Mai più da solo...

Guardavo la schiuma creata dalle onde sugli scogli del porto di Anzio. Il freddo era pungente, dava quasi una sensazione di dolore, ma il mio sguardo era rapito dalla potenza di quegli enormi cavalloni che arrivavano minacciosi in serie di quattro, creando il classico sbuffo all'indietro di acqua nebulizzata. Il vento soffiava potente, finchè un' onda più grossa delle altre scoppiò in tutta la sua forza bagnandomi da capo a piedi e risvegliandomi da quella sorta di trance. Mi voltai con impresso nel viso la classica smorfia di piacere mista a frenesia tipica del surfista che ha appena visto qualcosa di grandioso e si lancia verso la macchina ad infilarsi la muta.

Mezz'ora dopo ero in acqua, all'altezza della seconda secca, pronto a godermi la giornata. L'atteggiamento non era cambiato, penso che chiunque avrebbe letto sul mio viso la volontà incosciente di sfidare quelle enormi meraviglie liquide. Improvvisamente un' onda superiore ai due metri cominciò ad incurvarsi verso di me, gonfiandosi a vista d'occhio. Fu questione di nanosecondi e sentendomi "tirato" dalla sua forza, saltai sulla tavola velocemente per non perdere attimi preziosi, cercando di ignorare gli spruzzi che venivano da tutte le direzioni. Trovato il giusto assetto, provai ad avvicinarmi al labbro dell' onda, molto lentamente e con parecchio timore, era veramente grossa. Non era pensabile resistere a quella potenza, a quel risucchio, a quella manifestazione di forza prorompente. Tutti i miei tentativi di rimanere in piedi fallirono malamente, il close out mi inghiottì risucchiandomi e sballottandomi per un tempo interminabile. Rimasi sotto penso non più di una decina di secondi, ma a me parvero ore; il tempo in determinate circostanze sembra dilatarsi. Dove è la superficie? Dove è il classico giù ed il familiare su? Non ne avevo idea, continuavo a rotolare come fossi preda inerme di qualcosa al di là delle mie forze! Chi ha vissuto questi momenti dice di aver rivisto la propria vita come in un film, gli attimi belli e quelli brutti, la fidanzata o la moglie... tutte cazzate, io pensai semplicemente:"come esco da 'sto casino?".

Stavo progressivamente perdendo le forze, quando all'improvviso mi venne in mente la storia della bambola di pezza. Smisi di dimenarmi come un cretino e mi lasciai trasportare e basta. A poco a poco risalii, lentamente, un pò troppo lentamente ma rivenni su. "Ho urgente bisogno d'aria" fu il mio ultimo pensiero e fui fuori. Ossigeno! Mi ci vollero minuti per riprendere fiato e calmare gli spasmi a cui era sottoposto tutto il mio corpo. "Mai più da solo e con queste condizioni" pensai, decidendomi ad uscire e tornare a casa con le pive nel sacco. Ma non era ancora finita. Voltandomi verso il largo notai una poderosa cresta gibbosa che puntava decisamente su di me. Ero proprio nella sua traiettoria senza nessuna possibilità di scappare, potevo solo cercare di prenderla. La sfida si stava rinnovando con più vigore di prima, era enorme e scura, splendida e al tempo stesso terrificante. Non avevo tempo per pensarci su, dovevo solo cercare di assecondarla. Mi tirò su in tutta la sua altezza, vidi il baratro sotto di me. Non c'era più tempo, dovevo mettermi in piedi e cercare di sfuggire al quel mostro. Il take off fu memorabile, il sibilo delle pinnette che tagliavano la superficie dell'onda era impressionante. La verticalità di quella bestia mi permise di tentare una dolce virata in modo da scappare al più presto dalla spalla. La manovra fu esemplare ma inutile, quel muro d'acqua aveva tutta l' intenzione di chiudersi su se stesso. L'unica via che avevo per sfuggire a quella trappola diventava sempre più piccola e la velocità della tavola si era ridotta ormai al punto da rendermi impossibile qualsiasi manovra. Feci scorta d'aria sicuro che mi sarebbe di certo servita di li a poco.

"Mai più da solo e con queste condizioni", questa volta rimasi sotto molto più a lungo di prima. Dovetti dar sfoggio delle mie qualità di apneista per non svenire e rimanere sul fondo per sempre. Stavolta mi lasciai trasportare da subito ma riemersi giusto in tempo per non morire affogato. "Ne ho abbastanza!", pensai sorridendo aggrappandomi alla tavola con le braccia pesanti. Anche stavolta il mare mi aveva graziato. Mi venne in mente Fabio, un veterano del surf, quando mi disse:" non lottare mai con la forza del mare, perderai sempre". Era vero e ora lo sapevo bene anch'io. Però forse ne era valsa la pena, ero ancora vivo no? Uscii dall'acqua esausto ed intirizzito dal freddo. Dagli sguardi incuriositi della piccola folla che si era formata a riva, capii che dovevo essere parecchio sconvolto. Tornai a casa ripensando più a quelle fantastiche onde che allo scampato pericolo. Feci una interminabile doccia calda e mi buttai sul letto senza neanche la forza di togliermi l'accappatoio. Dormii dodici ore di fila e sognai che ero ad Anzio e guardavo la schiuma creata dalle onde sugli scogli del porto...

Alessandro "cencio" Cestoni