prelude alla fede. Gli. antecedenti della fede, sono
dati dalla meraviglia e dalla lode come premesse. Noi lodiamo prima di
dimostrare. Mentre per gli altri problemi noi dubitiamo prima di
arrivare ad una decisione, nei riguardi di Dio cantiamo prima di
formulare parole. Fino a quando non sappiamo in che modo lodarlo, non
possiamo imparare a conoscerlo. La lode è la prima nostra risposta alla
meraviglia. Che cos'altro ci rimane da fare di fronte al sublime se non
lodare, arrossire per la nostra incapacità di esprimere ciò che vediamo
e vergognarci per non sapere ringraziare della nostra facoltà di
vedere?... Quando mente e anima si trovano in reciproco accordo, allora
nasce la fede. Ma, prima, il nostro cuore deve conoscere il tremito
dell'adorazione.
(Heschel A.J., L'uomo non è solo, Milano 1970. pp.
81-82).
1 AI maestro del coro. Del servo di Jahweh, di
Davide.
2 Nel cuore dell'empio c'è I'oracolo del peccato,
davanti ai suoi occhi
non c'è timor di Dio.
3 Egli adula troppo se stesso
per poter trovare la
sua colpa e detestarla.
4 Vane e menzognere sono le
sue parole
è impotente a capire e a fare il bene.
5 Trama iniquità sul
suo giaciglio,
si ostina sulla via non buona,
non respinge il male.
6
Jahweh la tua bontà è nel cielo
la tua fedeltà fino alle
nubi,
7
la tua giustizia è come i monti altissimi
il tuo giudizio come l'abisso
immenso:
uomini e animali tu salvi, o Jahweh.
8 Quanto è preziosa
la tua bontà, o Dio!
I figli dell'uomo si rifugiano all'ombra delle tue
ali.
9
Si saziano col grasso della tua casa,
li disseti al tuo torrente
paradisiaco.
10 È in te la sorgente della vita,
nella tua luce
vediamo la luce.
11 Concedi la tua bontà a chi ti conosce
e la tua giustizia a
chi ha il cuore retto.
12 Non mi raggiunga il piede dei superbi ,
non mi disperda la
mano degli empi.
13 Ecco, cadono i malfattori,
sono abbattuti, non
possono rialzarsi.
Salmo 51 -
"Miserere".
Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.
Quando venne da lui
il profeta Natan dopo che aveva peccato con Betsabea.
Iettura del salmo
nella versione della Bibbia di Gerusalemme. E' da tenere anche presente
la traduzione allegata.
Il salmo 51 è l'espressione
sintetica di quel respiro di dolore e di peccato che sale dal cuore
dell'umanità di tutti i tempi e di tutti i luoghi.
Si tratta di una
composizione molto bella, vicina all'esperienza di ogni persona. Ci
offre una visione realistica dell'uomo che ha in sé anche il male, la
tendenza al peccato (infatti non è intrinsecamente buono, nonostante i
miti dell'illuminismo). Sottolineiamo anche un aspetto ottimistico:
dove non può arrivare l'uomo arriva la misericordia di Dio. L'uomo, che
sarebbe destinato al rimorso per avere peccato, s'incontra con l'amore
misericordioso di Jahve che perdona e gli toglie, così, il rimorso
vv.1-2
Traduzione
letterale:"Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. Quando andò da lui il
profeta Natan perchè era andato con Betsabea".
Questa versione
evidenzia che in ebraico si usa il solo verbo "andare''' per esprimere
due concetti ed è su tale gioco di parole che insiste il salmista.
Lo stesso verbo,
cioè, viene usato sia per l'azione peccaminosa (Davide "era andato con
Betsabea" sia per 'azione salvifica di giustizia misericordiosa che si
manifesta attraverso il profeta Natal {che andò da Davide).
Sono due azioni
contrapposte il peccato e la misericordia salvifica di Jahve, che
riporta la giustizia.
Lettura attenta di 2 Samuele cap. 11 e 12, 1-13 che
narrano episodi fra i più drammatici della Bibbia e della vita di
Davide.
Una interessante annotazione a proposito di Uria
l'Hittita {mercenario al soldo di Davide), che rifiuta di rientrare una
sera nella sua casa come gli aveva chiesto il suo re.
Nell'antichità
capitava spesso che i soldati impegnati in un'azione bellica facessero
voto di castità, quale sacrificio propiziatorio per la riuscita della
guerra.
Alcuni interpreti sostengono che Uria, pur essendo
tornato vicino alla sua casa, continuasse a vivere il voto come fosse
al fronte con i compagni.
Nello stupendo cap. 12
leggiamo una delle più belle parabole dell'Antico Testamento, quella
narrata dal profeta Natan a Davide.
Riprendiamo le considerazioni
sul salmo 51.
I vv. 1 e 2 vorrebbero come autore di questa
composizione Davide, portato a pentirsi del suo peccato.
Quindi: Davide ha
commesso un grave peccato; la parola di Dio tramite Natan arriva fino a
lui Io induce a pentirsi; il perdono richiesto viene accordato.
Tuttavia
l'attribuzione a Davide non é sicura, perchè sì notano diversi
contrasti nell'opera. Ne evidenziamo due:
1- fondamentale è il
contrasto tra il culto sacrificale e l'esigenza di un culto interiore.
Il Signore non vuole tanto il fumo degli olocausti, i sacrifici e le
preghiere, quanto iI cuore dell'uomo. Questo contrasto è tipico del
profetismo collocabile nei sec. VII e Vl a. C.. Ad esempio, Geremia è
contrario al culto esteriore.
Quindi, il salmo è
attribuibile ad un'epoca successiva a quella davidica e, comunque, é
indubbio che la parte più antica sia stata rimaneggiata con aggiunte
posteriori;
2- in particolare i vv. 12-14 sono di epoca esilica
babilonese, perchè in essi appare un termine tecnico proprio
dell'esilio (bara =creare).
Inoltre, nei vv. 20 e 21
potremmo vedere delineata una imminente ricostruzione del Tempio nel
quale finalmente si svolgeranno ancora i sacrifici antichi.
Nel "Miserere"
convergono in sintesi Ie grandi idee del profetismo, ma non esposte in
modo teologico o polemico, come erano soliti fare i profeti, bensì
sotto forma di preghiera rivolta umilmente a Jahve.
STRUTTURA DEL SALMO
E' abbastanza semplice.
I^ parte.
vv.3-11 : descrizione
del peccato, confessione della propria colpa, perdono- purificazione.
In particolare:
vv.3-4:invocazione;
vv. 5-8: confessione
del peccato; perdono; vv.9-11 :invocazione di purificazione.
Al centro di questa
prima parte si colloca il v.6 b, importantissimo per il salrnista che
recita:" perciò sei giusto quando parli, retto nel tuo giudizio"
II^ parte
vv.12-19;
protagonista è la grazia.
Nei vv.12 e 19 tornano due
parole: " spirito e cuore".
II v.15 fa da transizione fra
la prima e la seconda sezione della II^ parte. Quindi:
I^ sezione: vv.12-14:
lo spirito dell'uomo
v.15: il passaggio;
II^ sezione:vv.l6-19: il
cuore è il sacrificio gradito a Dio.
III° parte.
vv.20-2l:una
conclusione liturgica.
Ricapitoliamo:
I^ parte:
peccato-perdono
II^ parte: grazia
III^ parte: invocazione
liturgica.
I SIMBOLI
I° tema simbolico: il
peccato.
Fissiamo la nostra attenzione su tre parole:
pesa = ribellarsi
(tipico del vassallo che non dà l'obbedienza dovuta al suo signore);
awon = torcere,
curvare, attorcigliare (il peccato ci fa curvare, piegare su noi
stessi);
hatta' = sbagliare bersaglio (chi sbaglia non
centra il bersaglio che é Dio).
Ricordiamo che nel salmo 8
l'uomo appare come il vassallo di Dio, come colui al quale é stato data
il potere su tutto I'universo. E il vassallo quando pecca si ribella al
sua signore.
II° tema simbolico: la purificazione
vv.3e4;vv.9-11
v.3-"cancella le mie
trasgressioni" oppure: "cancella il mio peccato".
Il verbo "cancellare"
(mahah), preso dal linguaggio giuridico indica la cancellazione di una
scrittura giudiziaria o commerciale (ad esempio): la cancellazione di
un debito.
v.4- "lavami da tutte le mie colpe"
E 'tradotto con
"lavare" l'ebraico "Kabas", che era un verbo comune nel mondo dei
lavandai, dei tintori che cambiavano il colore dei tessuti.
Facile è il passaggio
dalla nozione di lavaggio dei tessuti a quello di purificazione.
v.4b: "mondami dal
mio peccato"
Il verbo "thaer" (mondare, essere puro) deriva da
"thr'' (splendore). Potremmo anche tradurre: "rendimi splendente
cancellando il mio peccato".
Nel v.9 tornano questi
simboli e si aggiungono le immagini dell'issopo e della neve.
L'issopo è una pianta
non ancora ben identificata, ma pare si tratti dell'origano o della
maggiorana che spuntano ancora adesso fra i muri di Gerusalemme e in
zone aride dell'oriente.
I rami dell'issopo sono usati
come aspersori in alcuni rituali. Dalla Bibbia sappiamo che con essi si
aspergevano persone mondate dalla lebbra oppure il popolo durante il
rituale della Alleanza ( in quest'ultimo caso il ramo di issopo veniva
intinto nel sangue).
La lebbra richiama il peccato; il sangue
dell'agnello con il quale vengono lavati, cancellati i peccati. del
popolo richiamano l'Alleanza.
"La neve". Al riguardo
leggiamo Isaia 1,18.
Qui la purificazione è totale perché non rimane più
nulla del colore iniziale.
La neve, quindi, richiama
proprio il candore e lo splendore.
III° tema simbolico:
somatico, cioè del corpo. E' riscontrabile in varie parti della
composizione.
In questo salmo sono coinvolti i corpi degli uomini
e, in senso antropomorfico, il corpo di Dio. Ricordiamo che nella
Bibbia l'uomo è visto come un essere unitario (non tanto come diviso in
anima e corpo) e, perciò. tutto ciò che era fisico aveva un significato
anche morale e viceversa . Non per niente la lebbra era considerata il
segno visibile dei gravi peccati di un uomo
Quindi secondo una mentalità
diffusa in Israele prima di Gesù, ed ora ampiamente superata, il male
fisico sarebbe in rapporto diretto con la condizione di peccatore.
A questo punto
subentra lo spirito che dà vita e forza nuova alla persona.; spirito
che forma e cambia il cuore.
IV Tema simbolico la:
liturgia.
Ad esempio nel v. 15 leggiamo un simbolo liturgico
là dove è scritto "Insegnerò agli erranti le tue vie".
In ebraico il verbo
"insegnare" corrisponde a un termine tecnico usato per indicare la
catechesi sulla Torah, cioè gli insegnamenti della Legge che portano le
persone a proseguire sulla retta via.
Altro termine liturgico: "il
sacrificio", che sarà quello del cuore, da una parte, e quello previsto
dalla Torah, dall'altra.
Noi sappiamo che le due cose
non sono disgiunte. Pensiamo alla Messa che dovrebbe vedere non solo la
partecipazione dell'uomo con tutto se stesso (anima e corpo, per
intenderci), ma anche del fedele con il suo cuore che da quel
sacrificio viene; trasformato per diventare sempre più cuore che ama e
che si dona.
V.16 - " La mia lingua esalterà la tua giustizia".
Il vocabolo
"esaltare" richiama le danze rituali. Non si tratta soltanto di
un'esultanza delle parole, ma anche dei gesti.
Altri simboli
(liturgici sono, ad esempio, l'altare e I'olah, che è l'olocausto, cioè
il sacrificio perfetto.
COMMENTO
Lettura del testo
allegato.
vv. 3 - 4 : 1'invocazione e la richiesta di
purificazione.
Balzano all'occhio le due realtà antitetiche: il
peccato e Dio. Il peccato è ribellione al Signore e al suo progetto; è
imperfezione, colpa, trasgressione, e si ritorce sempre contro l'uomo.
Ebbene, a quest'uomo
imprigionato nel suo peccato Jahve si oppone con le tre azioni espresse
dai verbi: cancellare, lavare, mondare.
(Questi due versetti
richiamano Esodo 34 nel quale è contenuta una professione di fede con i
tre attributi di Dio:
a) hanan = avere pietà (tipica caratteristica
divina). sono belle; le sfumature sottintese in questo verbo
che è usato per
descrivere il sovrano che si piega sui suoi sudditi per interessarsi a
loro, che si china su di loro per portare la gioia.
(quindi, sono due le,
sfumature del verbo "hanan": un chinarsi un essere attento per portare
la gioia.
Allora potremmo dire che questo termine indica la
"pietà amorosa" che induce Dio ad essere "grazioso", delicato e
portatore di grazia.
b) Un secondo attributo divino, già trovato nel
salmo 36, é "hesed", ossia la "fedeltà amorosa" di Jahve con tutte le
sfumature già note di bontà, di grazia e di. tenerezza. La "fedeltà
amorosa" di Dio è la base su cui ricostruire i rapporti con il
peccatore.
il Signore perdona i peccati non perché siamo
meritevoli di perdono, ma perché Egli è fedele e ci ama.
c) Infine: "rehem",
tradotto con "misericordia", adoperato di solito il plurale, "rahamin",
per significare "le viscere'' della madre. Questa parola è usata nella
Bibbia riferita alla mamma. al papà, a Dio. Se vogliamo restare al
significato del termine tecnico dobbiamo dire che è proprio per la
madre e per Dio, per cui l'amore divino è come l'amore materno e le
"viscere di misericordia" indicano l'amore del Signore.
Pensiamo, ad esempio,
ai vari modi adoperati dai profeti per descrivere l'amore di Jahwe:
amore sponsale, amore fraterno, amore materno.
Tuttavia tutti gli
amori umani sono solo un'analogia di quello divino per noi. Nella
Bibbia 1'amore più vicino all'amore di Dio è quello di una madre che ha
tenuto il bambino nelle sue viscere.
SALMO 51 (50)
IL MISERERE, LA PIÙ CELEBRE
PREGHIERA
PENITENZIALE:
“CONTRO TE HO PECCATO!”
1 AI maestro del coro. Salmo.
Di Davide.
2 Quando andò da lui il profeta Natan perché egli
era andato con Betsabea.'
3 Pietà di me, o io, secondo
la tua bontà,
secondo l'immensa tua misericordia cancella le mie
trasgressioni.
4 Lavami totalmente dalla mia colpa,
mondami dal mio
peccato.
5 Perché io riconosco le mie trasgressioni,
il mio peccato mi sta
sempre dinanzi.
6 Contro te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai
tuoi occhi l'ho commesso;
perciò sei giusto quando
parli,
retto
quando giudichi.
7 Ecco, nella colpa sono stato generato,
peccatore mi ha
concepito mia madre.
8 Ecco, tu ami la verità della coscienza
e nel mio intimo mi
fai conoscere la sapienza.
9 Purificami con issopo e
sarò mondato,
lavami e sarò più bianco della neve.
10 Fammi sentire
gioia e allegria ,
esulteranno le ossa che hai spezzato.
11 Distogli il tuo
volto dai miei peccati ,
cancella tutte le mie colpe!
12 Crea in me, o Dio,
un cuore puro ,
rinnova dentro di me uno spirito fermo.
13 Non respingermi
dal tuo volto
non allontanare da me il tuo santo spirito.
14 Riportami la gioia
della tua salvezza ,
sostieni in me uno spirito generoso.
15 insegnerò ai
ribelli le tue vie
e i peccatori a te si convertiranno.
16 Liberami dal
sangue, Dio, Dio mio salvatore ,
la mia lingua acclamerà la
tua giustizia.
17Signore. apri te mie labbra
e la mia bocca
proclami la tua lode.
18 Poiché tu non ami il sacrificio
e se ti offro
I'olocausto, non lo gradisci.
19 Lo spirito contrito è il
sacrificio perfetto ,
un cuore contrito e umiliato, o Dio, tu non
disprezzi.
20 Nel tuo amore favorisci Sion,
ricostruisci le mura
di Gerusalemme.
21 Allora amerai i sacrifici legittimi,
I'olocausto e
I'oblazione totale,
allora i vitelli saliranno sul tuo altare.
SALMO
51 - CONTINUAZIONE
vv.5-8
Lettura della
versione allegata.
L' uomo, dopo l'implorazione della bontà divina,
guarda se stesso e rinnega il suo passato di peccatore. Da un punto di
vista psicologico questo salmo è stupendo, perchè descrive tutto il
cammino del peccatore. Davanti a Jahve non possiamo che constatare la
nostra colpevolezza, ma senza andare in crisi, proprio perchè il
termine di paragone è l'amore di Dio.
Al riguardo ricordiamo tutti
la parabola del fariseo e del pubblicano al Tempio. Il primo, davanti
all'altare, prega il Signore esaltando se stesso perchè si considera un
uomo giusto, non certo come il pubblicano che, fermatosi a distanza, si
batte il petto chiedendo pietà a Dio.
Quasi sicuramente il
pubblicano è più peccatore del fariseo che, però, sbaglia il bersaglio
perchè si mette in relazione con un uomo (e ne esce, ovviamente,
vincente), mentre si dovrebbe rapportare a Dio. Il pubblicano, invece,
non si confronta con il fariseo (ne uscirebbe perdente), ma indovina il
bersaglio e prende come interlocutore Jahve, si riconosce peccatore e
viene così giustificato.
L'esperienza del pubblicano è
simile a quella del nostro salmista.
La misericordia di Dio e la
sua fedeltà amorosa ci illuminano e ci fanno capire quanto sia grande
la nostra colpa, ce la fanno odiare e ci danno la consapevolezza che
l'adesione al peccato ha prodotto un danno enorme, cioè la rottura
della comunione con il Signore.
A questo punto ci
disperderemmo se non ci fosse l'hesed, ossia la fedeltà amorosa, la
misericordia divina.
Nel v. 6 è posto l'accento su Dio ("contro te,
contro te solo ho peccato").
Supponiamo pure che questo
salmo sia stato scritto da Davide per aver peccato con Betsabea e per
aver ordinato l'omicidio di Uria l'hittita, ma teniamo presente che
ogni peccato è contro il Signore perchè rappresenta una mancanza di
amore. E' un concetto che vale anche quando si parla di peccati contro
il prossimo.
In realtà la divisione corrente in "peccati contro
Dio" e "peccati contro il prossimo" non è corretta, perchè tutte le
nostre colpe sono contro il Signore.
E' bene sottolineare che ogni
peccato è contro Dio e contro il prossimo, perchè anche la colpa più
nascosta toglie santità alla Chiesa. Inoltre ogni peccato è contro lo
stesso peccatore, che non si realizza come persona, perchè creato per
amare sceglie di non amare.
Nella confessione
l'assoluzione non è data dal sacerdote soltanto in nome di Dio, ma
anche in nome della Chiesa, ossia di tutti i nostri fratelli che
abbiamo offeso con le nostre mancanze. Quindi ci confessiamo a Dio e
anche alla Chiesa. Non a caso, anticamente, la penitenza era pubblica.
La "comunione dei
santi" vale nel bene (ogni nostro atto buono aumenta la santità della
Chiesa) e vale nel male (ogni nostro peccato intacca la santità della
Chiesa).
v. 6°.
E' il centro della 1 ° parte.
La
giustizia di Jahve è un dato di fatto; non si tratta tanto di
"giustizia retributiva", ma di "giustizia misericordiosa".
Qui il salmista
professa la fede nella fedeltà amorosa di Dio e nella sua misericordia.
Notiamo anche un approfondimento del sentimento di giustizia rispetto
alla legge della retribuzione dell' Antico Testamento. Dio è giusto
perchè è quello che deve essere; in Lui non c' è nulla di sbagliato: è
la perfezione assoluta.
vv. 6-8.
Lettura del testo
allegato.
Il salmista ci fa notare che il peccato ha radici
profonde nell' uomo, gli è connaturato (dogma del peccato originale).
Oggi si dimentica spesso che uno degli effetti del battesimo è proprio
la cancellazione del peccato originale. Ed è un peccato talmente forte
che, nonostante il battesimo, lascia uno strascico nella nostra vita,.
per cui l' uomo salvato dalla grazia è ugualmente peccatore (dal ventre
di sua madre è stato così generato).
A questo proposito si leggano
Genesi 2 e 3 e Lettera ai Romani 5,12-21.
Dio ama la confessione
consapevole scaturita dal nostro cuore; ama il pentimento totale.
Ricordiamo, ora, la differenza tra contrizione e attrizione (o
contrizione imperfetta):
A) la contrizione è il dolore
per il peccato commesso con il proposito di non commetterlo più, che
scaturisce dall' amore'
B) 1' attrizione (o
contrizione imperfetta) è il dolore per la colpa commessa con il
proposito di non peccare più, che nasce dal timore del castigo.
La consapevolezza del
peccato fa in modo che il nostro cuore se ne renda conto e lo confessi.
La coscienza liberata dalla colpa può arrivare a conoscere la sapienza,
che non deve intendersi come cultura, ma come la capacità di penetrare
in profondità nel progetto di Dio. In pratica si tratta del concetto
dell'amore: io sono sapiente quando ho con il Signore un rapporto tale
da vedere tutto con i suoi occhi. Però se ho peccato con il cuore non
riesco a farlo.
vv. 9-11.
Lettura del testo allegato.
Nel "Miserere" vi è
una continua anticipazione e ripresa dei verbi. Ad esempio, in questi
versetti sono ripresi i verbi dei vv. 3 e 4. Il v. 10 anticipa la
seconda parte del salmo.
v.11.
"Il tuo volto": Nella
Bibbia il volto di Dio è fonte di gioia o è fonte di terrore. Se il
Signore distoglie lo sguardo dal peccato questo non esiste più, perchè
ciò che fa esistere le cose, nella Bibbia, è lo sguardo divino. Dio è
1' esistenza, "colui che è". Dalla purificazione, dalla cancellazione
dei peccati, nascono la gioia e 1' allegria non solo interiori, ma di
tutto l'essere corporeo; quindi anche delle ossa (v. 10). Le ossa prima
spezzate sono rimesse a posto da Dio.
Molti sono convinti che dalla
confessione non traiamo tutta la grande gioia possibile, tanto che, a
volte, proviamo più contentezza nel ricevere il perdono di una persona
che non il perdono del Signore. Ciò significa che forse non siamo
completamente consapevoli della gravità dei nostri peccati.
La sommaria
distinzione tra peccato mortale e peccato veniale può essere valida
solo per coloro che pensano alla giustizia retributiva di Dio. Nella
prospettiva dell'amore questa divisione appare assurda.
Lettura di Ez. 3 7,
1-14.
vv.
12-19.
"Crea
in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova dentro di me uno
spirito fermo"(v.12).
Lo spirito umano per tornare ad essere fermo,
solido davanti al peccato, ha bisogno di un atto creatore di Dio.
Ci troviamo di fronte
al verbo ebraico "bara", un termine tecnico per definire il libero atto
creativo di Dio, già da noi incontrato in Genesi 1,1 (la creazione del
cielo e della terra) e in Isaia 48,7. Lettura di questi brani.
Il secondo brano
appartiene al Deutero-Isaia (secondo Isaia) che, quindi, è stato
scritto nella prospettiva della liberazione dall'esilio.
Ecco, vediamo che
Jahve, per risistemare le cose, per liberare il suo popolo dal peccato,
ha bisogno della stessa energia creatrice usata per creare l'universo,
tanto è grave la frattura che il peccato determina tra noi e il
Signore.
Il verbo "bara" si ritrova anche in Geremia 24,7,
quindi prima dell'esilio, quando il profeta parla del cuore nuovo che
il Signore creerà e nel quale sarà iscritta la legge. Leggere Ez. 36,
26-27.
Lo
spirito di Dio è l'artefice di questa nuova creazione; è lo stesso
spirito che ha creato in noi, mediante il battesimo, persone nuove.
Jahve crea ogni
giorno, ovvero è impegnato continuamente a ricreare ciò che noi
stoltamente distruggiamo.
Il problema teologico del
riposo divino nel giorno di sabato è risolto da Gesù molto
semplicemente: Dio, il sabato, ha cessato di creare, ma ha iniziato
l'opera di mantenimento della creazione.
Lo "spirito" del v.12 è fermo
e stabile, cioè "nakon".
L' uomo è fragile e
incostante; solo lo spirito di fermezza che proviene da Dio gli
permette di continuare costantemente il cammino verso il suo Signore.
Nel v.13 leggiamo un
altro attributo dello spirito: "santo", ovvero "santità", termini che
indicano la separazione. Dio è santo perchè totalmente separato
dall'uomo.
Il termine viene ripreso dal famoso "trisaghion" di
Isaia ("santo, santo, santo... "). Qui dobbiamo pensare a Gesù Cristo
fatto uomo.
Nella messa noi proclamiamo: "Santo, santo, santo è
il Signore Dio dell'universo...". Sono espressioni che evidenziano due
componenti:
A) La trascendenza di Dio, che diventa
B) l'immanenza di
Gesù, il Dio fatto uomo.
Il "santo", che ci introduce
mirabilmente alla consacrazione che avverrà poco dopo, è una preghiera
profondamente teologica e pedagogica allo stesso tempo.
La nostra santità è
la separazione che il Signore ha operato fra noi e il mondo (pur
lasciandoci nel mondo) perchè diventiamo sua totale proprietà. Il
battesimo ci ha reso santi perchè il Signore ci ha presi per sé.
v.14. Lo spirito
viene definito "generoso" (terzo attributo).
Questa parola può assumere un
duplice significato: "generosità" oppure "obbedienza". Una generosità
sovrabbondante suscita come risposta una obbedienza altrettanto
sovrabbondante. Dio ci dà tutto; noi dobbiamo rispondere dando tutto.
Lo spirito di
generosità è una forza che ci permette di agire con il massimo amore
possibile. Dalla consapevolezza di amare deriva la gioia.
v.15. Il cristiano
perdonato è gioioso ed ha in sé lo spirito di generosità, di santità,
di salvezza che lo porta a diventare missionario. Se non lo facesse si
sentirebbe monco.
Il salmista ha fatto l'esperienza del peccato, è
stato ribelle, ha ottenuto successivamente la pace con Dio e ora la
comunica agli altri, perchè si accorge che ciò che è bene per lui è
bene anche per il prossimo suo.
v.16. Qui abbiamo una parola
ebraica tradotta "dal sangue", mentre la versione letterale è "dai
sangui", al plurale. Non se ne conosce il motivo. Si tratta, comunque,
di un termine tecnico che solitamente significa "omicidio" e
"violenza".
Coloro che attribuiscono questo salmo a Davide
hanno buon gioco perchè il re, che ha compiuto un omicidio, sta
chiedendo a Dio di liberarlo dal peccato commesso.
La maggior parte
degli esegeti ritiene che questo termine tecnico voglia significare :
"Signore, liberami dal castigo" in quanto ogni peccato richiederebbe di
essere lavato con il sangue. In tale caso il castigo comporterebbe la
perdita di sangue.
Dai versetti 12-16 si deduce che il primo impegno
assunto dall'ex-peccatore è di essere missionario.
v. 17.
Il secondo impegno
dell'ex-peccatore consiste nel proclamare la lode di Dio e il suo
amore. Ciò comporta una profonda coerenza e un'esigenza di vita
interiore.
"Signore, apri le mie labbra...". Ecco, il nostro
impegno e il nostro annuncio hanno origine dal Signore. E' Lui stesso
che fa scaturire la nostra lode.
vv. 18-19.
Ci troviamo di fronte
al terzo impegno dell'ex-peccatore: sciogliere il voto sacrificale.
Entra in gioco la polemica profetica: a Dio è gradito il cuore
contrito, umiliato, amorevole e non tanto il sacrificio materiale.
Questa polemica non rappresenta un alibi per cancellare il culto
ufficiale (per noi cristiani l' ascolto della Messa), ma sostiene
l'esigenza di accostarsi ai sacrifici con cuore adatto per poterli
vivere in pienezza. Perfino l'olocausto, che è il più alto sacrificio,
non è gradito a Jahve se non è sostenuto dal cuore contrito. Infatti
occorre la perfetta unione tra il sacrificio esteriore e il cuore che
Io offre.
Ricordiamo che il Concilio Vaticano II° a questo
proposito afferma che Cristo è vittima e sacerdote e che noi,
partecipando alla Messa, siamo in Cristo vittime e sacerdoti nello
stesso tempo.
vv. 20-21.
Questi due versetti ci
riportano alla liturgia nazionale di un popolo. E allora potremmo
interpretare il salmo non come un evento capitato ad una sola persona
(il peccato), ma a tutto il popolo (l'esilio). L'esilio ha permesso aI
popolo di Israele di conoscere il suo peccato, di convertirsi, di
capire la necessità di circoncidere il proprio cuore. Questo stesso
popolo, tornato a Gerusalemme con il cuore purificato, può nuovamente
offrire i sacrifici prescritti dalla legge di Mosè.
In questa luce di
purificazione del cuore anche la Messa assume il suo vero significato
ed è facile capire che non si tratta di un rito esteriore. Evitiamo,
comunque, gli eccessi e cerchiamo un equilibrio tra il rito esteriore e
il contenuto della Messa.
Per concludere il commento al
salmo 51: detestiamo il nostro peccato e sapremo chi è Dio.
SALMO 58
" Il giudice dei
giudici terrestri"
Lettura della composizione nella versione della
Bibbia di Gerusalemme
E' un " salmo imprecatorio" (come i salmi 83 e 109)
con un testo estremamente corrotto, tanto che un versetto (10) non
viene nemmeno tradotto da alcuni interpreti, perché ciò richiederebbe
una ricostruzione particolarmente laboriosa.
Per il suo contenuto è stato
definito una delle pagine più imbarazzanti del Salterio.
Weiser dice che il
salmo 58 "esprime le invettive, lo spirito di vendetta, la gioia del
male altrui, proprio di un fanatismo religioso intollerante".
Di fatto noi sappiamo
che i tre "salmi imprecatori" non sono contenuti nella "liturgia delle
ore" e non sono letti durante la Messa per motivi psicologici, perché
ad un cristiano l'impatto con un salmo di questo particolare genere
potrebbe creare notevoli difficoltà. E' bene chiarire che tale
esclusione non è dovuta a motivi teologici ( perché questi salmi nella
loro interpretazione più autentica non intendono maledire alcuno), ma
al fatto che certe espressioni molto forti usate potrebbero costituire
motivo di difficoltà psicologica.
Coloro che non leggono
interamente il salterio non conoscono l'esistenza dei salmi 53,83,109.
Sottolineiamo ora i
sentimenti positivi espressi nel nostro salmo:
1. l'ansia per la
giustizia;
2. lo sdegno contro le manifestazioni del male ( ed
è proprio lo sdegno che tante volte ci spinge ad agire).
3. Per certi aspetti
si possono ricondurre al salmo 58 alcuni brani del Vangelo, come Mt
23,13-38 ("Sette maledizioni agli scribi e ai farisei"), che viene
letto. Anche queste pagine potrebbero costituire una difficoltà
psicologica per chi pensa a un Gesù mite e sempre rinunciatario.
4. Si leggono brani
di genere letterario imprecatorio anche nell'Apocalisse. Il testo che
potrebbe però essere considerato come la matrice di tutti gli altri è
contenuto nel famoso " Cantico di Mosè" (Deut.32,43)
Precisazioni
sul genere letterario imprecatorio
a- Prima di tutto dobbiamo
partire dal nostro Dio, che è il Dio dell'incarnazione, il Dio della
storia, che sceglie di educare l'uomo camminando di pori passo con lui.
Il Signore, cioè, porta la sua creatura un poco alla volta fino a Sé e
si manifesta come un Dio profondamente rispettoso dell'uomo. Guardiamo
alla pazienza che il Signore ha con ciascuno di noi risollevandoci ogni
volta che compiamo un passo falso e allenandoci gradualmente, a
camminare sempre più spediti.
La nostra è una religione
storica, cioè di un Dio che si rivela nella storia (quindi, non una
filosofia astratta). Ovviamente con tutti i rischi del caso. E il
rischio più grande, che poi diventa realtà, consiste nel fatto che il
nostro Dio usi le categorie storiche, i modi di dire umani per rendersi
comprensibile a noi, per entrare in comunicazione con noi senza
spaventarci, senza distruggerci, L'adeguamento massimo del nostro
Signore all'uomo è Gesù Cristo: il Dio fatto uomo.
E, allora, se noi
cominciamo a leggere l'Antico Testamento anche in alcuni suoi passi
difficili da accettare da parte di un cristiano, se cominciamo a
leggerli nella logica di Dio che entra nella storia per avvicinarsi
all'uomo, non ci scandalizziamo più.
In questo e in altri salmi
Jahve si manifesta con il medesimo modo di comunicare usato dall'uomo
con le altre persone, dopo aver scelto come ambiente naturale della sua
comunicazione il vicino Oriente. Infatti, nella Bibbia ci troviamo di
fronte ad una cultura orientale.
b- Seconda precisazione.
Nell'antica cultura orientale aveva una estrema importanza la parola,
in assenza di testi scritti. E, quando il patrimonio del passato si
trasmette oralmente, la parola diventa realtà. Questa intuizione
porterà la parola di Dio a darsi Carne. Il "logos" si è "fatto carne".
Nella Bibbia la parola, soprattutto la parola divina, è sempre
considerata efficace; ad esempio, in Genesi 3, "Dio disse: "Sia luce!"
e la luce fu". Ma sono efficaci anche tutte le "benedizioni" bibliche
come quella famosa di Giacobbe ai suoi figli. Non si trattava di
semplici auguri, ma di parole che esprimevano delle realtà.
Lo stesso concetto
vale per le "maledizioni" che costituiscono un vero e proprio genere
letterario. Si può maledire soltanto l'empio e non il giusto; se ciò
accadesse ci troveremmo in presenza di un peccato gravissimo. Ancora
più grave sarebbe la colpa qualora si maledicesse Dio. Sia la
maledizione che la benedizione sono efficaci nell'atto stesso di essere
pronunciate. Appare chiaro che la maledizione più tremenda e più
efficace è quella lanciata da Dio stesso. Con la sua parola crea la
luce oppure realizza la distruzione. Di solito nella Bibbia, la
maledizione scaturisce da una situazione di ingiustizia ( come nel
nostro caso) oppure di minaccia da parte di un avversario, che è sempre
l'empio, contro i singoli, una città, un popolo intero. Pensiamo al
superamento di questa posizione da parte di Gesù che non maledice i
suoi crocifissori, ma chiede per loro perdono al Padre.
In tutte le
maledizioni bibliche contro gli empi, anche se pronunciate dall'uomo,
viene coinvolto sempre il Signore, perché Dio è il supremo custode del
diritto, l'origine della legge. In ultima analisi l'empio che
viola la legge commette sempre un peccato contro Dio. Ne consegue che
ogni maledizione deve trovare in Jahve l'alleato, tanto che potremmo
dire che l'origine ultima della maledizione stessa è Dio. In questo
senso la maledizione pronunciata dall'uomo ha più valore ed efficacia
se costui è vicino al Signore. In altre parole: per rendere più
efficace la maledizione si deve avere un rapporto più intimo, più
intenso con Dio. Inoltre, tanto più efficace sarà la maledizione quanto
più grave è il peccato ( o la grandezza del valore in gioco).
La maledizione
biblica non ha collegamenti con malocchio, fatture o magie in genere e
non è automatica, tanto è vero che Dio punisce chi maledice
ingiustamente. Se io scaglio una maledizione contro un giusto,
quell'invettiva si ritorcerà contro di me, perché il Signore è giusto,
libero nel suo giudizio e pornto a premiare chi è stato maledetto
ingiustamente.
Infine la maledizione era considerata una forma di
difesa verso il re e, come nel nostro caso, verso i giudici iniqui. Chi
può difendere il povero ingiustamente privato di un suo diritto? Dio!
Ecco, la maledizione che il povero offeso scaglia, chiamando in causa
il suo Signore, rappresenta una forma di difesa estrema. E nel momento
in cui Dio verifica che il povero ha ragione, scatta per l'empio la
punizione.
Ricordiamo come i profeti si siano scagliati contro
tutte le manifestazioni di ingiustizia e di oppressione del singolo e
del popolo.
Lettura: Deut.28,15-19. E' un lungo brano di
maledizioni molto dure riguardanti anche i giudici.
Lettura: Deut.
27,15-20.
La maledizione più grave in assoluto è quella
lanciata non contro l'empio, ma contro tutta la sua discendenza.
È consolante spere
che Dio può annullare la maledizione a coloro che si convertono.
Lettura: Zacc. 8,16.
Quando il popolo si purifica dai suoi peccati ottiene la benedizione
divina anziché la maledizione. Teniamo presente che
l'archetipo, cioè l'origine di tutte le maledizioni divine, è nel
peccato originale (Genesi 3).
Nel Salterio la maledizione
contro i malvagi ha sempre una causa ulteriore. Le azioni degli empi
comportano per i giusti la tentazione di abbandonare il culto di Jahve.
Perciò la maledizione non è solo una ulteriore forma di difesa
dall'ingiustizia, ma rappresenta la difesa dal peccato primordiale
dell'idolatria.
L'azione dell'empio, nel salterio, non è
semplicemente rivolta contro la giustizia umana o contro Dio, ma è
un'azione rivolta verso ogni credente che viene tentato contro il
Signore. E se il credente cede alla tentazione diventa infelice.
I "salmi imprecatori"
non nascono da scatti d'ira improvvisi, ma da motivazioni religiose (
la difesa nei confronti di chi mina la mia felicità o la sicurezza di
un popolo) e costituiscono le richieste estreme di giustizia davanti
all'estrema ingiustizia che provoca l'infelicità del mondo.
Scopi del salmo 58
1. Chiedere la giusta
punizione dei malvagi.
2. Prendere le difese dei poveri (non intesi solo
in senso materiale, ma anche come "poveri di Jahve", cioè coloro che
ripongono la loro fiducia in Dio).
3. Affermare il proprio amore
per Dio e per il popolo.
4. Affermare la propria
speranza e la propria fiducia nella giustizia divina.
Commento
Il salmo 58 ha avuto
molte interpretazioni perché il suo testo si pre4senta corrottissimo,
tanto che alcuni versetti sono stati riconosciuti, in parte, sulla base
di pochissimi frammenti. Inoltre la composizione ha subito diversi
rifacimenti in epoche e in contesti storici diversi.
Alcuni esperti
sostengono che il salmista abbia voluto esprimere una protesta contro
le divinità pagane. Tale interpretazione si basa sul fatto che la
parola "potenti" nel testo ebraico è "elohim" (dei,divinità) e
quindi il salmo sarebbe contro l'idolatria e soprattutto
contro le divinità dei cananei spodestate dall'unico vero Dio.
Ovviamente la
posizione religiosa di Jahve, che assume il controllo di tutto ed è
superiore a tutte le altre divinità, porta ad una ripercussione
politica per cui il re d'Israele stabilisce una supremazia sui popoli
idolatri.
Altri interpreti, invece, affermano che solo nei
primi tempi in questo salmo fosse presente la polemica contro le
divinità pagane e che successivamente il testo sia stato adottato a
situazione di attualità, diventando così un'invettiva contro i politici
e i giudici corrotti. I magistrati diventati empi sono da paragonare ai
criminali e a quelle divinità pagane che verranno sconfitte da Israele.
Secondo
altri studiosi in un terzo tempo il salmo diventa un'invettiva contro i
nemici d'Israele, cioè contro gli oppressori del popolo. E questi
nemici vengono ulteriormente sfumati fino ad una dimensione
escatologica. Il salmo si proietta, così, tutto sugli avversari e,
soprattutto, sul principale nemico: Satana. Ecco la vittoria del bene
sul male.
Si tratta di tre letture diverse a seconda delle
interpretazioni e da considerarsi ugualmente valide. Possiamo,
comunque, dire che questo salmo soprattutto in base al v.2b ("
giudicate con rettitudine gli uomini?") sia da intendere come
un'invettiva contro i giudici corrotti. Di conseguenza può essere letto
come la difesa appassionata dei deboli.
Struttura
v.2: l'apostrofe,
l'invettiva contro i potenti;
vv.3-6; la denuncia
dell'ingiustizia;
vv.7-10: l'imprecazione contro l'ingiustizia;
vv.11-12: l'apostrofe
scagliata ai giusti (oppure l'augurio rivolto ai giusti).
Simboli
a) Simboli somatici
(corpo, grembo, aborto, cuore, ecc.). Tutto l'essere dell'empio produce
il male; è i male (vedere salmo51)
b) B) Simboli teriomorfi, che
prendono spunto dagli animali ( leoni, lumaca, serpente). Il serpente è
il classico simbolo del male (Genesi), è particolarmente cattivo ed
insidioso resiste perfino al potere degli incantatori.
La lumaca, simbolo
dell'animale viscido e schifoso, viene nominato solo questa volta nella
Bibbia.
°
SALMO 58 (57)
LA DENUNZIA
DELL'INGIUSTIZIA POLITICA,
L'ANNUNZlO DELLA GIUSTIZIA
VENDICATRICE DI DI0
1 AI maestro del coro. Su
“Non distruggere".' Miktam:
2 Forse che veramente, o
potenti, emettete sentenze giuste
e giudicate rettamente gli
uomini?
3 No! Voi commettete iniquità nel vostro cuore
e con le vostre mani
calibrate la violenza per la terra.
4Sono traviati sin dal grembo
materno gli empi,
sono pervertiti sin dal ventre della madre gli
operatori di menzogna.
5 Hanno veleno simile al veleno del serpente,
sono come una vipera
sorda che si tura le orecchie,
6 che non ode la voce degli
incantatori,
del mago abile nei sortilegi.
7 Dio, spezza loro i
denti in bocca,
rompi, Jahweh, le zanne dei leoni!
8 Si dissolvano come
le acque e con esse si disperdano.
Calpestino le loro frecce
come coloro che sono finiti.
9 Passino come (la bava)
della lumaca che si scioglie,
come aborto di donna non
vedano il sole!
10 All'improvviso li strappino via
rovi spinosi o belva
o incendio!
11 Gioisca il giusto nel vedere la vendetta,
lavi i suoi piedi nel
sangue degli empi.
12 Dicano gli uomini: "Sì, c'è un premio per il
giusto!
Sì, c'è un Dio che fa giustizia sulla terra!".
58 (57) II
giudice dei giudici terrestri
1 A1 maestro del coro. Su
“Non distruggere”. Di Davide. Miktam.
2 Rendete veramente giustizia
o potenti,
giudicate con rettitudine gli uomini?
3 Voi tramate
iniquità con il cuore,
sulla terra le vostre mani preparano violenze.
4 Sono traviati gli
empi fin dal seno materno,
si pervertono fin dal grembo
gli operatori di menzogna.
5 Sono velenosi come il
serpente,
come vipera sorda che si tura le orecchie
6 per non udire la
voce dell'incantatore
del mago che incanta abilmente.
7 Spezzagli, o Dio, i
denti nella bocca,
rompi, o Signore, le mascelle dei leoni.
8 Si dissolvano come
acqua che si disperde,
come erba calpestata inaridiscano.
9 Passino come lumaca
che si discioglie,
come aborto di donna che non vede il sole.
10 prima che le
vostre caldaie sentano i pruni,
vivi li travolga il turbine.
11 Il giusto godrà
nel vedere la vendetta,
laverà i piedi nel sangue
degli empi.
12 Gli uomini diranno: “C'è un premio per il
giusto,
c'è Dio che fa giustizia sulla terra!”.
SALMO
58 - CONTINUAZIONE
v 2.
Come già spiegato,
l'espressione "o potenti" può essere l'interpretazione dell'ebraico
"elohim" (dei, divinità). Teniamo presente la rilettura ultima del
salmo che pare sia stato composto contro i giudici corrotti, i quali
gestiscono la giustizia danneggiando l'innocente.
Lettura di Isaia 5,
22-23 in cui il profeta si scaglia, appunto, contro i giudici corrotti
che, grazie al denaro ricevuto dai potenti, rendono ingiustizia
all'innocente.
Leggere anche Deut. 16, 19.
Non dimentichiamo che
la tutela dei più deboli è uno dei compiti principali di Jahve, fonte
stessa del diritto. E' Dio, in ultima analisi, il punto di riferimento
unico. E oggi, proprio mancando questo punto di riferimento preciso in
Jahve (fonte della legge) abbiamo come conseguenza il "relativismo
etico". Le leggi, specialmente negli stati pluralisti, sono sempre
risultato di un compromesso che, in quanto tale, non soddisfa tutte le
parti.
Stiamo
vivendo in pienezza il frutto del peccato originale: l'aver mangiato
dell'albero della conoscenza del bene e del male ha portato l'uomo ad
arrogarsi il diritto, che è di Dio, di stabilire ciò che è lecito o
illecito.
Ribadiamo: Jahve, difensore dei deboli, è la fonte
del diritto e di conseguenza ogni peccato è contro di lui.
vv. 3-6.
Lettura dei due testi
allegati.
Si sottolinea l'immagine vigorosa del "peso".
"...preparano
violenze...". Il verbo "preparare" dovrebbe essere correttamente
tradotto "pesare, calibrare" . L'empio, il giudice iniquo, ha un
progetto ben preparato e calibra con le sue mani la bilancia
dell'ingiustizia, così che il peso del male che compie gli procuri più
vantaggi possibili. Quindi l'empio è cosciente del male che fa: va
contro Jahve, sapendolo. E' un po' come quando si commette un reato (ad
esempio l'omicidio) in modo volontario e premeditato.
L'empio ha la
malvagità totalmente radicata in sé fin dal seno materno.
Ricordiamo il salmo
51, in cui l'empio è presentato come un uomo che non riesce a staccarsi
dal peccato.
Solo una "nuova nascita" (pensiamo a Gv. 3,3 e
segg., al dialogo tra Gesù e Nicodemo: bisogna nascere di nuovo e
dall'alto -doppia affermazione-) può trasformare in bene l'iniquità
congenita.
La "nuova nascita" di cui parla Gesù non avviene
nel seno materno, ma è una nascita dall' alto, una rigenerazione "da
acqua e da Spirito". E' sostanzialmente lo stesso
concetto espresso nel
salmo 51 con il verbo "generare", per significare l'atto di Dio che
cambia il cuore dell'uomo e lo trasforma da cuore peccatore a cuore di
grazia.
Noi cristiani abbiamo bisogno del battesimo per
ordinare la vita al bene. Eppure quante volte rimane ancora il segno
del peccato!
I giudici operatori di menzogna, malvagi fino dal
grembo materno, sono nel circolo vizioso del peccato che genera altro
peccato.
Bellissimo il paragone della "vipera sorda" che si
tura le orecchie per non sentire nemmeno l'incantatore.
vv. 7-10.
Lettura dei due
testi.
Notevoli
sono le difficoltà (specialmente nei vv. 8 e 10) di interpretazione
dovute al testo ebraico corrotto a tal punto che qualche studioso
rifiuta di tradurre soprattutto il v. 10.
Balza evidente una prima
osservazione: il giusto non si fa mai giustizia da sé, ma si rivolge
sempre a Dio ponendo nelle sue mani le situazioni di ingiustizia,
affinchè, con il suo potere, raddrizzi le vicende umane. L'intervento
di Jahve deve portare, secondo i desideri dell'uomo giusto, a una
totale dissoluzione del male.
v. 8.
Dalla lettura dei
testi allegati sono evidenti due interpretazioni:
I°: "come erba
calpestata inaridiscano"
II°: "calpestino le loro
frecce come coloro che sono finiti".
La chiave delle diverse
interpretazioni è la parola ebraica che alcuni studiosi ricostruiscono
con "hissah" (=fi eccia) e altri con "hasir" (=erba). La Bibbia di
Gerusalemme sostiene la I° interpretazione (che non ha bisogno di
spiegazione), mentre nell'altro testo si dà credito alla II° versione.
La sostanza, in pratica, non cambia.
Le frecce calpestate
rappresentano il segno di un esercito sconfitto, di soldati in rotta
che incespicano nelle loro frecce, simbolo della forza passata.
v. 10.
Qualche studioso
dichiara questo versetto "inintellegibile". Tuttavia sembra essere più
comprensibile la versione:
"All' improvviso li strappino
via rovi spinosi o belva o incendio".
Si tratta di tre immagini che
servono per indicare dei mezzi divini per riportare la giustizia.
Infatti i rovi danno
l' idea di qualche cosa che sovrasta e soffoca, la belva ricorda
l'assalto, mentre l' incendio è simbolo della distruzione che non
lascia traccia.
vv.11 e 12. Lettura dei due testi.
Dio irrompe nella
storia, entra in campo come arbitro nella lotta tra il giusto e
l'ingiusto.
Il Signore svela la miseria dell' empio (che altro
non è che bava di lumaca) e dà una gioia profonda al giusto, che non
gode tanto del fatto che il suo avversario si è dissolto come una
lumaca, ma gioisce del trionfo della giustizia divina.
Il segno della
vittoria di Dio è la condanna dell' empio.
"Vendetta" è la traduzione
della parola ebraica "naqan" che può anche significare "liberazione,
vittoria, salvezza".
Il termine tecnico, però, indica la vendetta
riservata a Dio (come si dice in vari passi della Bibbia).
Il nostro salmo si
conclude con una professione di fede:
"Sì, c'è un premio per il
giusto!
Sì, c' è un Dio che fa giustizia sulla terra!".
In conclusione,
questo è un salmo ottimista, perchè termina con la sicurezza della
giustizia divina.
SALMO 63
"Il desiderio di
Dio".
Salmo
di Davide, quando dimorava nel deserto di Giuda. Gli ultimi due
versetti non compaiono nel Breviario.
Definizione del salmo 63.
Il canto dell' amore
mistico, la celebrazione dell' amore totale per Dio.
In questo
salino la preghiera, che coinvolge tutto l'uomo (nefes), è vista come
un itinerario di fede verso la nostra meta, Dio. E dalla partecipazione
di tutto l'essere alla preghiera abbiamo un esempio negli ebrei al
"muro del pianto", ove pregano con tutto il corpo (la Bibbia dice
"persino le mie ossa...").
Tutto il mio essere, tutta la
mia storia, la mia vita convergono verso il centro assoluto, verso la
meta sicura della mia vita: Dio.
Il salmo ci presenta una
spiritualità vitale, non certo la spiritualità di coloro che si
accontentano del minimo per sopravvivere. L'orante si ritrova con una
fame insaziabile e una sete(che è un'arsura profonda) che lo spingono a
inseguire il Signore per impadronirsene. Si tratta della spiritualità
più autentica, quella dell'orante che non si crede mai arrivato alla
meta. E' persino una sofferenza per 1' anima totalmente appagata e,
paradossalmente, mai pienamente appagata.
Il genere letterario.
Siamo di fronte a una
composizione di genere misto, come quasi tutti i salmi finora letti, ma
non confusa o disordinata. Sono riscontrabili il ringraziamento, la
supplica, la fiducia, 1' inno regale e liturgico. E' una preghiera
composita che va "dove ti porta il cuore" .
Alcuni interpreti sono
propensi a credere che il nostro salmo sia una preghiera solenne
elevata nel tempio, probabilmente, ma non necessariamente, da un re.
La
struttura.
La struttura risente delle "ondate" del cuore e,
conseguentemente, non è semplice nel testo ebraico (manca, ad esempio,
una struttura metrica costante).
Il salmo 63 evoca, comunque,
tre atteggiamenti tipici dell' uomo:
1 il cammino e la ricerca,
2 l' intimità con
quanto si è cercato e trovato
3 la difesa di ciò che si è
conquistato (la difesa contro gli avversari).
Pare condivisibile la
seguente divisione strutturale:
I vv. 2-4.: Il canto della
sete di Dio.
Contemplazione e lode nel tempio.
II vv. 5-9:
Il canto della fame di Dio.
Veglia e lode nel tempio.
III vv.
10-12: Il canto del giudizio di Dio.
Gli avversari mi vogliono
sottrarre quanto possiedo.
I simboli.
Ruotano tutti intorno
al termine ebraico "nefes" l' essere vitale, la persona nella sua
totalità) che è presente quattro volte nel salmo 63.
Nella versione
allegata "nefes" viene sempre tradotto con "il mio essere", mentre nel
testo della Bibbia di Gerusalemme leggiamo:
"anima" (v. 2);
"la mia bocca" (v.
6);
"anima"
(v. 9);
"vita" (v. 10).
Vari sono i simboli presenti
nella composizione:
1 ) Il simbolo della sete, con tutto il suo
evidente significato in un paese arido come la Palestina.
L' arsura richiama il
deserto e, ovviamente, l' acqua. Da una parte troviamo Dio che è
1'acqua, e dall' altra parte lo "sheol" con la mancanza assoluta di
tutto.
Sarebbe
bello rileggere a questo proposito la parabola del "ricco epulone e del
povero Lazzaro" (Luca 16, 19 e segg.);
2) Il simbolo della fame che
viene saziata;
3) I simboli somatici: la carne, gli occhi, le
labbra, la bocca, la mano di Dio... Jahve è presentato con i suoi
tipici attributi;
4) Il simbolo dello spazio. Un cammino va dall'
esterno del tempio fino al "Santo dei Santi"
5) Il simbolo del tempo
(cronologico), dato dall' alba e dalla notte.
Commento.
v. 1 -Salmo di Davide
quando dimorava nel deserto di Giuda.
Appare evidente il tentativo
di dare un'impronta davidica anche a questo salmo. La composizione
riguarderebbe il periodo in cui Davide era spinto dalla guerriglia a
fuggire, perchè ricercato da Saul, tanto da essere costretto, per
sopravvivere, a mangiare i pani del sacrificio.
Con questa
collocazione temporale si è voluta anche dare una precisazione: Davide
avrebbe recitato il salmo 63 quando viveva ramingo e ricercato nel
deserto, ma con una grande fiducia in Dio. E proprio con 1' esposizione
delle sue sofferenze fisiche proclamava il suo desiderio di Dio.
Secondo alcuni
studiosi il nostro salmo sarebbe il canto, nel Tempio, di un levita,
che non possiede terra, che non ha altro sostegno se non Jahve ("Il
Signore è mia parte di eredità" salmo 16).
SALMO 63 (62)
SETE, FAME,. DESIDERIO DI
DI0:
IL
CANTO DELL'AMORE MISTICO
O Dio mio:. mio dolce Iddio.
/ veglio: a te co' primi albori./,, Ili mio spirito,.e il mio corpo mio
/ arde a te con, molti amor. / Mi fu tempio una deserta /
scabra, terra e senza umor. / Venni a te:, mi, fosse aperta / la tua
gloria,. e il. tuo valor. / Piena vita, amor perfetto. / Le. tue grazie
canterò / nel tuo nome benedetto / le mie mani innalzerò. / Pingue e
dolce nutrimento / I'alma mia riempirà. / E del core il gioimento / Ie
mie labbra ispirerà. / Per la notte in sulle piume /' io. pensai,
Signor di te: / penserò dell'alba al lume; / perché fosti aiuto a me. /
Sotto il vel delle tue penne / umilmente goderò. / II mio spirito a te
s'attenne; / la tua destra mi levò. (Tommaseo N., Salmo LXIII, in
Opere, a cura di A. Borlenghi, Milano-Napoli 1958, pp. 302-303).
1 Salmo. Di
Davide. Quand'era nel deserto di Giuda.
2 Dio, Dio mio, dall'alba io
desidero te solo,'
di te il mio essere ha sete,
la mia carne a te è
protesa
come terra arida, assetata, senz'acqua.
3 Così nel santuario
ti vorrei contemplare
e vedere la tua potenza e la tua gloria.
4 Perché il tuo amore
è più dolce della vita;
le mie labbra ti
celebreranno.
5 Così ti benedirò per tutta la mia vita,
nel tuo nome alzerò
le mie mani.
6 Sazierò il mio essere come con carni succulente
sulle mie labbra
canti di gioia, la mia bocca ti loderà.
7 Quando nel mio giaciglio di
te mi ricordo,
medito su di te nelle veglie notturne ...
8 Perché tu sei stato
il mio aiuto, .
canto di gioia all'ombra delle tue ali.
9 A te si stringe il
mio essere
la tua destra mi sostiene.
10 Ma essi, che
attentano al mio essere per rovinarlo,
scenderanno nelle profondità
della terra,
11 saranno consegnati in mano alla spada,
saranno preda degli
sciacalli.
12 II re gioirà in Dio ,
si glorierà chi giura in lui,
perché
ai menzogneri verrà bloccata la bocca.
Salmo 63 - continuazione
vv.2-4 Lettura dei
versetti nella versione della Bibbia di Gerusalemme.
Nel v.2 sono
importantissimi i pronomi personali "io" e "tu" i quali ci dicono che
la preghiera è proprio il rapporto io< >tu. Infatti la
preghiera non è monologo, ma dialogo.
La preghiera di ascolto (Dio
parla ed io taccio) è probabilmente la più alta e la più difficile in
assoluto e non si può improvvisare, in quanto occorre un rapporto
profondissimo col Signore, perchè il fedele non corra il rischio di
porre delle domande e di rispondersi. Nella preghiera di ascolto
entrano in gioco l'orante e Dio ed entrambi parlano e ascoltano.
Sono tre gli attori
principali di questo versetto: "Dio", "1'orante" (nefes, owero tutta la
persona) e "il tempo e lo spazio" (con l'accenno all'aurora e , poi, al
deserto, alla terra arida, senz'acqua). . Il "nefes", proteso alla
ricerca di Dio, scopre che senza il suo Signore egli è come terra
arida, tanto che prova la sensazione della sete come se si trovasse nel
deserto. L'arsura della terra "desertica arida, senz'acqua" viene
indicata con un'iperbole tipicamente orientale (abbondanza di parole e
di gesti per esprimere sentimenti e per descrivere situazioni).
Nella Bibbia l'arsura
della terra è una maledizione perchè la terra arida non porta frutto.
Spiritualmente I'arsura è espressione di un Dio lontano (Os. 2) e la
sete è vista anche come "sete di Dio".
Allora, nella Bibbia troviamo
I'arsura - maledizione, da una parte, e la sete - desiderio di Dio,
dall'altra .
V. 3
Lettura dei due testi.
Ben evidente è la
centralità del tempio, in cui 1'orante ha il migliore rapporto con il
Signore che si rivela in pienezza, consentendo al credente di trovarsi
in comunione profondissima con Lui (noi cattolici in Chiesa abbiamo la
presenza piena di Dio nell'Eucarestia).
La ricerca di Jahve raggiunge
1'apice quando si perviene al tempio, dove si può sperimentare la
presenza divina.
Nel testo ebraico del v.3 vengono usati due termini
tecnici specifici della "visione":
a)"hazah", per indicare la
"visione di rivelazione". I profeti sono chiamati "veggenti" (hozeh).
b)"ra'ah", per
significare "contemplare per vedere".
La visione è un vedere con
gli occhi dell'anima, mentre vengono sospesi tutti i sensi (vista,
tatto, udito, ecc..).
Più profondo si rivela il rapporto con Dio e più si
ha bisogno, si ha sete di Lui.
In questo versetto 1'oggetto
della contemplazione è costituito da due attributi divini: la potenza e
la gloria che si manifestano nella storia della salvezza.
Non dimentichiamo che
il nostro è il Dio della storia, trascendente al massimo e praticamente
irriconoscibile: perciò se ne possono conoscere solo gli attributi. Ma,
a noi cristiani, Gesù Cristo ha rivelato il Padre, il vero volto di
Dio. A noi Dio si è rivelato faccia a faccia, non certo come a Mosè.
V. 4
Lettura del versetto
nel testo allegato.
L' amore di Jahvè è pienezza della vita, fonte
della gioia, del bene, della lode. L'espressione "..il tuo amore è più
dolce della vita" ci dice che l'amore divino ha un valore ben più
grande di quello della nostra vita terrena. E per questo amore io posso
sacrificare la mia vita.
Nella storia d'Israele spesso
troviamo episodi che dimostrano quanto l'amore per Dio valga più della
vita umana (per esempio, se il re ti ordina di mangiare carne di
maiale, tu - piuttosto che venir meno ad una precisa prescrizione -ti
farai uccidere). Anche nel martirio dei cristiani abbiamo la
dimostrazione chiara che 1'amore di Dio " è più dolce della vita ".
vv. 5-9
"alzerò le mie mani":
ecco il simbolo delle mani.
.La preghiera a mani alzate
costituisce come un ponte tra Dio e 1'orante, quasi a facilitare
1'ingresso del Signore in noi e il nostro slancio verso Lui.
Osserviamo la
posizione delle mani del sacerdote durante la celebrazione della messa
il prete è un "pontifex", un ponte tra Dio e 1'uomo. E sono
importantissimi i gesti simbolici delle sue mani. Le mani giunte, ad
esempio, significano il congiungimento di tutte le energie dell'orante
per indirizzarle verso il Signore.
Importante è anche la
posizione del corpo durante la liturgia: lo stare in piedi manifesta la
prontezza a ricevere un comando, un invito; lo stare in ginocchio
esprime 1'atteggiamento di adorazione (necessario soprattutto durante
la Consacrazione); la prostazione (il farsi piccolo) indica il
sentimento della penitenza.
Quindi, nella liturgia i
gesti hanno un valore profondissimo; nulla è casuale. Pensiamo soltanto
ai gesti del sacerdote durante la consacrazione: lo stendere le mani,
il tracciare il segno della Croce, sono segni tipici di un orante. Sono
i gesti che porteranno alla massima rivelazione di Dio sulla terra, al
mistero pasquale ripresentato.
Ponte tra il Signore e l'uomo
le nostre mani non servono solo per chiedere, ma anche per lodare.
Lettura del v6 nel
testo allegato.
Ecco, 1'orante fa un'esperienza stupenda: loda il
Signore e viene completamente saziato.
L'immagine delle carni grasse
e succulente dà 1'idea della massima sazietà. Qui 1'amore di Dio
diventa "sperimentale" perchè il salmista non usa un' immagine
astratta, ma quella del banchetto che rende 1'idea della gioia. E per
un uomo antico niente più del banchetto biblico rendeva 1'immagine
della gioia: si mangia, si beve, si balla, si canta...
Pensiamo al banchetto
dello sposalizio e avremo un'idea del festoso banchetto biblico.
vv.7-8
Lettura v_.
7
Questo
salmo è iniziato all' alba, si è sviluppato durante il giorno con la
festa del banchetto ed ora è calata la notte.
Immaginiamo di trovarci nel
Tempio: il fedele è entrato al mattino, ha fatto le sue devozioni, ha
celebrato un sacrificio di comunione, ha banchettato con i sacerdoti e
con i suoi familiari e, finalmente, arriva la notte, che è di veglia
nel santuario.
Bellissima è 1'espressione "medito su di Te nelle
veglie notturne". Ritroviamo il verbo "meditare", già incontrato nel
salmo 1,2, che significa "mormorare a fior di labbra" , "meditare
muovendo le labbra".
Secondo 1'uso orientale, il fedele non medita
silenziosamente: la Torah viene meditata ripetendola continuamente
sotto voce.
Una annotazione interessante: tutto il primo anno
di studio nelle università islamiche di teologia viene destinato alla
memorizzazione; si imparano, cioè, a memoria il Corano e tutti i testi
fondamentali delle altre religioni più importanti.
La preghiera del v.76
non è più lode cantata, ma "preghiera mormorata". E la quiete del
Tempio dà una sicurezza totale, fa sentire 1'orante sotto--le ali
protettrici del Signore (v. 8b: "all'ombra delle tue ali").
Ritroviamo qui
1'immagine dei cherubini collocati sull'Arca nel "Santo dei santi": i
due angeli con le loro ali aperte (che si toccano) coprono e proteggono
quanto di più sacro c'è nel Tempio.
Stiamo ormai arrivando
all'intimità sempre più profonda con Dio, alla sicurezza totale.
V. 9
Il fedele si
abbandona completamente al Signore.
Il versetto letteralmente
recita: "tutto il mio essere rimane attaccato dietro a te".
In ebraico è usato il
verbo "dabaq", caro al Deuteronomio, per indicare 1'adesione
incrollabile alla Torah: io e la Torah siamo una cosa sola. Si
raggiunge, così, una simbiosi perfetta: Dio e il fedele sono uniti
inscindibilmente. L "io" e il "tu" da cui abbiamo preso le mosse
inizialmente si sono ormai fusi insieme.
L'abbandono totale
dell'orante al Signore trova la sua ragione nella mano destra divina ,
che è simbolo di potenza e di forza, di sostegno e di sicurezza. Tutto
è fiducia e amore.
Lettura del v6 nel testo allegato.
Ecco, 1'orante fa
un'esperienza stupenda: loda il Signore e viene completamente saziato.
L'immagine delle
carni grasse e succulente dà 1'idea della massima sazietà. Qui 1'amore
di Dio diventa "sperimentale" perchè il salmista non usa un' immagine
astratta, ma quella del banchetto che rende 1'idea della gioia. E per
un uomo antico niente più del banchetto biblico rendeva 1'immagine
della gioia: si mangia, si beve, si balla, si canta...
Pensiamo al banchetto
dello sposalizio e avremo un'idea del festoso banchetto biblico.
vv.7-8
Lettura v_.
7
Questo
salmo è iniziato all' alba, si è sviluppato durante il giorno con la
festa del banchetto ed ora è calata la notte.
Immaginiamo di trovarci nel
Tempio: il fedele è entrato al mattino, ha fatto le sue devozioni, ha
celebrato un sacrificio di comunione, ha banchettato con i sacerdoti e
con i suoi familiari e, finalmente, arriva la notte, che è di veglia
nel santuario.
Bellissima è 1'espressione "medito su di Te nelle
veglie notturne". Ritroviamo il verbo "meditare", già incontrato nel
salmo 1,2, che significa "mormorare a fior di labbra" , "meditare
muovendo le labbra".
Secondo 1'uso orientale, il fedele non medita
silenziosamente: la Torah viene meditata ripetendola continuamente
sotto voce.
Una annotazione interessante: tutto il primo anno
di studio nelle università islamiche di teologia viene destinato alla
memorizzazione; si imparano, cioè, a memoria il Corano e tutti i testi
fondamentali delle altre religioni più importanti.
La preghiera del v.76
non è più lode cantata, ma "preghiera mormorata". E la quiete del
Tempio dà una sicurezza totale, fa sentire 1'orante sotto--le ali
protettrici del Signore (v. 8b: "all'ombra delle tue ali").
Ritroviamo qui
1'immagine dei cherubini collocati sull'Arca nel "Santo dei santi": i
due angeli con le loro ali aperte (che si toccano) coprono e proteggono
quanto di più sacro c'è nel Tempio.
Stiamo ormai arrivando
all'intimità sempre più profonda con Dio, alla sicurezza totale.
V. 9
Il fedele si
abbandona completamente al Signore.
Il versetto letteralmente
recita: "tutto il mio essere rimane attaccato dietro a te".
In ebraico è usato il
verbo "dabaq", caro al Deuteronomio, per indicare 1'adesione
incrollabile alla Torah: io e la Torah siamo una cosa sola. Si
raggiunge, così, una simbiosi perfetta: Dio e il fedele sono uniti
inscindibilmente. L "io" e il "tu" da cui abbiamo preso le mosse
inizialmente si sono ormai fusi insieme.
L'abbandono totale
dell'orante al Signore trova la sua ragione nella mano destra divina ,
che è simbolo di potenza e di forza, di sostegno e di sicurezza. Tutto
è fiducia e amore.
vv. 10 - 12 Lettura. Sono versetti non contemplati
nella "Liturgia delle ore" per il loro carattere violentemente
imprecatorio.
Attorno all'area protetta del santuario, che è il
luogo più sicuro per il fedele (rileggiamo, in proposito, il salmo 23 e
il relativo commento), sono presenti i nemici che complottano, mentre
nel Tempio oppure nella preghiera, nel rapporto intimo con Dio noi
siamo difesi dai nemici, soprattutto dai nemici spirituali.
Alla preghiera fatta
con il cuore rimane estranea la tentazione. E' sostanzialmente
1'esperienza vissuta da Gesù nell'orto degli ulivi dove ha
drammaticamente pregato per affrontare la passione e la morte in croce.
A1 contrario i discepoli dormono, non pregano e 1'ora della croce li
trova impreparati.
L'amore che Dio ha per me diventa anche lotta
inesorabile contro i miei nemici. .. .
V. 10
Come il fedele può
disporre dell'area del Tempio, così gli infedeli hanno solamente il
nulla, lo Sheol. Infatti il nemico, inteso come colui che tende
agguati, ha davanti a sé 1'oblio eterno, la lontananza da Dio.
V. 1 1
La spada è strumento
della giustizia divina e lo sciacallo è l'animale funebre per
eccellenza (il dio della morte egiziano era rappresentato con la testa
di sciacallo).
La sorte dell'empio è drammatica. Secondo le
consuetudini orientali abbandonare un cadavere agli sciacalli significa
negare la sepoltura e quindi quel minimo di sopravvivenza legato allo
sheol.
V.
12
Ecco
1'invocazione monarchica della quale qualche studioso si serve per
parlare di "salmo regale".
Il salmo personale del fedele
ora diventa un coro liturgico. La dimensione comunitaria è sempre
presente nei salmi; difatti il popolo ebreo ha un forte senso della
comunità. Israele orante adesso canta liturgicamente.
Nel v. 12b troviamo
il giuramento che ha come garanzia indiscutibile il nome del Signore,
fonte primaria di ogni diritto. Per questo motivo prima di rendere
testimonianza si giura nel nome di Dio.
V. 12~ - Ricordiamo che le
maledizioni pronunciate mentendo si ritorcono contro colui che le aveva
scagliate (rivedere il commento al salmo 58).
L'empio è menzognero, non
riconosce la fedeltà divina e neppure quella umana; è ingannatore
perchè non si attiene ai patti stipulati: sulla sua bocca, quindi, non
ci sarà mai nulla di veritiero. Il suo modo di essere diventa modo di
agire: 1'empio non solo "è" male, ma agisce male.
SALMO 91
"Sotto le ali divine".
Lettura del testo secondo le
due versioni.
Genere letterario.
E' difficile definire questo
salmo perchè ci troviamo di fronte a un insieme di generi letterari:
a) sapienziale, nella
sua specificazione della totale fiducia in Dio;
b) culturale (pur
senza arrivare a definirlo salmo liturgico) per la presenza di un
oracolo (che significa la parola, la rivelazione del Signore). Nella
sua simbologia il salmo ci fa intuire che sullo sfondo c'è il Tempio.
Quindi la nostra composizione potrebbe, nel tempo, essersi trasformata
da supplica individuale a salmo liturgico proprio del Tempio. Di fatto
si tratta di un salmo che entra nel patrimonio strutturale di ogni pio
israelita come preghiera personale quotidiana. Anche nel cristianesimo
ha avuto grande fortuna; infatti i Padri della Chiesa lo raccomandavano
proprio come orazione personale;
c) infine si coglie un altro
genere letterario che è una derivazione del primo (sapienziale): la
catechesi sapienziale. In pratica la composizione potrebbe essere stata
adoperata da un sacerdote nel tempio per spiegare il tema della fiducia
in Dio. Tale catechesi troverebbe così - il suo apice nell' oracolo,
nella rivelazione di Jahve che conferma le parole stesse del sacerdote.
Struttura
del salino.
vv. 1-2
Introduzione centrata su:
1- i quattro
attributi divini Eljón (altissimo), Saddai (onnipotente), Jahve
(Signore), Elohim (Dio);
2- il rifugio e la fiducia in
Dio;
3-
il tema della dimora nel tempio, che è il luogo in cui Dio custodisce
il fedele, luogo sacro di asilo (il corrispondente degli odierni luoghi
di asilo politico).
vv. 3-8
I° sezione E' introdotta
nella seconda versione da "Perchè lui...". In questi versetti vi è una
prima motivazione della fiducia che dobbiamo avere in Dio anche
attraverso l'uso di simboli ben precisi.
vv. 9-13
II° sezione E'
introdotta dall' espressione "Perchè tuo rifugio..." (uguale in
entrambe le traduzioni). Anche questo "perchè" è importante in quanto
scandisce la II° motivazione del salmo.
Si ritoma ai titoli divini di
Jahve e di Eljón e ad altri simboli.
vv. 14-16
III° sezione L'
oracolo, cioè il Signore stesso che parla.
I simboli.
Sono molti e
costituiscono quasi due settori antitetici:
a) venatori; bellici, che
sono anche simboli di sicurezza (fortezza, scudo, corazza...);
teriomorfi;
b) simboli di intimità, di sicurezza (casa,
alloggio, pernottamento, ali, angeli, penne) che ci rivelano un
rapporto profondo, intimo con Dio.
Quindi, da una parte
l'intimità del fedele con il Signore e dall'altra simboli di ostilità
contro 'infedele, come gli animali mostruosi (i draghi), i leoni, gli
aspidi e le vipere e i segni: della presenza demoniaca (la peste e il
contagio).
Nella Bibbia i nemici hanno anche un valore che
oltrepassa la concretezza riportandoci al peccato che viene generato
dall'idolatria.
Allora tutto si sfuma, perde i contatti reali e
diventa qualcosa di simbolico.
Questo salmo ci dice
sostanzialmente che con la protezione di Dio sconfiggiamo qualunque
nemico concreto come pure i terribili nemici spirituali.
Lettura esegetica.
Nei vv. 1-2 (vedere
la versione allegata) sono riportati i quattro attributi divini:
1- Eljón, Altissimo,
è in Genesi 14 il Dio adorato da Melchisedek, "sacerdote del Dio
Altissimo", re di Salem (che nella tradizione significa Gerusalemme).
Allora Eljón ci riporta al Dio di Gerusalemme, che era la città per
eccellenza, la città di Davide.
2- Saddai, tradotto di solito
con "onnipotente" anche se non è ancora nota l'etimologia esatta. Gli
studiosi si orientano su due significati al riguardo:
a) "Dio della
montagna". Evoca 1' idea della potenza. Non per niente per tutti i
popoli semitici orientali Jahve dimorava sulla montagna.
b) "Dio della
steppa", ossia di una landa desolata, estesa a perdita d' occhio tanto
da evocare il senso dell' infinito. E, come il deserto, può essere
luogo di incontro con Jahve o con il demonio.
Saddai è la parola spesso
usata nella Genesi per indicare il Dio dei Patriarchi. Mentre Eljon ci
richiama il Dio di una civiltà stabile, che trova nella città concreta
il simbolo della sua potenza, Saddai ci fa pensare al Dio della steppa
e della montagna, al Dio di un popolo errante.
3- Jahve, il Dio di
Mosè, il Dio dell' esodo. E' colui che rivela il suo nome e in tal modo
diventa il Dio vicino.
4- Elohim, il Signore di tutte le genti, di tutta
la terra. Questo nome è presente soprattutto nella tradizione elohista
che raccoglie i circoli profetici del regno del nord, abituati al
confronto con le religioni e le culture circostanti.
Elohim non si
identifica con il Dio del solo popolo di Israele.
I quattro attributi
divini, come abbiamo già notato altre volte, richiamano i quattro punti
cardinali, i quattro elementi del mondo e Dio nella sua interezza
inteso, anche, come riparo sicuro e rifugio totale. Di conseguenza la
mia fiducia nel Signore deve essere completa. E il nostro salino
rappresenta veramente un ideale, cioè un obiettivo che noi giorno per
giorno dobbiamo sforzarci di raggiungere.
Io dico spesso ai giovani che
per camminare nella fiducia di Dio debbono:
1- al mattino, quando si
svegliano, pensare alla giornata che li attende e mettere tutte le
persone con cui entreranno in contatto, tutti gli imprevisti possibili
nelle mani del Signore (preghiera);
2- richiamare la preghiera
mattutina durante la giornata ogni qualvolta si presenti una situazione
imprevista;
3- considerare tutte le situazioni e tutti gli
imprevisti come un dono di Dio;
4- ringraziare il Signore di
fronte ad ogni difficoltà e affrontare la realtà serenamente.
E' opportuno
sottolineare che questa preghiera non deve essere sospesa nei giorni
festivi con la scusa della partecipazione alla Messa, perchè la vita
spirituale necessità di regolarità, di costanza.
vv. 3-8 - lettura
Dio libera dagli
elementi ostili tipici della realtà antica: nemici guerrieri e malattie
(peste, epidemie). Nei vv. 5 e 6 il salmista abbraccia tutto 1' arco
del tempo dalla notte al giorno, dalle tenebre al sole di mezzogiorno.
Dio è sempre, e non
soltanto in qualche momento, il nostro rifugio e il nostro scudo contro
tutti i nemici. Anche se la notte e se le tenebre costituiscono il
momento privilegiato per lo scatenarsi delle forze del male, noi non
dobbiamo mai abbassare la guardia perchè gli spiriti malvagi possono
agire anche a mezzogiorno, nel pieno della luce.
Ecco perchè il
salmista ci induce alla vigilanza: spesso accade che noi, convinti di
essere abbastanza forti per vincere una tentazione, allentiamo la
guardia e così cadiamo proprio in quel peccato che pensavamo di avere
ormai debellato.
E' importante il v. 8: il fedele è sempre saldo e
tranquillo in mezzo alle avversità.
Questo versetto si può
leggere anche in termini spirituali. Basterà guardare le cose con gli
occhi dell' anima per vedere il castigo degli empi, o, quanto meno,
accorgersi come ogni persona abbia pronta da portare una croce su
misura.
w. 9-13.
Lettura del cap. 4 di Matteo
"le tentazioni nel deserto". Questo salmo ha avuto come interprete d'
eccezione Satana, il quale 1' ha applicato a Gesù. Se stessimo
all'interpretazione di Satana, questo sarebbe un salmo messianico
perchè ci parla del Messia. Gesù ha una totale fiducia in Dio che 1' ha
preservato da tutti i nemici e soprattutto dalla sconfitta della morte.
Il messianismo in cui Satana dimostra di credere è esattamente 1'
opposto di quello in cui crede il Signore; è il messianismo di chi usa
la potenza di Dio (ossia quanto Dio gli mette a disposizione, come in
questo caso gli angeli) per affermare se stesso, non per servire ma per
essere servito.
Notiamo anche che questi versetti hanno un aggancio
con i due nomi divini Jahve e Eljón del v. 9 e che nel v. 10 vengono
descritti i benefici dell' Alleanza. La tenda rappresenta quanto 1'
uomo possiede dal punto di vista materiale: la famiglia, la
discendenza, gli averi. La vita, invece, raffigura tutta 1' esistenza
umana.
Alla
luce di quanto detto prima sulla interpretazione di Satana è bene
chiarire che 1'abbandono autentico in Dio non è quello di chi crede nei
miracoli, ma è quello insegnato da Gesù: 1' abbandono fiducioso
quotidiano che arriva alla totale donazione di sè, alla fiducia
assoluta nel Signore.
Gesù è sempre rifuggito dallo stile miracolistico
pomposo.
La presenza quotidiana di Dio, l'Eucarestia, il
perdono donatoci nella confessione sono i miracoli in cui dobbiamo
credere.
v. 13
Ritroviamo la simbologia
teriomorfa con la descrizione degli animali più insidiosi e terribili e
di quelli che sconfinano nel mitologico, come i draghi. Da Marco, cap.
16, sappiamo che la prerogativa di sconfiggere questi animali sarà
degli apostoli.
w. 14-16- lettura
Nel v. 14 entra in scena Dio
stesso con "Perchè a me si è affidato, lo libererò".
Ecco la parola
ebraica "hasaq" (affidarsi), che indica un legame profondo, tanto è
vero che in Genesi 34,8 e in Deut. 21,11 questo verbo viene usato per
descrivere 1' amore nuziale fra un uomo e una donna. Quindi "affidarsi"
vuole indicare un segno dell'amore assoluto, completo.
Nei vv. 14-16 è
descritta la sequenza delle azioni di Dio il quale:
1- libera i fedeli;
2- ci allontana dai
pericoli della pianura e ci trasferisce verso le vette dei monti, in
una fortezza;
3- risponde alle
invocazioni;
4- è con noi;
5- ci salva dai pericoli;
6- ci rende partecipi
della sua gloria;
7- ci dona la felicità totale;
7- ci fa provare la
salvezza invitandoci ad una esperienza concreta di salvezza.
SALMO 91 (90)
AL RIPARO DELL'ALTISSIMO,
ALL'OMBRA
DELL'ONNIPOTENTE,
SOTTO LE ALI DI JAHWEH
1 Tu che abiti al riparo
dell'Altissimo
e pernotti all'ombra dell'Onnipotente,
2 di' a Jahweh: "Mio
rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido!".
3 Perché lui ti
libererà dal laccio del cacciatore ,
dalla peste malefica.
4 Con le sue penne ti
coprirà,
sotto le sue ali avrai rifugio,
la sua fedeltà sarà
scudo e corazza.
5 Non temerai il terrore della notte,
né la freccia che
vola di giorno,
6 la peste che si diffonde nelle tenebre,
I'epidemia che
devasta a mezzogiorno.
7 Mille cadranno al tuo fianco ,
diecimila alla tua
destra,
ma tu non sarai colpito!
8 Basterà che tu apra gli
occhi
e
vedrai il castigo degli empi.
9 Perché tuo rifugio è
Jahweh,
e hai posto I'Altissimo come tua dimora,
10 non ti potrà
colpire il male,
nessun flagello si avvicinerà alla tua tenda.
11Infatti per te darà
ordine Gi suoi angeli
di proteggerti in tutte le tue vie;
12 ed essi ti
porteranno sulle loro mani
perché non inciampi in
nessuna pietra il tuo piede.
13 Su leoni e vipere
camminerai,
leoncelli e draghi calpesterai.
14 "Perché a me si è
affidato, lo libererò,
lo innalzerò al sicuro perché conosce il mio nome.
15 Mi invocherà e io
gli darò risposta,
nell'angustia io sarò con lui,
lo salverò e lo
glorificherò.
16 Lo sazierò di lunghi giorni,
gli mostrerò la mia
salvezza,".
SALMO 103
"Dio è
amore"
Di
Davide
Lettura
del salmo nella versione della Bibbia di Gerusalemme.
Questa bellissima
composizione del Salterio è stata definita il "Te Deum" dell'Antico
Testamento. Infatti è un grande salmo di gloria e di benedizione, usata
anche nella liturgia ebraica soprattutto quando si vuole parlare di
benedizione.
La chiave di lettura del testo è la parola
"benedizione" che si ripete per sei volte, scandendone il contenuto.
Genere Letterario.
Come al salito
abbiamo un miscuglio di generi; un inno che celebra il Signore al di
sopra di ogni altra realtà.; un canto di ringraziamento per i benefici
che 1'uomo riceve (e in particolare per il perdono; una meditazione
sapienziale sulla capacità umana e sulla misericordia di Dio. Potremmo
dire che il nostra salmo è 1'intreccio di questi tre generi letterari.
Si tratta di invocazione personale e comunitaria, perchè la benedizione
non vale sola per il singolo, ma vale anche per il popolo e, d'altra
parte, il mio ringraziamento a Dio non é solo per i doni concessi a me,
ma per i molti benefici che Egli ha elargito al suo popolo.
Nella Bibbia la
benedizione appartiene a un genere letterario ben specifico con delle
caratteristiche particolari. E la benedizione di Dio si diffonde per
mille ,generazioni e il suo segno più grande è la fecondità, Non per
niente la sterilità assenza di fecondità) é vista come una maledizione
assenza di benedizione).
Si considerano ora due tipi
di benedizione.
La prima si diffonde dal Signore sull'uomo
soprattutto mediante due intermediari: il sacerdote o il capo -
famiglia
La seconda benedizione scaturisce dal cuore
dell'uomo che .inneggia a Dio;
in questo caso
etimologicamente significa che 1'uomo "dice bene" del Signore perchè
consapevole di tutti i doni da Lui ricevuti.
Si vede chiaramente che ogni
benedizione personale diventa comunitaria e viceversa. In questa samo
notiamo l'intreccio tra la benedizione di Dio e quella dell'uomo.
Epoca di composizione
del Salmo.
Per la presenza di parole aramaiche, in un'epoca in
cui la lingua ebraica non era più pura, e della teologia tipica del
profetismo del post-esilio, questo salmo è collocabile nel periodo tra
il VI e il V secolo a. C.. Infatti proprio allora la teologia e il
senso di Dio divennero più profondi. Ricordiamo come durante il periodo
dell'esilio sia avvenuta la revisione totale della storia d' Israele,
tanto che il ritorno dall'esilio babilonese venne paragonato alla
liberazione dalla schiavitù d'Egitto.
Nella seconda parte del
secondo libro d'Isaia., quella che riguarda l'esilio e la successiva
liberazione del popolo, leggiamo che la volontà di Dio si manifesta
attraverso un re pagano liberatore, Ciro di Persia al quale viene
attribuito addirittura il titolo di messia in quanto egli serve proprio
al progetto di Dio che vuole la liberazione del suo popolo,
Simbologia.
I simboli tengono
tutti a spiegarci due realtà l'amore misericordioso e il perdono,
Nei nostri versetti
vengono evidenziate alcune caratteristiche psicologiche di Dio (per
analogia noi applichiamo al creatore le nostre caratteristiche: la
fedeltà amorosa, la bontà, la conoscenza, il ricordo e la tenerezza
paterna che è un elemento presente in questo salmo, ma non frequente
sulla Bibbia tranne che in Osea, 11 e nel salmo 27.
Inoltre, sono
presenti i grandi simboli della corte regale (l'esercito di Dio e il
consiglio degli anziani) e del cosmo (il sole che nasce e il ciclo del
tempo).
I simboli di regalità e di grandezza
cosmica sono contrapposti ai simboli di umiltà (come, ad esempio, la
polvere, l'erba e i fiori del campo che sono anche belli e poetici).
La fragilità e la
peccaminosità dell'uomo non intaccano minimamente 1'amore fedele di Dio
che porta una creatura così fragile ad essere rivestita del manto
regale, ad essere coronata di gloria,
In questo salmo é delineata
già la bellissima parabola del figliol prodigo. Di fronte al mistero
della fragilità umana. però, l'amore di Dio non si ferma. Ripensiamo ai
doni dati dal padre al figlio che ritorna a casa; l'anello l'abito
bello e il capretto. Questi sono i simboli della regalità e della
grandezza ritrovata.
Ecco, noi abbiamo la consapevolezza di essere
peccatori, ma gustiamo 1'immensa misericordia divina.
Struttura
E'
scandita da sette benedizioni.
I vv I-2 ci anticipano il
tema del salmo ed i vv.20-22 costituiscono la ripresa finale con una
benedizione cosmica
Ricordiamo che sette è il numero della pienezza.
Questo salmo, quindi, è la benedizione totale a cui partecipa non solo
il mio essere, ma tutto il cosmo.
Lo schema procede per
antitesi affiancate:
vv 3-4a la fragilità umana contrapposta
vv 4b-5
alla grazia
vv 6-8 la grazia divina contrapposta alla
vv
9-10 fragilità umana
v 11 la
grazia divina. contrapposta alla
v 12
fragilità umana
v 13 la grazia divina
contrapposta alla
vv 14-16 fragilità umana
vv 17-19
soluzione di tutte le antitesi è la grazia di Dio che dura in eterno.
Commento . ,
Anzitutto notiamo
l'equivoco in cui può farci cadere la traduzione dell'ebraico "nefes''
con "anima mia," che potrebbe farci pensare ad un corpo e ad un'anima
separati. Infatti sappiamo che "nefes'' significa 1'essere totale,
anima e corpo uniti. e non soltanto anima. Quindi si potrebbe tradurre:
"Benedici il Signore, persona mia".
L'uomo biblico è tutta la
persona; perciò tutto 1'uomo loda Dio attraverso un dialogo con se
stesso. Ecco la parte personale di questo salmo: 1' orante per lodare
il Signore deve prima trovare se stesso.
Abbiamo tutti presente la
parabola del figliol prodigo ( Lc,15 ) che ad un certo punto dice: "
Allora rientrò in se stesso...''. Anche l'uomo d'oggi ha necessità di
ritrovare se stesso ( noi non abbiamo mai tempo per questo!) per
pregare. per lodare il Signore, E' bene sottolineare che è possibile
ringraziare Dio per gli imprevisti solo nella misura in cui si è in
pace con sé stessi.
vv 1-2 La persona rivolge a sé stesso l'invito a
ricordare i benefici ricevuti. Qui, una volta di più, viene riaffermata
la storicità. della nostra fede che si basa sui benefici storici di Dio
che ci ha amato in passato e che ci ama oggi.
II Signore ha liberato il suo
popolo dall'Egitto e lo ha riliberato dall'esilio in Babilonia.
vv 3-10
Nell'originale
ebraico nei vv3-5 si hanno 5 participi, che sono altrettanti attributi
divini: il Perdonante, il Risanante, il Redimente, il Coronante e il
Saziante.
Ricordiamo in proposito quel canto che si intitola
" La preghiera del Nome'' (Gesù. nostro Dio: Gesù, nostro fratello..
abbi pietà, di noi).
La preghiera personale può essere recitata facendo
scorrere nella mente i vari nomi, i vari attributi di Gesù contenuti
nel Vangelo. Viene qui in mente S.Francesco con le "Laudi di Dio
Altissimo'' ( Tu sei benedetto , tu sei il mansueto...), E' un modo
molto bello per introdurci nella, preghiera. L'enumerazione dei
benefici prende spunto dagli elementi più negativi, come il peccato
("...perdona tutte le mie colpe..."). Il beneficio più importante,
quindi, è il perdono del peccato e il buon cristiano non prega
Dio per essere
liberato prima di tutto dalla malattia. ma per essere liberato dalle
proprie colpe e chiede innanzitutto la fede,
In questi versetti il peccato
è visto come una malattia dell'anima ( la malattia più grande che
intacca più a fondo la fede) e il perdono è considerato una guarigione.
Del
v 4a sono possibili due interpretazioni:
a) immortalista e della
risurrezione, alla luce del cristianesimo
b) espressione simbolica
dell'esilio babilonese e della salvezza che Dio ha dato al suo popolo:
Allora. il nostro è
un Dio che libera dal peccato. dalla malattia, dalla morte ("Tu sei il
liberatore"). Noi per 1' uomo dobbiamo proclamare la libertà della fede
senza la quale restiamo nel peccato, nella malattia e nella morte.
vv 4b-5 Dalla fossa,
dallo sheol l'uomo viene elevato ad. una dignità principesca che si
manifesta nell' esempio tipico della sazietà ("egli sazia di bene i
tuoi giorni"). E non a caso sono citati anche i giorni: il giusto
anticamente moriva sazio di giorni e di beni. L'uomo è continuamente
accompagnato dalla grazia e dalla misericordia divina, cioè dall'hesed
che è la fedeltà amorosa) e dall'affetto materno di Dio, "rahamim'' (la
misericordia che promana dalle viscere della madre].
Gli ebrei credevano
che l'aquila (v 5b), giunta alla vecchiaia., mutasse le penne e
tornasse giovane. Se abbiamo Dio a fianco nulla fa paura: né il
peccato, né la malattia, né la morte e neppure 1a vecchiaia., perchè è
"sazia di giorni".
vv. 6 - 7
Siamo alla professione di
fede che si basa sulla fede storica e sul fatto centrale della storia
di Israele, che è la liberazione dall'Egitto.
Ne testo ebraico leggiamo
altri due participi, oltre ai 5 già elencati (che danno un totale di
7): "Colui che compie" e "Colui che fa conoscere".
Sono due realtà
storiche.
I criteri dell'azione divina sono:
a) la giustizia (non
intesa secondo il metro umano ) che consiste nella salvezza e nella
liberazione;
b) il giudizio che comprende la difesa del povero e
la conseguente vendetta, con carattere retributivo, che spetta
esclusivamente a Dio.
vv. 8-10
Il passato di Mosè diventa
attuale. Il ricordo dell'impegno di Jahve ci permette di capire che
anche oggi" Buono e pietosa è il Signore" e che " Non ci tratta secondo
i nostri peccati";
Anche in questi versetti ritroviamo alcuni
comportamenti di Dio: 1'affetto materno, la pietà, la fedeltà amorosa
(hesed).
Da un punto di vista umano questo modo divino di
agire appare irrazionale; se fosse invece razionale, verrebbe applicata
la giustizia umana, quella distributiva.
Lettura di Isaia, 55 in cui
si evidenzia la maturità teologica del post-esilio.Ecco allora che
l'irrazionalità significa il superamento della. giustizia.
distributiva, che sicuramente non è l'irrazionalità tipica delle
divinità dei popoli circostanti ad Israele e la cui furia cieca colpiva
a caso.
Si tratta dell'irrazionalità dell'amore e della
misericordia
Nei nostri versetti si a un notevole salto di
qualità rispetto alla prima parte dell'Antico Testamento è veramente
1'anticipazione dell'amore di Cristo.
vv 11-19
La misericordia di
Dio trae origine dalla sua conoscenza della fragilità dell'uomo, il
quale deve temere il peccato non per i castighi, ma per non colpire 1'
amore divino (si riveda la differenza fra l'attrizione e a contrizione.
Per
indicare I'amore di Dio si hanno il paragone verticale (v. 11) e quello
orizzontale (v. 12) e il paragone psicologico (v, 13).
La paternità divina
per il singolo, e non solo per Israele (v.13), ci apre le porte a
quell'Abbà Padre che Gesù ha pronunciato e che, secondo S. Paolo, tutti
possiamo rivolgere al Signore,
Siamo così arrivati al "Padre
nostro".
SALMO 103 (102)
DI0 E'
AMORE:
“COME
UN PADRE HA TENEREZZA
PER I SUOI FIGLl...”
1 Di Davide.
Benedici Jahweh,
anima mia,
il mio intimo benedica il suo santo nome!
2 Benedici Jahweh,
anima mia ,
non dimenticare tanti suoi benefici!
3 Egli perdona tutte
le colpe,
guarisce tutte le tue malattie,
4 redime dalla fossa
la tua vita ,
ti corona di benignità e di tenerezza;
5 sazia di bene la
tua età avanzata
e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.
6 Jahweh compie atti
di salvezza
e di giudizio per tutti gli oppressi.
7 Ha fatto conoscere
a Mosè le sue vie ,
ai figli di Israele le sue opere.
8 Tenero e pietoso è
Jahweh,
lento all'ira e grande nella benignità.
9 Non contende per
sempre,
non conserva in eterno il suo sdegno.
10 Non ci tratta
secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le
nostre colpe.
11 Sì, come il cielo è alto sulla terra
così domina la sua
benignità
su coloro che lo temono;
12 come dista l'oriente
dall'occidente,
così allontana da sé le nostre ribellioni.
13 Come un padre è
tenero coi suoi figli,
così Jahweh è tenero su coloro che lo temono.
14 Infatti egli sa di
che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere.
15 Come erba sono i
giorni dell'uomo,
come il fiore del campo, così egli fiorisce.
16 Ecco, lo investe
il vento e non c'è più,
il suo luogo più non lo
riconosce.
17 Ma la benignità di Jahweh perdura di eternità in
eternità
su coloro che lo temono;
la sua salvezza per i figli
dei figli ,
18 per quanti custodiscono la sua alleanza
e ricordano di
eseguire i suoi comandamenti.
19 Jahweh ha stabilito nel
cielo il suo trono,
la sua regalità governa l'universo.
20 Benedite Jahweh,
voi suoi angeli,
guerrieri potenti, esecutori della sua parola,
attenti al suono
della sua parola.
21 Benedite Jahweh, voi tutti suoi eserciti,
voi suoi ministri che
eseguite il suo volere.
22 Benedite Jahweh, voi tutte
opere sue
in tutti i luoghi del suo governo.
Benedici Jahweh,
anima mia!
SALMO 103 continuazione
Ritroviamo le antitesi con il
bellissimo paragone dell'erba e del fiore di campo. Effettivamente la
nostra vita è proprio così: in un soffio passa e basta un alito di
vento per farla scomparire.
I versetti più interessanti
di questa sezione sono il 17 e il 18 dai quali si intuisce che il
perdono non è un segno della debolezza divina. Infatti tanti pensano
erroneamente che Dio non possa fare tutto ciò che desidera, perché
rispetta la libertà dell'uomo: non può quindi castigarlo e perciò lo
perdona.
Non è vero.
Questi versetti ci dicono
chiaramente che il perdono scaturisce dall'amore del Signore("Ma la
grazia del Signore è da sempre - dura in eterno per quanti lo temono.")
Soffermiamoci
su quest'antitesi così bella:
L'erba del campo, da una
parte, e l'eternità di Dio, dall'altra.
Vediamo, allora, quanto siamo
fondamentalmente meschini nell'amare se ci raffrontiamo con l'immensità
dell'amore divino. È proprio stupenda quest'antitesi perché evidenzia
che la bontà di Dio è eterna, sfida i secoli.
II Signore ci ama da sempre
(prima ancora di formarci dentro il grembo materno) e ci amerà fino
all'eternità.
L'amore di Dio e la sua fedeltà, che sono eterni,
danno origine al perdono. Solo chi ama veramente può perdonare ed il
suo gesto non è dettato da viltà, né da paura, né da incapacità di
farsi rispettare, ma solo dall'amore.
v. 19 lettura
Questo verso prepara
la grande lode finale, Viene proclamata la regalità di Dio creatore e
provvidente.
È bello sentirsi abbracciati dal Signore, sentirsi
in comunione non solo con tutti gli uomini, ma anche con tutte le
creature, con l'universo intero.
vv:. 20/22. Lettura
Ecco, infine,
l'acclamazione corale in cui è coinvolta tutta la corte divina.
II nostro salmista ci
presenta un angeologia già molto sviluppata (ed è questo uno dei motivi
che rendono impossibile l'attribuzione dell'opera all'epoca di Davide).
I
primi ad essere enumerati sono i grandi angeli guerrieri, gli
arcangeli, cioè i principali collaboratori di Dio.
II libro di Giobbe ci
presenta Satana stesso come un esecutore degli ordini divini, tanto è
vero che su richiesta sua e su potere conferitogli da Dio egli mette
alla prova lo stesso Giobbe.
Seguono gli Arcangeli
guerrieri, ma di rango inferiore, e gli angeli - ministri che non
combattono nell'esercito divino, ma servono Javhe con altre mansioni.
Potremmo dire che
tutti costoro sono po' rappresentati dai nostri tre arcangeli:
Gabriele: colui che
annuncia, che spiega il significato delle visioni.
Raffaele: colui che
guarisce in nome di Dio.
Michele: colui che combatte
contro le potenze del male, il capo dell'esercito divino, colui che
capeggerà I'ultima grande battaglia.
A questa lode finale
partecipano tutte le creature e quindi anche I'anima del salmista:
"Benedici il Signore
anima mia". (v. 22)
SALMO 131
Lettura del
salmo nelle due consuete traduzioni.
È un'opera che deve essere
imparata a memoria sia per la sua brevità, sia per apprezzarne meglio
il contenuto.
Fra le tante, ricordiamo due definizioni di questo
salmo:
·
"Gioiello d'ineguagliabile interiorità, discrezione, emozione''
· "Canto di fiducia
con il contrasto tra l'orgoglio e la semplicità, I'altezzosità e la
povertà di spirito"
lo credo che sia veramente, pur nella sua brevità,
uno dei salmi più belli, perché con due sole pennellate ci presenta
I'atteggiamento ideale del credente.
Guardiamo ora le stupende
immagini di questa composizione, anzi soffermiamoci su quella
fondamentale della mamma con il suo bambino. Non c'è immagine più
quotidiana, più normale di questa. Eppure il contemplativo sa trarne
delle cose stupende, arrivando a provare sensazioni, emozioni ed
esperienze spirituali favolose.
Durante i campi estivi, nel
"giorno del deserto", i nostri ragazzi vengono posti nelle condizioni
ottimali per fare l'esperienza della preghiera contemplativa e prendono
spunto da qualche cosa che li colpisce (aspetti della natura, per
esempio) per comporre delle bellissime preghiere. Ricordo come davanti
ai tre livelli di una montagna (prato, bosco e roccia) qualcuno avesse
pensato alla Trinità: sono tre elementi diversi, ma il monte è uno
solo.
Dobbiamo
riuscire a formulare ogni giorno almeno una preghiera contemplativa. Le
persone, gli avvenimenti, il creato debbono portarci alla
contemplazione.
Anche le grandi visioni dei profeti traggono spesso
origine da episodi di vita quotidiana.
Questo salmo ci richiama
immediatamente alla memoria l'atteggiamento di Gesù verso i bambini, ma
soprattutto l'atteggiamento interiore che Gesù vuole dal discepolo:
I'infanzia spirituale (che non è infantilismo né tantomeno adolescenza
spirituale) tipica del bambino che si fida pienamente della sua mamma e
del suo papà.
Genere letterario
Abbiamo nuovamente un
salmo composito.
Si constata con facilità che con questa preghiera
l'orante non sollecita benefici, ma esprime semplicemente la sua
fiducia in Dio che è fonte di gioia e di quiete. Si potrebbe quindi
catalogare questa composizione fra i salmi di fiducia.
ln questi versetti
appare presente anche il genere sapienziale - didattico, perché il
salmista, attraverso splendide immagini, insegna quale debba essere
I'atteggiamento del credente nei confronti del Signore.
È una catechesi breve
e stupenda sulla fiducia in Dio.
lnfine il titolo ci dice che
si tratta di un salmo di ascensione cantato dai fedeli mentre salivano
al Tempio. ln tal senso diventa anche un salmo liturgico che indica
l'atteggiamento che ogni fedele deve avere quando si accosta al
Signore.
Ecco, questo salmo dovrebbe essere recitato alla
domenica mentre ci avviamo alla Messa.
struttura
E semplicissima: tre
versetti formano un movimento.
II salmista in un primo tempo
ci dice ciò che la fiducia non è in negativo,mentre in un secondo tempo
ci insegna che cosa è la fiducia in Dio ( in positivo), infine in un
terzo tempo, quanto io ho espresso e vissuto personalmente diventa
comunitario (come già visto altre volte nei salmi).
ll versetto finale
richiama il movimento che da me orante si diffonde a tutta la comunità.
Simbolismo
somatico
( il cuore, lo sguardo, il camminare - secondo la
traduzione letterale)
ll simbolismo somatico ci richiama l'intimità
dell'uomo che non si limita a tenere i sentimenti dentro di sé, ma Ii
esprime con lo sguardo. ln tal modo noi entriamo in relazione con
l'esterno e, d'altra parte, consentiamo all'esterno di mettersi in
relazione con noi,
Pensiamo a come sono significativi i nostri
sguardi. Quante volte "fulminiamo" con lo sguardo i nostri
interlocutori.
Ci sono persone che riescono a tenere a bada gli
altri solo con l'espressione dello sguardo. L'intimità che esce
dall'uomo attraverso lo sguardo diventa cammino: dall'intimità al
comunitario.
È' il cammino del mondo in mezzo alle cose grandi e
prodigiose.
Ma c'é un simbolo abbastanza nascosto da scoprire:
il silenzio.
In questo salmo nessuno parla: l'uomo comunica
attraverso lo sguardo la mamma ed il bimbo i non si parlano. Israele
non loda, ma attende e spera.
ll salmista ci descrive delle
scene silenziose. ln questi versetti non sono presenti - come in altri
casi - il tumulto, il grido, I'angoscia, la gioia o la lode, perché per
entrare in comunicazione con Javhe dobbiamo tacere, anche se il
silenzio pesa.
Il silenzio é un atteggiamento interiore che é
quiete e riposo. Talvolta diventa anche comunicazione; ad es. in campo
giuridico vi é il silenzio - assenso (chi tace acconsente).
Pensiamo a questo
silenzio in termini di preghiera: la nostra vita personale quotidiana
ha il silenzio?
Sono molto belli gli spazi di silenzio, non quelli
riempiti dai nostri pensieri, ma quelli che usiamo per parlare con Dio
oppure per lasciarci interpellare da Lui.
Constatiamo come nelle nostre
messe il silenzio manchi :, - Eppure le norme liturgiche lo
raccomandano ed, anzi, in alcuni momenti, lo rendono obbligatorio. E
poiché non siamo abituati a questo atteggiamento interiore è, ad
esempio, motivo d'imbarazzo per molti fedeli il silenzio dopo la
Comunione.
Proviamo nella nostra vita quotidiana a valorizzare
il silenzio, a cercarlo inten5amente ed a riempirlo solo di Dio.
Non facciamoci
prendere dalla frenesia. È importante impegnarsi ogni giorno a
migliorare questo atteggiamento interiore.
Noi riusciamo a.. rendere
davvero presenti gli altri nella nostra. vita nella misura in cui
realizziamo in noi stessi un'intimità profonda con Dio. ln caso
contrario, nella nostra vita ci sarà un continuo passaggio di persone e
di situazioni, senza che riusciamo a fermarci per riflettere sul senso
delle cose.
Simbolismo spaziale ( dall'interno all'esterno)
È un simbolismo che
dà la connotazione dell'orgoglioso. Soprattutto in quel "levare gli
occhi" avvertiamo un gesto di superbia ( i greci lo avrebbero chiamato
"ibris", termine che esprime la tracotanza, la sfida lanciata contro la
divinità - come la torre di Babele ).
Struttura
E semplicissima: tre
versetti formano un movimento.
II salmista in un primo tempo
ci dice ciò che la fiducia non è in negativo,mentre in un secondo tempo
ci insegna che cosa è la fiducia in Dio ( in positivo), infine in un
terzo tempo, quanto io ho espresso e vissuto personalmente diventa
comunitario (come già visto altre volte nei salmi).
ll versetto finale
richiama il movimento che da me orante si diffonde a tutta la comunità.
Simbolismo
somatico
( il cuore, lo sguardo, il camminare - secondo la
traduzione letterale)
ll simbolismo somatico ci richiama l'intimità
dell'uomo che non si limita a tenere i sentimenti dentro di sé, ma Ii
esprime con lo sguardo. ln tal modo noi entriamo in relazione con
l'esterno e, d'altra parte, consentiamo all'esterno di mettersi in
relazione con noi,
Pensiamo a come sono significativi i nostri
sguardi. Quante volte "fulminiamo" con lo sguardo i nostri
interlocutori.
Ci sono persone che riescono a tenere a bada gli
altri solo con l'espressione dello sguardo. L'intimità che esce
dall'uomo attraverso lo sguardo diventa cammino: dall'intimità al
comunitario.
È' il cammino del mondo in mezzo alle cose grandi e
prodigiose.
Ma c'é un simbolo abbastanza nascosto da scoprire:
il silenzio.
In questo salmo nessuno parla: l'uomo comunica
attraverso lo sguardo la mamma ed il bimbo i non si parlano. Israele
non loda, ma attende e spera.
ll salmista ci descrive delle
scene silenziose. ln questi versetti non sono presenti - come in altri
casi - il tumulto, il grido, I'angoscia, la gioia o la lode, perché per
entrare in comunicazione con Javhe dobbiamo tacere, anche se il
silenzio pesa.
Il silenzio é un atteggiamento interiore che é
quiete e riposo. Talvolta diventa anche comunicazione; ad es. in campo
giuridico vi é il silenzio - assenso (chi tace acconsente).
Pensiamo a questo
silenzio in termini di preghiera: la nostra vita personale quotidiana
ha il silenzio?
Sono molto belli gli spazi di silenzio, non quelli
riempiti dai nostri pensieri, ma quelli che usiamo per parlare con Dio
oppure per lasciarci interpellare da Lui.
Constatiamo come nelle nostre
messe il silenzio manchi :, - Eppure le norme liturgiche lo
raccomandano ed, anzi, in alcuni momenti, lo rendono obbligatorio. E
poiché non siamo abituati a questo atteggiamento interiore è, ad
esempio, motivo d'imbarazzo per molti fedeli il silenzio dopo la
Comunione.
Proviamo nella nostra vita quotidiana a valorizzare
il silenzio, a cercarlo inten5amente ed a riempirlo solo di Dio.
Non facciamoci
prendere dalla frenesia. È importante impegnarsi ogni giorno a
migliorare questo atteggiamento interiore.
Noi riusciamo a.. rendere
davvero presenti gli altri nella nostra. vita nella misura in cui
realizziamo in noi stessi un'intimità profonda con Dio. ln caso
contrario, nella nostra vita ci sarà un continuo passaggio di persone e
di situazioni, senza che riusciamo a fermarci per riflettere sul senso
delle cose.
Simbolismo spaziale ( dall'interno all'esterno)
È un simbolismo che
dà la connotazione dell'orgoglioso. Soprattutto in quel "levare gli
occhi" avvertiamo un gesto di superbia ( i greci lo avrebbero chiamato
"ibris", termine che esprime la tracotanza, la sfida lanciata contro la
divinità - come la torre di Babele ).
ESEGESI
L'orgoglio
Questo verso delinea
la tentazione dell'orgoglio che è antitesi della fiducia.
La persona orgogliosa
pensa di bastare a sé stessa, crede che senza di lei il mondo . si
fermi. L'orgoglio è quel difetto che ci porta a guardare le persone e
le situazioni dall'alto in basso (perché noi ci riteniamo i più bravi)
e a guardare in alto con invidia e con desiderio il superamento. Tale
atteggiamento crea frustrazione e porta al peccato (Adamo ed Eva).
Di solito chi è
eccessivamente orgoglioso è anche profondamente invidioso delle fortune
degli altri e ritiene di aver sempre ragione.
L'orgoglio può però anche
essere positivo, se nella giusta misura.
lnfatti, se I'uomo non avesse
coltivato : il desiderio di superamento non avremmo avuto il
progresso.
L'umiltà
L'umiltà vera non
consiste nel ritenersi inferiori a tutti (come I'umiltà pelosa" o il
"masochismo" suggerirebbero), ma nel riconoscere che le nostre doti
sono doni che Dio ci ha dato perché siano messe al servizio della
Chiesa.
Sono umile se riconosco che ciò che possiedo viene
dal Signore.
Teniamo presente che non sempre nella Chiesa c'è
stata una corretta visione dell'umiltà, la quale è la consapevolezza di
essere un niente, ma un niente grandioso.
La vera umiltà è cantata nel
"Magnificat".
Il v. 1 ci presenta I'orgoglioso non solo in un
rapporto verticale (alzare lo sguardo con superbia ma anche orizzontale
(camminare in mezzo a "Gadól", "grandezza di Dio", e a "nifla'ot",
"miracoli dell'Esodo"):L'orgoglioso si ritiene grande come Dio, capace
di compiere i suoi stessi miracoli. L'uomo, che si sente potente come
Javhe ha perso il senso delle cose e manca completamente di umiltà.
Ricapitolando: il
superbo, I'orgoglioso è colui che vuole raggiungere le stesse mete di
Dio. Ecco Adamo ed Eva, ecco il peccato originale ( "... e diventereste
come Dio ... ").
nel v.2 al cammino dell'orgoglioso si contrappone
visione di quiete e di beatitudine e, I'immagine normalissima di una
mamma con il suo bambino in braccio.
Per I'orgoglioso la vita non
si presenta facile perché é difficile restare sempre sul gradino più
alto, mentre la vita del credente che si fida del Signore scorre nella
quiete e nella serenità.
Molti interpreti vedono il
bimbo come il lattante che, saziatosi del latte della madre, dorme
tranquillo.
Si tratta, invece, di un bambino di almeno tre anni
(a questa età terminava in Oriente. lo svezzamento) che non ha più
bisogno del latte materno.
Ecco perché in questo salmo
non si chiede nulla e non si ringrazia. La beatitudine di questo bimbo
deriva semplicemente dal fatto che !a mamma c'è. Allo stesso modo la
nostra beatitudine trae origine dalla constatazione che Dio esiste.
Questo è l'amore di
Dio ( I'Agàpe) che ama perché ama, che trova in sé stesso la sua
ragione di esistere. Che cose grandi ci propone il Signore!
Dio dilata moltissimo
la nostra anima per consentirci di arrivare alla totale fiducia in Lui.
Ecco allora il nostro atteggiamento fondamentale: la fiducia in Dio che
c'è.
Noi
abbiamo una grande missione da compiere, dobbiamo portare questo nostro
Signore al mondo d'oggi che non crede più, che - angosciato ed
impaurito - non avverte I'esistenza di Dio. E la gente smarrita è
disposta ad aggrapparsi a qualunque cosa perché il senso religioso è
insito nell'uomo.
Senza Dio resta solo la disperazione.
Noi dobbiamo
annunciare con la nostra vita che Dio c'è, anche a Sondrio.
II salmo è
chiarissimo: questo atteggiamento interiore del singolo deve diventare
(l'atteggiamento di tutta la comunità. E ricordiamoci che abbiamo
bisogno anche noi dei non - credenti i quali, a volte, ci danno lezioni
di carità e che noi viviamo per dare al. mondo Cristo e non per
cospargerci il capo di cenere (non autoflagelliamoci !).
È importante metterci
nei confronti del mondo con tanta umiltà, non con orgoglio, e ricordare
sempre le parole di Gesù: "Andate dunque e ammaestrate tutte le
nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo..." (Mt. 28, 19).
v. 3
L'atteggiamento
interiore diventa prospettiva corale e liturgica che si celebra, per
noi cristiani, in modo particolare nella Messa e nell'Eucarestia.
Qui c'è il
ribaltamento delle posizioni : Israele attende il Signore; per noi
invece è iI Signore che ci attende.
SALMO 131 (130)
UN BIMBO IN
BRACClO A SUA MADRE:
COSI' È LA MIA ANIMA
1 Cantico delle ascensioni.
Di Davide.
Jahweh, non si esalta il mio cuore,
non si levano superbi
i miei occhi
non cammino verso cose grandi
o per me prodigiose.
2 lo,
invece, ho I'anima mia distesa e tranquilla:
come un bimbo svezzato in
braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in me I'anima
mia.
3 Israele, attendi Jahweh,
ora e sempre!
SALMO 110
Di Davide.
Salmo .
Lettura del testo nelle due versioni consuete.
E' stato definito da
Martin Lutero "... l'unico vero grande salmo del nostro amatissima
Signore Gesù Cristo."
Il nostro salmo, più di ogni altro, è biografica
riguardo a Gesù che vi si rispecchia completamente. Non per niente la
Chiesa lo colloca nel contesto dei Vespri della domenica e delle
solennità,. ,
GENERE LETTERARIO ED EPOCA DI COMPOSIZIONE DEL
SALMO
E'
innanzi tutto un salmo regale (appunto perchè ci parla del re - messia
come il salmo 2) ed è da collocare durante la solenne cerimonia nella
quale il re assumeva il potere. Per alcuni studiosi il salmo 110, nato
certamente per un rito d'intronizzazione, è diventato poi una grande
celebrazione dell'alleanza fra Jahve e la "casa" di Davide, riprendendo
cosi quanto narrato nel capitolo 7 del II libro di Samuele.
L'identificazione fra
il re e il sacerdote, soprattutto nella seconda parte, fa ritenere a
qualche studioso che il testo sia di epoca abbastanza tardiva (invece
si tratta di un salmo arcaico, molto antico).
Sotto questo punto di vista
la composizione appare indubbiamente interessante perchè sembra
prendere le distanze dal sacerdozio ebraico (quel sacerdozio secondo
Levi, il frateIlo di Mosè) e sembra riporre
, invece, una totale fiducia
nell'altro sacerdote, Melchisedek, quel re sacerdote incontrata da
Abramo.
Ora questo messia, che era insieme re e sacerdote
secondo Mélchisedek, era aspettata dagli Esseni - un gruppo religioso
che viveva a Qumran - che si ritenevano i depositari deI sacerdozio
autentico e che consideravano usurpatori i sacerdoti dimoranti a
Gerusalemme. La loro attesa si fondava sull'arrivo di un messia re e
sacerdote nello stesso tempo. Non si trattava però di un sacerdozio
secondo Aronne, ma di un sacerdozio onnicomprensivo, molto più grande e
generale, ossia quello di Melchisedek. E sono stati ritrovati proprio
dei brani molto belli nelle biblioteche di Qumran, nei quali si parla
appunto di Melchisedek.
Ecco, allora, che non pare
possibile fare risalire la composizione del salmo ad epoca tardissima
perchè il salmo stesso si inserisce molta bene nel contesto di Davide
che, dopo aver conquistato Gerusalemme, cerca di imporre il monarca
sulla casta sacerdotale.
Era già accaduto un fatto
analogo in Egitto con il faraone Amenofi IV che, esautorati i sacerdoti
di Tebe, aveva inventato una nuova religione, un particolare tipo di
monoteismo.
In questo salmo ~(che comunque è "regale") è
presente anche 1'elemento militare. Notiamo infatti che negli ultimi
versetti viene descritta. chiaramente una campagna militare e ciò fa
pensare a un momento di conquista
Il salmo 110 nasce cosi in
epoca davidica, quando il re, conquistata Gerusalemme (diventata la
capitale del regno), si accinge alle nuove acquisizioni territoriali.
Sappiamo che quello
di Davide diverrà. il regno per eccellenza di Israele. Ancora oggi la
corrente degli ultrasionisti ritiene che la Stata ebraico si debba
estendere fino a raggiungere i confini dell'antico regno davidico. Per
questi estremisti tutti i territori ancora mancanti entro quei confini
sono da considerare di diritto come appartenenti allo Stato d'Israele,
Il re Davide cerca in
ogni modo di affermare il suo potere perché egli è investito anche di
una funzione sacerdotale.
Alla luce di quanto detto;
collochiamo certamente questo salmo in un periodo anteriore all'esilio
babilonese e con molta probabilità in epoca davidica.
Forse è eccessivo
attribuire la composizione a Davide, in quanto questo. sembrerebbe più
che altro il canto di un profeta di corte (I'autore si rivolge al re
esprimendosi in terza persona),
Un ulteriore dato che ci
consente di collocare il salmo l10 in epoca davidica deriva anche dalla
non precisa affermazione del sacerdozio levitico proprio come casta.
Infatti, poichè i sacerdoti di Levi sono in via di formazione, il re
detiene anche il potere sacerdotale.
Il testo presenta diverse
difficoltà. I problemi sorgono soprattutto dal V.3 e successivi. La
versione della Bibbia di Gerusalemme riporta il "testo dei LXX" (cioè
la traduzione in lingua greca dall'ebraico). Il "testo masoretico",
invece, sembrerebbe supporre 1'immagine di una parata militare
(rilettura del V.3 nella versione allegata) e 1'offerta al re della
gioventù del popolo che è disposta a combattere.
Un'altra difficoltà
riguarda i vv. 4-7, Nel nostro testo il soggetto è Dio, mentre in altre
traduzioni il soggetto fino ad un certa punto del salmo è Dio e poi
diventa il re (confrontare le due versioni), Secondo alcuni
interpretazioni Dio termina di essere soggetto con il v.5a ("II Signore
è alla tua destra"), mentre si inizia a considerare il re come soggetto
dal v.5b ("Il re abbatterà i re nel giorno della sua ira ...''). Con
molti esegeti , compresi coloro che hanno tradotto i versetti secondo
il testo della Bibbia di Gerusalemme, si può affermare che si ha
innanzi tutto una celebrazione di Jahvè che, quindi, rimane il soggetto
anche nell'ultima parte del salmo.
LA STRUTTURA
vv. 1-3: una parola
pronunciata da Dio, un oracolo regale
vv. 4-7: un oracolo
sacerdotale-regale .
Anche dalla struttura si può evincere che nella
seconda parte del salmo il soggetto non è il re .
Nella I parte (vv,
1-3) si dice che:
il re è Signore ("Oracolo del Signore al mio
Signore"); quindi un parallelismo tra Dio e il re (v. 1 );
b)
il re è seduto alla destra di Jahve ("siedi alla mia destra"v. lb)
il trionfo sui nemici
è sicuro.
Nella II parte si nota che:
Jahve è il Signore;
b )Dio adesso sta
alla destra del re (v. 5), con un capovolgimento delle posizioni
precedenti;
c) il Signore trionferà sui nemici (v. 5b) e
giudicherà i popoli (v. 6).
I SIMBOLI
I più importanti
sono:
1
) il simbolo spaziale , "la destra", che viene usata con due
significati diversi:
a) nella I parte del salmo" siedi alla mia destra"
indica il più alto onore; infatti sedersi alla destra di qualcuno è
segno di grande dignità;
b) nella II parte "il Signore
è alla tua destra" assume un significato (a noi già noto) di difesa e
di protezione mediante 1'uso di un simbolo tipicamente militare.
Infatti è la mano destra che difende, che impugna 1'arma. Ecco allora
che il Signore prima ti mette alla sua destra e ti concede, quindi,
I'onore più grande, poi cambia posizione e si colloca alla tua destra
per difenderti;
2) il simbolo bellico-regale che si manifesta
attraverso tanti elementi, come ad esempio" lo sgabello", parte
integrante dell'arredamento della reggia, che serve al re per salire
sul trono. È 'risaputo che in. Egitto lo sgabello di legno di cedro del
faraone portava intarsiati in oro e in avorio i nove nemici
tradizionali del regno. È facile capire il significato simbolico del
gesto dei re che, salendo sul trono, calpestava ogni volta i
suoi nemici. Ricordiamo in proposito un esempio clamoroso di crudeltà
nella storia romana: un re straniero, Sapore, usa lo sconfitto
imperatore Valeriano come sgabello per montare a cavallo. Lo sgabello
appare, quindi, come un simbolo efficace per indicare i nemici
sottomessi. Un'ultima annotazione; altro simbolo evidente è lo scettro
COMMENTO
vv. 1-3
Una circostanza interessante e rara nella Bibbia:
il brano inizia con "Oracolo del Signore "
espressione che si usa
normalmente in altri testi profetici durante la narrazione (per
interrompere il discorso) oppure , alla fine, come sigillo.
Qui eccezionalmente
"Oracolo del Signore" è all'inizio, quasi per sottolineare la solennità
e l'importanza del testo, come per avvertire che quanto cantato nel
salmo è parola di Dio. L'inizio è straordinario e il contenuto del
brano è quasi una rivelazione profetica.
Non ci troviamo, quindi, di
fronte ad un poeta di corte che intesse 1'elogio del re nè, peggio
ancora, ad un adulatore: qui, per mezzo del profetare Dio stesso che
sta parlando.
Si tratta di una rivelazione profetica sulla realtà
del re che siede alla destra di Jahve. Il sovrano è un uomo (il re per
Israele resta sempre e solo un uomo) che senza il favore di Dio è
perduto. Il Signore mette in una posizione privilegiata, rispetto a
tutti gli altri, il re che diventerà il suo luogo tenente, ma sarà
sempre esposto al giudizio di Dio che può esautorarlo: Insieme a questa
grandissima dignità regale c'è la promessa divina di permettere al re
di vincere tutti i suoi nemici, cioè tutti coloro che rappresentano il
male.
Un
accenno all'interpretazione cristiana del salmo. Gesù Cristo ha
calpestato tutti i suoi avversari ed ha annientato 1'ultimo nemico, la
morte. I nemici da concreti stanno diventando simbolici. Il Nuovo
Testamento interpreterà in questa chiave il nostro brano.
Secondo il testo
della Bibbia di Gerusalemme il re è stato generato non dell'antichità,
ma dal momento dell'intronizzazione. Il sovrano, cioè, non è figlio di
Dio, ma viene generato nel momento in cui assume il potere con
l'investitura ufficiale, diventando luogotenente di Jahve senza che si
possa mai parlare di filiazione divina del re d'Israele.
VV. 4-7
In questi versetti si
nota una commistione: la proclamazione sacerdotale del re ebraico. Ci
sono degli esempi in proposito nella Bibbia, soprattutto riguardanti
Saul (2 Samuele, 6)e Davide che, rivestito dagli abiti sacerdotali,
presiede al trasferimento dell'arca, assumendo così le funzioni tipiche
del sacerdote .
L'investitura del re - sacerdote non avviene per
trasmissione ereditaria, ma deriva direttamente da Dio. Non esiste uomo
che possa aggregarsi al sacerdozio per il fatto che sei suo figlio, ma
semplicemente c'è la volontà del Signore che ti chiama a diventare suo
sacerdote, svincolato da ogni potestà terrena.
Si comprende perciò
perchè il nostro salmo sia considerato la migliore biografia di Cristo,
da un punto di vista teologico, perchè Gesù non ha nulla da spartire
con il sacerdozio levitico.
Lettura in Genesi 14, 17-20
dell'episodio di Melchisedek re di Salem. Da notare che in questo
brano, all'interno di una narrazione in prosa, vengono inseriti alcuni
versetti in poesia.
Il nome "Melchisedek" significa "il re è giusto"
(nel senso di "legittimo ") oppure " re giusto" e "Salem" si identifica
con Gerusalemme(dal Dio fenicio dell'oscurità e del tramonto "Salim").
Al v. 14 leggiamo
anche che egli era sacerdote di "El Elion", il Dio Altissimo, che in
questo caso viene presentato come il creatore del cielo e della terra.
Melchisedek appare
come un personaggio misterioso che, ad un certo punto, viene introdotto
nel racconto della Genesi come Re- sacerdote. Egli venera il Dio
Altissimo ed offre uno dei sacrifici più semplici dell' antichità, il
tipico sacrificio di comunione (il pane e il vino segni anche, di
ospitalità)ponendosi - come ogni classico sacerdote - quale
intermediario tra Dio e l'uomo.
Attraverso Melchisedek la
benedizione dei Signore scende su Abramo e per mezzo suo viene
benedetto il Dio Altissimo. Quindi: una benedizione discendente da Dio
all' uomo una benedizione ascendente dall'uomo a Dio.
Che cosa è questo se
non l'Eucarestia ?
I Padri della Chiesa ci insegnano che nell'Antico
Testamento dobbiamo trovare i segni di ciò che verrà poi esplicitato
grazie all'azione dello Spirito Santo.
Possiamo ora dire che
Melchisedek offre un sacrificio universale, è sacerdote del Dio
Altissimo creatore del cielo e della terra, si mostra superiore ad
Abramo (tanto è vero che lo benedice) ed è 1'intermediario attraverso
il quale la benedizione sale da Abramo stesso a Jahve. Questo
Re-sacerdote misterioso ha una sorta di sacerdozio assoluto.
Qualche Padre della
Chiesa scrive che, contrariamente a tutti gli altri personaggi biblici,
Melchisedek non ha né genealogia né discendenza; egli è soltanto il
misterioso tramite assoluto tra Dio e l'uomo.
v.7
"Dissetarsi al torrente" e
"sollevare la testa" sono due espressioni tipiche del simbolismo
militare.
Si allude in primo luogo alla pretesa dei
conquistatori di assicurarsi net territorio il possesso dell'acqua
senza la quale i nemici sono finiti. Ecco, allora, che il segno di
predominio sull'acqua diventa quasi un gesto di supremazia.
"Sollevare la testa "
allude all'atteggiamento tipico del vincitore che cammina a testa alta.
Noi usiamo di solito l'espressione" andare a testa alta" in senso
morale.
Quanto abbiamo detto riguarda 1'interpretazione del
brano a livello di Antico Testamento.
Interpretazione cristiana del
salmo.
II
salmo 10 è in assoluto uno dei più citati nel Nuovo Testamento. Ecco
qualche esempio accompagnato dalla lettura dei testi:
Marco 12,35-37. Gesù
dà un'interpretazione messianica ed escatologica di questo salmo e ci
dice di non identificare il re di cui si parla con un discendente della
stirpe di Davide.
Matteo 26,62-64. Notiamo l'interpretazione
escatologica data da Gesù al brano.
Nella versione della Bibbia
di Gerusalemme la citazione contenuta nel v. 64 fonde due testi: il
salmo 110 e Daniele 7,13 .(Questo profeta ci presenta il "Figlio
dell'uomo" che verrà a giudicare le nazioni).
"Seduto alla destra "fa parte
del nostro brano. Si tratta del Messia, dei Figlio di Dio, che ha la
qualifica di "Figlio dell'uomo", intronizzato, che siede alla destra
del Padre e che verrà a giudicare .
Come il salmo 91 aveva avuto
un interprete d'eccezione, Satana, così questo salmo ha un interprete
ancora più straordinario : Gesù. Egli stesso cita il nostro brano
parlando di sè per fare capire agli ascoltatori chi è e, di
conseguenza, quale Messia il popolo dovrebbe attendere. Ci sono altre
citazioni come Atti 2,34-35.
Nel Nuovo Testamento questo
salmo viene costanternente applicato a Gesù come "Kúrios" come Signore
risorto, asceso e assiso alla destra del Padre ;, che verrà a giudicare
gli uomini. Quindi potremmo affermare che è il salmo della
glorificazione di Gesù.
Anche nelle lettere di Paolo
(1 Corinzi 15,22-23 Efesini 1,20-23) ritroviamo tale interpretazione
con riferimento particolarmente al v. 3 ,
cioè ai nemici calpestati.
Gesù ha calpestato i nemici di Dio e, per ultimo , ha sconfitto la
morte.
Quindi
una presentazione deI Gesù glorioso e risorto.
Leggiamo anche il
cap. 7 della lettera agli Ebrei in cui c'è la disputa fra il sacerdozio
levitico e quello di Melchisedek (assoluto, come il sacerdozio di
Cristo).
Quel pane e quel vino offerti da Melchisedek che
cosa sono se non l'Eucarestia?
Questo salmo ha avuto grande
fortuna fra i Padri della Chiesa che vi hanno visto l'epopea del Verbo
che muore in croce; risorge, è assiso alla destra del Padre, verrà.
come giudice, vincerà. il male ed è "Sacerdote in eterno".
Per concludere:
davanti a Gesù re, sacerdote e profeta riscopriamo che il nostro
battesimo ci ha fatti a nostra volta re, sacerdoti e profeti. E ci
rincuoriamo moltissimo perchè il salmo 110 è valido anche per noi
(almeno in parte, per quanto avvenuto mediante il battesimo),
nell'attesa di sedere alla destra del' Padre.
Tutto questo ci sprona - fino
all'incontro biblico dell'autunno prossimo ad essere annunciatori del
Vangelo.
SALMO 110 (109)
IL CELEBRE ORACOLO MESSIANICO
DEL RE SACERDOTE