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ilprim3.jpg (11337 byte)Questo è un racconto che ho scritto molto tempo fa. E' la storia del nostro primo concerto fuori regione, fuori zona, dopo l'uscita di Tribes'Union. Ed  è il primo con El Kid al basso. E' stato pubblicato in "Panta -Music" a cura di Enrico Ghezzi ed edito da Bompiani.

IO SONO UN LADRO, HO IMPARATO A RUBARE, COME HO IMPARATO A SUONARE (da "Johnny lo zingaro")

Era rimasto folgorato da Pat Garrett e BilIy the Kid. Quel film divenne in poco tempo il suo vangelo. Ricordava alla perfezione ogni azione e ogni dialogo: anche se spesso confondeva i nomi dei personaggi con quelli degli attori. Fu questa la ragione per cui lo chiamammo EI Kid.Assomigliava a Paul Simonon, il bassista dei Clash. Stesso taglio di capelli, stesso modo di "dondolare" il basso, stessa presenza sul palco, stesso stile. Tutto ciò lo rendeva il bassista ideale per un gruppo come il nostro.Eravamo o no i Clash italiani?
lo e Kid prendemmo il treno delle sette e trentacinque. Stazione di Ancona. Era il 20 febbraio 1985. Un mercoledì. Ricordo bene quella data poiché si trattava del nostro Primo concerto fuori regione. "Big Club". a Torino. Uno dei templi del rock italiano. Roba da passare la notte prima senza chiudere occhio. Durante il viaggio di andata non facemmo che parlare: " Quest'anno forse me la cavo con due materie a settembre... fisica e matematica. "Ho ‘na professoressa ch’è 'ne troia... vaffanculo essa e chi l'ha mannata a insegnà all'istituto tecnico"." Cazzo... e io? che sto al secondo fuori corso... e tengo il militare da fa". "Che vita de merda, e mejo non pensacce". Fuori dal finestrino l'Italia passava tutta coperta di neve, ma noi non facemmo caso più di tanto nè al paesaggio nè agli altri passeggeri. Solo quando una biondina ci chiese una sigaretta Kid tentò un approccio da vero imbranato. Quelle cose tipo "ma non ci siamo già visti... forse al 'Diamond Dogs' lo scorso inverno. Lei non rispose anzi, per dirla tutta non lo cagò neanche di striscio, Accese la sigaretta e tornò a immergersi nella sua lettura. Le strutture della complessità orale di Larmore; roba da fanti. cadere i coglioni per terra. Alla larga. "Te ricordi Kid de Francesca? Sai con chi s'è messa'. Con Tony il chitarrista dei Black Rebels." "Ma è un fuori de testa, che cazzo dici? Come,.. era quella che non se faceva e canne e adesso sta co' un canneto vivente? Chi cazzo ce capisce niente co' e donne..."
ilprim2.jpg (10093 byte)Alla stazione di Bologna l'altoparlante annunciò con un accento napoletane che il diretto per Torino viaggiava con venti minuti di ritardo. Ne approfittammo per fare due passi e mangiare un panino. Davanti al "Big Club" c'erano Sandro e Peppe che aspettavano impazienti il nostro arrivo. "E’ più di un'ora che stamo qua. Fortuna che non avemo mai incontrato un posto de blocco. Lo sapevate che il furgone ha bollo e assicurazione scaduti?" Era un Ford Transit, una specie di catorcio che non faceva pio di novanta all'ora. Ce lo diede in prestito un mio cugino che lo teneva fermo, in garage, da chissà quanto tempo. Del resto non avevamo trovato niente di meglio per trasportare la strumentazione. "No, non ne sapevo un cazzo" risposi "speràmo be' per il ritorno... ormai ce stamo... che volemo fa'?'
Quella sera andammo veramente forte. Non avevamo mai suonato con tanta energia. Per più di un'ora e venti schizzammo fuori tutta l'adrenalina che avevamo in corpo. A Kid si ruppe la corda di sol ma continuò lo stesso senza cambiarla, fino alla fine. Era fatta e non era che l'inizio. Soltanto un particolare, più tardi, ci rovinò la festa. lì proprietario del club, al momento di fare i conti, ci diede quattro carte da cento anziché sei come avevamo stabilito al telefono. Ogni nostra rivendicazione fu inutile. Non c'era un contratto e il tipo dallo sguardo assente che sedeva a fianco del proprietario non prometteva niente di buono nel caso gli animi si fossero surriscaldati. Ci sentivamo presi per il culo. Bisognava rifarsi in qualche modo...                                     
Smontammo dal palco la nostra strumentazione e una volta caricata sul furgone partimmo per Bra. In quella cittadina avremmo suonato la sera dopo. Uno degli organizzatori del concerto ci aspettava. Potevamo dormire a casa sua. Finalmente un letto e magari anche una birra.Appena fuori città, saranno state le due o le tre di notte, kid disse: "Guardate qua ragazzi, a quella testa de cazzo del 'Big Club' gliela vemo fatta paga, e pure cara Da sotto il sedile posteriore aveva tirato fuori una borsa di plastica con dentro sei microfoni Neumann modello KM 84. A occhio e croce il valore sarà stato di quattro, cinque milioni. Peppe, che era al volante, si rese subito conto della gravità dell'accaduto. Accostò il furgone sul lato della strada e rivolto a kid disse: "Ma do cazzo l'hai presa 'sta roba?'"L'ho trovata in uno stanzino, dietro al palco." "Ma lo sai che adesso ce denunceranno per questo?" "Kid" dissi "stavolta hai esagerato." Sandro si era svegliato: "Ma che cazzo e 'sto casino? Che è successo?" "È successo che qua namo tutti in galera, ecco che è successo" rispose Peppe. Kid non cercò tante scuse. Cadde in un silenzio che sapeva di resa mentre noi tre cominciammo a pensare a voce alta su come venirne fuori. Buttarli via? Ma era un peccato: poi ci avrebbero denunciati lo stesso, eravamo i soli ad avere il permesso di accedere al retropalco. Oppure nasconderli in un punto preciso lungo la strada e riprenderli al ritorno; ma anche questo tipo di soluzione non ci avrebbe salvati da una marea di rotture di coglioni: denunce, interrogatori, verbali, processi... Oltretutto stavamo viaggiando su un furgone che non aveva bollo e assicurazione... Non c'era altra scelta che riportare indietro quei maledetti microfoni ma per il momento la decisione unanime fu quella di dormirci sopra.Il responsabile della sicurezza del "Big Club" ci ringraziò tantissimo. Disse che non gli era mai capitato di incontrare un gruppo cosi onesto. Ci salutò augurandoci buona fortuna."Abbiamo trovato una borsa con dentro sei di questi... non è roba nostra... ieri sera abbiamo caricato il furgone in fretta e furia... qualcuno si sarà sbagliato... e fra i nostri strumenti sono finiti anche questi microfoni,.." De la serie facce come il culo. Tornammo a casa in treno. Io e Kid. Lo vidi sprofondare nel sonno. Il filo di saliva che scendeva dalla sua bocca aveva raggiunto il colletto del chiodo che indossava. "La divisa" così chiamava quel giubbetto di pelle nera che aveva comperato al negozio dell'usato in piazza del Papa. Per la prima volta notai che assomigliava a suo padre. Un appuntato dei carabinieri sulla soglia della pensione. Lo avevano trasferito di città in città e ogni volta era come ricominciare da capo. Non solo per lui ma anche per la sua famiglia. Una moglie e tre figli. Quando arrivò in paese Kid era un ragazzo di quindici o sedici anni e non aveva ancora fatto io tempo a crescere insieme a degli amici. Ma la meteora del punk stava per cadere sulla Terra. Si sarebbe frantumata in milioni e milioni di schegge. Alcune di queste avrebbero raggiunto il nostro sperduto angolo di mondo e anche Kid con la sua divisa, magari usata, si sarebbe sentito parte di qualcosa che lo univa a milioni di coetanei sparsi per il pianeta. E così fu. Erano trascorsi tre anni da quel concerto al "Big Club" quando entrammo in studio per il nostro terzo disco. Dopo una settimana dall'inizio delle registrazioni Kid scomparve. Nessuna notizia, nessun messaggio, niente di niente. Come volatilizzato. Passarono alcuni giorni fino a che degli amici ci dissero di averlo visto in paese. Andai con Sandro a trovano a casa. Kid era in camera sua. Se ne stava seduto ai piedi del letto con il viso rivolto a terra e i pugni in tasca. Disse che aveva trovato un lavoro in una fabbrica di scarpe e che non aveva più nessuna intenzione di continuare a suonare con i Gang.Ancora oggi quando penso a Kid mi torna in mente una scena del suo film preferito. C'è Billy the Kid che sta per lasciare il villaggio sul confine. Non ha più scampo, hanno messo una taglia sulla sua testa e Pat Carrett con i suoi sanno dov’è che si nasconde. Billy è salito a cavallo. La sua donna piange mentre il cielo si cobra di rosso. Uno della banda dice a Billy: "Molti di noi verrebbero con te." Entra in scena Dylan e aggiunge "Il Messico non sarà tanto male per tre mesi." E Billy gli risponde: "Solo che dipende da chi sei." Poi si rivolge a tutti i presenti e dice: "Ma se io fossi in voi la filerei via. Stanno arrivando tempi duri. Ricordatemi a chiunque passi di qua."

Marino Severini

 

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