Nel
1986 la maggior parte di noi praticava il windsurf. Era il momento di maggior diffusione della tavola a vela ma sempre più spesso nei giorni di calma di vento c'era qualcuno che cercava di cavalcare le onde senza l'aiuto della vela. Inutile dire come andava a finire; immaginate di cercare di prendere un'onda anche se piccola con un tavolone come il mitico Windglider! Questi goffi tentativi però ci divertivano al punto che in poco tempo la quasi totalità di noi si convertì alla tavoletta e senza rimpianti. Ci giungevano notizie soprattutto da Viareggio; qui il surf era praticato regolarmente già da qualche tempo e addirittura esisteva un surf shop dove poter comprare tavola, laccetto e muta con una più ampia gamma di scelta. Il 1990 è l'anno della conferma che il surf in Italia non era solo, come molti malignavano, una moda passeggera. Il numero di surfisti aumentò, così come il nostro livello tecnico grazie anche alle prime trasferte oltre confine: Biarritz e le coste atlantiche erano per noi il sogno diventato realtà, l'onda oceanica dietro l'angolo. Oltretutto il surf stava varcando anche i confini versiliesi; regioni ancora chiuse e gelose delle proprie perle liquide si fecero avanti. Circolarono foto di splendide onde semideserte della Liguria, Varazze e Bogliasco, la spiaggia di Banzai nel Lazio e la Sardegna. Ogni giorno venivamo a conoscenza di posti con onda surfabile grazie soprattutto a chi tra noi, instancabilmente e con perseveranza era in perenne ricerca del 'secret spot': scoprimmo Levanto che ci mostrò che si potevamo avere onde di quattro metri, l'Idrovora a Marina di Carrara come valida alternativa nei giorni di mareggiata attiva, ma lo spot con la esse maiuscola rimaneva comunque il pontile di Forte dei Marmi. A distanza di così tanti anni pochi sanno o ricordano l'importanza che ebbe il vecchio 'pontile' per noi. Nei giorni di mare grosso era tutto un viavai sul lungomare di auto con i portapacchi pieni di tavole, "il pontile" infatti offriva onde di buona qualità anche quando più a nord o più a sud il mare era incasinato o non rompeva. Ecco perchè diventò pure lo spot più affollato anche se il localismo ancora non sapevamo cosa fosse e in acqua regnasse una sorta d'anarchia che premiava solitamente i più abili. Intendiamoci, l'onda del Forte non ha niente d'eccezionale rispetto al Sale, Varazze o al Capo in Sardegna, è un'onda classica, corta ma ripida e a volte potente ed impegnativa. E' il contesto a renderlo uno spot che non si dimentica. Line up facile da raggiungere (ci si butta dal molo), ottimo per i contest e per alcuni, solitamente i più gasati, solo un posto dove c'è più gente a guardarti.
Noi
dell'Alta Versilia solitamente surfavamo i nostri numerosi beachbreaks su verso Marina di Massa. Il fondale subito profondo di questo tratto di costa ha sempre prodotto un'onda frangente molto vicino a riva ma con forma e potenza comunque apprezzabili. Nonostante di mareggiata in mareggiata le condizioni a volte cambino totalmente, il classico metro pulito è quasi la normalità (basta cercare) e nei giorni di scaduta non è raro avere onde glassy sul metro e mezzo due. Mai troppo affollato, destre e sinistre (migliori le destre), spesso tubi in partenza e nell'inside cos'è il paradiso del surf? No, è il nostro Spot, il primo amore, quello che ispirandoci ad un vecchio disco dei Led Zeppelin durante quei demenziali giochetti di parole che caratterizzano l'attesa tra un'onda e l'altra sul line up, battezzammo "the house of the holies".
Nessuno
di noi della vecchia guardia ci avrebbe scommesso cinque lire, eppure oggi il surfista italiano è conosciuto ovunque. L'Italia del surf adesso è una realtà se si pensa che una decina di anni fa era un problema trovare anche solo della semplicissima paraffina. Ora ogni città ha il suo surf shop dove si trova di tutto, anche accessori completamente inutili, ci sono scuole federali, surf club dinamici e contest super sponsorizzati. Io, come gli altri "anziani", sono stupito di far parte di questa realtà, ci siamo inventati surfisti dal nulla con passione sognando la California e adesso i nostri sogni di gioventù sono diventati realtà. La speranza è che si sviluppi di pari passo anche una vera cultura del surf, quello che io chiamo 'lo spirito del Surf', la conoscenza della sua storia e dei suoi pionieri, il rispetto per il mare e le sue regole. Certo in Italia non avremo le onde della California ma abbiamo una frequenza di giorni surfabili pari alla blasonata Florida, magari non surfiamo tutti i 365 giorni dell'anno come fanno in Sud Africa ma non abbiamo neanche le pause estive di piatta che caratterizzano le Hawaii. Oltretutto l'esperienza insegna che fare surf non significa necessariamente cavalcare onde di due metri o più, il vero surfista sa che se l'onda ti può tenere 'su', non importa per quanto tempo o a che velocità.
Questa
è la nostra storia. La tendenza sembra essere ora un po' più lenta ma comunque sempre in costante crescita. Il SURF è una filosofia prima che uno sport, uno stile di vita che quando ti prende non ti lascia più. Ecco perché si vedono ancora in acqua persone che come me hanno iniziato 15 anni fa e mai hanno pensato di smettere. La passione per il mare ci renderà giovani per sempre!